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Autore: Laylath    19/09/2017    3 recensioni
(Seguito di Un anno per crescere).
Da quel fatidico anno che unì in maniera indissolubile un gruppo di ragazzi così diversi tra di loro, le stagioni sono passate per ben cinque volte.
In quel piccolo angolo di mondo, così come nella grande città, ciascuno prosegue il suo percorso, tra sorprese, difficoltà, semplice vita quotidiana. Si continua a guardare al futuro, con aspettativa, timore, speranza, ma sempre con la certezza di avere il sostegno l'uno dell'altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 29. Tempi di ripartenza.

 


 
 
Erano passati cinque giorni dalla disgraziata mattina in cui Ellie aveva abortito e per la prima volta si recava nell’angolo del cortile dove era stata sepolta la piccola creatura. Aveva approfittato dell’assenza di entrambi i figli per concedersi quel momento, e ad accompagnarla c’era solo Andrew che pure visitava per la prima volta da quando era stata creata quella particolare tomba destinata a restare sconosciuta al mondo.
Non era cambiato niente da quando era stata approntata in tutta fretta: la terra appariva ancora smossa, solo i pochi fiori messi da Riza erano ormai appassiti. A vederla così l’ingegnere provò un forte senso di colpa: avrebbe dovuto prendersi la briga di dare una sistemazione più dignitosa a quel povero bambino, anche per non turbare troppo Ellie.
Stava per mormorare qualche parola di scusa, ma non fece in tempo perché la moglie con un sospiro si era inginocchiata proprio davanti al mucchietto di terra, levando con gentilezza i fiori ormai morti. Era in qualche modo bellissima, quasi eterea in quel momento di calmo dolore: ricordava uno dei monumenti funerari che c’erano nella parte vecchia del grande cimitero di East City. Se al posto del vestito azzurro di tutti i giorni avesse avuto una veste bianca, a ricordare il marmo, sarebbe stata perfetta.
“Margherite” disse infine la donna, girandosi verso di lui.
“Cosa?”
“Che ne diresti se piantassi un cespuglio di margherite? Semplici, delicate… sono le più adatte, non credi?”
“Ma certo, Ellie, tutto quello che desideri”.
“Bene, ci penserò domani – annuì lei, posando una mano su quella terra più scura e facendo un triste sorriso, quasi salutasse ancora una volta il figlioletto – mi sentirò decisamente meglio quando avrà questi fiori a fargli compagnia. Almeno qualcosa per lui potrò fare”.
“Non devi sentirti in colpa, meraviglia – Andrew andò ad inginocchiarsi accanto, posando una mano sopra la sua, sentendo con la punta delle dita quella terra umida e fresca – tu hai fatto tutto il possibile, lo sai bene. Semplicemente non…”
“Lo so – Ellie sorrise e gli mise l’indice davanti alle labbra, impedendogli di proseguire – e sto già venendo a patti con me stessa, come è successo tutte le altre volte. Ho te ed i ragazzi, non posso chiedere altro alla vita. Mi dispiace solo di non aver avuto modo di aiutare questo povero cucciolo, di offrigli quello di cui necessitava. Ma per il resto va tutto bene, te lo giuro”.
Andrew stava per obbiettare, ma poi si accorse che era vero. Lo vedeva dal tenero sorriso che aleggiava sulle labbra di lei, dall’espressione serena che illuminava quel viso ancora leggermente pallido. Ellie stava elaborando il lutto meglio del previsto, forse aiutata anche dalle precedenti esperienze che aveva avuto nel corso degli anni. E se c’era un dolore, come chiaramente doveva essere, lo teneva dentro il suo cuore, senza lasciare che interferisse con la sua vita. Lo si capiva da come aveva ripreso in mano le redini della casa per quanto la sua salute lo permettesse: già da tre giorni aveva ripreso a mangiare in cucina con tutti loro e chiacchierava tranquillamente con i figli, quasi ad invitarli ad andare avanti dopo il brutto momento appena passato. E sembrava che almeno Riza avesse accolto a piene mani questo consiglio.
Kain invece è ancora parecchio distante, soprattutto con me – rifletté – del resto è normale che gli serva un capro espiatorio. Ma l’importante è che tra lui e la madre vada tutto bene e…
 “… e tu come ti senti?”
La domanda di Ellie giunse del tutto inattesa.
“Io? Bene…” rispose, forse troppo in fretta.
A dire il vero non lo sapeva nemmeno lui come stava: in quei giorni aveva pensato esclusivamente agli altri, senza riflettere sui suoi sentimenti. C’era il dolore della perdita, certo, unito a quello strano e imbarazzante sollievo che a quanto pare provavano un po’ tutti quanti loro. Ma non riusciva a capire davvero come stava.
