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Autore: Mr Lavottino    17/09/2017    3 recensioni
Tratto dal testo:
"- Quanto è?- una voce insicura, seppur tentasse di essere calma, interruppe il lungo silenzio che si era creato nei cinque minuti antecedenti alla frase, forse fin troppo poco articolata, della ragazza.
I poliziotti la guardavano stupita, come se non si aspettassero tale domanda da parte sua. Insomma, quello che stava accadendo era fin troppo strano. Una ragazzina, o poco più, che si presenta in un carcere per pagare la cauzione ad un criminale che, nel bel mezzo di un reality show, aveva deciso di far saltare in aria una proprietà privata."
[Doey]
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Zoey
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Avviso: Mettetevi belli comodi, è piuttosto lunga. Buona lettura.
 
Parte 0
"Come tutto ebbe inizio"
 
- Quanto è?- una voce insicura, seppur tentasse di essere calma, interruppe il lungo silenzio che si era creato nei cinque minuti antecedenti alla frase, forse fin troppo poco articolata, della ragazza.
I poliziotti la guardavano stupita, come se non si aspettassero tale domanda da parte sua. Insomma, quello che stava accadendo era fin troppo strano. Una ragazzina, o poco più, che si presenta in un carcere per pagare la cauzione ad un criminale che, nel bel mezzo di un reality show, aveva deciso di far saltare in aria una proprietà privata.
Si asciugò la fronte, sudata per via del caldo e della tensione, ed aspettò che il poliziotto aprisse la cartella, così da sapere, precisamente, quanto avrebbe dovuto sborsare.
Questo, un uomo sulla quarantina con evidenti origini messicane, si prese il suo tempo, lasciandola in balia dell'ansia e di tutte le altre, strane, emozioni che stava provando in quel momento.
Poi, finalmente, parlò, rendendole difficile capire ciò che stesse dicendo per via della sua pronuncia spagnola.
- La cifra è un po' alta.- guardò con attenzione il foglietto davanti a sé, poi lo passò al suo collego, il quale sgranò gli occhi innumerevoli volte.
- Allora, ricapitoliamo: il ragazzo è accusato di danneggiamento di proprietà privata ai danni del signor Chris MClean, per di più ha ricevuto diverse denunce, non contestualizzate, da parte di numerosi genitori per via dei cattivi insegnamenti rivolti ad un pubblico di adolescenti con il suo gesto. Per di più il programma a cui partecipava, per informazione A tutto Reality!, ha deciso di emettere una denuncia nei suoi confronti poiché, dopo l'esplosione dell'abitazione, il numero di ascolti e di guadagni è sceso del quaranta percento.- il poliziotto lesse tutto di fila, cercando di fermarsi il meno possibile ed assumendo un tono basso e monotono.
- Quindi?- domandò lei, abbassando il capo per via della vergogna provocata dalla lettura di quel testo, decisamente imbarazzante. Non si sarebbe mai aspettata che, con una mossa così avventata, quel ragazzo si sarebbe messo in dei guai così seri.
- Beh, il costo della cauzione è di...- si fermò per un istante, scorrendo rapidamente il fascicolo contenenti tutti i crimini, compresi quelli minori, del ragazzo - Un milione di dollari.- Il poliziotto alzò la testa, notando la pelle della ragazza divenire ancora più bianca di quello che già era.
Deglutì con forza, poi prese la valigia, che si era accuratamente portata, e la appoggiò sul tavolino. Lentamente alzò le due levette e, con grande precisione, sollevò il coperchio, rendendo possibile vedere cosa c'era al suo interno.
Una quantità indefinita di banconote verdi riempiva completamente la valigia. Erano tutti pezzi da cinquecento dollari.
I due balzarono in piedi, come se non si aspettassero una mossa del genere da parte della ragazza, che bazzicò qualche parola, tentando di destarli dal loro stato di shock.
- Possono bastare? Sono un milione di dollari.- disse poi, sorridendo nervosamente. I due si guardarono negli occhi, increduli, poi le rivolsero, contemporaneamente, la stessa identica domanda.
- Come hai fatto a prendere tutti quei soldi?- dal suo aspetto esteriore non pareva per nulla ricca. Vestiva abiti normalissimi, che si potevano trovare in un qualsiasi supermercato lì vicino.
- Beh, ho vinto "A Tutto Reality!: All Stars".- ridacchiò, cercando di interrompere quell'attimo di imbarazzo che aveva creato.
 
Parte 1
"Libertà"
 
- Duncan Nelson, vieni con me. - una guardia si avvicinò alla sua cella, sorprendendolo. Sollevò la testa di scatto, dimenticandosi istantaneamente tutti i pensieri in cui si era immerso.
- Ehi, criminale, che hai fatto sta volta?- domandò una vocina, proveniente dalla cella davanti alla sua. Il punk si limitò a ridere, inconsapevole di ciò che sarebbe successo.
- Non lo so, Luke. - tagliò corto, alzandosi in piedi non appena la porta della sua stanza venne aperta. Davanti a lui si presentò Gaspare, il poliziotto di origini messicane che veniva costantemente deriso da tutti per via della sua pronuncia. Lui non era da meno, motivo per cui decise di divertirsi un po' - Puoi ripetere, non ho capito bene?- chiese, assottigliando gli occhi.
Per tutta risposta l'altro si limitò a fargli cenno di seguirlo, senza dire nemmeno una parola. Passarono per il, lunghissimo, corridoio che li separava dall'ufficio generale, luogo in cui Duncan non era mai entrato prima d'ora. Da quando aveva messo piede nella prigione aveva cercato di tornare il "cattivo" di un tempo, senza finire nei guai con le guardie carcerarie, visto che aveva in progetto di andarsene da lì il più presto possibile.
Gli sarebbero bastati una decina di anni in galera, poi finalmente sarebbe tornato alla libertà. Purtroppo per lui la sorveglianza, così come il comportamento dei secondini, era fin troppo rigida. Se una sua eventuale fuga avesse fallito si sarebbe trovato costretto a passare tutto il resto della sua vita all'interno di quelle quattro mura.
Che poi, per quanto riguardava la cella, era stato anche fortunato. Era riuscito ad ottenerne una singola, così che non rischiasse eventuali stupri o violenza di alcun tipo. In carcere non se la passava benissimo, anche perché gli altri galeotti lo trovavano patetico per via delle figuracce fatte in "A tutto Reality!: All Stars", però anche lì aveva trovato dei soggetti che poteva definire amichevoli.
Eppure, per quanto si fosse sforzato di approfittare di tale prigionia per far riemergere il suo lato cattivo, non si sentiva ancora soddisfatto. Spesso si lasciava andare a gesti di gentilezza infantili che, a lungo andare, avevano rovinato ancora di più la sua, già bassa, reputazione.
Terminò il monologo della sua, breve, vita carceraria non appena udì lo stridio della porta penetrargli con forza nelle orecchie. Alla fin fine aveva passato poco più di tre mesi nel carcere, quindi di tempo ne aveva a bizzeffe.
Il messicano lo invitò a sedersi nell'unica sedia libera, la quale si trovava davanti ad una scrivania di legno marrone decorata con varie foto di famiglia e numerose scartoffie. Numerosi erano anche i portapenne, ripieni di matite e quant'altro per scrivere.
L'agente si chiuse la porta alle spalle, lasciandolo da solo. Non capì il perché di quel gesto, motivo per cui rimase leggermente spiazzato.
Si guardò un po' intorno, notando numerosi quadri sulle pareti, la maggior parte raffiguranti paesaggi estivi, e numerose librerie, completamente riempite da fascicoli ed altre cartelle i cui colori variavano dal blu al rosso.
Prese una fotografia in mano, cercando di ingannare il tempo. Con il pollice passò sopra la cornice argentata, la quale era composta da un rivestimento di fiori monocolore in rialzo. Nella foto vi erano tre persone, un uomo abbastanza grande, forse sulla sessantina, con i capelli bianchi e due baffi piuttosto vistosi, una donna, anch'essa piuttosto anziana, con i capelli tinti di biondo, cosa intuibile dalla ricrescita grigia, ed un ragazzo di circa una quindicina di anni, con una folta chioma castana. Tutti e tre erano vestiti con abiti galanti e, dietro di loro, c'era una scritta piuttosto particolare: "Tanti auguri Marylin".
Intuì subito si trattasse della moglie, poiché il suo sorriso, piuttosto imbarazzato, non lasciava spazio ad alternative.
Improvvisamente la porta, situata dietro la scrivania, si spalancò, cosa che lo colse alla sprovvista. Nella stanza entrò l'uomo raffigurato nella foto che, dopo essersi preso un attimo per esaminarlo, si sedette sulla sedia di fronte a lui.
Con le mani si toccava i folti baffi, mentre gli occhi puntavano alla fotografia che il punk aveva tra le mani. Questo, resosi conto della cosa, mise subito la foto al suo posto e ridacchiò, colto da un piccolo attacco di nervosismo.
- Non preoccuparti, non stavi facendo nulla di male.- asserì il poliziotto, ridacchiando - Quella è la mia famiglia. Per la precisione, mia moglie Marylin e mio figlio Adam. - disse, accorgendosi solo dopo di star divagando - Oh, scusami, non sarai di certo qui per ascoltare queste stupidaggini.- concluse poi, gesticolando con una mano.
 - Non si preoccupi.- ridacchiò, grattandosi il collo. Sentiva una pressione tale che non riuscì ad essere amichevole con quel poliziotto, seppur fosse stato proprio lui a dimostrarsi tale. Era perennemente teso, poiché impaurito riguardo ciò che gli sarebbe potuto accadere.
- Allora, Nelson, mi immagino tu ti stia chiedendo perché sei qui.- attaccò a parlare, assicurandosi che l'attenzione del ragazzo fosse completamente su di sé.
- Ehm... beh, sì. - balbettò un po', facendolo sorridere.
- Domani te ne andrai, Duncan.- tagliò corto il vecchio, intrecciando tra di loro le dita delle mani. Il moro alzò istintivamente il sopracciglio destro, cercando di capire se stesse venendo preso in giro o no.
- Cosa?- domandò, deglutendo con forza. Che cosa era successo? Sarebbe stato trasferito? Lo avrebbero portato in una di quei carceri di massima sicurezza? Oh, ne era sicuro. E la colpa era di MClean, lui e suoi stupidi guadagni. Già si vedeva con il sedere sulla sedia elettrica. Tutte le sue visioni vennero però interrotte dal poliziotto che, ridendo a crepapelle per la faccia fatta dal punk, gli spiegò la situazione.
- Non capire male. Te ne andrai fuori. Hanno pagato la tua cauzione, da domani sarai libero.- separò le mani alzandole come se stesse esultando. L'espressione di Duncan si aggrottò ancora di più. Era sempre più convinto che si trattasse di una specie di scherzo - Ma come? Non sei felice?- chiese, deluso dalla reazione del moro.
