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Autore: Bluereddino    19/09/2017    2 recensioni
Un cuore marcio non può essere recuperato, è destinato solo a sbriciolarsi e a divenire cenere. E il cuore di Silver era ormai marcio da tempo.
Sonic x Silver
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Knuckles the Echidna, Shadow the Hedgehog, Silver the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lo specchio rifletteva il giovane riccio, più fiero che mai del suo aspetto. Amy aveva fatto davvero un bel lavoro con le scelte e gli accostamenti, e si notava una differenza abissale tra il Silver che quel giorno avrebbe passato una tenera sera con il ragazzo dei suoi desideri e il Silver che come al solito si sarebbe 'divertito' a farsi urlare contro dalla sua coscienza.
Quella camicia nera che tracciava perfettamente il suo torace e che ne esaltava le forme lo faceva sentire diverso, più sicuro. Le lunghe maniche erano stata piegate in modo che coprissero solo la zona dalla spalla al gomito e l'orologio scuro era stato, con la cravatta bianca a decorare il tutto, il tocco di classe in più di cui aveva bisogno per impressionare Sonic.

Con due dita aveva spinto all'interno dell'indumento la lunga pelliccia che fuoriusciva dal colletto, e sospirando felicemente si era seduto sul suo materasso, posto esattamente di fronte allo specchio. Sperava davvero di poter soddisfare i gusti dell'amico. Aveva guardato le scarpe nere appena lucidate che calzava ai piedi, preoccupandosi della taglia, leggermente più grande della sua. Forse le avrebbe rotte, o chissà, magari sarebbe inciampato, facendo come al solito la sua bella figura. Ma -aveva letteralmente immaginato la scena come un film romantico anni '50- per un atto di estrema gentilezza e cura, Sonic lo avrebbe sollevato da terra e portato in braccio fino al suo mezzo, sotto la pioggia fine. Avrebbe controllato che non gli fosse accaduto niente di cui preoccuparsi e poi lo avrebbe baciato passionalmente.

Pensieri molto improbabili. Non poteva certamente sapere se il riccio blu lo apprezzava, figuriamoci volerlo baciare. Oltretutto non stava assolutamente per piovere, e il vento forte si era addirittura chetato, lasciando spazio a una brezza fredda, ma piacevole. Indossando una giacca sarebbe stato più che fattibile stare anche all'aperto.

"Siamo eleganti oggi." Aveva sorriso la coscienza. "Non ti ho mai visto così bello."

"Grazie." Aveva risposto impacciato. "Secondo te basterà per lui?"

"A me basta e avanza, poi se lui è cretino non è colpa tua.".

Silver aveva sorriso divertito, prendendo dal suo comodino due boccette di profumo, rinvenute sempre nella sacrosanta scatola di Venice. A Sonic piacevano i ragazzi curati e profumati, e nonostante il suo bagnoschiuma avesse un ottimo aroma, aveva reputato necessario anche l'utilizzo di una di quelle colonie. Questione di feromoni, si era detto.

"Forza, aiutami a scegliere."

"Mettine una a caso, il tuo bellimbusto sarà qua a momenti.". L'orologio segnava appena le sei del pomeriggio, e il ragazzino aveva giudicato parecchio strano che volesse che il loro incontro si svolgesse così presto. Forse la notte era impegnato a studiare per gli imminenti esami, li stessi di cui aveva parlato Amy quella medesima mattina. Non era roba da poco, un esame di urbanistica e pianificazione del territorio. Trovava parecchio strana la scelta del corso di studi del ragazzo, non era assolutamente ciò che poteva espettarsi da lui, ma nemmeno dall'amica rosa alla quale scelta però corrispondeva un giustificazione: lei aveva aspettato di sapere la scelta dell'amico e aveva addirittura saltato uno degli esami per poter ripetere la classe e seguire le lezioni con lui. Pazzia pura. Eppure, forse anche lo stesso Silver lo avrebbe fatto. Dopotutto, cosa avrebbe perso? Niente. Tempo? No, se il suo obbiettivo non era tanto di diventare una sottospecie di architetto, quanto di stare con l'amore della sua vita. Chi ha bisogno di ricchezza, influenza e potere, quando esiste il sentimento? Non lui di certo. Non ne aveva mai avuta la minima urgenza.

Dopo aver spuzzato un po' del profumo vicino al collo, Silver si era recato al piano inferiore per terminare le azioni da svolgere prima di uscire, come andare a bere e fare un salto al bagno, e incredibilmente, appena si era seduto sulla poltrona posta accanto alla porta, il campanello aveva suonato, con diversi trilli a creare una melodia.

Aperta la porta, l'aspetto di Sonic con cui avrebbe dovuto convivere la serata si era rivelato ben diverso da ciò che credeva –e agognava-: una canottiera nera, il cui unico pregio era scoprire le spalle atletiche dell'amico, un paio di pantaloncini corti poco sopra il ginocchio, dello stesso colore della maglia, e un paio di scarpe da ginnastica logore.

"Wo!" aveva salutato il riccio blu, stupefatto dall'apparenza dell'amico. Se l'uscita da lui programmata non avesse avuto uno sfondo tutt'altro che formale, sarebbe sicuramente rimasto a fissarlo per l'intera durata del tempo. Era a dir poco perfetto, cento volte più avvenente di ogni altra volta in cui aveva avuto occasione di vederlo; pareva più alto e slanciato, la pelliccia più candida e il tutto contribuiva a far apparire anche il viso più mascolino, mettendo in risalto il suo sorriso smagliante e il dorato delle sue iridi. Forse decidere di portarlo nel suo posto speciale non era stata un'idea troppo brillante. Si era davvero preparato così per uscire con lui? "S-sei... stupendo. Spiegami perché caspita non ti vesti sempre così! Sai quanto rimorchieresti?". L'amico aveva riso impacciatamente, ancora preoccupato per il vestiario sciatto altrui:

"Ciao Sonic." Per un momento aveva valutato di abbracciarlo, poi però aveva pensato che non era il caso di invadere lo spazio vitale del ragazzo, se non era stato lui stesso a richiederlo. "Anche tu elegante?"