“Sei rimasto sempre nel tuo studio negli ultimi giorni e non per lavorare, lo so”.
“Oh, dai, non ti devi preoccupare per…”
“Tu e Kain siete proprio simili, sai? – scosse il capo la donna con rassegnazione – dite sempre che non c’è nulla che non vada, quando invece non è così. Ma se per nostro figlio ancora ragazzo posso capire un simile atteggiamento, da te mi aspetterei qualcosa di più”.
“Ti sei accorta anche tu di Kain, eh?”
“E come non avrei potuto? – gli occhi scuri si fecero malinconici mentre tornavano a fissare il mucchietto di terra più scura – Ma capisco che ha bisogno dei suoi tempi per superare tutto quanto. Forzarlo sarebbe la cosa peggiore… senza contare che ho la certezza che se si vorrà confidare con qualcuno, i suoi amici e Riza saranno pronti a dargli una mano”.
“Dubito che cercherà il mio aiuto” commentò con rammarico Andrew.
“Oh, ecco di nuovo quel broncio! Lo vedi che anche tu hai bisogno di aiuto esterno? Perché non vai a trovare Laura questo pomeriggio? Si sarà certamente preoccupata che non ti sei fatto vedere – il sorriso della donna si allargò, come se fosse estremamente felice di quell’idea. La sua mano sporca di terra si staccò dalla piccola sepoltura per andare al grembiule, in modo da venir pulita – Così prendi un po’ di fiato. A volte basta davvero poco per superare questi momenti di crisi”.
Si era alzata in piedi, incitandolo a fare altrettanto. Sembrava la ragazzina adolescente entusiasta di tanti anni prima, mancava solo il colore sulle guance.
Dovrei essere io a confortarti, non viceversa – si disse Andrew, non potendo fare a meno di rispondere a quel sorriso – ma tu come sempre riesci a sorprendermi.
“Beh, ora che ci penso sarà anche parecchio arrabbiata – confessò – ho saltato ben due dei nostri caffè settimanali. Come minimo mi offrirà qualche cosa di tremendamente bruciato o velenoso addirittura”.
“Te lo sarai meritato” ridacchiò Ellie, prendendolo per mano ed incitandolo a tornare verso casa.
 
Come avevano intuito i coniugi Fury, nel loro primogenito c’era un grande turbamento del quale si rifiutava di parlare. Del resto non è mai facile affrontare un lutto o comunque un avvenimento tragico. È come se la propria esistenza subisse un brusco arresto, lasciandoti in uno strano limbo dal quale non sei capace di uscire. Almeno questo era quello che stava provando Kain dopo l’aborto della madre: per quanto il loro rapporto si fosse di nuovo consolidato, non riusciva a liberarsi dall’opprimente disagio che provava ogni volta che stava a casa. L’ambiente che aveva sempre ritenuto il suo nido sicuro ora gli appariva ostile, quasi soffocante.
Vedeva che sua madre si stava riprendendo anche emotivamente e non per mera finzione a favore degli altri: a distanza di cinque giorni si vedeva la chiara serenità che permeava ogni suo gesto e ogni sua parola. Era come se stesse autorizzando tutti quanti ad uscire dalla condizione di tristezza della quale si erano ammantati.
Quanto a suo padre, non era ancora riuscito a riappacificarsi del tutto con lui. Per quanto Andrew non gli serbasse alcun rancore per quanto era successo, era come se qualcosa nel loro rapporto si fosse incrinato.
Forse aveva ingiustamente caricato lui di tutte le colpe, non riuscendo ad avercela con la figura materna che in quel frangente gli era apparsa più fragile che mai. Il breve attimo di instabilità che aveva avuto il loro legame l’aveva spaventato inconsciamente più di quanto si aspettasse.
In ogni caso, nonostante l’emergenza fosse finita, si trovava ancora a combattere contro questi fantasmi ed era una cosa inconcepibile. La sua indole era di natura buona e ottimista, propensa a dimenticare i momenti difficili a favore di quelli positivi.
Ma questa volta era diverso.
“Non riesco a capire perché tutti vanno avanti, mentre io non ci riesco!” si sfogò.
Era andato a trovare Roy, unico suo imparziale confidente in tutta quella vicenda. Parlare a cuore aperto con gli altri componenti della famiglia era impossibile: la paura di stroncare quel tentativo di ripresa era troppo forte.