- Sta scherzando, vero?- boccheggiò un po', ancora incredulo.
- No, caro mio. Un ragazza è venuta qui ed ha pagato la tua clausola. Purtroppo però, non so il suo nome. Beh, resta comunque il fatto che domani, alle nove, ti verrà a prendere qua fuori, pertanto saprai chi è. Dovrebbe essere una conoscente, anche lei ha partecipato al tuo stesso reality.- spiegò dettagliatamente il poliziotto, toccandosi di tanto in tanto i baffi con l'indice e il pollice della mano destra.
- Ah... bello.- riuscì a dire soltanto una parola, ancora troppo scosso. Chi poteva essere stata? Le uniche due che avrebbero potuto fare una cosa del genere erano Courtney e Gwen, ma dopo l'astio che aveva capito di ricevere da parte loro nell'ultima stagione dubitava si trattasse di loro.
Rientrò in cella, riaccompagnato sempre dal secondino messicano e si stese sul letto, senza dire nemmeno una parola. Ignorò le battutine proveniente dalle "stanze", se così le voleva chiamare, accanto e andò a dormire immediatamente, senza riuscire a chiudere occhio.
Si svegliò la mattina seguente alle otto quando un secondino colpì con violenza alla sua porta, intimandogli di alzarsi.
Non gli diedero nemmeno il tempo di lavarsi, venne portato in una grossa stanza bianca al cui interno c'era un cambio ed una borsa. Un omone nero gli si avvicinò, spiegandogli cosa sarebbe successo di lì a poco.
- Cambiati, indossa quegli abiti e poi metti la tua divisa da carcerato dentro la borsa. Se vuoi puoi tenerla, è un omaggio della casa. Dopodiché quando saranno venuti a prenderti sarai avvisato e potrai uscire.- detto questo si dileguò, rientrando nella porta da cui era uscito poco prima.
Eseguì le indicazioni con ansia, cambiandosi la vestaglia arancione che era stato costretto ad indossare per ben tre mesi. Sorrise non appena vide il cambio. Una maglietta nera, con sopra disegnato un teschio, un paio di jeans verdastri e delle converse rosse.
Il suo vecchio abbigliamento, quello che gli era stato prelevato il giorno in cui era stato schiaffato in cella. Lo aveva tenuto e glielo aveva riconsegnato. Trovò quella cosa esilarante.
E se fosse uscito di galera dopo dieci anni? Avrebbe dovuto indossare ancora quelle vesti? Non si concentrò troppo su quelle, stupide, domande, preferendo sistemarsi perbene. A breve avrebbe scoperto chi era la sua salvatrice.
Si mise a sedere su una delle, scomodissime, panchina verdastre situate all'interno della stanza, gettando la borsa per terra.
Avrebbe indossato la casacca del carcere come pigiama, così da ricordarsi i "bei giorni" passati in gattabuia. Trasse un lungo sospiro e osservò l'orologio, unico presente nella sala. Le otto e nove. Mancava ancora un'ora.
Per quei, lunghi, sessanta minuti si concentrò sull'arredamento della sala, osservando come tutto fosse intonato con il colore predominante: il bianco.
I vasi, contenenti delle piccole piantine verdi, i cestini, la scrivania, le macchine per il caffè, sostanza che avrebbe desiderato ardentemente in corpo ma che non poteva prendere per via dell'assenza di monete.
Per sua fortuna, cosa che definì un vero e proprio miracolo, l'omone nero rientrò nella stanza e gli si avvicinò di corsa, fermandosi a qualche passo da lui.
- Dimenticavo. Tieni, prenditi un caffè. Offre la casa. - gli fece l'occhiolino e gli lanciò una monetina, poi si dileguò rapidamente, rispondendo ad una chiamata al telefono. Rimase per un po' ad osservare l'oggetto sferico che, per la prima volta dopo tre mesi, tornava a vedere. Nelle due facce erano rappresentati il numero, che indicava il valore effettivo della moneta, ed un volto di cui non ricordava il nome. La fece saltellare un po' nella sua mano, osservando il riflesso provocato dall'argento, poi si alzò lentamente e si diresse verso la macchinetta.
Si prese qualche istante per osservarla meglio, così da decidere attentamente cosa prendere, poiché se avesse sbagliato non gli sarebbe più stato possibile riprovare. E lui di sfortuna con quegli aggeggi ne aveva e come.
Ricordava di essere stato sospeso diverse volte a scuola poiché trovato a colpire con violenza la macchinetta delle merendine, colpevole di non avergli dato il resto o, addirittura, di non aver fatto cadere il suo cibo.
Arrivarono al punto che, in quinta superiore, gli proibirono tassativamente di entrare in contatto con l'enorme rettangolo grigio.
Passò con l'indice sopra ogni pulsante, senza effettivamente schiacciarlo, leggendo attentamente le etichette. Si fermò improvvisamente, ghignando. "Caffè amaro extra forte".
Era perfetto per lui.
Inserì la moneta ed aspetto un po', successivamente cliccò il tasto ma, stranamente, la macchina non partì. Contò fino a cinque e, dopo qualche istante, riprovò.
La sua pazienza era già giunta al limite. Colpì con violenza l'aggeggio, tenendo fermo il pugno contro la superficie gelida.
Uno strano rumore attirò la sua attenzione, lasciandolo a bocca aperta. Si abbassò istintivamente, osservando ciò che stava succedendo dentro alla macchinetta.
Un liquido stava venendo versato dentro il bicchiere, ma non sapeva quale. Lesse la scritta sul monitor e per poco non si perse in numerose imprecazioni: "Cioccolata calda extra dolce".
Era conscio di non poterla cambiare, motivo per cui la prese e, silenziosamente, si rimise a sedere nel posto di prima. Giocò un po' con il bicchiere, girandolo con la mano ed osservando il liquido che creava una sottospecie di mulinello al suo interno.
Tentò di berlo ma dovette fermarsi immediatamente, poiché la sua lingua entrò in contatto con la bevanda che, ancora calda, lo fece sobbalzare.
Alcune gocce caddero per terra, ma non si curò di ciò, limitandosi ad osservarle con aria indifferente.
Gettò un'altra occhiata all'orologio: otto e trentaquattro. Altri ventisei minuti e sarebbe stato libero. Rilassò i muscoli e si gustò la sua cioccolata calda, conscio che tale bibita non lo avrebbe fatto assomigliare ad un cattivo.
Ci aveva quasi rinunciato. Dopo mesi immemori a cercare di sembrar duro per forza si era stancato, forse perché resosi conto di non riuscire mai ad ottenere i risultati sperati.
In carcere aveva avuto modo di capire come funziona il vero mondo criminale e, dopo averlo esaminato attentamente, si era reso conto che non assomigliava per nulla a quello che si era immaginato nella sua adolescenza.
Là dentro c'erano criminali, rapinatori, gangster e altri criminali altamente dannosi per la società. Lui si era limitato a fare qualche scappatella in adolescenza che però mal si addiceva ad uno di quei crimini.
Poi, oltretutto, era uno dei più piccoli, per tanto non poteva nemmeno cercare di farsi spazio con la violenza.
In un certo senso era sollevato. Per miracolo di Dio, solo lui sarebbe potuto riuscire a donargli la libertà, aveva la possibilità di scappare da quel luogo di matti, nel quale si susseguiva, ogni due giorni, un accoltellamento durante l'ora di pranzo per motivi ignoti.
Mentre si era perso in questi pensieri, l'omone nero era tornato nuovamente e si stava dirigendo verso di lui.
- Cioccolata extra dolce, eh? Non si addice proprio ad un criminale.- scherzò, fermandosi a qualche passo da lui. Il punk si limitò a ridere, nascondendo la rabbia che stava provando - Su andiamo, la tua salvatrice è appena arrivata.- il moro osservò l'orologio, realizzando che fosse in anticipo di circa quindici minuti.
- Oh, ehm... ok. - si limitò a dire, alzandosi dalla sedia e raccogliendo la borsa da terra. Il poliziotto gli fece strada, portandolo davanti all'unica porta non bianca dell'edificio la quale aveva una strana tonalità marrone chiaro.
I due si fermarono davanti ad essa e, dopo qualche secondo di esitazione, l'omone lo invitò ad aprire la porta e ad andarsene.
- Buona fortuna!- sussurrò poco prima che la porta di chiudesse, così da non dover ricevere nemmeno una risposta.
Il punk si limitò ad osservare quel pezzo di città che aveva davanti. Degli edifici, alti poco più di una decina di metri, e numerose auto, che correvano ad una velocità incredibile per quella piccola stradina. Questa era Toronto, o meglio la sua parte più malfamata a Nord.
Aguzzò la vista, guardandosi a destra e a sinistra, alla ricerca della sua salvatrice. Chi poteva essere?
Sierra? No, lei aveva una fissa per Cody.
Joe? Nemmeno, non avrebbe avuto senso.
Lindsay? Troppo stupida, probabilmente nemmeno si ricordava di lui.
Heather? Decisamente improbabile.
Gwen? Un po' ci aveva sperato, ma ormai con lei era finita e sembrava che provasse anche parecchio astio nei suoi confronti.
Courtney? Mai.
Queste erano tutte le femmine di cui ricordava. Però ne mancava una. E se ne accorse solo quando, dopo aver individuato una macchina parcheggiata sul ciglio della strada, sentì un clacson che richiamava a gran voce la sua attenzione. Sorrise e si avvicinò al veicolo, il quale era di uno sgargiante verde mela. Entrò dentro senza nemmeno pensarci e, non appena si rese conto di chi aveva accanto, sussultò.
 
Parte 2
"Sorprese inaspettate"
 
L'interno del veicolo era inaspettatamente normale. Tre sedili dietro, due davanti, un normalissimo volante nero, qualche gadget a forma di criceto appeso sullo specchietto centrale e diversi altri oggetti appoggiati in un apposito spazio sul cruscotto.
Era sempre stato abituato a veicolo modificati, pieni di strani segni e dischi da tutte le parti, pertanto una così normale macchina lo metteva leggermente a disagio. Gli ricordava quella di suo padre, che trovava fin troppo lenta e noiosa.
Ma, in quel momento, non era la cosa maggiore di cui si sarebbe dovuto preoccupare perché, accanto a lui, c'era una persona che non si sarebbe mai aspettata di incontrare, per lo meno non in quella situazione.
- Zoey?!- strillò, balzando leggermente indietro con la schiena ed andandosi a scontrare contro lo sportello. La rossa si limitò a sorridergli, ridacchiando nervosamente. Era perfettamente conscia di quale sarebbe stata la sua reazione, pertanto cercò di sembrare il più tranquilla possibile.
