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Autore: _Kurai_    18/09/2017    1 recensioni
Erano passati vent'anni da quando il mare aveva stravolto la sua vita, strappandole l'affetto di suo padre senza darle nemmeno il conforto di una tomba su cui piangere.
Erano passati vent'anni, e nonostante tutto il mare era diventato la sua casa.
Quel giorno dell'inverno dei suoi cinque anni sembrava ormai lontanissimo, ma Allura ricordava perfettamente quella telefonata alle prime luci del mattino e la voce spezzata della madre che cercava inutilmente di non scoppiare a piangere mentre le veniva riferita la notizia che la nave da crociera di cui suo padre era il comandante era improvvisamente scomparsa dai radar, come se non fosse mai esistita.
C'erano stati anni e anni di indagini e ricerche finanziate con centinaia di migliaia di dollari, ma l'Altea, una nave maestosa che aveva già attraversato quella rotta decine e decine di volte, era svanita nel nulla. Volatilizzata, con il suo carico di trecentocinquantacinque persone.
Genere: Angst, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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II

Ghosts From The Past

 

"Per mille barracuda! Mi venga un colpo se quella non è l'Altea!" Coran si sistemò gli occhiali tondi sul naso e assunse un'espressione eloquente, che sembrava dire "ho passato vent'anni della mia vita a cercare quella nave e ora arriva sto sbarbatello albino con l'aeroplanino telecomandato che la trova in cinque minuti per caso!"

"Sono tutta orecchie. La ascolto" disse Allura, la voce che tremava dall'emozione e gli occhi improvvisamente umidi.

"La mia proposta è semplice: io vi offro fondi illimitati per andare a recuperare l'Altea e voi mi permettete di partecipare alla spedizione. Mi sono documentato ampiamente su quella nave e l'unica cosa che mi interessa è che il mio nome venga accostato al suo miracoloso ritrovamento, dopo decenni di ricerche. Insomma, sarebbe una gran bella pubblicità per la mia azienda, non credete? Mi sono rivolto a voi perché siete i migliori sulla piazza, quindi spero che non deluderete le mie aspettative" concluse Lotor, senza smettere di sorridere. Indubbiamente quel tipo aveva carisma.

"Potremmo avere le coordinate dell'avvistamento? E se non dovessimo ritrovare l'Altea come dovremmo considerare il nostro accordo economico?" chiese Coran, riprendendo un cipiglio serio come per rivendicare il suo diritto di anzianità.

"Lo considero un finanziamento a fondo perduto, in fondo nessun investimento pubblicitario ha la certezza di essere redditizio... ma sono sicuro che riporteremo in porto quella nave, sono molto fiducioso nei miei avvistamenti e nelle vostre capacità. Per quanto riguarda le coordinate, ecco qui" detto ciò, mise in riproduzione un video risalente al giorno precedente, con l'indicazione delle coordinate ben chiara sullo schermo.

 

"Scommetto che è l'ennesima segnalazione nel Triangolo delle Bermuda... ormai conosco quella zona come i miei stessi bermuda da quante volte l'abbiamo esplorata alla ricerca di quella dannata nave, che noia" disse Lance ad Hunk prima di poter vedere lo schermo del tablet.

"No, Lance" disse Pidge, dopo aver dato un'occhiata e individuato le coordinate col suo portatile "questo punto si trova a quasi millecinquecento miglia nautiche dal Triangolo delle Bermuda, nel bel mezzo dell'Atlantico".

"Meglio così, quando abbiamo recuperato la SS Cotopaxi(1) ho avuto davvero troppa paura di fare degli incontri ravvicinati del terzo tipo..." rispose Hunk, tirando un sospiro di sollievo.

"E invece nemmeno quella volta gli alieni sono arrivati per rapire Lance e portarlo su qualche pianeta lontano" aggiunse Keith, quasi bofonchiando tra sé. Tra i due negli anni si era sviluppata una bizzarra rivalità, e non si facevano mai sfuggire l'occasione di punzecchiarsi a vicenda.