“Gnomo, ciascuno ha i propri tempi di reazione – lo consolò il soldato, muovendosi agilmente con le stampelle e andando a sedersi al tavolo per poi posare la gamba ingessata sulla sedia vicina – senza contare che tu l’hai vissuta male da principio. Credimi, la soluzione migliore è svagarti, prenderti dello spazio tutto per te”.
“Parli delle radio? – Kain scosse il capo con rassegnazione – In questo periodo nemmeno loro mi sono di grande conforto: prendo in mano i pezzi e rimango a guardarli come uno stupido”.
“Devi uscire dagli schemi, fare qualcosa di nuovo. Che ne dici delle ragazze? Hai sedici anni e sei nell’età giusta: l’idea di una fidanzata non ti piace?”
“Fidanzata? – arrossì il giovane – Io? Non credo di essere ancora pronto per…”
Non terminò la frase che la voce giovale di Jean si sentì dall’ingresso di casa Falman e qualche secondo dopo il biondo fece la sua comparsa nella camera degli ospiti dove era insediato l’infermo.
“Ehilà, marmaglia, che si racconta? – chiese, arruffando con fare distratto i capelli di Kain – Passavo di qua e ho pensato di fare un salto a salutare. Come va la gamba?”
“Quando Elisa mi leverà il gesso sarà una vera e propria liberazione – spiegò Roy con una scrollata di spalle – e non sarà mai troppo presto. Devo tornare ad East City il prima possibile: spero entro tre settimane”.
“Sempre che i tuoi carcerieri te lo permettano – sogghignò Jean – allora, di che si parlava?”
“Di ragazze – spiegò Kain con un lieve rossore sulle guance – Roy crede che sia il momento che me ne trovi una, ma non so se sono pronto per una cosa simile”.
“Una fidanzata? Lui? – Jean si rivolse al soldato, con aria incredula – Ne siamo sicuri?”
“Per me è pronto. Insomma, credo che sia il momento giusto che si interessi ad altro oltre che alle radio e alla sua famiglia. Si tratta di un’esperienza che deve fare prima o poi: deve tagliare i fili con il bambino che era ed entrare veramente nell’adolescenza”.
Jean squadrò Kain con aria dubbiosa, sicuramente chiedendosi se fosse davvero cresciuto ad un tal punto. E a vedere il ragazzo così imbarazzato i dubbi erano tanti, certo… tuttavia c’era una nuova maturità di sottofondo che era impossibile da negare. Forse fu proprio quest’ultimo fattore a convincere il giovane Havoc che persino per Kain Fury era arrivata la famosa primavera.
“Sai come si bacia?” gli chiese senza troppi preamboli.
Cosa?” per la prima volta Kain si dimenticò del tutto del suo malessere interiore. Fu come se un grosso macigno venisse sollevato e gettato lontano da lui, una sensazione davvero piacevole. Peccato che venisse quasi del tutto obliata dal senso di imbarazzante pericolo che iniziava a provare nel vedere la luce maliziosa negli occhi azzurri di Jean.
Così facile… così bello tornare alle cose normali… normali? Non è per niente normale!
“Baciare, dai! Labbra contro labbra… guarda che non è una cosa così scontata come sembra, eh!”
“Meno male che ci sei tu a fare l’esperto! – lo prese in giro Roy – stiamo parlando di primi baci, genio del male. Non vorrai già metterci di mezzo la lingua, spero!”
“Lingua?” se possibile Kain divenne ancora più rosso.
“Potrebbe già passare ad un livello più esperto, non credi? Ci farebbe una grande figura con le ragazzine!”
“A me pare… schifoso”.
“Ne verrebbe fuori un pasticcio – scosse il capo Roy – sono ragazzine adolescenti, non hanno chissà che pretese, avanti!”
“Forse tu non hai conosciuto Rebecca a sedici anni…”
“Voi due siete un caso limite…”
I due iniziarono a battibeccare tra di loro, secondo un copione collaudato da anni di amicizia.
Kain si ritrovò a sorridere come non succedeva da giorni ormai: gli sembrava impossibile che nemmeno a mezz’ora di camminata da lì ci fosse un posto dove invece si sentiva a disagio e dove l’idea di stare bene gli sembrava incredibilmente lontana.
Una ragazza – si trovò a pensare – possibile che Roy abbia ragione?
In fondo era un modo come un altro per uscire da un limbo ormai troppo difficile da sopportare.
 
“Sembra che il paese non abbia la minima idea di quanto sia successo – commentò Riza, nel medesimo momento, mentre prendeva un the a casa di Elisa – per strada e nei negozi mi hanno salutato e sorriso come se niente fosse”.
