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Autore: Luxanne A Blackheart    17/09/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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-Padre, eccomi, scusatemi per il ritardo. - Mustafà si inchinò davanti al sultano e alla sultana, che erano seduti su un divanetto nella loro stanza matrimoniale. Selim gli sorrise, invitandolo a sedere e a mangiare un po' di frutta e bere del vino. Il principe scosse il capo, non amava la frutta e tanto meno bere alcolici. - Di che cosa volevate parlarmi? -
-Penso tu l'abbia già capito, figliolo. Dopo la perdita di tua moglie e dei tuoi poveri figli, devi trovare un'altra sposa, di nobili origini o se preferisci sceglierla dal mio Harem, considerato che non viene più utilizzato. Fatto sta, che hai bisogno di eredi per mandare avanti l'impero e per fare ciò, hai bisogno di una o più mogli. -
-Certo, padre, ne sono consapevole. Ma intendo sbrigarmela da solo per questo tipo di faccende, se me lo consentirai. -
-La scelta è tua e io ti appoggerò qualsiasi sarà, dopotutto io sono stato il primo a rompere gli schemi. - Suo padre guardò sua moglie e i due si sorrisero. Dopo tutto quello che gli avevano detto sul conto della sua matrigna, di ciò che aveva fatto a suo padre e ad Ibrahim, la odiava di più, se possibile. Come poteva aver tradito un uomo che la amava così tanto e con il suo migliore amico, poi? Come poteva essere così meschina una persona, eppure così tanto amata da tutti? - Però, ti consiglio di dare una possibilità a Fatma. E' una ragazza di nobili origini, anche di bell'aspetto. Ne rimarrai ammaliato. -
Mustafà sorrise, inchinandosi. - Certo, padre, se è questo il vostro volere, potrei anche incontrarla. -
-Benissimo, figliolo, anche perché domani sarà ospite qui nel nostro palazzo per circa un mese. Quindi avrai tutto il tempo di sviluppare qualsiasi sentimento amoroso nei suoi confronti. - Il sultano gli sorrise e Mustafà annuì. Ormai era quasi sicuro che egli dovesse sposare quella donna, da come ne parlava suo padre e anche dal fatto che Hurrem non era intervenuta per cercare di convincerlo.




-Com'è andata? - Zafiraa lo raggiunse, camminandogli accanto nell'ampio corridoio. Il giovane principe si girò per guardarla nei grandi occhi di quel colore tanto particolare.
-Mi hanno trovato moglie. Domani sarà qui a Palazzo e mio padre vuole che la corteggi o per lo meno che ci parli e la conosca. - Mustafà sospirò, tormentandosi le pellicine delle dita. Zafiraa lo guardò.
-Brutto affare, non è vero? Ma il sultano non è ancora morto, quindi non mi spiego tutta questa velocità e urgenza per affibbiarti un'altra donna. -
-Più eredi ci sono, prima mi sistemo, meglio è per il regno. Funziona così tra reali, Zafiraa, e credo che si andrà avanti così per secoli. -
-E cosa credi di fare adesso? -
-A meno che tu non conosca una principessa o una nobildonna con la quale farmi maritare entro questa notte, non vedo altre soluzioni che accettare. -
-E se è brutta? La tua prima moglie era molto bella. O se ha uno di quei brutti nei pelosi in faccia? -
Mustafà parve pensarci per la prima volta. Non aveva preso in considerazione l'idea che suo padre potesse presentargli una racchia. - Be', in quel caso, scapperò. Capisco tutto, ma non i nei pelosi sul naso. -
Zafiraa rise, probabilmente immaginandosi il suo padrone in compagnia di una ragazza di dubbia bellezza. Il principe la guardò e sorrise a sua volta.
-Dovresti farlo più spesso. - Si pronunciò all'improvviso, interrompendola. Le si erano arrossate leggermente le gote e non sembrava più così tremendamente pallida.
-Che cosa? -
-Ri... Ridere. - Tossì, schiarendosi la voce. Si erano fermati e Mustafà non si degnò di guardarla. - Sai, ecco, pensavo che quando lo fai, sei più... sì, insomma, sei più carina. -
-Oh... - Zafiraa lo guardò, non sapendo che cosa dire. Era persino arrossita. Che cosa doveva rispondergli?
-E' stato fuori luogo? -
-Sì, un po' sì. -
-Allora scusa, me ne vado. Ci vediamo dopo. - Mustafà la guardò un'ultima volta prima di andarsene, borbottando qualcosa tra se stesso.
La ragazza scoppiò a ridere, ritornando alle sue faccende.