"Sicuramente tu saresti stato un migliore soggetto di osservazione, Keef" rispose Lance, ghignando.

"Non so se vi siete accorti che qui si stava parlando di cose serie, ragazzi" intervenne Shiro, sospirando. Aveva un colorito stranamente pallido, come se fosse in preda a un attacco di mal di mare, ma - a parte il fatto che aveva lavorato sulle navi da sempre - quel giorno l'oceano era piatto come una tavola e il Voltron era ormeggiato in porto.

 

"Quando dovremmo partire?" chiese Shiro, anticipando Allura che stava per porre la medesima domanda.

"Il prima possibile, ovviamente... le navi fantasma possono anche scomparire di nuovo, se si aspetta troppo tempo per recuperarle. Domani mattina?"

"Sono consapevole che abbia fretta per la sua azienda, ma partire così presto non è possibile" rispose Allura, tornando bruscamente alla realtà e reprimendo anche la sua ansia di ritrovare quella nave "ma possiamo accelerare i preparativi per la spedizione ed essere pronti in tre giorni, se lei è d'accordo".

"Lo prendo come una risposta affermativa alla mia proposta... e direi di smetterla con questi modi formali, visto che sto per diventare un membro temporaneo del vostro equipaggio" sorrise Lotor, tirando fuori un plico di fogli dalla sua ventiquattrore "se non vi dispiace gradirei che firmassimo un piccolo contratto, giusto per stare tutti più tranquilli" aggiunse, senza smettere di esporre i suoi denti abbaglianti.

"Potrei leggere il contratto e parlarne con l'equipaggio in privato, prima di firmare?" chiese ancora Allura, continuando a forzarsi a tenere i piedi per terra. Avevano sempre lavorato come un team e non era il caso di gettarsi egoisticamente nell'impresa senza consultarsi realmente con loro, o avrebbe distrutto il loro rapporto di fiducia.

"Certamente, esco a fumare una sigaretta" rispose Lotor, accondiscendente, salendo in coperta.

 

"Non so perché, ma quel tizio non mi ispira troppa fiducia" iniziò Keith, non appena Lotor si fu allontanato a sufficienza.

"Nessuno ti ispira mai fiducia, ci siamo abituati" ribattè Lance, per poi diventare improvvisamente serio "c'è da dire che però con tutta questa fretta e questa storia del 'finanziamento illimitato a fondo perduto' o è un genio temerario o è un grandissimo imbecille... Però se trovassimo davvero l'Altea..." si interruppe, figurandosi la sua foto in prima pagina sul New York Times e immaginando quanto avrebbe potuto fare colpo sulle ragazze raccontando di aver risolto il mistero della nave fantasma più famosa degli ultimi cinquant'anni grazie al suo formidabile intuito.

"In fondo che rischi potrebbero esserci, a confronto con le nostre solite spedizioni di ricerca?" chiese Pidge, che stava scaricando tutti i files sul suo portatile e continuava a fare screenshot e ingrandimenti per verificare l'autenticità dei video.

"Il rischio di naufragare, di perdere la rotta, di morire in modo terribile, di essere perseguitati dai fantasmi dei passeggeri, di annegare... ho già detto di morire in modo terribile?" rispose Hunk, che reagiva sempre in quel modo quando veniva loro proposta una nuova missione.

Shiro non disse nulla. Da poco dopo l'arrivo di Lotor gli era esploso un attacco di emicrania abbastanza violento, il primo dopo tantissimo tempo. Era come se ci fosse qualcosa intrappolato nella sua testa che voleva disperatamente uscire, qualcosa che per sei anni era rimasto in silenzio, cullato dalla falsa tranquillità della sua nuova vita.

"Shiro? Tu cosa ne pensi?" chiese Allura, che era rimasta ad ascoltare fino a quel momento.