“Non è che sembra – la corresse la dottoressa, porgendole il piatto con i pasticcini – il paese non ha davvero la minima idea di quanto è successo a tua madre. Come avrebbero potuto del resto? Si è svolto tutto così in fretta e siamo stati talmente discreti che nemmeno Vato sa la realtà dei fatti. Non credi che sia un bene?”
“Certo – annuì la bionda guardando dalla finestra il piccolo giardino di erbe mediche ancora grigio per l’ultimo freddo invernale – è solo che… mi sembra così strano. Ogni volta che esco di casa mi pare di entrare in un mondo totalmente diverso, dove anche il tempo scorre più veloce”.
“Come sta tua madre? Alla visita di ieri mi sembrava in forma”.
“Meglio, molto meglio. Fisicamente si è ristabilita quasi del tutto e anche emotivamente pare aver superato la parte peggiore. Ammetto che se non ci fosse lei a darci una mano, a casa saremmo ancora in piena crisi, Kain per primo”.
“Non sono cose che si smaltiscono in fretta e lui era il meno preparato”.
“E tu come stai? In fondo è stato un duro colpo anche per te”.
Elisa sospirò e si rifiutò di rispondere subito, limitandosi ad una scrollata di spalle. La ripresa fisica della signora Fury era l’unica nota positiva in mezzo al mare di desolazione nel quale navigava. Razionalmente sapeva che come medico si sarebbe scontrata diverse volte con il fallimento della medicina, ma questa prima volta era stata più dura del previsto, specie perché aveva riguardato una persona alla quale era molto affezionata. Sentiva di aver tradito doppiamente la fiducia della sua paziente.
“Non saprei… sai, a volte sono tentata di andare da tua madre e chiederle scusa per non essere riuscita a fare qualcosa. Anzi, per averle dato delle speranze che poi si sono rivelate infondate. Il dottor Lewis mi ha detto che non ho niente da rimproverarmi, che ho agito secondo coscienza, tuttavia…”
“Oh, non pensarci nemmeno! – la interruppe Riza – Nessuno a casa ce l’ha con te, anzi ti siamo profondamente grati per tutto quello che hai fatto: mamma ha avuto la miglior assistenza possibile e se si sta riprendendo così bene è anche grazie a te”.
Un pallido sorriso apparve sulle labbra della dottoressa, come se ritenesse superflue quelle parole.
“Sai che ci vorrebbe? – disse dopo che il silenzio si prolungò per qualche minuto – una bella festa tra di noi, come ai vecchi tempi. Ricordi? Un paio di giorni per organizzare e poi eccoci tutti assieme a fare una gita. Non vedo l’ora che passi questo brutto tempo e arrivi la primavera: aiuterà a spazzare via quest’aria deprimente e grigia”.
La primavera – pensò la bionda, provando ad immaginarsi quel giardinetto di nuovo rigoglioso e pieno di vita – possibile che basti davvero questo a riportare la serenità? Sarebbe davvero fantastico.
 
Quando Kain e Riza si incontrarono circa un’ora dopo per tornare a casa insieme, era come se qualcosa fosse cambiato. Mentre all’andata erano stati prevalentemente taciturni, ora era come se entrambi, forti delle confidenze avute con gli amici, stessero cercando di recuperare la loro vecchia intesa.
“Domani Elisa passerà per la visita di controllo alla mamma, ma credo che sarà una cosa molto breve. Ormai è del tutto guarita” disse la ragazza.
“Sarò felice quando queste visite smetteranno del tutto. Mi fa piacere che Elisa venga a casa, ma preferisco che lo faccia in veste di amica e non di dottoressa”.
“Sono sicura che a mamma faranno piacere i pasticcini che le ha mandato: sono davvero buoni. Piaceranno anche a te, vedrai”.
“Ne sono certo”.
La frase terminò e si fece silenzio, interrotto solo dal rumore di passi sugli aghi di pino nel sentiero che attraversava la pineta spoglia e dal fiato corto dato dai pesanti cappotti che ingombravano i due giovani.
“Roy e Jean dicono che è il momento che mi trovi una ragazza” dichiarò Kain all’improvviso.
Cosa? – Riza si fermò nel sentiero e prese il fratello per una spalla, rischiando così di far cadere il pacchetto che portava con l’altra mano – Che sarebbe questa nuova diavoleria?”
“Dicono che ormai sono abbastanza grande – spiegò Kain con imbarazzo – che tutto sommato sono un tipo che può piacere e che… è ora che mi dia una scrollata e che esca dalla fanciullezza, almeno queste sono le loro parole”.