"Ah, si. Forse avrei fatto bene a dirti dove andiamo..." aveva sospirato, ancora incantato. Gli sarebbe voluto saltare addosso, ma non era davvero il momento giusto. Aveva pensato anche di abbracciarlo per poter sentire meglio il suo odore, che anche se non era a contatto con lui si avvertiva appena e pareva parecchio gradevole. "Devi... dovresti mettere qualcosa di comodo. Non voglio che ti si strappino i vestiti.".

"Dove andiamo di bello?" forse non gli erano piaciute le sue sembianze? Eppure si era anche complimentato...

"È un posto parecchio speciale per me... ma è fuori città. In campagna." Aveva risposto sfregando nervosamente il braccio "Ho pensato che visto che mi parlerai della tua vita, forse dovrei fare altrettanto. Non è che abbia vissuto chissà quale esperienza traumatica, però... non so, forse ho fatto una stupidaggine a pensare che sarebbe stata una buona idea. Certo, non è un'uscita molto formale e-"

"Va benissimo. Dovevi solo dirmi cosa avremo fatto, così non mi sarei preparato così." aveva risposto sorridendo e afferrando proprio la mano candida che strofinava l'arto. "Vieni, ci metterò due secondi." Lo aveva trascinato fino alla sua camera, chiedendo venia per il disordine. Aveva aperto l'armadio situato di fronte al letto, quello su cui era impiantato lo specchio, e aveva chiesto all'amico di scegliere per lui mentre si svestiva.

Contro ogni suo personale buon senso, Sonic aveva preso le prime due cose a sua disposizione, piegate e riposte su un piano del guardaroba ligneo, solo per chiudere l'anta e ammirare il riflesso dell'amico nell'atto di denudarsi dietro di lui. Incantato da quel corpo magro eppure ben strutturato e proporzionato, si era reso conto di provare un'attrazione fisica più che notevole per Silver, cosa che andava a contrastare con quel suo pensiero perenne che ridondantemente gli ricordava che si conoscevano da troppo poco, e che tra l'altro non era chissà quale quadro erotico, un ragazzino completamente privo di muscoli, dal pelo scarmigliato, e perennemente vestito alla carlona. Certo, avere lo stesso giovanotto in boxer alle sue spalle faceva un effetto differente sia dal vederlo con le sue solite magliette malconce, sia dalla versione elegante e parecchio intrigante, che aveva scoperto esistere solo qualche istante prima.

"Hai scelto?" aveva chiesto Silver notando che non stava più osservando la ridottissima gamma di vestiti a sua disposizione. Girandosi di scatto il riccio blu, aveva porto all'amico quel pantaloncino sportivo rosso e la maglietta costellata di piccoli buchetti con la scritta 'Pantera – pure against the american grain metal', motivando la selezione con un forzato "Anche a mio fratello piacevano molto i Pantera. Credo li ascolti tuttora."

"Mh, non sono troppo per quel genere di musica, cioè, non lo disprezzo, ma non è che lo ami esageratamente. In realtà quella apparteneva a Venice.".

Imbarazzato, Sonic aveva finto un sorriso, rendendosi conto di aver appena fornito al ragazzino dell'ottimo materiale per farlo stare nuovamente male e possibilmente ottenere un bell'attacco d'isteria. Come se avesse potuto leggergli nella mente, il porcospino dagli occhi dorati aveva aggiunto:

"Non ti preoccupare, anche i vestiti che indossavo prima erano di Venice. Non so come, ma penso di stare riuscendo a non pensare a lui in modo troppo negativo."

"Oh, buono a sapersi!" aveva ridacchiato Sonic, finendo con il pronunciare una frase di troppo: "Quindi oggi non hai intenzione di piangermi addosso parlandone, vero?"

"No." Aveva semplicemente dichiarato infilandosi ambedue gli indumenti e cercando i suoi soliti stivali, incastrati da qualche parte sotto il letto e dispersi nella povere. Il broncio da lui messo su aveva immediatamente avvertito il minore riguardo alle battutine sulla sua sensibilità, necessariamente da evitare.

Terminato di cambiarsi, silenziosamente i due avevano percorso la scalinata, poi la cucina e una volta superato entrambe le stanze che li separavano dall'uscita, erano immediatamente saliti in auto.

"È molto lontano?" aveva chiesto Silver nonappena l'amico era riuscito a mettere in moto e uscire dal vicolo in cui si trovava la casa.

"Fortunatamente non troppo. Dal mio appartamento si, ma da qua non è chissà quanto distante." Silver viveva nella zona periferica, a differenza dello studente, il che era parecchio comodo per lui: nessun rumore molesto come i clacson che infestavano il centro della città, pochi vicini di casa che comunque non erano interessati alla vita altrui e soprattutto solo presenze necessarie. Uno o due bar, qualche piccolo negozietto di alimentari e nulla di più, come se fosse un piccolo paesino ai confini, e non parte integrante di una delle città principali della regione. Dopo essere uscito dalla zona abitata, la visuale osservabile era mutata dagli sgangherati edifici a dei campi dai toni spenti e opacizzati dalle nuvole che oscuravano il cielo. Il vento, ormai quanto più assente, aveva cessato di trasportare i cumulonembi cenerei attraverso il cielo, e ormai stabilizzati minacciavano acqua. Silver aveva sentito l'autista mugolare arrabbiato qualcosa che poteva sembrare ancora una volta un rimpianto per la sua scelta, ma non aveva tentato diammutolirlo o tranquillizzarlo.  Semplicemente aveva passato la maggior parte dei quindici minuti di viaggio immerso nella natura a osservare il passaggio rapido da campi probabilmente adibiti, durante il periodo estivo, alle coltivazioni di grano, alle vigne ricche di acini, a qualche ammasso disordinato di alberi di varia natura, una montagna non molto più alta di 500 metri che faceva da sfondo. 

