Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: annalisa93    15/09/2017    0 recensioni
Questa storia non è mia, ma di una mia amica, il suo profilo ufficiale lo trovate su wattpad : https://www.wattpad.com/user/ChiBa93
GENERE: sentimentale, thriller, mistero, psicologico, urbanfantasy.
Diciassette ragazzi.
Diciassette anime diverse, ognuna con il proprio passato, con le proprie fragilità e con le proprie aspettative per il futuro.
Diciassette cuori destinati ad incontrarsi e a scontrarsi.
Diciassette persone che si ritroveranno ad indagare su una serie di misteriose scomparse e sull'inquietante morte di una giovane liceale, avvenuta quarant'anni prima.
N.B: Questa storia è una light novel, ovvero un romanzo con illustrazioni in stile manga
Genere: Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutti :) Aggiornamento anticipato perché domani non so se posso, quindi per non farvi aspettare ecco qui la prima parte del terzo capitolo, buona lettura :)

 

 

So give me reason

To prove me wrong

To wash this memory clean

Let the floods cross

The distance in your eyes

Give me reason

To fill this hole

Connect the space between

Let it be enough to reach the truth that lies

Across this new divide  

(da New Divide, Linkin Park)



Autostrada, ore 17.15

Ormai era più di un'ora che guidava sotto la pioggia battente. I riccioli castani grondavano ancora di pesanti gocce d'acqua, gli occhiali erano appannati, i vestiti freddi e bagnati attaccati al corpo. Tremava, ma non gli importava. Voleva raggiungere al più presto quella maledetta Lancia Ypsilon. Voleva raggiungere la sua piccolina. La sua luce, la sua aria, la sua vita. Amelia era stata la luce in grado di guidarlo attraverso quel lungo e oscuro tunnel in cui si era ritrovato all'improvviso il 31 ottobre di quattro anni prima, era stata la sua boccata d'ossigeno giornaliera, contro quell'aria rarefatta che impregnava i frammenti di una vita spezzata, era diventata la sua unica ragione di vita. Ma adesso, una ragazza poco più piccola di lui, con una scaltrezza e una furbizia imbevute di odio, gli aveva sottratto il dolce balsamo che pian piano stava guarendo le profonde ferite che gli laceravano l'anima: l'amore di sua figlia.

«Perché?!» Domandò, con un urlo. Batté un violento pugno contro il volante, mentre una goccia di pioggia gli scivolava lungo la tempia destra poi mescolarsi con l'acqua salata di una lacrima amara. «Perché l'ha fatto? Qual è il motivo che l'ha spinta a fare una cosa del genere?» Che lo avesse fatto per vendetta? Ma cosa poteva averle mai fatto di così terribile da meritarsi tanto disprezzo? Non riusciva proprio a ricordarselo. Però non poteva dimenticarsi quegli occhi che lo fissavano con intensità, così grandi e scuri, come il rancore che provava verso di lui. Avrebbe voluto indagare più a fondo, leggere in quello sguardo ciò che aveva alimentato la fiamma della rabbia che ardeva nel suo animo. Ma non ci era riuscito. Voleva capire, voleva sapere, voleva provare a porre rimedio al dolore che, inconsapevolmente, le aveva procurato. Distrattamente, lanciò un'occhiata allo specchietto retrovisore, e fu lì che lo vide. Vide il sé stesso di cinque anni prima, il vecchio Josh diciottenne: gli occhi beffardi dietro la visiera, la testa nascosta sotto un casco nero e argento, il suo numero che campeggiava orgoglioso sulla sommità, pronto a conquistarsi la vetta della classifica del motomondiale, il numero ottantacinque.

Sgranò gli occhi, sorpreso. Il respiro gli si bloccò in gola.

Che la ragione del comportamento di quella ragazza fosse da ricercarsi in quegli anni che lui aveva tentato tante volte di cancellare dalla sua memoria? Quando era ancora un giovane ragazzo convinto di poter tenere il mondo in una mano? Quando era convinto di essere invincibile?

Sospirò, frustrato. Non ci sarebbe riuscito, ne era convinto. Era ancora troppo presto. Quei ricordi erano troppo dolorosi, non era pronto a riviverli. Li aveva rimossi proprio per prevenire il fiume di sofferenza che la nostalgia gli avrebbe procurato. Ognuno di essi sarebbe stato una stilettata al suo corpo, al suo cuore, alla sua anima. Ne sarebbe uscito martoriato, più di quanto non lo fosse già.

Nonostante lui si sentisse incapace di compiere questo passo sovrumano, tutto intorno a lui sembrava incitarlo a farlo, perché il tempo era giunto: gli strani oggetti, il viaggio a Lucca, la ragazza misteriosa, tutto ciò lo stava spingendo in quella direzione. Ma lui, finché avrebbe potuto, avrebbe ignorato tutti i segnali. Avrebbe volentieri rinunciato anche a scoprire la causa dell'astio che quella ragazza nutriva per lui, se questo significava rivangare il passato. Non gli interessava saperlo, gli sarebbe bastato riprendersi la sua bambina, poi non l'avrebbe mai più vista. Le avrebbe impedito di avvicinarsi ad Amelia, di questo era certo. Benedisse il giorno in cui aveva deciso di entrare nell'Arma dei Carabinieri. Se le avesse anche solo torto un capello, l'avrebbe fatta marcire in galera.