"Credo che... dovremmo almeno provarci" rispose piano, massaggiandosi le tempie.

"Ragazzi... sapete che ritrovare quella nave è il sogno della mia vita. Sapete che ho deciso di formare questo equipaggio esclusivamente a questo scopo, quindi non intendo lasciare nulla di intentato, tanto più che abbiamo un finanziatore così generoso." spiegò le sue ragioni Allura, che era intenzionata ad accettare. Coran annuiva, convinto.

"In ogni caso se dovesse rivelarsi non degno della nostra fiducia, saremmo sette contro uno in mezzo al mare" concluse Keith, che aveva capito che opporsi non sarebbe servito a nulla, vista la testardaggine della comandante.

Fu così che tutti i componenti dell'equipaggio del Voltron firmarono il contratto già siglato da Lotor, ignari delle conseguenze a cui quel gesto li avrebbe condotti.

 

Il giorno della partenza arrivò in un battito di ciglia.

Lotor giunse sul molo nuovamente in perfetto orario, indossando una maglietta e un paio di jeans che comunque avevano l'aria di costare quanto gli indumenti di tutto il resto dell'equipaggio messi insieme. Lance pronosticò che avrebbe perso l'aura di perfezione in meno di un giorno, visto che era evidentemente ignaro di cosa significasse lavorare su un rimorchiatore.

Shiro era ancora un po' indisposto, ma non aveva intenzione di lasciare che questo interferisse con il suo lavoro e preferiva abusare di aspirine, buttandole giù come caramelle.

Keith era evidentemente preoccupato per lui, non avendolo mai visto in quello stato. Aveva l'impressione che avesse iniziato a stare male dal momento in cui aveva visto per la prima volta la foto dell'Altea, ma scacciò quel pensiero. Sapeva di essere fin troppo scettico su quell'ennesimo avvistamento (anche se era stato il primo completo di documentazione così dettagliata), ma aveva tutti i motivi per essere costantemente diffidente nei confronti del prossimo, a meno che non si chiamasse Takashi Shirogane.

In realtà in quei sei anni aveva già abbattuto molte delle sue barriere, giungendo a considerare il team del Voltron come l'unica vera famiglia che avesse mai avuto; Keith era rimasto orfano da piccolissimo, per poi essere rimbalzato tra orfanotrofi e molteplici famiglie affidatarie fino alla maggiore età. La sfiducia nel prossimo gli era rimasta nel sangue, e la sua infanzia lo aveva convinto che per lui non ci sarebbe mai stata la pace di una famiglia, perchè ogni volta che iniziava ad ambientarsi in un nucleo familiare qualcosa faceva sì che l'idillio si infrangesse nel modo peggiore possibile.

Appena maggiorenne se n'era andato per la sua strada, guadagnandosi da vivere come capitava e riuscendo perfino ad iscriversi all'università con le sue sole forze, ma anche quel periodo era durato poco. All'alba dei ventisei anni, finalmente Keith poteva dire di aver trovato il suo posto, nel quale aveva battuto tutti i suoi record di permanenza, anche se la sua intrattabilità di fondo era rimasta tale e quale. Tuttavia il team lo apprezzava così com'era, e sotto sotto anche lui voleva bene a tutti loro.

 

Sapeva molto poco sul passato di Shiro, ma era il membro dell'equipaggio a cui si era affezionato di più, forse perché era sempre stato disposto ad ascoltarlo senza giudicare le sue scelte. Di lui sapeva solo che era americano di origini giapponesi, che a giudicare da tutte le sue cicatrici doveva aver avuto una vita movimentata e che otto anni prima aveva avuto un grave incidente in mare, di cui non ricordava nulla. Sapeva che dopo l'incidente aveva sofferto di amnesie e forti mal di testa, perchè nel primo periodo aveva assistito ad uno dei suoi momenti di defaillance, ma erano anni che non lo vedeva in quello stato; Keith non sapeva se manifestargli la sua preoccupazione o far finta di nulla, e alla fine si limitò a continuare ad osservarlo, pronto ad alleggerirgli il lavoro se l'avesse visto in difficoltà.