Svoltando in una stradina sterrata circondata da quercie di diverse dimensioni, i due si erano trovati davanti a un vicolo cieco nel bel mezzo di un non molto fitto boschetto. Solo allora Sonic aveva aperto la portiera, si era slacciato la cintura e aveva girato la chiave in maniera tale da spegnere l'automobile, tirando il freno a mano per assicurarsi che restasse al suo posto. Silver si era slegato a sua volta ed era stato il primo ad abbandonare il suo posto a sedere, prendendo una fresca boccata d'aria.

"Ok, ora dobbiamo solo scavalcare quella rete e fare la piccola salita e siamo arrivati." Aveva dichiarato il riccio blu raggiante.

"Scavalcare la rete?" aveva chiesto l'altro, una volta che l'organizzatore della gita fuoriporta aveva indicato una recinzione in fil di ferro spinato, impiantato nel terreno grazie a dei pali di legno pitturati di bianco, alti circa quanto i ragazzi stessi.

"Oh, ho capito a che gioco vuole giocare! Entriamo in una proprietà privata e facciamoci arrestare! Digli che non hai intenzione di farti mettere in gattabuia, su. Torniamo a casa." Lo aveva richiamato la coscienza.

"Non so Sonic, non mi sembra un'idea troppo brillante..." aveva sussurrato, dando ragione alla sua mente. Effettivamente la presenza della rete poteva significare solo che qualcuno non desiderava ospiti nel suo terreno, e scavalcarla poteva costare una multa parecchio salata.

"Oh, avanti Silv. Non è così difficile." Lo aveva incitato, incamminandosi verso la suddetta tela di acciaio. Prendendo la rincorsa, aveva poggiato le mani su uno dei tanti pali, saltandolo a mò di cavallina.

"Silver..." aveva provato a sussurrare ancora la voce interiore. "Dai, non voglio che ti sfasci per uno stupido capriccio."

"Ma è sicuro? Cioè, è recintato..."

"Tutto ok, è solo per non far passare animali selvatici. In questa zona vivono diversi pastori, e per evitare che le bestie si intrufolino nel boschetto, hanno fatto mettere questa." Aveva ribattuto Sonic, facendo ancora una volta con la mano cenno di tentare di scavalcare.

"Non mi fido. Sicuro che non è privato?"

"Dominio pubblico Silv. Quando arriveremo in cima alla salita capirai."

Combattuto tra le due possibilità e opinioni delle due presenze, Silver era proceduto con lentezza in direzione dell'amico, fermandosi solo dopo aver sfiorato con la mano il palo utilizzato dall'altro per darsi la spinta.

"Non riuscirò mai a saltare." Aveva notificato abbattuto.

"Vuoi un aiuto?" aveva chiesto Sonic, pensando a cosa potesse fargli da supporto.

"Un salto del genere non sono in grado di farlo, assolutamente." Aveva spiegato ancora una volta il maggiore. Fissandosi per qualche secondo, perplessi, la mente del riccio bianco aveva iniziato a produrre, si, una soluzione, ma per fuggire da ogni qualsiasi penale che potesse incorrere saltando una rete. Oltretutto, ricordando la volta in cui aveva scavalcato la ringhiera, meno pericolante del pezzo ligneo che poteva avere pochissimi centimetri sottoterra e che quindi era tutt'altro che stabile, aveva valutato che, in caso di caduta, nell'ipotesi di non uscirne incolume, la ferita si sarebbe riempita di terra e sporco e non avendo portato del disinfettante non voleva rischiare. Altro fattore ad accrescere la sua insicurezza era il filo spinato, in parte ossidato. Aveva fatto l'antitetanica? E se si, il richiamo? Non ricordava assolutamente.

L'idea del compagno, arrivata non molto tempo dopo e che nonostante tutto non aveva soddisfatto al massimo i parametri di sicurezza del ragazzino argenteo, si era rivelata parecchio efficace:

"Ascoltami bene. Adesso metterò una mano da quella parte, l'altra qua." Così dicendo aveva posto i palmi rivolti verso l'alto uno alla destra e l'altro alla sinistra del legno verniciato, nel mezzo di due quadrati disegnati dal fil di ferro. "Fallo molto velocemente, non voglio spezzarmi le braccia. Devi tenerti alla punta del palo, poi metti prima un piede in una mano, poi l'altro nella destra, velocemente. Così dovresti riuscire a saltare."

"Non rischio di piombarti addosso?" aveva chiesto perplesso.

"Meglio per te, no? Atterraggio morbido." Aveva ridacchiato il porcospino blu guardandosi il ventre.

Fortunatamente per Sonic, Silver si era rivelato abbastanza agile da non cadere e evitare di fratturagli qualche osso. La scalata era avvenuta molto velocemente, nonostante l'insicurezza costante, trascinata come un velo dal riccio argentato. Quando aveva appoggiato i piedi per terra, scavalcando addirittura il corpo dell'amico, Silver si era sentito stranamente soddisfatto e incredulo. Forse non era lui ad aver fatto quel 'salto mortale', probabilmente si era trattato della coscienza che aveva preso comando del suo corpo. Era troppo per lui, un'azione del genere.