- Ehm... ciao, Duncan! Tutto bene?- chiese, giocherellando con lo strozzatore che portava al collo. Il punk, ancora troppo sorpreso, si limitò a boccheggiare per un po', senza parole.
- Perché?- quella fu l'unica parola che riuscì a dire, domanda che la rossa trovava piuttosto legittima. Eppure, per quanto fosse stata sin dal principio consapevole che tal domanda le sarebbe stata rivolta, non aveva preparato una risposta. Si prese il suo tempo e, dopo una decina di secondi passati nell'imbarazzo più totale, si decise a parlare.
- Beh, tu mi hai aiutato con Mal, perciò...- iniziò a ticchettare istericamente con le dita contro il volante, tentando di evitare l'argomento, senza nemmeno finire la frase..
- Quanto ti è costato?- il moro deglutì con forza, tremando leggermente. Aveva distrutto una villa e compromesso l'andamento di un programma televisivo, oltre che dato il cattivo esempio a milioni di ragazzini, ma di questo poco gli importava. La sua cauzione doveva costare parecchio.
- Beh... circa un milione di dollari.- un'altra risatina, palesemente finta, uscì dalla sua bocca, facendo invece spalancare quella di Duncan. La osservò con gli occhi sgranati per un po', tentando di dire qualcosa.
- Tu sei pazza...- sussurrò infine, portandosi una mano sulla fronte. Non riusciva a credere che la "Bella Gioia" sarebbe stata in grado di fare una cosa del genere.
Aveva visto la finale ed era quindi conscio che la ragazza avesse vinto il milione, ma mai avrebbe anche solo immaginato che la vincita sarebbe stata usata per liberarlo dalla galera.
Effettivamente aveva tifato per Zoey, sin da quando era uscito, visto che gli altri non gli andavano proprio a genio, quindi un sorrisetto gli era uscito spontaneo non appena era venuto a sapere dell'esito della finale.
- Su, almeno ringrazia. Ho speso tutta la vincita.- disse lei, con un evidente imbarazzo in volto. Alzò le spalle, come a simboleggiare che ormai aveva speso i soldi, quindi non c'era più alcun modo per riaverli indietro.
- Suppongo tu abbia ragione. Ti ringrazio.- si mise la cintura, affondando poi la testa sul sedile. Probabilmente era il posto più comodo su cui si era seduta negli ultimi tre mesi.
I letti in carcere erano duri e le panche erano semplici assi di legno tenute attaccate con dei pezzi di ferro, che si rompevano con una velocità imbarazzante.
- Beh, dove ti lascio?- chiese poi, guardandolo sorridendo. Il punk venne preso completamente alla sprovvista, iniziando a pensare in quale luogo sarebbe potuto essere considerato il benvenuto, visto che non aveva così tanti amici a Toronto. Anzi, per la precisione non ne aveva nessuno.
Essendo cresciuto in una cittadina di provincia, tutte le sue amicizie si concentravano nella zona più a sud, motivo per cui non era mai solito bazzicare per il centro.
- Ad una stazione, prenderò il treno e me ne tornerò dai miei, sempre che mi vogliano accogliere.- concluse, aprendo il finestrino del veicolo tramite la manopola. Zoey lo guardò per un istante con fare sconcertato, come se ciò che avesse detto fosse una cosa fin troppo strana da comprendere.
- E come intendi pagarlo, quel treno?- ribatté la ragazza, facendolo sussultare.
- Beh, chi ha mai detto pagare?- rispose poi, con tono altezzoso, cercando di farsi vedere il più duro possibile. La rossa roteò gli occhi, palesemente contrariata da quell'idea.
- Sei uscito di carcere nemmeno...- si fermò per controllare l'ora sull'orologio - quindici minuti fa, vuoi già tornarci? Sappi che non ho un altro milione da spendere per te. - il punk si limitò a sbuffare, sistemandosi sul sedile con lo sguardo corrucciato.
- Quindi? Cosa dovrei fare?- chiese poi, alzando le spalle. Zoey si toccò le labbra, tentando di elaborare un piano per permettergli di tornare a casa.
- Potrei prestarti io i soldi. Però qui non li ho. Passiamo da casa mia.- disse, senza nemmeno considerare la sua opinione. Sterzò rapidamente, costringendo il ragazzo ad aggrapparsi alla maniglia per non finire per terra.
- Ma sei pazza?!- strillò successivamente, ricevendo una mezza occhiataccia.
- Mettiti la cintura!- il moro si rese conto solo in quel momento di essersene completamente dimenticato. Eseguì quanto richiesto, facendo apparire un lieve sorrisetto sulla bocca della rossa.
- Casa tua dov'è?- domandò, mentre teneva lo sguardo rivolto verso il finestrino. Il paesaggio, se così si potevano chiamare dei marcissimi negozi e qualche altra persona poco raccomandabile sul marciapiede, non era di certo dei più emozionanti.
- Più o meno...- si prese un attimo per concentrarsi nella guida, poi girò rapidamente il volante, rischiando di scontrarsi contro un cestino che, per miracolo divino, evitò di qualche centimetro - Qui.- finì, indicando un palazzo vicino.
La rossa scese ed invitò il punk a fare lo stesso. Era riuscita a parcheggiare perfettamente tra le linee bianche, cosa che dalla sterzata eseguita poco prima si sarebbe detta impossibile.
Attraversarono le strisce e si fermarono davanti ad un portone nero. Zoey prese un mazzo di chiavi e lo aprì, lasciando entrare Duncan per primo.
- Sto al terzo piano.- si diressero verso l'ascensore e, dopo qualche secondo, entrarono. L'interno era completamente riempito di specchi che, seppur sporchi, riuscivano a riflettere le immagini.
Il moro perse qualche attimo ad osservarsi: niente più cresta verde, niente piercing. Si sentiva leggermente a disagio nel vedersi così.
Poi le porte si spalancarono, costringendolo a togliere lo sguardo dal suo riflesso.
Qui si presentò la stessa scena del portone: la rossa estrasse il mazzo di chiavi, aprì la porta e lo lasciò entrare per primo.
L'intero appartamento era decorato in stile retrò, cosa certificata dalla presenza di poltrone che in vita sua aveva visto solamente a casa di sua nonna. La luce, che la rossa aveva appena acceso, illuminava parzialmente la stanza, quasi come se si fosse rotta una lampadina, ma il punk ci mise poco a capire che quell'effetto era voluto.
Anche il tavolo, le sedie, le tende e perfino la televisione erano tutti stile anni novanta, tanto che la maggior parte di quegli oggetti li avrebbe potuti vedere guardando una di quelle puntate delle soap opere che a sua madre piacevano tanto.
Improvvisamente, mentre Duncan aveva appena messo piede nella cucina, il campanello suonò, attirando l'attenzione dei due.
Zoey si avvicinò all'uscio ed aprì leggermente la porta, osservando chi la stesse cercando. Gettò un'occhiata fuori e poi la spalancò completamente, permettendo anche al ragazzo di chi si trattasse.
Era una donna anziana, circa sulla sessantina, con i capelli grigi pettinati alla perfezione ed una lunga vestaglia giallo canarino che per poco non lo fece vomitare. Non appena lo vide si aggiustò la montatura degli occhiali e guardò la rossa con un sorrisetto che gli fece accapponare la pelle.
- Ne hai già trovato un altro, eh?- disse, alludendo al punk dietro di lei. La ragazza sussultò, colta alla sprovvista, ma prima che potesse rispondere la vecchia continuò a parlare - Quanto è passato? Due o tre mesi? Sono contenta che ti sia ripresa, mi sembravi così depressa. Ma meglio così, è sempre importante avere una vita sentimentale attiva.- attaccò un lungo, e imbarazzante, discorso, che fece diventare la faccia di Zoey dello stesso colore dei suoi capelli.
- Ma... ma signora Danielson, cosa dice! Non è il mio ragazzo è... è... solo un amico! È solo un amico.- ridacchiò, tentando di sembrare convincente ma fallendo miseramente.
- Se lo dici tu. Comunque, sono venuta qui per darti questa, è da parte dell'amministratore di condominio. Arrivederci e...- si fermò per un istante osservando il punk - Buona fortuna!- esclamò, per poi salire le scale lentamente.
- Grazie ed arrivederci!- rispose lei, balbettando un po'. Poi si richiuse la porta alle spalle, appoggiandosi sulla superficie di legno con la schiena.
- Chi era?- domandò Duncan, con fare curioso. La ragazza lo guardò per qualche secondo, poi gli rispose.
- È una signora che abita al piano di sopra.- tagliò corto, scuotendo la mano. Avrebbe potuto aggiungere che ogni volta che la vedeva con un ragazzo si lasciava sfuggire delle battutine di pessimo gusto, ma preferì sorvolare.
- Capisco. Piuttosto, questo arredamento non è un po' troppo vecchio?- indicò i lampadari e i vari mobili presenti nella stanza, notandosi di come, effettivamente, fossero una miriade.
- Mi piace questo stile, l'ho preparata io così. - alzò le spalle, fregandosene altamente delle critiche del moro. Si tolse il giacchetto e lo appoggiò sul divano, permettendogli di osservarla attentamente. Non era cambiata granché dall'ultima volta che l'aveva vista, anche perché erano passati solamente tre mesi.
Indossava sempre il solito top rosso, che le finiva poco sopra l'ombelico, e i, discutibili, jeans dal colore discutibile che aveva odiato dalla prima volta che li aveva visti. Però, al contrario che durante il reality, non portava un paio di sandali, ma bensì delle ben più comode scarpe nere, che riconobbe come Converse dopo un'attenta visione. E non aveva il fiore tra i capelli, seppur quest'ultimi fossero comunque raccolti in due boccoli.
La osservò per un po', mentre lei stava iniziando a tirar fuori da una dispensa del cibo.
- Avrai fame, ti preparo la colazione.- esordì, gettando qualche scatola di cereali ed una bottiglia di latte sul tavolo. Il punk si mise a sedere senza dire una parola, accettando di gran lunga quell'invito.
- Decisamente! Da quando sono fuori ho bevuto solo una disgustosa cioccolata calda.- rimarcò la parola "disgustosa", cercando di fare il duro, ma non riuscì nel suo intento.
- Non mi sembri il tipo da cioccolata calda.- ribatté l'altra, ridendo sotto i baffi. Il punk balbettò un po', poi rispose, utilizzando sempre quel tono saccente e acido che credeva facesse fico.
- Ovvio! Io volevo un caffè amaro ma la macchinetta era rotta.- decise di non parlarle della sua sfortuna con quegli aggeggi infernali, così da evitare di farla ridere e di sembrare un "bonaccione".
- Se vuoi posso fartene uno.- disse poi, guardando dietro di sé se ce ne fosse rimasta una busta.
- Volentieri!- sorrise, pensando a quanto gli fosse quel liquido amaro sulla lingua. La rossa si alzò e si mise all'opera, preparando la bevanda in due minuti.