Poi, all'improvviso, un bip bip interruppe il flusso dei suoi pensieri. Si guardò attorno spaesato, poi piantò lo sguardo davanti a sé, sul volante. Fra il mazzo di chiavi attaccato al cruscotto, una luce bianca lampeggiava intermittente. Bip bip. Sono due. Contò mentalmente il numero dei suoni che aveva percepito. Ne manca ancora uno. Constatò, trattenendo il respiro. Attese per altri due minuti, mentre sentiva l'ansia penetrargli subdolamente nelle ossa. «Su, cosa aspetti?! Avanti!» Gridò poi, in preda al panico.

Bip bip.

Finalmente. A quel punto sorrise, chiudendo gli occhi e respirando a pieni polmoni. Una seconda lacrima, che era rimasta nascosta, scese giù dall'occhio sinistro, portandosi via tutta la preoccupazione che aveva in corpo.

La sua bambina stava bene.

                                                 ****

Amelia era seduta sul seggiolone sistemato sul sedile posteriore, con la cintura allacciata. Continuava a torturarsi le mani, avvolte in un paio di guanti rosa fucsia, sul viso aveva un'espressione preoccupata. Sentiva i rimorsi farsi strada nel suo animo. Non doveva seguire quella ragazza. Suo papà le aveva detto tante volte di non parlare con gli sconosciuti e lei non solo ci aveva parlato, ma l'aveva pure seguita. Già poteva sentire i rimproveri che avrebbe dovuto sorbirsi. Però, prima che la macchina ripartisse, aveva sentito il suo papà urlare il suo nome e non le sembrava arrabbiato, anzi, le era parso triste e spaventato. E lei ne era dispiaciuta, non voleva che lui si sentisse così. Doveva dirgli che stava bene. Frugò velocemente nella tasca del piumino e prese il suo portachiavi, sorridendo.

«Signora, mi puoi dire che ore sono?» Chiese poi alla ragazza.

«Sono le cinque e venticinque.» Le rispose lei, perplessa.

«Vuol dire che sono già passate le cinque e mezza?»

«No, mancano ancora cinque minuti. Perché?» Le domandò, incuriosita.

«Quando arrivano le cinque e mezza, me lo dici?» Amelia strinse forte il suo prezioso amuleto. Era un portachiavi in argento, con le sembianze di una bambina. Sul vestitino aveva due cuoricini al posto dei bottoni. Il primo era un piccolo pulsante argentato, il secondo era in vetro e conteneva una minuscola lampadina. Al livello dell'addome aveva una serie di forellini concentrici che consentivano l'emissione di un suono. «Così il mio papà non sarà più tanto triste.»

La giovane annuì, sorpresa. Dopodiché attese, con pazienza, di vedere cosa avesse intenzione di fare la piccola.

Passarono cinque minuti in silenzio: Amelia continuava a guardare fuori dal finestrino, nervosa, mentre la ragazza le lanciava delle occhiate attraverso lo specchietto retrovisore, preoccupata.

«Sono le cinque e mezza.» Annunciò, poi, la giovane.

 A quel punto, gli occhi color cioccolato della bambina si illuminarono di contentezza. «Davvero?» Domandò, stupita. Subito, senza perdere tempo, premette il bottoncino a forma di cuore argentato sul portachiavi. Il cuoricino di vetro s'illuminò di bianco. Ripeté il gesto una seconda volta, seguito dalla luce bianca. La terza volta, però, il cuoricino non s'illuminò. La bambina fissò l'oggetto spaventata. Temeva si fosse rotto.

La ragazza, cogliendo il panico sul volto di Amelia attraverso lo specchietto, intervenne:

«Prova a premerlo un'altra volta. Magari con questo freddo si è ghiacciato e si è inceppato.»

La piccola annuì, determinata. Sapeva che doveva farlo tre volte, così le aveva insegnato suo papà.

«Devi premerlo due volte se ti è successo qualcosa di brutto. Se, invece, stai bene ed è tutto a posto, lo devi pigiare tre volte.»

Perciò, strinse gli occhi in due fessure, per concentrarsi meglio, e lo schiacciò di nuovo, decisa. Altrimenti suo papà avrebbe pensato che fosse in pericolo. Dopodiché iniziò a scrutare l'oggetto, in attesa. Poi, finalmente, s'illuminò un'altra volta. «Sì! evviva, funziona!» Esclamò, contenta. «Adesso papà non sarà più preoccupato e saprà che tu sei una brava persona, signora.» Spiegò, guardando in avanti, con un'espressione soddisfatta e sorridente. Non sapeva il perché, ma quella ragazza le infondeva fiducia. Non aveva paura. «Mi hai pure messo sul seggiolone. Papà mi dice sempre che mi mette sul seggiolone perché mi vuole bene, dice che così non mi faccio male.» Aggiunse, accarezzando il suo portachiavi, con affetto. «Grazie, signora.» La voce suonava amichevole e colma di gratitudine.

Udendo quelle parole, la ragazza spalancò gli occhi, meravigliata. Un leggero senso di commozione le inumidì le ciglia. Sorrise. Questa volta il suo sorriso non aveva niente di diabolico. Era sincero, luminoso, e bellissimo.

«Ti prego, non chiamarmi signora, mi fai sentire vecchia.» Fece una pausa, mostrando un lieve disappunto. «Chiamami Alysia.»

 

Spazio autrici: Eccoci di nuovo qui, con un bel po' di ritardo

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: annalisa93