"Oh, bravo!" aveva gridato Sonic applaudendo "Sei stato grandioso!". Arrossendo, l'altro aveva chiesto quale sarebbe stata la prossima acrobazia da compiere. "Niente acrobazie, solo una piccola salitina." aveva risposto il ragazzo dagli occhi verdi, questi che scrutavano l'ambiente circostante come se fosse la prima volta che lo vedeva. Era cambiato parecchio dalla sua ultima scampagnata.

Breve salita era stata la definizione meno azzeccata che il giovane potesse inventare: un calvario di una pendenza estrema li aveva attesi, venti minuti di scalata silenziosa per evitare spreco futile di fiato. Sonic magari avrebbe potuto discutere per tutta la durata di quella che per lui pareva una normale passeggiatina, ma il maggiore, che non ricordava di aver mai affrontato tale fatica dalla sua nascita a quella sera, pareva particolarmente provato. L'unica cosa che alleviava la difficoltà era il debole venticello, che purtroppo si faceva sentire solo a tratti, che attraversava le fronde degli alberi e il canto degli esseri del cielo che volteggiavano felici nel vento.

Arrivato in cima, con il muso solcato da macchie rosse dovute all'affaticamento e gli occhi impastati, si era girato in direzione di Sonic, incapace addirittura di mettere a fuoco cosa aveva dinnanzi:

"Passami una bottigl- dov'è lo zaino?!"

"Ehi, rilassati. Niente zaino." Aveva ridacchiato il riccio blu. "Me lo ricordavo un po' diverso il posto, ma siamo qua. Seguimi.". Rassegnato all'idea che oramai l'intento di Sonic fosse quello di scuoiarlo e nascondere il suo cadavere sotto una delle tante querce rinvenute nella zona, il riccio spompato e dolorante lo aveva rincorso, mugolando per il dolore indentificato nei polpacci, nei quadricipiti e possibilmente in ogni muscolo del suo corpo.

Una scalinata. Ottimo. Perché quando vedi un tuo amico in pericolo di vita, gli fai fare degli scalini talmente alti da doverli scalare saltellando.

"Eccoci." Aveva dichiarato Sonic, indicando un tubo ricoperto da muschio da cui fuoriusciva dell'acqua cristallina. Erano arrivati a una sorgente. Silver si era immediatamente fiondato sotto il debole getto liquido e aveva aperto la bocca raccogliendo quanta più acqua possibile nelle sue guance. Poi aveva immerso la testa nella piccola pozza, non troppo pulita ma nella quale era comunque visibile il fondo, melmoso e non più profondo di un metro, in cui si raccoglieva l'acqua e dalla quale partiva il flusso che alimentava gli altri piccoli bacini che lentamente si andavano a formare sotto la sua vista che mano a mano, anche grazie alla frescezza della sostanza che ora gli infuppava la pelliccia, tornava a ripristinarsi.

"Caldo?" Aveva chiesto Sonic, che non si sa grazie a quale stregoneria era totalmente integro.

"Bevi." Gli aveva consigliato il ragazzino, scuotendo la testa per asciugare il pelo allisciatogli quella mattina da Amy e ora nuovamente arruffato.

"Non ho sete" aveva sorriso dirigendosi verso una costruzione di pietre, collocata pochi metri più avanti. Era una casetta di pochi metri cubi, recante quella che poteva essere definita una veranda. La porta metallica era saldamente chiusa con una catena e buona parte della facciata frontale era stata imbrattata dai vandali, probabilmente con delle bombolette.
Correndo in direzione di uno dei muri laterali, aveva fatto un salto abbastanza alto da aggrapparsi a una pietra circa alla metà dell'altezza totale dell'edificio, poi aveva scalato fino ad arrivare al tetto, dove si era immediatamente seduto con le gambe incrociate, Silver che ancora si stava rinfrescando. Quando il riccio bianco aveva finalmente individuato la posizione dell'amico, era impallidito.

"Che ci fai là sopra?"

"Sali!" lo aveva incitato.

"Che cavolo Sonic, scendi tu!". L'uscita si stava rivelando molto più faticosa del previsto, e stava già avendo ripensamenti per quanto riguardava voler lasciare scegliere la location al porcospino blu, la prossima volta. Non gli importava quanto potesse piacere al ragazzino, si sarebbe incontrati a casa sua e, come zona più estrema si sarebbe dovuto considerare il parchetto. Certo, il panorama non era niente male, ma preferiva un muro bianco e un polmone intero piuttosto che uno spiazzo nel bosco tra i monti e un'embolia polmonare.

"Dai, vieni! Qua c'è una bella arietta fresca!"

"Che coincidenza, qua c'è della bella acqua fresca." Aveva provato ancora. Non si sentiva di scalare quel muro, le pietre parevano troppo pericolanti.

"Vai. Volevi il fidanzato? E allora scala.". Quella dannata vocina beffarda...

'Grazie del supporto, amico.' Aveva risposto Silver con il pensiero.

"Dai Silv, non mi vorrai mica far aspettare! Cosa vuoi, una scala?"

"Mi farebbe comodo."

"Devo davvero scendere io?" aveva ribattuto ancora Sonic, facendo gli occhioni da cucciolo.

"No, no, arrivo..." aveva replicato scocciatamene, avvicinandosi all'ammasso di blocchi tondeggianti. Aveva inserito un piede nella cavità più prossima e una mano sopra una pietra, tentando di impiegare abbastanza forza per sollevarsi. Altro piede, altra mano, sempre più in alto. Non era riuscito ad arrivare nemmeno a metà strada, che le forze avevano deciso di abbandonarlo. "Non ce la faccio..."