- Prego!- concluse, servendogli la tazza, piuttosto grossa, contenente il caffè - Zucchero?- lo guardò, girandosi in direzione del contenitore, ma Duncan la stoppò.
- No, grazie, lo bevo così. - senza esitare mise la bevanda in bocca, ma per poco non rischiò di risputarla sul volto di Zoey. Lo mandò giù, temendo di vomitarlo, poi la guardò con una faccia schifata, mentre la rossa chiedeva informazioni sul perché di tale reazione.
- Che c'è? Tutto bene?- si alzò in piedi, come presa dal panico, calmandosi solo quando il moro riuscì a parlare, ovviamente dopo aver soffocato con quante più deglutizioni possibile l'orribile sapore del caffè.
- Fa schifo!- dichiarò, tossendo. La ragazza si mise a ridere, cosa da cui dedusse che non doveva essere la prima che qualcuno criticava il suo caffè.
- Mi spiace, mi sono dimenticata di dirtelo. Sono una frana a farlo.- si grattò la spalla con una mano, cercando di tamponare l'argomento con fare disinvolto.
Alla fine si accontentò di una ciotola di cereali e latte, cosa ben più commestibile.
Finirono di fare colazione in un lampo e la ragazza lo invitò a sedersi sul divano, cosa che fece di gran gusto. Finalmente sentiva una sensazione confortevole alla schiena, cosa che in carcere non aveva provato per ovvie ragioni.
- Allora, Zoey, che mi dici degli altri?- iniziò un discorso tanto per, approfittandone per saperne di più su gli altri partecipanti della quinta edizione.
- Ne so poco e niente. Con Gwen, Sam e Cameron sono in contatto. Di Alejandro e Heather so solo che adesso stanno insieme. Di Sierra so poco e niente, così come di Courtney e Scott. Joe e Lightning si fanno sentire di tanto in tanto, ma niente di che.- terminò il discorso rapidamente, quasi come se volesse evitarlo. Il punk, però, non aveva notato tale atteggiamento, pertanto continuò a farle delle domande.
- E Mike? Voi due stavate insieme, giusto?- si mise il più comodo possibile, aspettando una risposta che ritardò un po' ad arrivare.
- L'ultima volta che l'ho sentito è stata due mesi fa, più o meno.- portò le ginocchia al petto, cercando di contenersi dal piangere. L'aveva già fatto abbastanza e non le andava di continuare. Ormai erano una decina di giorni che aveva "accettato", se così si poteva definire, la rottura con il moro.
Il loro primo, e col senno di poi ultimo, litigio. Un'incomprensione piuttosto grande, che aveva separato quella che tutti definivano "la coppia perfetta".
- Oh... mi dispiace.- fu l'unica cosa che il punk riuscì a dire, mentre con fare imbarazzato si grattava il collo, mantenendo lo sguardo basso.
- No, non preoccuparti, non è niente.- stava mentendo e lo sapeva bene. Ma ormai era solita mentire a sé stessa, almeno riguardo tali argomenti - Cavoli, si è fatto fin troppo tardi! Andiamo, ti accompagno alla stazione.- la rossa interruppe i pensieri del ragazzo, ancora preso dalla brutta figura fatta poco prima.
- Uhm, va bene.- sussurrò, alzandosi dal divano.
- Aspettami pure fuori.- Zoey gli sorrise, indicandogli la porta. Fece come richiesto, fermandosi per un po' ad osservare l'interno del palazzo. Sulla sinistra aveva altri due appartamenti, mentre sulla destra ce n'erano ben quattro. La stessa cosa valeva per la fila davanti, la quale era posizionata a specchio.
La rossa prese dei soldi, che avrebbe prestato al punk, e uscì di corsa trovando l'altro intento ad osservare la porta davanti alla sua.
- Andiamo?- lo chiamò a sé, facendolo scattare sull'attenti. In meno di un minuto furono fuori e, dopo essere entrati in macchina, iniziò il loro, breve, viaggio. Nessuno dei due parlò, passando quei cinque minuti a riflettere.
Sbloccarono il silenzio solo quando furono arrivati. Il moro scese dalla macchina e ringraziò Zoey con un sorriso, ottenendone uno come risposta.
- Ciao e, mi raccomando, non finire più in galera.- scherzò quella, facendolo ridere.
- Ci proverò. Arrivederci!- dopodiché chiuse lo sportello e si diresse verso l'entrata della stazione, salendo a grandi falcate le scale.
Non appena fu dentro si precipitò a vedere gli orari dei treni che scoprì, per sua immensa fortuna, essere in dirittura d'arrivo. Avrebbe dovuto aspettare solo una decina di minuti.
Andò alla cassa e fece il biglietto, spendendo i soldi della rossa, cosa che lo uccise dall'interno, poi prelevò il pezzo di carta e si mise a sedere su una panchina lì vicino.
Gettò la testa all'indietro, facendola collidere con lo schienale, poi riprese a riflettere. Doveva sdebitarsi in qualche modo. Quella pazza, perché non aveva altri modi per definirla, gli aveva dato un'altra opportunità di vita, perché se avesse aspettato di uscire con il tempo avrebbe bruciato dieci anni, mandando alle ortiche i suoi anni migliori.
Questo pensiero camminava di pari passo con la consapevolezza di non essere più quello di un tempo. Cavolo, lui era Duncan Nelson, l'uomo che aveva picchiato un coccodrillo, quello che era stato più volte in riformatorio, quello che era sempre arrivato allo scioglimento delle squadra durante ogni stagione del reality, era un tipo duro!
Ma quella mattina comprese che i suoi tempi d'oro erano finiti. E dalla conversazione con Zoey se ne era reso conto. Era stato gentile, educato ed a tratti persino premuroso. Tutte queste qualità non gli si addicevano o meglio, dovevano essere solo una piccola parte di buono immerso nella malvagità più pura.
Però non era cattivo e questa cosa l'aveva capita, perlomeno. Il suo atteggiamento si discostava di parecchio da quello di Heather, Alejandro, Scott e simili. La sua "cattiveria" stava nel suo aspetto, nel suo modo di comportarsi.
Perfino Courtney, la ragazza perfetta e ligia alle regole, era riuscita ad essere considerata più personaggio negativo di lui. Per non parlare poi di Mal, dal quale era distante anni luce.
Probabilmente la mal riuscita in "A Tutto Reality!: All Stars" era dovuta solamente ad un fattore psicologico, pertanto non riusciva a compiere più crimini e cose da vero ragazzaccio.
Però, col senno di poi, era arrivato alla conclusione che l'aver fatto esplodere la villa di Chris fosse stato del tutto inutile, così come lo era stato il suo tentativo di tornare cattivo.
Ci provava sempre, dando qualche risposta pesante e minacciando la gente, ma in dosi ridotte. Ormai era diventato il fantasma di sé stesso. Ma alla fine poteva accettarlo.
Tutto ciò che voleva in quel momento era riuscire a ricrearsi una vita, una decente. E, forse, aveva anche capito come fare.
Non appena giunse alla conclusione finale arrivò il treno, una coincidenza ben gradita. Sarebbe ritornato a casa ma non ci sarebbe stato per molto, aveva altro da fare.
 
Parte 3
"Davanti a te"
Da quando aveva "liberato" Duncan era ormai passata una settimana. Ogni giorno si ripeteva con la solita, e ormai monotona, routine. Sveglia alle nove, uscita di casa alle nove e quindici, lavoro al ristorante alle nove e trenta, pausa pranzo alle dodici, riprese alle dodici e trenta, turno pomeridiano fino alle diciassette e infine ritorno a casa, previsto per le diciassette e trenta. Tutte le fasi successive, tra cui doccia, risistemare l'appartamento e preparare la cena, variavano dalle diciassette e trentacinque alle venti e trenta. Alle ventuno in punto era prevista l'ora di riposo, così da riuscire a dormire precisamente dodici ore.
Si sentiva un po' una bambina, ma perlomeno riusciva ad arrivare a lavoro sempre carica e piena di energie. Le ore destinate a dormire erano aumentate da quando aveva rotto con Mike. Prima era solita stare con lui anche fino a mezzanotte, guardando le stelle o qualche programma alla televisione.
Così, per l'ennesima volta, era pronta ad uscire di casa, così da andare a lavoro e riuscire a rispettare la sua scaletta. E, forse per via dell'orario o semplicemente perché distratta, le sembrò normalissimo quando si ritrovò davanti Duncan che, quasi come se quella situazione non fosse un minimo strana, la salutò con tono piatto.
- Buongiorno, Zoey. - disse semplicemente, entrando nella porta dell'appartamento situato davanti al suo. In mano teneva una scatola piena di diverse cianfrusaglie e, non appena portò lo sguardo sul pavimento, si accorse che ce n'erano una decina.
- Oh, Duncan, buongiorno a te...- rispose in automatico, avviandosi verso le scale senza dare troppa importanza alla cosa. Solo in un secondo momento si rese conto di quanto quella scena fosse sbagliata - Duncan! Ma che ci fai qui?- strillò, facendo fare una smorfia al punk, il quale si coprì istintivamente un orecchio.
- Beh? Che c'è di strano?- domandò, alzando le spalle, fece per entrare in casa per portare un altro scatolone ma venne bloccato nuovamente dalla rossa.
- Cosa c'è di strano? Tutto! Perché sei qui?- la ragazza tenne la bocca aperta per un po', complice anche il sonno che non le permetteva di ragionare bene.
- Mi sono trasferito qui, problemi?- alzò un sopracciglio, facendola balbettare per un po'.
- N-No... ma perché proprio qui?- Duncan era visibilmente stufo di tutte quelle domande, sia perché odiava finire sotto torchio e anche perché era dalle sette di mattina che stava spostando scatolini ed aveva voglia di finire al più presto.
- L'altra volta ho visto il cartello affittasi e mi sono segnato il numero. Ho chiamato e mi hanno detto che era ancora libera, così mi sono fiondato subito.- spiegò, appoggiando un'enorme scatola davanti all'uscio. La rossa si limitò a sgranare gli occhi, scioccata da quelle parole.
- Capisco...- cosa non vera, in realtà non comprendeva nulla di ciò che stava succedendo, tanto che si diede perfino un pizzicotto per capire se stesse sognando - Comunque sia, ora devo andare a lavoro. Ci vediamo... dopo?- abbozzò, insicura su cosa dire.
- Certo.- tagliò corto Duncan, salutandola con un gesto della mano e tornando a portare gli enormi scatoloni all'interno della casa.
Aspettò di sentire il rumore del portone che sbatteva, così da essere sicuro che la ragazza avesse lasciato il palazzo, poi si accostò sulla porta, respirando affannosamente. Mantenere quell'aria disinteressata e  nervosa non era stato affatto facile.
