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Autore: ToscaSam    19/09/2017    0 recensioni
Death Note fanfiction.
Tutti conoscono ben poco dell passato di L.
Nessuno ha mai raccontato la storia di quella ragazza dai capelli rossi che giocava a tennis dentro un campo protetto da una rete verde.
Storia dei cinque anni passati in Inghilterra da un L adolescente, quando il peggiore dei mali non era Kira, ma quel brufolo rosso spuntato sulla fronte.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Erald non era mai stato bravo nelle relazioni sociali. Se ne accorse drasticamente solo quel venerdì pomeriggio, quando per la prima volta in vita sua chiese a una ragazza di uscire.
Non aveva intenzioni romantiche, o almeno non ci aveva pensato.
La sua richiesta gli pareva una legittima dichiarazione d'amicizia, fatta dopo ormai un mese di lezioni di tennis pomeridiane.
 
« Stasera hai qualcosa da fare? Ti andrebbe di fare qualcosa insieme?»
Ulla rimase di stucco.
Prima arrossì, poi tornò pallida, piena di puntini scuri su tutto il viso.
L'espressione apatica di Erald non le suggeriva che quello fosse un invito galante. Se ne stava lì, con gli occhi a pesce lesso e la schiena curva, ad attendere la sua risposta. Dava già per scontato che avrebbe detto “si”.
Una gran delusione la assalì, senza sapere davvero il perché.
« Non hai fatto caso a molti particolari, vero?»
Mormorò, con voce quasi offesa. Aveva lo sguardo basso e, sebbene Erald non potesse vederla chiaramente, qualche lacrima le si affacciava sugli occhi marroni.
Sentendosi punto nell'orgoglio, lui provò a ribattere con leggerezza:
« Questa è un'offesa bella e buona! Lo sai che non ho rivali in campo di investigazione»
Ulla non prese bene la sua allegria. Alzò la faccia di scatto, mostrando i grandi occhi da scoiattolo, lucidi. L'espressione di chi contiene a stento la propria rabbia e frustrazione.
Erald si sentì immediatamente un imbecille, anche prima che lei iniziasse a parlare.
 
« Non hai fatto caso al cartello “chiuso” sul campo da tennis? Non hai fatto caso alle mie magliette da uomo, strappate e le scarpe consumate? Non hai fatto caso che nessuno mi viene mai a prendere, né un papà, una mamma, uno zio, un tutore …? Non ti sei mai chiesto perché non ti abbia mai chiesto di accompagnarmi a casa? No, vero? Perché tu hai la tua borsa di studio … tu sei ricco sfondato e ti possono regalare le racchette costose! Tu non ti rendi conto, invece, di chi sono io... No, eh? Beh allora scusa, ma prima di giocare a fare il detective, dovresti destreggiarti un po' di più con la vita vera!»
Ulla fece dietrofront e uscì dal campo da tennis, attraverso la porticina sempre aperta.
I suoi capelli rossi svolazzanti furono l'ultimo elemento reale che Erald vide quel giorno.
Lui rimase lì, immobile.
Sentiva di aver appena commesso il più grosso errore della sua vita, ma non ne coglieva il senso.
Era certo di essere un idiota. Aveva detto qualcosa di molto stupido, oppure era lui stesso ad essere stupido con tutta la sua persona.
Poi pensò alle parole dure che ancora gli echeggiavano nella testa. Si guardò intorno: solo in quel momento Erald si accorse di quanto fosse squallido quel campino: le foglie che l'autunno aveva fatto cadere, giacevano ammucchiate sul suolo, senza che nessuno si fosse preoccupato di spazzarle. La porta aveva i cardini rotti; non poteva essere chiusa.
L'omissione più grande, Erald si chiese come avesse potuto non farci caso, fu l'aver ignorato il cartello che giaceva ai piedi della porta.
Qualcuno (Ulla probabilmente) l'aveva portato dentro il campo, ma la collocazione originaria doveva essere fuori dalla rete.
Era bianco, mezzo stinto, con la scritta “CHIUSO” colorata di un vago nero sbiadito.
Si trattava di un campo abbandonato.
Ulla non lo prenotava regolarmente, come Erald si era immaginato immaginato finora.
Una nuova prospettiva gli sfrecciò davanti gli occhi, annebbiandogli la vista: Ulla non aveva una casa, o un posto gradevole degno di tale nome? I vestiti che usava erano sempre gli stessi, non perché si trattava della sua divisa da tennis, ma perché non aveva nient'altro?
Era sola? Era povera?
Cosa doveva dire? Cosa poteva fare? Che cosa aveva sbagliato?
Esisteva una remota possibilità di rimediare al litigio?
Improvvisamente Erald si rese conto che l'Inghilterra, senza quell'appuntamento alle quindici del pomeriggio, non costituiva nessun interesse. Era solo una gigantesca macchia grigia, alla cui infinita tristezza si sfuggiva solo con la presenza di quella piccola chiazza rossa e lentigginosa.
  
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