"Altri due passi e ti tiro io su." Lo aveva incitato il riccio che ora lo scrutava dal bordo del tetto. Sarebbe forse stata come una scena da romanzo, di quelle in cui il cavaliere aiuta la sua donna a non precipitare in un dirupo? Il solo pensiero lo aveva fatto sogghignare tra sé e sé.

Spostando la gamba con difficoltà, Silver aveva compiuto un altro passaggio, fatale per la riuscita dell'operazione: sollevando il braccio, era riuscito ad afferrare quello del compagno, che sorridendo calorosamente lo aveva tirato nella sua direzione. 

Quel sorriso... 

"Eccoci qua!" aveva dichiarato felicemente Sonic, una volta che l'altro era riuscito a sistemarsi.

"Tu sei pazzo..." aveva mugolato il maggiore respirando profondamente.

"Non è stato divertente?"

"Ti diverti a vedere gli altri che quasi schiattano?"

"Dai, guardati attorno. La fatica è stata ripagata, no?". Effettivamente lo scenario aveva un non so chè di magico e... romantico. "E poi, sei adorabile quando sei tutto rosso.". Non si era nemmeno accorto di averlo detto a voce alta, ma ciò aveva fatto sia imbarazzare che sorridere Silver. Finalmente una frase degna di nota! Sonic lo trovava carino! Un uomo non dice 'carino' al primo ragazzo che incontra, no?

Interrompendo il momento di felice riflessione del giovane, il riccio blu aveva affermato sognante:

"Questo è il posto segreto in cui io e i miei fratelli venivamo a giocare quando eravamo piccoli."

Silver si era voltato in direzione dell'altro, notando nei suoi occhi verdi un accenno di nostalgia.

"Non c'è che dire, è una bella zona."

"Già..." aveva commentato il ragazzo dal pelo blu. "Cantavamo a squarciagola e quando Sonia portava la sua tastiera era ancora più bello. Puoi fare tutto il rumore che vuoi, è abbastanza lontano dal paese e nessuno verrà a sgridarti."

"Magari un giorno possiamo andare a trovare i tuoi fratelli, no?"

"Al massimo mia madre. Loro tornano solo per Natale. Lavorano lontano, sono stati più furbi di me con le scelte della scuola.".

"Oh, che fanno di bello?" aveva domandato Silver incuriosito.

"Sonia è parrucchiera e piano piano si sta facendo un nome, Manic suona in una band come batterista. Quando eravamo piccoli sognavamo di creare il nostro gruppo personale, ma lui non è stato così stupido da aspettare che io terminassi il liceo. Un gruppo abbastanza famoso da queste parti aveva bisogno del batterista, e non se lo è lasciato dire due volte. Certo, non gli basta per sopravvivere, ma fa anche altri lavoretti in giro. E poi ci sono io, che campo con i soldi di mia mamma."

"Io campo con i soldi della mia coinquilina, sono messo peggio di te, credimi." Lo aveva rassicurato Silver poggiandogli una mano sulla spalla.

"Non mi piace gravare sulle spalle di quella povera donna." Aveva concluso Sonic "E questo mi ricorda che devi parlarmi dei tuoi e di come sei stato questo enorme peso per loro." Aveva detto con tono sarcastico.

"Insomma, è arrivato il momento." Aveva sospirato il giovane dagli occhi dorati. "Dimmi cosa vuoi sapere in particolare.". Dopo pochissimi secondi di riflessione, il minore aveva domandato impensierito:

"Ovviamente voglio che tu mi spieghi chi è realmente tuo fratello. E, se mi posso permettere, mi piacerebbe anche sapere che diavolo è quella voce che ti parla nella testa, come l'hai descritta tu. Credi che sia una malattia? O lo fai di proposito? La controlli?"

"Piano. Per me sarà molto più facile parlare della mia coscienza, piuttosto che mio fratello, sai? Capisco meglio il mio cervello."

"Benissimo allora. Mi metto comodo!" aveva dichiarato Sonic sdraiandosi con le mani dietro la nuca a mo' di cuscino. "Prego, inizi."

"Certamente, capitano." Aveva ridacchiato. "Ecco, parlando in ordine cronologico, la prima volta che l'ho sentito parlare era in seconda media. Si, decisamente seconda, lo ricordo come se fosse ieri. Ho consegnato un compito al professore, e, sai com'è, ogni tanto bisogna lecchinare un po' per prendere dei bei voti."

"Non sono troppo d'accordo, ma prosegui."

"Comunque, ricreazione: arriva un ragazzino seguito dai suoi due fidati cani, perché altrimenti non saprei descriverli, e con fare balordo mi dice: 'Cos'è ti piace leccare il culo ai professori? Cercati un ragazzo se proprio hai voglia di leccare, frocio!'. Ti giuro, ha detto testuali parole, mentre mi afferrava il colletto della camicia."

"Oh, ricordo come funzionava alle medie." Aveva riso il riccio blu "Chi arriva ultimo è finocchio!"

"Esattamente. Sai, a volte pensi che reagire all'insulto sia una buona idea, ma avrei fatto meglio ignorarli e basta. Io... io sapevo di non essere attratto dalle ragazze. Tutte le mie cottarelle sono sempre state per ragazzi, e quando ho chiesto a Venice se c'era qualcosa che non andava in me, mi aveva risposto che il mondo è pieno di omosessuali e no, non è una malattia. Quindi, fidandomi di lui, mi sono convinto che non era assolutamente una cosa di cui vergognarmi e il giorno a quell'insulto ho risposto qualcosa come 'E anche se fossi frocio?'. Mi ha scaraventato a terra e... non so, non ricordo bene come. Ho sentito la voce nella mia testa che mi ha gridato di calciare il mio compagno prima che potesse saltarmi addosso per la regolare pestatura."