Per quanto avesse accettato di non essere più il criminale di un tempo non voleva rammollirsi più di tanto, motivo per cui non era nemmeno andato a salutarla quando, due giorni prima, era andato lì per sentire della casa. Aveva fatto attenzione ed aveva evitato sia Zoey che la donna che aveva visto a casa sua quel giorno, di modo che non avesse potuto spifferarle nulla.
Fece un ultimo sforzo e portò tutto dentro, riuscendo finalmente a riposarsi sul divano. Il suo appartamento e quello della ragazza erano praticamente uguali, eccezion fatta per l'arredamento.
Se quello della rossa era da considerarsi piuttosto retrò, quello del punk rispecchiava palesemente lo stile metallaro del moro. Il giorno prima aveva cosparso la camera di poster ed aveva montato lo stereo, così da avere per lo meno i beni che considerava indispensabili per vivere.
Dopo essersi riposato per un po', decise di andare a sistemare le ultime cose, tra cui c'erano la maggior parte degli scatoloni.
Ne aprì uno a caso e per poco non pianse. Aveva trovato il suo vecchio poster dei Linkin Park, risalente ai tempi di Meteora, che gli avevano regalato per Natale.
Lo appese in cucina e, dopo essersi fatto il segno della croce, si baciò la mano e toccò la figura di Chester, il quale stava sorridendo come suo solito.
- Ci manchi, Chazy. Manchi a tutti.- disse, toccandosi il cuore, poi ritornò a lavoro, non prima di aver acceso lo stereo ed aver inserito un disco dei Linkin Park, giusto per colmare quel vuoto nel petto che lo stava avvolgendo in quel momento.
Sotto le note delle varie canzoni concluse il tutto in un attimo, riuscendo perfino ad infilare tutti i vestiti nell'enorme armadio presente nella camera.
Essendo ora di pranzo, andò ad aprire il frigorifero, ma lo trovò vuoto. Nel caos del trasloco si era dimenticato di andare a comprare da mangiare.
Così prese il portafoglio e le chiavi, pronto a dirigersi verso un supermercato.
Nel giro di due minuti si trovò davanti ad un supermarket, che aveva visto nel tragitto per venire lì. Entrò con cautela, dirigendosi direttamente nel bancone surgelati. Era abituato a mangiare quelle schifezze, pertanto ne fece il pieno. Inoltre comprò una decina di pachi di caffè, giusto per esser sicuro di non rimanerne a corto.
Si diresse alla cassa ma si accorse che, da buon idiota qual era, aveva lasciato i soldi sul letto. Sua mamma lo aveva avvisato più volte, ricordandogli che il denaro per quella settimana l'aveva inserito nella busta che lui aveva gettato senza preoccuparsi di altro.
- Sono quarantasei dollari e novantasette .- disse la cassiera, sorridendogli. Spalancò il portafoglio, notando solo una misera banconota da venti. Sbuffò ma, proprio mentre stava per parlare, accettando il fatto di star per fare una imminente figuraccia, un ragazzo mise trenta dollari sulla cassa, lasciandolo di stucco. Accettò l'aiuto con uno sguardo felice e, non appena si voltò, desiderò di non averlo mai fatto.
- Tu?- la sua bocca si era spalancata da sola, facendogli assumere un'espressione da deficiente.
 - Ciao, Duncan, non sapevo fossi già uscito di prigione.- quella voce, quell'odiosa voce. Capelli neri, occhi verdi e tanta gentilezza. Quell'essere era l'apoteosi del tipo di persona che lui odiava.
- Sì, diciamo che sono successe un po' di... cose. - tagliò corto, desideroso di scappare da lì al più presto possibile.
- Ehi, ti va di andarci a prendere un caffè? Conosco un posto che lo fa buonissimo.- okay, tutto ciò era sbagliato. Incontri il ragazzo che, un anno prima, ti ha rubato la fidanzata e tu che fai? Ovvio, gli spaccherei la faccia. O almeno quello è il ragionamento che avrebbero fatto tutti. Tutti ma non lui. Trent non era così, anzi. Lo aveva invitato amichevolmente a prendere un caffè assieme, come se fossero stati due amici che non si vedevano da molto tempo.
Voleva rifiutare, lo voleva con tutto sé stesso, ma la parola "caffè" e l'aggettivo "buonissimo" avevano preso pieno controllo su di lui.
- Va bene, Trent. Andiamo.- ecco, c'era caduto di nuovo. Per l'ennesima volta si era lasciato fregare da quella bevanda degli dei.
Il moro gli indicò la strada, portandolo ad un bar lì vicino. Entrarono e si sedettero ad un tavolino, aspettando che la cameriera venisse a prendere le loro ordinazione.
Questa giunse prima del previsto, tanto che ebbe un attimo di confusione nell'ordinare.
- Io prendo un caffè macchiato, e tu?- il primo a parlare fu Trent, il quale attese una sua risposta.
- Beh... vediamo... ehm... un caffè, possibilmente amaro.- quella scena lo mise in imbarazzo, al punto che abbassò istintivamente la testa.
- Ottimo, ve li preparo subito.- dopodiché la ragazza si allontanò, dirigendosi verso la cucina.
- Allora, Duncan, che mi dici?- iniziò il moro, appoggiando i gomiti sul tavolino.
- Nulla di che, diciamo che sono appena uscito di galera.- la sensazione di disagio che stava provando era leggermente diminuita, anche grazie al modo di fare calmo dell'altro.
- Ottimo, ne sono contento.- Trent sorrise, lasciandolo sempre più stupito. Possibile che non provasse più un minimo di rimorso nei suoi confronti?
- E tu?- chiese, venendo però interrotto dalla cameriere, che portò le due bevande. Il moro ringraziò e poi rispose, sempre con il solito tono allegro.
- Beh, mi sono rimesso con Gwen da due mesetti ormai e tra poco inciderò il mio primo disco, sono molto emozionato. Oh, scusa, non ho pensato che forse queste parole avrebbero potuto darti fastidio.- si scusò immediatamente, consapevole di ciò che aveva detto. Se fosse stata una qualsiasi altra persone avrebbe pensato che l'avesse fatto di proposito, ma lui non era così. Era visibilmente dispiaciuto, motivo per cui decise di passare sopra alla questione.
Non riusciva più ad odiarlo come aveva fatto durante la prima e la seconda stagione. Ora lo vedeva solo come un buon Samaritano che gli aveva pagato la spesa e offerto un ottimo caffè, che aveva praticamente già finito.
- Non preoccuparti, mi è passata da un pezzo. Infondo ho sempre pensato che voi due stesse molto bene insieme.- questa era una palla bella e buona, però voleva togliergli quello sguardo dispiaciuto dal volto, che dopo un po' diventava seccante - Piuttosto, stai incidendo un disco? Di che genere?- odiava fare quel tipo di discorsi, ma voleva provare a ricambiare, anche in quantità minime, la sua gentilezza.
- Un misto tra blues e pop.- sorrise, contento di tale domanda.
- Uh, mi piace il blues.- altra menzogna. Era il genere musicale che più odiava dopo l'elettronica. Al moro si illuminarono gli occhi, cosa che lo spaventò.
- Fantastico! Allora voglio farti un regalo! Prendi questi!- non gli diede nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Gli passò due pezzi di carta che, visti più attentamente, erano due biglietti, probabilmente per un concerto.
- Suoni tu?- chiese scioccamente, già consapevole della risposta.
- Sì, è sabato prossimo. Spero tu riesca a venire. Oh, accidenti, guarda che ora che si è fatta! Devo andare.- Trent si alzò, portando il punk a fare lo stesso. Fu il chitarrista a pagare il conto e, dopo essere giunti alla porta, si salutarono con una stretta di mano, con la "promessa" di rivedersi qualche volta.
Non appena giunse a casa, correndo ovviamente, si gettò sul letto, stanco per quella lunga mattinata. E in tutto questo non aveva nemmeno mangiato.
Mise una pizza surgelata nel microonde e attese i dieci minuti necessari, mentre nel frattempo rifletteva sulla sua conversazione con Trent. Aveva il voltastomaco, ma in un certo senso era contento di averlo incontrato.
Era convinto di essere vittima del suo astio, ma era rimasto piacevolmente sorpreso nel vedere come si era lasciato tutto alle spalle. Cosa che solamente una persona matura potrebbe fare.
Infatti lui era tutto il contrario. Se avesse avuto Chris tra le mani gliene avrebbe cantate quattro, poiché non era disposto a perdonarlo. Ma ora i problemi erano altri, primo tra tutti come spegnere il microonde.
E, proprio per questa piccola incomprensione tra macchina e uomo, la sua pizza venne leggermente bruciacchiata.
 
Parte 4
"Cena?"
La giornata a lavoro era stata più stressante del solito. Per quel giorno avevano prenotato un tavolo da circa cinquanta persone che, a detta loro, dovevano festeggiare un matrimonio. Quindi era stata costretta a fare avanti e indietro tra la sala e la cucina, portando numerose trafile di piatti.
A quel, rumorosissimo tavolo, andavano poi sommati altri tavoli, i quali non gradivano la confusione e se ne lamentavano con lei, che doveva andare a parlare con tutte quelle persone, ricevendo sempre la solita risposta sgarbata e che doveva tenere per sé, visto che non aveva la possibilità di rispondergli.
Quindi quando rientrò in casa si gettò sul letto, respirando affannosamente. Aveva sonno ma la fame stava pian piano prendendo il sopravvento. Si alzò di controvoglia, andando a controllare se ci fosse del cibo nel frigorifero.
Effettivamente era pieno, ma nessuna delle cose lì presenti stuzzicava il suo appetito. Era già pronta a prepararsi un piatto di pasta, che non le andava per nulla, quando il campanello suonò, salvandola da quella cena così monotona.
Aprì la porta lentamente, controllando chi fosse. La scena che vide fu surreale: Duncan si trovava di fronte a lei, con la porta di casa sua spalancata e un'indefinita quantità di fumo nero che usciva dalla casa.
La guardò per un po' negli occhi, cercando di essere il più serio possibile.
- Hai qualcosa di commestibile da mangiare?- domandò, ridacchiando nervosamente. La rossa sospirò rumorosamente, poi spalancò la porta, invitandolo ad entrare.
- Sto preparando un po' di pasta.- spiegò, lasciando sedere l'ospite sul divano. Quello la guardò un po' stranito, completamente contrariato.
- Non mi va. - Zoey fu tentata di rispedirlo a casa sua, ma la successiva affermazione del punk attirò la sua attenzione - Perché non ci prendiamo una pizza?- domandò, estraendo il suo cellulare dalla tasca.
- Va bene.- ci mise un istante a rimettere tutta la roba al proprio posto. Aveva già l'acquolina in bocca. Non perché avesse effettivamente fame, ma l'idea di gustare una pizza piuttosto che uno scarno piatto di pasta le andava letteralmente a genio.