La pretendente di Mustafà, Fatma Sahin, giunse a Palazzo Topkapi il giorno seguente come promesso dal sultano. Assieme a lei c'era suo fratello Ahmet, che l'aveva accompagnata durante il viaggio, ma che sarebbe rimasto di meno della sorella, poiché doveva ritornare nella sua regione, per coordinare il suo palazzo.
Con disappunto di Zafiraa, Fatma era la donna più bella che avesse mai visto, così come lo era suo fratello. Era slanciata, magra ma non scheletrica; la sua pelle olivastra sembrava così liscia e delicata da non risultare reale, le sue movenze regali e affascinanti. Sapeva controllare la tonalità della sua voce, il modo in cui sorrideva era semplicemente meraviglioso e poteva irradiare il palazzo di luce per secoli. Probabilmente se non avesse avuto lunghi e profumati capelli color ebano, due grandi occhi color caramello circondati da ciglia lunghe e folte, e labbra sottili e rosee, nessuno l'avrebbe notata, ma così non era.
Suo fratello, Ahmet, era ugualmente affascinante e bello. Stessi modi raffinati ed eleganti, stesso modo incantevole di atteggiarsi davanti ad un pubblico, stessa bellezza esotica, con capelli lunghi fin sopra le clavicole e se possibile più scuri di quelli della sorella, occhi color caramello e labbra sottili.
Erano rimasti tutti abbagliati dalla loro bellezza, persino il sultano e la sultana, tranne Zafiraa.
Certo, provava invidia verso quei due, poiché fortunati, ma non in senso sentimentale. Non aveva mai provato un interesse romantico verso persone di bell'aspetto; lei preferiva quelli carini, dai modi sgarbati e rozzi, che sapevano tenerle testa.
Quando Fatma ed Ahmet erano scesi per la prima volta dalla loro grande e lussuosa carrozza d'oro, Zafiraa si trovava un passo dietro Mustafà con suo fratello Alexandros, che aveva poggiato le mani dietro la sedia di Mehmed, probabilmente per impedirgli di scivolare via. Ibrahim, il nipote del sultano, stava al loro fianco.
Si era creato uno strano gruppetto fra quei tre. Nell'ultimo periodo passavano molto tempo assieme e lei veniva ignorata da suo fratello e da Mehmed. Si sentiva fortemente trascurata.
Aveva visto tutti gli uomini trattenere il fiato, persino Mustafà aveva borbottato qualcosa in segno di apprezzamento. Quel giorno era veramente bello, per quanto lei lo potesse reputare tale, poiché aveva optato per un completo totalmente bianco, che contrastava con i suoi tratti scuri.
Quando era sceso Ahmet, invece, le donne avevano sospirato. Non si vedeva una bellezza tale dai tempi di Ibrahim, il Gran Visir. Zafiraa aveva ridacchiato, notando la faccia compiaciuta di suo fratello.
Alexandros era sempre stato diverso dal resto degli uomini; aveva sempre avuto altre preferenze fin da quando erano piccoli e per lei non era mai stato un problema. Aveva conosciuto diversi suoi amanti, che lui presentava come amici stretti, e li aveva sempre considerati di famiglia; quindi non fu stupita quando nel vedere Ahmet, suo fratello ebbe quella reazione. Anzi, la aspettava.
Mentre Fatma e Ahmet salutavano i sovrani, Zafiraa si sporse verso Mustafà. - Sei stato fortunato, Mustafà, non ti è andata poi così male. -
Il principe aveva fatto un grugnito e borbottato qualcosa che non aveva compreso. Tutta quella situazione la divertiva, divertimento che venne sostituito da una sensazione di invidia, quando la donna le si parò avanti con tutta la sua bellezza. Osservò i due promessi sposi allontanarsi senza una ulteriore parola e solo in quel momento si accorse di aver stretto i pugni.
Scosse il capo, girandosi verso Mehmed e Alexandros che la stavano fissando con la stessa espressione incuriosita e divertita.
Avvoltoi.
Quando tutti i reali, compreso Mehmed, trascinato da sua madre, scomparvero e rimasero solamente lei e Alexandros, poté finalmente sentirsi libera e non più con quella brutta sensazione di disagio opprimente.
-Ho visto la tua gelosia giungere livelli mai visti prima. Non ti vedevo così da quando nostro padre mi regalò la spada per Natale e a te regalò quella stupida bambola di pezza. - Alexandros rise, cingendole con il suo enorme braccio le spalle. Zafiraa aggrottò le sopracciglia, guardandolo infastidita.