"Wo! E lo hai fatto?"

"Certamente. Era la mia mente a dirmelo, come potevo non ascoltare? Da quel giorno io e lui parliamo sempre. È come un'altra persona, non lo sento come parte integrante del mio essere. Abbiamo idee diverse, modi di reagire diversi, ma abita comodamente nelle mie cervella. È praticamente un secondo me."

"Mh, capisco..." aveva affermato il minore, annotando mentalmente quanto appreso.

"La verità è che non vorrei che sparisse." Aveva ammesso alzando gli occhi al cielo, controllando la posizione delle nuvole immobili sulle loro teste "È l'unico che ha dimostrato davvero di tenere a me e-"

"Ehi, questo è un insulto!" aveva commentato Sonic "Anche io tengo a te!"

"Oh, ma immagino." Aveva ridacchiato "Solo che... so che non mi posso fidare di nessuno. Di te mi sto fidando e, credimi, è insolito per me farmi trascinare da un ragazzo che conosco appena nel bel mezzo di un bosco, in un posto dimenticato dal mondo e soprattutto, come hai detto tu, dove nessuno può sentirti."

"Lo prenderò come un complimento."

"Lo è. Fatto sta che io e la mia coscienza siamo più di due fratelli, e se ho qualcuno che devo ringraziare davvero nella mia vita, è lei; mi ha salvato miliardi di volte dai bulli, dalle persone poco raccomandabili e da mio fratello e le pretese della famiglia. È stato un po' doloroso all'inizio, e non posso dire di non provare più rancore, ma lentamente sto dimenticando. Non ricordo più la maggior parte delle persone, e tutto ciò solo grazie alla personcina che vive in me, che mi fa vedere tutti come delle ombre. A malapena ricordo la faccia di mio padre e mia madre, non è grandioso?".

Le ultime frasi pronunciate dal ragazzo avevano alquanto turbato l'amico seduto accanto. Quindi questa 'coscienza' era stata in grado di oscurare parte della sua vita. E se avesse anche manipolato i suoi ricordi solo per far sì che s'isolasse? A quale scopo? C'era qualcosa di sinistro, in quella presenza.

"Sei sicuro che non sia pericolosa? Non credi che possa essere colpa sua, se sei stato solo per due anni?"

"Non lo farebbe mai." Aveva risposto Silver, convinto. "Starebbe compromettendo sé stesso. Lui ha lo scopo di salvarmi. Non pensare che non mi abbia mai istigato a stringere amicizie e a uscire fuori di casa almeno per fare una bella passeggiata. Lui può solo comunicare, ma non agire, perlomeno il più delle volte. Di solito dovrebbe chiedere il permesso, per parlare al posto mio.".

"Posso parlare e dirgli di andare a quel paese? Ti rendi conto che sta cercando di metterti contro la tua stessa coscienza, vero?"

"Se lo dici tu..." aveva sospirato Sonic, pronto a indagare e se possibile far fare all'amico una bella visita dallo psichiatra. Una cosa del genere non la aveva mai sentita. "Dai, invece che mi dici di Venice?"

"Oh, quasi dimenticavo di dover parlare di lui. Credo che tu abbia compreso che quando eravamo piccoli eravamo molto legati. Si, io e lui ci volevamo un bene dell'anima. Essendo quasi dieci anni più grande di me, mi ha sempre aiutato a studiare e abbiamo fatto tantissimi viaggi insieme. Mi portava al mare, in una spiaggia bellissima e cantavamo per tutto il viaggio... forse è per questo che, al contrario di tutte le persone insignificanti oscurate, la sua faccia la ricordo benissimo. Ricordo alla perfezione il suo sguardo."

"Deve aver fatto qualcosa di parecchio grave per perdere tutta la tua stima, non è così?"

"Non credevo fosse in grado di farlo.". 
I ricordi avevano investito Silver come un treno a piena velocità, immergendolo in quella sera di quasi tre anni prima, facendogli palpare, come in quel maledetto giorno, ogni istante. Pareva poter percepire addirittura suoni e odori, le voci, distorte nella sua mente, e le sagome vaganti dei protagonisti della serata. Non ricordava il volto di alcuno dei tre colleghi di suo fratello, ma li aveva rimembrati esattamente nelle loro posizioni: alla sua destra, uno con una camicia bianca e le gambe incrociate, seduto su una poltrona rosso fuoco, alla sinistra Venice, anch'egli elegante. Stava sussurrando qualcosa al suo orecchio, un avvertimento: 'Comportati bene e non farmi fare figuracce. Da questo dipende anche il tuo futuro.'. Davanti a lui, un mobiano grassoccio, che non poteva avere meno di 40 anni, e accanto a lui una donna, forse sua moglie, accomodati su un piccolo sofà del medesimo colore della poltrona. La casa in cui si trovavano apparteneva a questi ultimi due e l'incontro era stato organizzato dall'uomo, sotto richiesta del visone. Scopo della riunione era introdurre Silver al mondo del lavoro; aveva finito da pochi mesi la scuola e oramai era tempo di fargli capire come funzionava il mercato e soprattutto gli altri membri del settore.

Nessun membro della famiglia aveva voluto ascoltare le sue preghiere per quanto concerneva la ricerca di un lavoro modesto. Come poteva il figlio di un avvocato, fratello di un ragazzo che aveva dato vita a un'impresa che già spiccava il volo, fare un lavoro modesto come il cuoco o l'operaio? Non se ne parlava assolutamente, avrebbe fatto crollare il nome della casa. La decisione era stata presa: fino a tempo indeterminato avrebbe collaborato con il maggiore, e una volta imparato a gestire, fare i conti e creare compromessi con i colleghi, avrebbe fondato un'attività tutta sua.