- Vuoi una margherita?- chiese, ottenendo un cenno positivo come risposta.
Dopodiché compose il numero, avviandosi verso il balcone per poter parlare indisturbato. Rientrò poco dopo, alzando il pollice in segno di vittoria.
- Per quando le hai prese?- domandò lei, gettando un'occhiata all'orologio appeso nella stanza.
- Dovrebbero arrivare tra mezz'ora.- concluse, facendo il conto.
- Come fai ad avere il numero della pizzeria? È da poco che abiti qua.- era una domanda che si era posto da un po', ma a cui non riusciva a trovare risposta.
- Beh, domani inizio a lavorare lì, quindi mi sono segnato il numero.- informò lui, scuotendo la testa soddisfatto.
- Uh, davvero? E che farai?- chiese, con tono curioso. Non si aspettava un comportamento così maturo da parte sua, tanto che rimase sorpresa nel sapere che avesse già trovato un lavoro.
- Fattorino. Consegnerò le pizze.- spiegò, continuando a mantenere lo sguardo tipico di chi è fiero di sé stesso. Zoey iniziò a ridere istintivamente, coprendosi la bocca per non farsi vedere.
La compagnia di quel ragazzo riusciva, inaspettatamente, a tirarla su di morale. Era riuscito a farle dimenticare l'orribile giornataccia passata fino a quel momento.
Iniziava a pensare che, forse, averlo tirato fuori dalla galera le avesse giovato qualcosa. Inizialmente il suo era stato solo un gesto da buona Samaritana, spinto dall'aiuto che il punk le aveva dato per la faccenda di Mal, però più passava i minuti con il moro e più si rendeva conto di trovarlo simpatico.
Ricordava che nella prima stagione, che aveva guardato a casa sua con la madre, lo aveva trovato fin troppo rozzo e cattivo, al punto di sperare nella sua eliminazione. Nella seconda, invece, aveva avuto modo di vedere il suo carattere più dolce, motivo per cui fu contenta quando arrivò in finale. Nel "Tour" aveva un po' storto gli occhi quando si era messo con Gwen, ma tutto sommato non gli era parso così cattivo.
Infine, in "All Stars", lo aveva conosciuto per bene, rendendosi conto di quanto fosse effettivamente dolce e gentile, tanto che era rimasta piuttosto stupita quando aveva saputo della rottura tra lui e la gotica.
Ed ora, in quel momento, ce l'aveva davanti, mentre cercava i piatti, sbuffando ed imprecando ad ogni cassetto sbagliato.
- Sono sulla mensola.- intervenne, ridacchiando.
- Ah, grazie.- il punk aprì finalmente il cassetto giusto, riuscendo quindi ad addobbare per bene la tavola. Dopo poco sentirono suonare al citofono, motivo per cui Duncan si fiondò di sotto.
Ritornò dopo poco, appoggiando le pizze sul tavolo.
- Hai pagato tu? Aspetta che ti do i soldi.- la rossa fece per andare a prendere il portafoglio, ma venne prontamente fermata dal ragazzo, che le afferrò un braccio.
- Non preoccuparti, infondo hai già speso troppo.- scherzò, invitandola poi a sedersi a tavola.
Passarono la cena a parlare del più e del meno, ridendo e scherzando in un modo che, anche solo un mese prima, avrebbero ritenuto impensabile.
La conversazione era andata a parare sul rapporto di Duncan con le sue ex, cosa che Zoey trovò molto curiosa, visto che ne aveva avute molte.
- Con Courtney va malissimo e credo che per Gwen sia la stessa cosa. Giusto con quelle avute prima del reality sono riuscito a rimanere in buoni rapporti.- spiegò, ottenendo degli sguardi interessati da parte della ragazza - E tu?- questa domanda la colse alla sprovvista, facendola rattristire improvvisamente. Solo dopo il punk si rese conto della, scomoda, domanda che aveva fatto. Provò a scusarsi, ma venne anticipato dalle parole della rossa.
- Non so. Mike è stato il primo ragazzo con cui ho avuto una relazione.- disse, mostrando un sorrisetto piuttosto frustrato.
- Senti, ti va di parlarne? Mi sembri molto giù.- non appena terminò la frase si rese conto di essere caduto nel suo trabocchetto. L'aveva incantato con la sua faccia da brava ragazza ed ora si ritrovava immischiato in argomenti che sarebbe stato meglio fare in un pigiama party con le amiche. E la cosa divertente è che l'aveva fatto inconsciamente, perché una come lei non ne avrebbe mai parlato di sua iniziativa.
Sentì una sensazione di vergogna, dovuta dalla sua sciocca domanda. Cavoli, si era ripromesso di non provare più ad essere un duro a tutti i costi, ma voleva perlomeno mantenere quell'aspetto e quell'atteggiamento accattivante che lo caratterizzano.
Eppure ormai il dado era tratto. La rossa stava per dare finalmente aria alla questione che l'aveva oppressa per i precedenti due mesi.
- Non so cosa sia successo. Improvvisamente ha iniziato ad essere sempre più distaccato finché, un giorno, mi ha mollata per telefono. Ha detto che eravamo troppo distanti e che non se la sentiva di intraprendere una relazione del genere.- disse, appoggiando i gomiti sul tavolo. Delle lacrime iniziarono ad uscire automaticamente dai suoi occhi, venendo prontamente fermate dalla rossa, che non voleva mostrargli quello spettacolo pietoso al cui era stato costretto ad assistere.
E qui veniva il difficile per Duncan. Adesso avrebbe dovuto consolarla. La settimana prima era scappato, preferendo non parlarne, ma ora non aveva scampo.
Stare in silenzio non era la scelta migliore, pertanto doveva contenere le parole, provando ad essere il meno brusco possibile. Non era un esperto di amore ne tantomeno un buon consolatore.
Eppure, per la prima volta nella sua vita, non voleva sbagliare. Perché quella ragazza non lo meritava. Grazie a lei era uscito di galera e questo era un motivo più che sufficiente per aiutarla.
- Da cosa te ne sei accorto?- un'altra domanda spezzo il suo monologo interiore, che era durato intorno ai trenta secondi, durante i quali un silenzio glaciale si era stanziato tra i due.
- Di cosa?- chiese scioccamente, troppo teso per poter comprendere al volo cosa volesse dire.
- Ho sempre cercato di non sembrare triste davanti agli altri, di far credere loro che andasse tutto bene. Ma tu l'hai capito subito.- spiegò, facendo spalancare la bocca del moro. Per lui tutto ciò era naturale. Era capace di vedere quando qualcuno stesse mentendo.
Aveva questa particolare abilità che lo aveva aiutato più volte nel corso della sua infanzia.
- Da tutto.- quelle due parole gli uscirono di bocca. Non aveva nemmeno ragionato, sparando la prima cosa che gli fosse venuto in mente. Ed era vero. L'atteggiamento della rossa sembrava, o meglio era, finto e la cosa era piuttosto palese. Sempre con il sorriso, mai una volta che si rabbuiasse o che tornasse seria.
Voleva sembrare felice ma non ne era in grado.
- Dal tuo sguardo, da come parti, da come ti muovi. Un insieme di cose. - approfondì il discorso, facendola piangere ancora di più. Mise le mani avanti, cercando di farla smettere, ma la reazione della rossa lo spiazzò. Era passata da un pianto di disperazione ad uno di gioia, se così si poteva definire.
Stava ridendo come un'ossessa. Si asciugava di tanto in tanto le lacrime dagli occhi, mentre teneva l'altra mano appoggiata alla pancia, cercando di placarsi.
- Che c'è da ridere?- domandò, con un tono decisamente infantile. Si sentiva preso in giro, motivo per cui Zoey tentò di scusarsi in tutti i modi possibili.
- Scusa, scusa, non volevo.- si asciugò un'ultima lacrima, ritrovando poi la sua solita compostezza - Sei incredibile. Sei stato il primo ad accorgersene.- ridacchiò, singhiozzando.
- Vedo che la depressione ti è passata.- rispose lui, con tono offeso. La rossa continuò a ridere, facendolo, involontariamente, arrabbiare ancora di più.
- Sì, grazie a te. - non riusciva a smettere, la faccia ed il tono di voce del punk la stavano facendo letteralmente morire dal ridere.
- Riprenditi.- chiese, abbassando le ciglia, e, dopo due o tre minuti, il suo desiderio venne esaudito.
- Sì, non ti preoccupare.- concluse, ritornando seria. A quel punto il moro smise di tenere il broncio, cercando qualche parola che potesse confortarla, per quanto non ne avesse nessuna in particolare.
- Non abbatterti, troverai di meglio.- disse, cercando di mantenere il tono il più calmo possibile, con scarsi risultati. La rossa lo osservò per un istante, colta alla sprovvista da quelle parole.
- Grazie.- sussurrò, mostrandogli un sorriso di cuore - Sono sicura che tu abbia ragione.- lo assecondò, ridacchiando. Il punk fece lo stesso, soddisfatto del suo operato.
Però ben presto si rese conto dell'attimo di debolezza mostrato, sbuffando. Era nuovamente caduto preda dei suoi istinti più buoni, dimenticandosi la sua etica da criminale mancato.
Gli venne l'istinto di picchiarsi da solo, ma riuscì a placarlo mordendosi la lingua con violenza. Poi un ricordo di quella giornata balenò improvvisamente nella sua mente, cosa che lo portò a dimenticare istantaneamente l'arduo conflitto interiore che stava combattendo.
- Dimmi, Zoey, sei libera sabato prossimo?- lo chiese con semplicità, come se fosse una comunissima domanda. La rossa piegò leggermente la testa, quasi sconvolta, poi rispose.
- Penso di sì, perché?- portò una mano sotto il mento, aspettando che il punk parlasse.
- Ti va di venire con me ad un concerto?- estrasse dal portafoglio i due biglietti, porgendoglieli. La ragazza lesse il nome della band e l'orario, pensando per un po' tra sé.
- Va bene.- concluse poi, sorridendogli.
- Ottimo, non aveva proprio voglia di andarci da solo.- per quanto fosse pienamente consapevole di quanto quella richiesta fosse fraintendibile, si sentiva in debito pertanto, seppur tutto ciò si discostasse dal suo fare brusco e cattivo, decise di invitarla.
- Conosci la band?- Zoey restituì i biglietti al punk, ponendo alcune domande con tono curioso.
Duncan osservò il pezzo di carta, leggendo il nome: "After The Fireworks". Nome banale, ma che si addiceva ad una band soul.
- Sì, più o meno. Il cantante è un mio amico di vecchia data. - mentì, senza tentare di approfondire troppo l'argomento.