 

Allura non riusciva a star ferma per più di cinque minuti nello stesso posto e continuava a controllare le carte, i radar e i video del drone di Lotor. Provava una sensazione inedita, come se la risposta alla domanda che l'aveva tormentata fino a quel momento la stesse attirando verso di sé, ineluttabilmente.

"Papà, questa volta riuscirò a scoprire cosa ti è successo" sussurrò alla foto con Alfor in tenuta da comandante, nella sua cabina. Il sole era calato da un pezzo ed erano già trascorsi due giorni di navigazione senza particolari eventi. Per raggiungere il punto dell'avvistamento ci avrebbero probabilmente messo altrettanto, ma sentiva che questa volta erano sulla rotta giusta.

Si era ritirata nelle sue stanze prima degli altri perchè sentiva il bisogno di stare da sola, di mettere ordine nella sua mente e cercare di capire quali avrebbero dovuto essere le sue mosse successive.

In fondo la missione che si era autoassegnata, se portata a compimento, avrebbe avuto sicuramente una ricaduta importante: non sapeva cosa lei stessa avrebbe provato una volta risolto il mistero, ma là fuori c'erano ancora centinaia di persone che attendevano risposte sui loro parenti scomparsi in quell'ignoto incidente. L'enormità delle potenziali conseguenze le dava quasi le vertigini, anche se non si era mai sentita più sicura di qualcosa in tutta la sua vita.

 

Lance, Keith, Hunk e Shiro erano rimasti sottocoperta, nell'area della nave che utilizzavano come mensa e luogo di riunione, mentre Pidge era come sempre nella sala radar, dove aveva allestito la sua cabina per non perdere mai di vista i rilevatori (e per non dover condividere la stanza con i ragazzi dell'equipaggio). Lotor si era rinchiuso da ore nella cabina che gli era stata concessa, mentre Coran stava svolgendo il suo turno al timone.

Lance aveva proposto un paio di mani di strip poker per vivacizzare la serata, ma per motivi ignoti si era ritrovato in mutande con tutti gli altri ancora quasi completamente vestiti, quindi aveva gettato la spugna, si era rivestito e si stava divertendo a provare uno stupido gioco di prestigio con le carte che gli aveva insegnato un tizio in un bar qualche sera prima della partenza; solo Hunk gli prestava attenzione.

Shiro aveva versato a sè stesso e a Keith il contenuto di mezza bottiglia di rhum - che Lance si ostinava a definire "lo stereotipo dei veri lupi di mare" (ma da cui gli era stato intimato di tenersi alla larga da quando avevano dovuto dissuaderlo con la forza dal tentativo di gettarsi nell'oceano senza attrezzatura per cercare di fare amicizia con gli squali) – ma Keith ne aveva bevuto solo un paio di sorsi. Shiro ne aveva bevuti quasi due bicchieri, e il suo sguardo era leggermente velato, anche se generalmente reggeva bene gli alcolici.

Avrebbe fatto i conti con un nuovo e più potente mal di testa il giorno seguente, ma di quello almeno avrebbe saputo il motivo.

 

Pidge era seduta a gambe incrociate sulla brandina e stringeva una foto tra le mani. Nell'ultimo periodo la guardava spesso, perchè si stava avvicinando il compleanno di Matt.

Quello che sarebbe stato il trentesimo compleanno di Matt, se il mare non se lo fosse portato via insieme al padre Samuel, otto anni prima, l'unica volta che i due non l'avevano portata con loro in viaggio.