L'aspetto delle persone davanti a lui, per quanto non riuscisse a ricordarlo alla perfezione, era curato e raffinato. Un pesante odore di colonia aveva riempito l'aria quando il ragazzo che si era accomodato alla sua sinistra si era alzato in piedi e aveva iniziato a percorrere l'area dell'ambiente a grandi passi. La stanza aveva preso una connotazione tossica e il suo naso, particolarmente sensibile agli odori, non sopportava quella fragranza troppo irrompente.

"Parlaci di te, Silver.". Il padrone di casa non aveva un'aria troppo rassicurante e dover discutere con lui era stato parecchio imbarazzante per il riccio. Non sapeva come rivolgersi e come richiesto da Venice, non poteva fare errori. A proposito di quest'ultimo, per quanto lo conoscesse come un ragazzo sicuro di sé e fiero, quando aveva necessità di rivolgersi a una delle altre tre persone nella sala, pareva diventare docile come una bestia ammaestrata. Era evidente che dovesse ammoinare per bene per guadagnare l'attenzione e la fiducia altrui.

Per quanto stressante la serata potesse essere, perché tra sguardi indagatori, domande parecchio personali e quel dannato profumo che pareva volergli inibire il senso dell'olfatto non era certamente gradevole come un caffè al bar con sua madre, si era rivelata non troppo pensante per lui. Immaginava torture di ogni genere, ma a quanto pareva bastava, come consigliato dal fratello, comportarsi adeguatamente. Per quanto riguardava i personaggi con cui aveva avuto a che fare, si era reso conto dopo non troppo tempo, che fossero persone non troppo raccomandabili e che la loro grandezza e soprattutto il loro guadagno, lo avevano conquistato non solo con il duro lavoro e la caparbietà, ma anche con parecchi metodi poco convenzionali; apprendere che anche suo fratello stava percorrendo la loro stessa via non era stato per nulla gradevole per lui. Non era arrivato a pensare che per creare il potere questi loschi individui avessero direttamente eliminato la concorrenza, ma pareva che, in caso di necessità estrema, quella sarebbe stata la loro prima scelta.

Tra una chiacchierata riguardante il reddito mensile e una con temi più coloriti, il ragazzo dall'odore poco felice si era diretto verso il quasi-sicuramente-quarantenne e sussurrando qualcosa nelle sue orecchie lo aveva fatto gioire:

"Che ne dite di un bel bicchierino di vino? Così rallegriamo un po' la situazione.".

Ecco l'inizio dei problemi. Spiegare che lui non beveva era stato abbastanza facile, anche perché dopo alcune proteste degli altri, aveva definitivamente dichiarato che non beveva, non perché non voleva che lor signori sprecassero il loro preziosissimo Dom Pérignon Rosé Vintage, ma perché era proprio astemio. La sua dichiarazione aveva fatto storcere il naso di Venice, che sussurrando a denti stretti gli aveva intimato di assaggiarlo comunque per non offendere i presenti. La risposta di Silver, sempre pronto a difendersi nonostante non ce ne fosse bisogno, era stato un "Anche tu non bevi mai, semmai non bere nemmeno tu." detto a voce più alta del dovuto. La faccia del maggiore, impressa nei suoi ricordi come un timbro indelebile, era un misto di sorpresa e vergogna, quest'ultima più accentata non appena aveva voltato lo sguardo verso gli altri, che lo avevano osservato confusi, scoppiando in una fragorosa risata.

"Tuo fratello beve come un dromedario. Non ti immagini nemmeno cosa diventa quando perde la ragione." Aveva riso la donna, rivolgendosi al più giovane della stanza. "che poi, bevesse solamente..."

Silver aveva squadrato il ragazzo, fissandolo intensamente nei suoi occhi color ghiaccio:

"Lo avevi promesso, Venice. Lo avevamo promesso insieme.". Venice, che sapeva bene a cosa si stava riferendo il minore, si era morso il labbro, spostando lo sguardo verso il pavimento scuro. Era vero, lo avevano promesso insieme, quella fredda sera invernale, davanti alla stufa. Loro sarebbero stati dei bravi ragazzi, non avrebbero mai scelto la via delle dipendenze, così avevano recitato davanti alla vecchia riccia ormai spenta e quasi in fin di vita, avevano solennemente giurato davanti alla loro cara nonna che non avrebbero mai fatto uno sbaglio tanto grave. Glielo dovevano, dopo tutto il bene che aveva fatto per proteggerli dalle severità dei genitori, per tutte le volte che era stata l'unica a ascoltare i loro lamenti e ad aiutarli a risolvere il loro problemi di bambini. L'ultimo desiderio della donna era stato solamente quello: vedere i suoi unici due nipoti crescere forti e sani, nella ragione.

"Tanto ormai non c'è più." Aveva ribattuto il visone, osservando il colore aranciastro del vino nel bicchiere mezzo vuoto di cristallo, poggiato sul tavolino da caffè al centro del cerchio formato dai presenti, guardandovi attraverso e, nel vedere i tre individui situati di fronte a lui, ricordare ciò per cui aveva rotto il patto: potere. Ma che importava, era solo una stupida promessa fatta a una vecchia decadente, sua nonna, certo, ma oramai non aveva più importanza. Non lo stava facendo solo per il volere dei suoi genitori e ciò che contava davvero era farsi un nome, venire rispettato e temuto, non importava quanti uomini e donne avrebbe dovuto compiacere, quanti bicchieri di alcolici avrebbe dovuto trangugiare, quante ingiustizie avrebbe dovuto compiere. Preferiva darsi in pasto a quelle persone, piuttosto che rimanere uno sconosciuto alla società per tutta la vita. 
Gli pizzicava la gola.