- Non sono mai stata ad un concerto.- la ragazza assunse un'espressione corrucciata, ripensando alle sue "esperienze" con la musica. Al massimo aveva assistito a qualche saggio delle sue cugine con il piano forte, ma niente di che. gettò uno sguardo verso di Duncan, che la stava guardando con la bocca aperta, incredulo.
- Stai scherzando, spero.- iniziò a tremare, quasi come posseduto, tanto che l'altra si spaventò un po'.
- No, sono seria. Tu ci sei mai stato?- sembrava quasi che si fosse dimenticata di star parlando con un punk metallaro, cosa che lo rese un po' triste.
- Ovviamente! Ho visto i Linkin Park due volte, i Sum41, i Blink182, i Green Day, i Skillet, i Paramore, gli Slipknot e i Red Hot Chilli Peppers. Mi hanno fatto fare un bel po' di strada, ma ne è valsa la pena. - tenne il conto delle band con una mano, lasciando la rossa a bocca spalancata.
- Davvero? Sei stato a così tanti concerti? Raccontamene un po'!- l'entusiasmo mostrato dalla ragazza sembrava quello di un bambino che vedeva per la prima volta un parco divertimento. E, davanti ad una richiesta del genere, il punk non poté che accettare.
Così passarono la sera a parlare di tutti i viaggi fatti in macchina per andare ai vari eventi sparsi per le città canadesi, tra le quali Toronto, Ottawa e Montreal.
Le raccontò di quando si era perso nella folla durante il concerto dei Green Day e di quella volta in cui venne quasi cacciato durante l'esibizione degli Slipkont per "atteggiamento rissoso nei confronti di altri fan".
Le narrò perfino del mini tour che aveva fatto con la band tedesca durante "A Tutto Reality!: Il Tour", giro che venne interrotto dalla cattura subita da parte di Gwen e Courtney a Londra.
Alla fine arrivarono fino a mezzanotte e mezza e, notati i primi sbadigli della ragazza, il punk decise di dileguarsi, così da lasciarla riposare.
- Ci vediamo domani.- salutò scarnamente, rivolgendole un cenno con una mano.
- Certo. E buonanotte.- sussurrò la rossa, ricevendo un sorriso come risposta. Poi Duncan entrò nella sua abitazione, chiudendosi la porta alle spalle.
Guardò l'orologio e rimase stupita di come fosse tardi. Era da tanto che non le succedeva, forse da troppo tempo.
 
Parte 5
"Ballo rubato"
Quella settimana era volata, letteralmente. Aveva affrontato tutti e sette i giorni con il sorriso stampato in volto, un sorriso vero. Non aspettava altro che quel sabato sera.
Nelle sua testa aveva provato più volte ad immaginarsi come sarebbe stata la serata, senza riuscire effettivamente ad immedesimarsi nella maniera più realistica. Era completamente assuefatta dal pensiero di dover passare una serata spettacolare tanto che, semmai fosse stata un fiasco, sarebbe rimasto depressa per sempre.
Confidava le sue speranze nelle mani del punk che, come aveva narrato durante la cena, aveva una vasta esperienza per quanto riguardava l'ambito musicale e dei concerti.
E così, dopo aver contato i giorni come un bambino che deve andare in gita, finalmente era giunto quel benedetto sabato. Incontrò Duncan all'uscita di casa e si scambiarono un'occhiata di intesa, come a ricordarsi l'impegno preso reciprocamente.
Entrambi si diressero a lavoro, sperando che questo finisse il più presto possibile.
E, non appena lo chef disse che le sarebbe stato possibile andare a casa, la rossa si fiondò verso la sua macchina verde, dirigendosi verso il suo appartamento il più velocemente possibile.
Suonò il clacson numerose volte, cercando di far scorrere il traffico, che essendo sabato era piuttosto numeroso, ricevendo anche diverse rispostacce per ciò.
Solo dopo essere giunta al parcheggio si rese conto di essersi comportata come quando Mike era stato eliminato in "A Tutto Reality: La Vendetta dell'Isola". Ridacchiò, più per vergogna che per altro.
Entrò rapidamente in casa, fiondandosi come un'ossessa verso l'armadio. Il momento fatidico era arrivato: doveva scegliere il vestito. Ma non sapeva nemmeno da dove incominciare.
Stette qualche minuto a girarsi i pollici, poi controllò l'ora sul suo cellulare, spalancando gli occhi quasi spaventata: aveva solamente due ore per prepararsi!
Cliccò sulla rubrica e la scorse, sperando di trovare qualcuno che potesse darle una mano.
Anne Marie? Mai e poi mai.
Cameron? Non era esperto di quelle cose, visto che non usciva quasi mai di casa.
Joe? Meglio di no, le sembrava troppo maschiaccio.
Fece scorrere l'indice della mano destra contro la superficie fredda del telefono e, in quel momento, vide il nome che le avrebbe salvato la vita.
Gwen. Lei era perfetta. Era una gotica che dell'ambiente musicale se ne capiva abbastanza. Oltretutto Duncan le aveva detto di essere andato a vedere i Green Day sotto specifica richiesta della ragazza.
Cliccò sul suo nome, pregando ogni divinità esistente affinché rispondesse al telefono. Fece tre squilli poi, finalmente, la voce della gotica si fece sentire dall'altro capo del telefono.
- Pronto, Zoey, a cosa devo questa tua chiamata...- venne immediatamente interrotta dalla rossa la quale, urlando e parlando velocemente, cercò di spiegarle la situazione.
- Gwen, devi aiutarmi. Devo andare lì, ma non so come vestirmi perché non sono pratica e non so come far perciò tu puoi aiutarmi ma non ne sono sicura e...- un urlò richiamò la sua attenzione, destandola dal suo improvviso attimo di pazzia.
- Ehi, calmati. Parla più piano.- disse, con voce acida. Zoey prese un grosso respiro, poi inizio la spiegazione.
- Devo andare ad un concerto, ma non so come vestirmi, potresti aiutarmi?- chiese, formulando perfettamente la domanda. La gotica ci pensò un po', poi diede la sua risposta.
- Beh, dipende. Di che genere è?- la rossa ci pensò un attimo, finché non trovò la giusta parola che, per miracolo, riuscì a ricordarsi.
- Blues, mi pare blues.- l'ansia che provava era palpabile nell'aria e Gwen l'aveva ben sentita.
- In questo caso...- le due imboccarono una conversazione che le portò via una mezz'ora ma che, a conti fatti, aveva dato i suoi frutti.
- Grazie ancora, sei una vera amica!- la rossa la ringraziò per la millesima volta, ottenendo delle risate come risposta.
- A proposito, chi è il fortunato?- chiese, assumendo il tono da "ficcanaso". Dopo qualche balbettò penso di risponderle ma, in quell'istante, si ricordò di una cosa fondamentale: Gwen era l'ex di Duncan. Come l'avrebbe presa? Sapeva che si era rimessa con Trent, ma forse andare a sbandierarle in facci che aveva un appuntamento, sempre se così si poteva definire, con il suo ex non le sembrava una gran cosa.
- Ehm... con il mio vicino.- ridacchiò, cercando di essere il più vaga possibile.
- Su, non essere timida, dimmi il nome. - la gotica insistette, portandola a dover, per forza, dirle la verità.
- Duncan.- disse, aspettandosi il finimondo. Invece la risposta dell'amica fu piuttosto pacata, cosa che la sorpresa.
- Duncan? Quel Duncan?- domandò, cercando conferma.
- Sì, proprio lui.- confermò, aspettandosi una sfuriata o qualcosa del genere.
- Ma non era in galera?- chiese, ridendo.
- È uscito due settimane fa. - rise anche lei, cercando di smontare una tensione che, alla fin fine, provava solamente lei.
- Ah, davvero? Beh, stai attenta. Però che strano, tu e Duncan, eh? Non l'avrei mai detto. Adesso ti devo lasciare sai, Trent deve suonare stasera. Ci sentiamo!- non appena la gotica riattaccò il telefono la rossa si lasciò andare in un profondo respiro, che per lei fu come liberatorio.
Stette sdraiata sul letto per un po', finché non si rese conto che il tempo passava rapidamente e che era giunto il momento di andare a prepararsi.
Ci mise un'ora tra: doccia, lavaggio dei capelli, trucco e vestiti. Non appena ebbe finito si ammirò allo specchio, cercando di calmarsi. Era da tanto che non usciva la sera ed era, stranamente, nervosa.
Duncan sarebbe dovuto passare a prenderla tra dieci minuti, motivo per cui decise di impiegare quel tempo gironzolando come un'ossessa per casa.
I secondi e i minuti passavano, ma del punk non c'era traccia. Ormai era l'ora. Aspettava con ansia che il campanello suonasse, attendendo davanti alla porta, pronta ad aprire.
Eppure il suo "cavaliere" non accennava a farsi vivo. Che si fosse dimenticato? Che avesse trovato di meglio da fare? Che l'avesse bidonata?
Quei pensieri iniziarono ad insinuarsi nella sua testa con aggressività, portandola ad andare nel panico sempre di più. Si sedette sul divano, cercando di ritrovare la calma interiore che ormai, da tre ore, aveva completamente perso.
Poi il miracolo. Il campanello suonò, rendendola la ragazza più felice del mondo. E non appena aprì lo vide: sudato e con ancora addosso la divisa di lavoro. Non le diede nemmeno il tempo di parlare.
- Fiorellino scusami, ma ho avuto un contrattempo di lavoro. Dammi dieci minuti e sono da te. - dopodiché schizzò nel suo appartamento, dirigendosi a corsa verso il bagno.
Ma non fu questo, divertente, siparietto a lasciarla di stucco, bensì le parole del punk. L'aveva chiamata "fiorellino".
Attese il tempo richiesto, controllando di tanto l'ora, finché non vide la porta davanti a lei aprirsi. Ne uscì un Duncan vestito normalmente, cosa che la sorprese e la fece sentire leggermente a disagio.
Il punk si fermò ad osservare il suo abbigliamento, passandoci ben trenta secondi. Un vestito blu lungo fino alle ginocchia ed i capelli sciolti, cosa non usuale per lei.
- Cavoli, tutto ciò è imbarazzante. Ad averlo saputo mi sarei vestito meglio.- il ragazzo si grattò il collo, gesto che faceva ogni qual volta si sentisse a disagio. Poi guardò la rossa e la invitò a seguirlo.
- Prendiamo la mia macchina?- chiese lei, ottenendo un cenno negativo da parte dell'altro.
- Stasera guido io. - estrasse le chiavi dalla tasca, mostrandogliele.
Scesero e si diressero verso il "bolide", o così lo definiva lui, di Duncan. Era una normalissima macchina a cinque posti color rosso fiamma.
L'interno era piuttosto strambo, cosa che Zoey notò subito. I sedili erano stati modificati, così come il volante, il quale aveva un colore rossastro rispetto al solito nero.
Anche lo stereo sembrava non appartenere all'auto, visto il suo design piuttosto recente.