-Io non parlo con te, né con il tuo nuovo amichetto. - Borbottò, ricambiando suo malgrado l'abbraccio. Suo fratello era l'unica persona dalla quale si faceva coccolare e aveva dannatamente bisogno di amore in un momento come quello. - Cosa volevate insinuare con quei stupidi sorrisetti? -
-Assolutamente niente, cara sorellina. - Le fece un sorriso luminoso. Era bello come il sole. - Se tu pensi che ci sia qualcosa da insinuare dietro un piccolo sorriso, forse hai qualcosa di oscuro da nascondere, non credi? -
-Vaffanculo, Alexandros. Io non sono quel genere di persona. -
-Quale? Una donna che prova dei sentimenti verso un uomo? Amare qualcuno non vuol dire rinunciare alla propria libertà, Ira.- Le aveva dato quel soprannome quando aveva due anni e da allora la chiamava sempre così, nei loro momenti dolci tra fratelli. Ira, perché si arrabbiava spesso da piccola e continuava a farlo.
-Non mi metterò mai con l'assassino dei nostri genitori. - Zafiraa si staccò da lui, rifiutandosi di guardarlo.
-Lo hai perdonato, tuo malgrado e così anche io. Mehmed ci riempie la testa di pensieri pacifici. La vendetta non ci porterà da nessuna parte. - La ragazza notò con stupore il modo in cui aveva pronunciato e il sorriso con i quali aveva pronunciato quel nome.
-Potrò anche aver cominciato ad apprezzarlo come persona e potrei anche considerare l'opzione di perdonarlo perché stava eseguendo degli ordini, ma non suo padre. Lui è stato il male più grande della nostra famiglia e io... -
-Zitta! Se ti dovessero sentire, faresti una brutta fine, Zafiraa. - Alexandros l'afferrò per un braccio, spostandosi in un posto all'ombra e più appartato. - Certe volte sei proprio un'incosciente! -
-E tu che cosa sei, fratello? Se Hurrem dovesse scoprire la tua relazione con suo figlio, il prediletto, sai che fine ti farebbe fare? Non è forse vendetta, la tua? -
-Come hai fatto a... -
-Ti conosco e conosco anche lui. Stai molto attento, Alexandros. Hai scelto un pesce molto grande su cui puntare per elevarti. E poi potevi anche dirmelo!-
-Mehmed non è uno dei miei soliti capricci, Zafiraa. Bada bene a come parli. Se non te ne ho parlato è perché non volevo che gli succedesse nulla. Lui è così fragile... -
-E va bene, scusami, non volevo dire quello. Fate comunque attenzione, tu soprattutto. Non siamo su una nave, non siamo lontano dagli occhi degli uomini e degli dei. Qui c'è un solo Dio ed è molto più crudele dei nostri. Se dovessero scoprirvi, non so che cosa succederebbe. Non posso perdere anche te. -
-Sto sempre attento, sorella. -
Zafiraa lo baciò sulla guancia e poi si lasciò abbracciare.








Aveva passato due giorni solamente in compagnia di Fatma e suo fratello. L'aveva trovata molto affascinante e ammaliante, era bellissima e su questo nessuno poteva contestare, e anche molto dolce e timida. La guardava parlare, cercando di stare attento a ciò che le sue parole volevano dire, ma proprio non ce la faceva a sentirla veramente. Si distraeva spesso, sopratutto quando Zafiraa gli era vicino quando serviva loro del vino o del cibo. I suoi occhi passavano dal viso di una a quello dell'altra.
Quella ragazzina era costantemente nei suoi pensieri e non c'era nulla che egli potesse fare, nemmeno presenziare davanti ad una donna come Fatma di innegabile magnificenza, per togliersela dalla mente.
Lo faceva impazzire, non poterle parlare in quei giorni e non averla attorno, al suo fianco, nella sua camera da letto. Si era talmente abituato alla sua presenza, a trovarla a fine giornata seduta sul suo letto, che quando non c'era si sentiva terribilmente solo.
Si odiava per questi pensieri, voleva solamente colpirsi con pesanti sassate la testa, per cercare di riprendersi da quel maledetto stato di confusione.
Si odiava perché Mehmed aveva capito tutto fin dal principio e lui se n'era accorto solamente in quel momento.
Ma che cosa poteva fare? Lei non lo avrebbe mai visto nel modo in cui lui la guardava.
La osservava, quando lei era occupata nelle sue faccende quotidiane. La osservava di nascosto, quando si toccava i lunghi e meravigliosi capelli bianchi, mentre pensava. La osservava quando parlava con suo fratello Alexandros e sorrideva felice, come solo una bambina potrebbe fare. La osservava quando era con Mehmed e rideva, portandosi la mano davanti alla bocca, perché lui sapeva che odiava quando gli altri la guardavano in momenti di tale innocenza e vulnerabilità. La osservava, quando guardava Fatma e i suoi bei vestiti colorati e pregiati e paragonandoli al suo unico straccio lurido sospirava, quasi triste, poiché probabilmente non si sentiva all'altezza.