"S-sei... sei un mostro. Non ti riconosco." Aveva ribattuto Silver, sotto le tre paia di occhi curiosi e affascinati dai due litiganti. Era giunto il momento, la verità era venuta a galla. Come poteva suo fratello essere tanto meschino, perché non gli aveva parlato prima di questo fatto? Ora erano costretti a discutere davanti a tutti quegli insignificanti, per il porcospino, sconosciuti, che probabilmente godevano nel vedere il suo cuore spezzato trasmutarsi in parole soffocate. "Lascia sul tavolo quel diavolo di bicchiere, ti supplico."

"No." Aveva respinto fermamente, prendendo la bottiglia verde scuro in mano. "Non capisci quanto sia importante."

"Tu non capisci! Ti stai facendo manipolare, cazzo!"

"Piano ragazzino." Aveva ribattuto l'uomo, con quello che, se potesse essere ricordato, sarebbe stato probabilmente un sorriso beffardo, alzandosi in piedi e andando dietro il maggiore dei due. "Tuo fratello sta facendo passi da gigante. Che ti importa se beve uno o due bicchieri? Tanto, ciò che succede quando non riesce più a reggersi in piedi lo sappiamo solo noi, no?" aveva poggiato le mani sulle spalle di Venice. "E nessuno lo costringe a bere. Lo ha deciso lui e, francamente, ci fa molto piacere averlo fra noi, sobrio o meno. Lui ha capito come funzionano gli affari, Silver, ed è il momento che lo capisca anche tu. Sbaglio?".

"V-voglio tornare a casa..." aveva balbettato il riccio, scioccato e impaurito. "V-Venice, voglio tornare a c-casa.". Venice fissava un punto indefinito del muro che aveva dinnanzi a non troppi metri di distanza, mentre, dopo avergli lentamente massaggiato le spalle per qualche secondo, il padrone di casa era tornato a sedersi.

"No, la riunione non è ancora terminata. Da questo dipende il tuo futuro, non vorrai buttarti via così. Stai tranquillo, non ti succederà niente." Aveva obbiettato il giovane collega dalla colonia inebriante, tornando al suo posto.

"Venice, portami a casa, ti supplico!" aveva tentato ancora, questa volta balzando in piedi e tentando di dirigersi verso la porta.

"Ti rendi conto della figura che mi stai facendo fare?!" aveva sbraitato il ragazzo dagli occhi celesti, scattando verso il fratello, afferrandogli un braccio e tirandolo indietro "Sai quanto ho faticato io per arrivare qua?! Siediti e finiscila!".

Con le lacrime agli occhi, Silver aveva implorato ancora il ragazzo, tentando di trascinarsi, nonostante la stretta ferrea, verso la porta di uscita:

"Lasciami, ti supplico..." aveva balbettato, dando spettacolo ai tre uomini alle loro spalle, che invece di intervenire per chetare i due, li osservavano come fossero fenomeni da baraccone. L'orribile spettacolo che si stava consumando di fronte a quegli spettatori indifferenti, era proseguito in peggio: Venice aveva dato un forte ceffone al giovane, che intimorito e scosso si era accasciato sulle sue ginocchia, sedendosi per terra e pregando fra i singhiozzi. La bottiglia tenuta ancora in mano dal maggiore era stata avvicinata alle labbra del ragazzino:

"Su, bevi. Finiamo questa pagliacciata.". Ostinato, il ragazzo dal pelo bianco aveva chiuso la bocca. No, lui non era come quel traditore infimo, non avrebbe ceduto. 
"Bevi, cazzo!". 
Ancora silenzio dalla platea, che godeva nel vedere quella lotta per niente bilanciata. Arrabbiato più che mai, senza pensare minimamente, il visone aveva tappato il naso dell'altro, costringendolo, dopo quei miseri venti secondi di ossigeno, a schiudere le labbra per prendere fiato. Il collo della bottiglia era stato inserito all'interno della sua cavità orale, non concedendogli nemmeno di respirare, tanto veloce il Dom Pérignon gli aveva percorso la gola, scaldandola e portandolo quasi al soffocamento. Terminato il liquido, Venice aveva gettato la bottiglia a una lato della stanza, lasciando la presa e permettendo al fratello di sdraiarsi per terra tra intensi colpi di tosse e prendendo grandi boccate d'aria.

"Ci voleva molto?!" aveva chiesto, notando poi lo sguardo vuoto del ragazzino che lo scrutava atterrito, sfinito e soprattutto amareggiato. Girandosi verso i tre testimoni, aveva notato i loro sorrisi soddisfatti:

"Silver. Dai, non è successo niente. Su, torna a sederti." Aveva commentato il collega più giovane.

"Bravo, Venice." Aveva poi aggiunto la donna "Non pensavamo che avresti avuto tanto coraggio. Dopotutto quello è il tuo caro fratellino, no?".

Cosa aveva appena fatto? Senza degnare più di uno sguardo i suoi colleghi, si era voltato verso Silver, che ancora non si era mosso né ripreso, e lo aveva aiutato a mettersi in piedi.

"Lo porto a casa. Non penso sia in grado di continuare a discutere. Se è possibile, tornerò dopo averlo accompagnato." E così dicendo si era spinto, con il peso ingombrante del suo caro fratellino sulle spalle, verso la porta, scomparendo dietro il muro. L'ultima frase udita dal riccio argenteo, prima di non percepire più alcun suono, era stato un lontano:

"È davvero determinato. Si, quel giovanotto è un vero affare."

"Quindi, Silver. Vuoi ancora soffrire a causa di persone che fanno buon viso a cattivo gioco? Tu sai cosa potrebbe nasconderti Sonic?"

 
   
 
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