Il punk decise di non accenderlo, così da evitare di infastidire la rossa, poiché all'interno aveva ancora un disco degli Slipknot che, a suo avviso, poteva risultare pesante per la ragazza.
Non parlarono molto durante il viaggio, anche perché stavano andando di fretta e l'autista era completamente concentrato sul percorso da fare.
Bastarono una ventina di minuti e, per grazia divina, arrivano appena in tempo. Scesi dalla macchina corsero verso l'entrata e, dopo aver mostrato i biglietti agli addetti, riuscirono a raggiungere la sala.
Era piuttosto grande, decorata con dei grandi stendardi recitanti "After The Fireworks" e il simbolo della band, un fuoco di artificio che stava partendo, lasciandosi una scia dietro, il tutto ovviamente stilizzato. Numerose luci giallastre illuminavano la stanza, accompagnate da piccoli led verdi che riflettevano un colore blu sui muri.
Poco più indietro c'era anche la zona bouffe, cosa che il punk adocchiò con molto piacere tanto che si incamminò direttamente lì, seguito dalla rossa.
Ghignò, contento di avere qualcosa da mettere sotto i denti. Prese sue bicchieri e lì riempì di cedrata, o qualsiasi altra cosa potesse essere, e ne passò uno a Zoey, che ringraziò imbarazzata.
Improvvisamente un grido si levò dalla folla, cosa che spaventò i due. Entrambi levarono lo sguardo verso il cielo, intuendo il motivo di tale baccano. La band era posta sopra uno spazio situato a dieci metri da terra e dove era possibile essere vista da tutti.
Duncan rimase a bocca aperta, stupito da tale cosa. In nessun concerto a cui aveva assistito nessuno aveva fatto una cosa del genere. Geniale ed originale.
- Grazie a tutti per essere venuti qua! Spero vi divertirete.- la voce di Trent accompagnò quello spettacolo visivo e, dopo poco, iniziarono a suonare.
Per poco Duncan non vomitò, rovinando così la serata. Ciò che partì fu una lenta canzone blues che a lui fece venire il voltastomaco. Mentre, Zoey, dal suo canto, si limitava a muovere la testa a ritmo, dimostrando che quello spettacolo pareva essere di suo gradimento.
Provò a resistere, cercando divertirsi come la rossa. Ballarono per due ore finché la band non si interruppe bruscamente.
- Questa è una ballata, pertanto vi invito ad eseguirla in coppia.- il punk sbiancò. Tutto ma non quello. Odiava quel tipo di balli.
Ma del resto la rossa lo stava guardando di soppiatto, come se aspettasse un suo invito o qualcosa del genere. Prese coraggio e, combattendo il suo istinto da metallaro, fece la proposta.
- Balliamo?- la ragazza accettò con un cenno della testa, sorridendo. E così, seguendo il ritmo di quella, lenta e agognante, melodia tentarono di fare un ballo che però non erano visibilmente capaci di fare.
Eppure continuavano imperterriti in quella, strana, danza in cui si erano cimentati, consci di star facendo una figuraccia. Anche l'accostamento dei loro abbigliamenti non era il migliore: uno vestito con una maglietta ed un paio di jeans mentre lei con indosso un abito galante.
Tra i due quello vestito male era lui, visto che anche tutti gli altri si erano presentati con abiti quasi sfarzosi, ma poco gli importava.
Di certo sentirsi al centro dell'attenzione, dopo quel ballo anche di più, era il suo forte, poiché poteva dare sfoggio alla sua strafottenza e al suo essere ribelle.
Ma in quel momento poco gli importava. Era concentrato sui suoi passi, tentando di essere il meno scoordinato possibile. Anche la rossa si era immedesimata nella parte, muovendosi con più eleganza possibile.
Nessuno dei due accennava un discorso, ma i loro movimenti lasciavano intere le loro emozioni, costringendoli ad impegnarsi al massimo. Si stavano divertendo e volevano che quella ballata che, per quanto lui trovasse insopportabile, ormai era diventata il loro sottofondo personale.
Si sentivano le uniche due persone dentro quella sala. La musica stava suonando solo per loro. Pertanto dovevano approfittarne più che potevano.
Duncan le afferrò una mano facendole eseguire una piroetta dopodiché la bloccò mettendole un braccio dietro la schiena. I loro volti si sfioravano solo di qualche centimetro. Si guardarono, quasi aspettando che uno di loro facesse il primo passo. Il punk fece cenno di avvicinarsi ma, quando la distanza era ormai minima, la rigettò indietro, continuando quella stramba danza che ormai era diventata una prova per dimostrare le proprie capacità.
E Zoey capì cosa doveva fare, riuscendo a rispondere a tono al ragazzo. Si appoggiò al suo petto eseguendo un passo agile ed assunse la tipica posizione del valzer, spostandosi rapidamente.
Poi accadde una situazione simile a quella di prima: le loro bocche si sfiorarono. Ma la rossa si tirò indietro, mantenendo il loro contatto solo grazie alle dita, che le permettevano di rimanere bilanciata e quindi di eseguire un'altra piroetta.
Quella spietata guerra durò una decina di minuti, finché la musica non si interruppe. Il pubblico iniziò ad applaudire rumorosamente, facendogli intuire che era la fine del concerto.
Si sorrisero, nascondendo il velo di imbarazzo che entrambi provavano, poi si diressero verso la macchina, pronti per tornare a casa.
Dentro l'automobile continuarono la loro conversazione ridendo e scherzando.
- Non te la cavi male.- scherzò Duncan, gettandole un'occhiata.
- Nemmeno tu, devo dire.- ribatté la rossa, accavallando una gamba all'altra.
- Dici? Pensavo di aver fatto schifo.- commentò, in tutta franchezza. La ragazza si mise a ridere, contagiandolo.
- Anch'io. - tagliò corto, coprendosi la bocca con una mano.
- Beh, quindi possiamo concludere di aver fatto pena entrambi.- i due risero all'unisono, smettendo dopo qualche secondo ma rimanendo con un sorriso felice in volto.
- Sì, suppongo tu abbia ragione.- nel frattempo erano giunti al parcheggio. Salirono rapidamente le scale del portone e si diressero verso i rispettivi appartamenti.
- Che dire, è stata una bella serata.- disse il punk, aprendo lentamente la porta di casa.
- Sì, concordo.- rispose la rossa, facendo il suo stesso gesto.
- Buona notte.- il moro fece gesto di chiudersi la porta alle spalle, ma venne fermato da Zoey che, con uno scatto felino, si aggrappò alla sua maglietta.
- Senti... io... ti volevo ringraziare. Da quando sei entrato nella mia vita sono riuscita a gettarmi tutto alle spalle. Tu... mi hai salvata.- stava tremando, completamente concentrata nell'imbarazzante discorso che le stava uscendo dalla bocca. Milioni di domande e di speranze sorsero spontanee, ma ormai era troppo tardi per fermarsi. Pensò di rimangiarsi tutto, di voltarsi ed andarsene a casa, però un inaspettato gesto del ragazzo la bloccò, quasi congelandola.
Improvvisamente la distanza tra le loro labbra venne azzerata. Sentì la bocca del punk posarsi sulla sua, motivo per cui spagliò. Poi chiuse gli occhi e si godé quel flebile contatto.
Le braccia di Duncan erano posate sulle sue spalle ed i suoi occhi erano chiusi, rendendo il tutto "romantico", per quanto quella parola gli si potesse abbinare.
- No, fiorellino. Sei tu che hai salvato me. - rispose, sorridendo. Lasciò la presa, limitandosi a guardarla per un po', conscio di averla shockata, seppur in senso positivo - Beh, adesso vado, buonanotte.- si richiuse la porta alle spalle, accasciandosi contro la porta con il viso rosso di vergogna. Eh, già, era decisamente cambiato.
Invece Zoey rimase immobile davanti alla porta. Si toccò le labbra più volte, finché un senso di euforia e di felicità la pervase al punto di iniziare a saltellare. Corse e si gettò sul letto, affondando la testa nel cuscino per l'imbarazzo.
Voleva tremendamente un'altra serata come quella. E ne avrebbe avute a bizzeffe, perché sarebbero usciti il giorno dopo, e quello dopo e quello dopo ancora. Infondo, il feeling era reciproco, no?
Lui aveva salvato lei dalla sua infelicità, aiutandola in quella settimana in cui, con pochi incontri, era riuscito a farle tornare il sorriso.
Lei, del resto, l'aveva fatto uscire dal carcere, salvandolo dalla galera e permettendogli di avere un'altra possibilità.
Quindi, alla fine della fiera, la domanda che si pose fu la seguente: quel ragazzo valeva il milione di dollari speso? Sì, forse anche di più.
 
  Parte Finale
"Un breve epilogo"
Ed anche quel sabato sera era stata costretta ad aspettare. Dovevano andare ad un altro concerto ma, come al solito, il punk non si faceva vedere.
Ma avrebbe aspettato perché sapeva che, alla fine, sarebbe arrivato, distraendola dalla sua monotona vita e concedendole una serata indimenticabile.
E infatti il campanello suonò e dopo aver aperto la porta sentì la sua voce affannata biascicare qualche scusa inventata sul momento, così da potersi giustificare.
- Scusami fiorellino, ho beccato traffico. Dammi un attimo e sono subito da te. - dopodiché schizzò in casa sua, correndo verso la doccia.
Sorrise, come al solito, ormai abituata a quella gag che, per quanto la prima volta l'avesse fatta finire in paranoia, rendeva la serata sicuramente una favola.
 
ANGOLO AUTORE:
So cosa starete pensando. Lo so e come. "Lavottino, cos'é quest'Odissea?"
Questo è ciò che mi è uscito quando ho iniziato a pensare a delle ship probabili (ma anche no) su A Tutto Reality!. Già da un po' di tempo tenevo d'occhio la Doey (Duncan+Zoey) ma la visione di una fanfiction su YouTube ("Total Drama: Forever" di KishinPain), di cui vi consiglio caldamente la visione, ha risvegliato il mio spirito patriottico nei confronti di questa ship.
Li trovo perfetti insieme. Lui un punk che cerca di tornare duro, fallendo miseramente, e lei una ragazza a cui non frega nulla della sua parte cattiva, e che lo accetterebbe comunque. E poi la rosa mi sembra una che potrebbe spendere un milione di dollari per tirare fuori un amico di galera.
Tra l'altro sul web ho trovato molte altre persone che gradiscono questa coppia, cosa che non mi aspettavo.
Sì so che è improbabile, ma non mi arrendo. Io ci credo. Doey per sempre!
P.S.: a me non piace da Gwent, ma per forza di cose l'ho dovuta inserire.
Ci vediamo, spero, presto, forse con un'altra Doey, infondo su Efp ce ne sono poche!
 
   
 
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