Nella foto lei aveva i capelli lunghi – in quel periodo si faceva ancora chiamare con il suo nome di battesimo, Katie, anche se aveva già iniziato a non riconoscervisi più – e il fratello le circondava le spalle con un braccio, lo sguardo sereno e gli onnipresenti occhiali dalla montatura tonda, simili a quelli che Pidge aveva deciso di indossare da dopo la sua scomparsa per rendere onore al suo ricordo.

Non aveva mai raccontato dettagliatamente agli altri il suo passato. Aveva solo accennato al padre e al fratello qualche volta senza mai parlarne davvero: anche solo pensarci la faceva ancora soffrire troppo, e loro non avrebbero comunque potuto fare nulla se non commiserarla. Tuttavia aveva continuato per tutto quel tempo a indagare da sola, anche se probabilmente l'oceano non avrebbe mai restituito una risposta a tutte le sue domande.

Tuttavia era stato il momento in cui aveva parlato con Allura per la prima volta, sei anni prima, quando la ferita era ancora fresca, la discriminante che l'aveva convinta che quello sarebbe stato il posto giusto per lei: con un lavoro del genere avrebbe potuto indagare molto più facilmente, anche se trovare notizie sull'ipotetico relitto di un catamarano poco più piccolo del Voltron era sicuramente più difficile rispetto ad un'enorme nave da crociera scomparsa. In ogni caso se mai avesse deciso di parlarne con Allura, lei sicuramente avrebbe capito quello che provava, quel desiderio di risposte che non si era placato nemmeno in tutti quegli anni.

 

Pidge sospirò, mettendo via la foto.

Si alzò, intenzionata a raggiungere gli altri: per quanto normalmente preferisse la solitudine e la quiete alla compagnia chiassosa dei colleghi, in quel momento sentiva la necessità di un po' di calore umano, nel tentativo di non sprofondare nei pensieri cupi.

I primi tempi dopo aver saputo della scomparsa del Kerberos (il catamarano dell'Istituto di Oceanografia Garrison su cui Samuel Holt aveva condotto con il suo team innumerevoli ricerche e spedizioni, portando più volte con sè anche i figli), Pidge aveva sognato decine e decine di volte di veder tornare il padre e il fratello o di ritrovarli lei stessa grazie a un'intuizione geniale, ma dopo otto anni aveva smesso di sperarci. Razionalmente, almeno.

 

Quando raggiunse il resto dell'equipaggio, Lance, Keith e Shiro erano tutti radunati intorno ad Hunk, che era rosso come un frutto maturo. Negli anni aveva imparato a gestire il suo mal di mare, quindi il rossore non era dovuto evidentemente a un malessere. Fu solo avvicinandosi che notò che anche la loro attenzione era concentrata su una fotografia, che campeggiava sullo schermo del cellulare di Hunk.

"Ehi Pidge! Vieni a vedere la fidanzata di Hunk! Dice che quando torniamo le chiederà di sposarlo!" disse Lance, su di giri come se fosse lui sul punto di chiedere la mano di una bella ragazza.

"Oh... in bocca al lupo, Hunk" disse con un sorriso imbarazzato, lanciando uno sguardo distratto alla foto.

"Si chiama Shay, ed è bellissima" aggiunse il diretto interessato, con gli occhi a cuoricino.

"E bravo il mio Hunk! Volevi tenercela nascosta ancora un po'? Ovviamente io sarò il tuo testimone di nozze, vero?!" riprese Lance, orgoglioso dell'amico.

"Non hai nemmeno da chiederlo... sempre che lei accetti, però" cambiò espressione Hunk, preoccupato.

"Tsk, basta che ascolterai i miei consigli efficaci al 100% e Shay non potrà resisterti! Impara dal migliore... cioè me, ovviamente" lo rassicurò Lance.

"L'importante è esserne convinti" bofonchiò Keith, con un mezzo sorriso, pensando alle esperienze disastrose di Lance con le donne che cercava di conquistare in ogni porto nel quale attraccavano. Forse per Hunk non sarebbe stata un'ottima idea seguire i suoi consigli, ma tanto valeva lasciarli fare, tanto non era un suo problema.