Proprio in quei momenti di vulnerabilità, di gioia, di felicità, Mustafà, il freddo e cattivo Mustafà, aveva voglia di andare da lei, stringerla tra le braccia e baciarle la fronte. La guardava e gli sembrava solamente una ragazza, una donna, che aveva bisogno di tanto affetto.
La osservava, quando litigavano, quando si arrabbiava con lui e i suoi capelli si arricciavano e voleva solamente afferrarla e baciarla per l'eternità. Lui, Mustafà, che amava una serva.
Era successo tutto così all'improvviso, probabilmente da un giorno all'altro che non sapeva come comportarsi, che cosa fare in una situazione del genere? Ignorare o rischiare?
Non era una persona qualsiasi, non poteva fare come qualsiasi altro uomo avrebbe potuto fare nella sua situazione, ovvero corteggiarla e amarla fino allo sfinimento. Lui era un principe, un futuro imperatore e come tale doveva pensare alla sua carica, al suo popolo, ai suoi doveri, non ai suoi inutili e insignificanti sentimenti.
Aveva fatto finta di essere un uomo tanto orribile fino a quel momento, perché abbattere quel muro? Per una ragazza?
Ma come poteva fare ad ignorare il modo in cui si sentiva con lei? Il suo cuore poteva esplodere in sua presenza. Quando era con lei il mondo e la vita sembravano aver trovato il loro posto...
Era sera ormai e aveva accompagnato Fatma nelle sue stanze; era di ritorno verso la sua camera, quando li vide.
Bayezid e Zafiraa, stretti l'uno fra le braccia dell'altro, che si baciavano. Lei era poggiata al muro e lui le stava attaccato, mentre le sue mani rovinate dal lavoro e dalle battaglie gli stringevano i capelli scuri.
Li osservò, non sapendo che cosa fare, se andare e dividerli, picchiare quel maledetto di suo fratello per aver messo le mani sulla sua proprietà, oppure andarsene, ritornare da Fatma e accettare di sposarla, come un cane con la coda tra le gambe.
Prima che avesse la possibilità di decidere, Bayezid se ne andò, lasciando la ragazza da sola. Zafiraa si toccò le labbra e guardò davanti a sé, scivolando lentamente lungo la parente fredda. Si sedette per terra, portandosi le ginocchia al petto e cominciò a singhiozzare.
Mustafà uscì velocemente dal suo nascondiglio e corse da lei, inginocchiandosi al suo fianco.
-Zafiraa, che cos'hai? - Non sapeva cosa fare. Non era bravo con le persone e con i loro sentimenti; quando qualcuno gli piangeva vicino decideva semplicemente di andarsene. Ma non poteva farlo. Non con adesso.
Lei continuava a singhiozzare silenziosamente, vedeva solamente le sue spalle scuotersi, mentre il suo viso era coperto dalle mani. Non voleva farsi vedere in quello stato da lui, era vulnerabile e lui lo sapeva.
-Bayezid... -
-Che cosa ti ha fatto quel maledetto bastardo? -
-Mi ha... mi ha baciata. -
-Contro la tua volontà? -
Lei scosse il capo, scoprendosi il viso arrossato e bagnato per le lacrime, ma non lo guardò. -Era il mio primo bacio, Mustafà e io... io l'ho dato a lui, capisci? Mi ero ripromessa che non sarebbe accaduto, che nessuno mi avrebbe mai baciata se io non lo avessi voluto. E' la mia vita, il mio corpo, le mie labbra, quindi decido io... Ma lui è il principe, non potevo rifiutarlo, se lo avessi fatto probabilmente... -
-Va bene, Zafiraa, va tutto bene, non hai bisogno di spiegare. Ho capito, ho capito tutto. - Mustafà l'abbracciò e con suo sommo stupore lei gli gettò le braccia al collo lasciandosi toccare da lui. Chiuse gli occhi, respirando il suo profumo, mentre lei si calmava tra le sue braccia. Restarono così per parecchi minuti e Mustafà per tutto il tempo cercò di respirare il meno possibile, poiché aveva paura che il minimo rumore o la minima mossa avrebbe rovinato quel momento idilliaco.
-Mi sono rammollita. Nessuno in passato avrebbe osato farmi fare una cosa che io non avrei... non avrei voluto. -
-Non accadrà più, Zafiraa, te lo giuro sul mio onore, che non ti sentirai mai più così. -
-Non fare promesse che non puoi mantenere, Mustafà. -
-Questa intendo mantenerla, possa Allah dannarmi per l'eternità. -
   
 
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