 

Shiro decise di alzarsi e dirigersi verso la sua cabina: il mal di testa era comprensibilmente peggiorato, e il clima allegro non riusciva ad alleggerire il suo pessimo umore, anche se cercava di dissimulare.

Non appena si fu alzato, però, notò qualcosa per terra, accanto alla sedia di Pidge.

Sembrava una fotografia, non più grande delle dimensioni di un portafogli.

Si chinò per raccoglierla e porgergliela, ma rimase congelato per un istante.

La foto ritraeva un ragazzo e una ragazza, e quest'ultima non poteva che essere Pidge, anche se era molto diversa da come aveva imparato a conoscerla: la foto evidentemente apparteneva ad un periodo precedente al momento in cui aveva preso coscienza della sua identità di genere (Pidge si considera genderfluid, per questo motivo utilizza alternativamente il maschile e il femminile, NdA), ma lo sguardo era inconfondibile, anche se privo di quella malinconia che l'aveva sempre contraddistinto fin da quando la conosceva.

Il ragazzo nella foto era più alto di una spanna rispetto a Pidge, indossava occhiali molto simili a quelli che quest'ultima portava sempre (e che aveva ammesso essere esclusivamente per estetica) e aveva un vaghissimo accenno di barba: non dimostrava più di diciotto anni, mentre lei doveva averne undici o dodici.

Shiro era rimasto immobile con la mano tesa verso Pidge e gli occhi fissi sulla foto, ma con la mente lontanissima da lì e una strana espressione sul volto.

"Oh, grazie Shiro..." abbassò lo sguardo Pidge per il senso di colpa di aver rischiato di perdere quell'unico ricordo che portava sempre con sé "lui... è... era... mio fratello, Matt." aggiunse, rispondendo a fatica alla domanda inespressa.

"Matt... Matthew Holt?" rispose Shiro, anche se la sua voce era completamente diversa dal solito.

"Come fai a...?" chiese Pidge, che non solo non aveva mai detto loro il suo vero cognome (del resto quando si era imbarcata non era nemmeno maggiorenne come aveva lasciato credere ad Allura e Coran, ma una volta creato il suo alias non poteva più tornare indietro) ma era sicura di non aver mai nominato il fratello davanti a Shiro.

"Non lo so..." rispose lui, crollando a sedere su una sedia lì accanto, la testa dolorante tra le mani.
 


(1) La SS Cotopaxi è una nave merci scomparsa nel 1925 nel famigerato Triangolo delle Bermuda con il suo equipaggio di 32 persone, mai ritrovata. Nel 2015 si è diffusa la notizia secondo cui il suo relitto fosse stato recuperato da dei militari cubani, che tuttavia si è rivelata una bufala. La battuta di Hunk invece si riferisce al fatto che questa famosa "nave fantasma" è apparsa nell'arcinoto film di Spielberg "Incontri ravvicinati del terzo tipo", scaraventata nel Deserto del Gobi dagli extraterrestri.


Note dell'autrice
Ebbene sì, nello scorso capitolo sono rimasta nell'ombra, ma adesso appaio qui per fare qualche chiarimento (e per ringraziare le belle persone che si stanno interessando a questa fic, soprattutto Miss Marvel MJ che ha recensito il primo capitolo dandomi tanta gioia). In primis, immagino che abbiate notato come io abbia notevolmente invecchiato (di circa 8 anni) tutti i personaggi: si tratta di una scelta che ho fatto per dare alla storia una maggiore verosimiglianza, oltre che per consolidare maggiormente il gruppo prima degli eventi dei prossimi capitoli.
Sappiate che ci sarà angst, IMMENSE ENORMI PODEROSE BADILATE DI ANGST.
Io vi ho avvisati :D

_Kurai_

 

   
 
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