“Santo cielo, da loro due non potevo che aspettarmi una cosa simile. E a cosa si deve questa iniziativa?”
“Beh – il rossore sul viso del ragazzo si fece più evidente ed era chiaro che non era solo provocato dal freddo – Roy sostiene che potrebbe essere un buon modo per uscire dalla situazione in cui mi trovo ora. Sai, per via di quanto è successo…”
“Riprenderti dall’aborto di mamma?” chiese Riza in tono più gentile, lieta che il fratello decidesse di confidarsi con lei.
“Mi fa rabbia perché vedo che tutti voi andate avanti, mentre io no…”
“Fa strano anche a me se ti può consolare, non ho davvero superato quanto è successo. Ma quello che conta è che la mamma si sta riprendendo: se a lei va bene, sarà così anche per me”.
“Lei ci sta riuscendo meglio di tutti noi”.
“Si dice che ogni persona ha i suoi tempi, del resto”.
“In ogni caso mi piacerebbe che il tempo arrivasse anche per me – Kain si fece serio – forse l’idea di Roy non è poi così male. Però se penso alle ragazze a scuola, non ho la minima idea di come approcciarmi a loro: le ritengo delle creature molto strane, sai?”
“Creature? – Riza scoppiò a ridere – Suvvia, non siamo così terribili!”
“Rebecca alla mia età lo era, lo ricordo bene. Comunque le vedo sempre a ridacchiare tra di loro, a dirsi cose segrete… non lo so, mi pare un campo minato”.
“Ci sono ragazze e ragazze – commentò la bionda,  iniziando a rendersi conto che tutto sommato l’idea avuta da Roy poteva essere buona – vedrai che trovi quella giusta per te. Come hanno detto Roy e Jean sei un tipo che piace: sei diverso da buona parte dei tuoi compagni e la diversità spesso attira”.
“L’idea del primo approccio mi spaventa parecchio. Anche perché – si fermò di nuovo nel sentiero, come se stesse cercando di raccogliere bene le idee – insomma… non sarebbe più corretto che mi interessasse davvero una ragazza ben definita? A ben pensarci non è che ne conosca parecchie: nella mia classe siamo tutti maschi”.
“Il famoso guardarti attorno?”
“Esatto. Se una ragazza mi piace è perché comunque l’ho conosciuta, no? Ma per conoscerla devo prima avvicinarla e sai cosa vuol dire fare una cosa del genere a scuola. Jean e Roy sono stati tanto prodighi di consigli, ma a ben pensarci loro conoscevano te e Rebecca e non si sono mica guardati attorno a cercare altre ragazze”.
“Roy e Jean parlano dall’alto delle loro torri d’avorio – sentenziò Riza con un sorriso – prendi le loro parole con le pinze se non vuoi finire nei guai. Penso che se ti lasci guidare dal tuo istinto sarà la cosa migliore. Chissà, magari a scuola c’è già qualche ragazzina che ti ha notato ed è troppo timida per dichiararsi”.
“Forse… comunque anche la mamma aveva tirato fuori il discorso della fidanzata poco prima che accadesse tutto questo. Credo davvero di star diventando grande – si passò una mano sul mento – a questo punto pensi che mi crescerà la barba nei prossimi mesi?”
Era una domanda così assurda che entrambi scoppiarono a ridere nell’arco di pochi secondi.
Una risata allegra e sincera come non succedeva da settimane.
 
Quella sera, dopo cena, Ellie si dovette sedere nel divano ed asciugarsi le lacrime d’ilarità. Continuò a ridere per un minuto buono prima di tirare un grosso respiro.
“Santo cielo, Riza – disse infine – pensare a Kain che si fa avanti con le ragazze usando le famose tecniche di seduzione di Roy… se mi ricordo com’era sfacciato quel ragazzo quando aveva la sua età!”
Riza ridacchiò di gusto, sedendosi accanto alla madre: l’idea era così assurda che il solo parlarne non poteva che scatenare le risate. Aveva aspettato prudentemente che Kain ed Andrew si ritirassero dopo cena e poi aveva affrontato la questione con Ellie. Era sicura che la donna si sarebbe interessata e così era stato: una ventata d’allegria in quella casa non poteva che fare bene.
“Gli ho suggerito di essere se stesso e di non usare nessun approccio alla Roy o alla Jean”.
“Non ne sarebbe mai capace, credimi – la bruna si sistemò meglio le pieghe della gonna – ma sono felice che Kain affronti un’esperienza simile. Mi fa capire che finalmente anche lui si sta dando una svegliata dal torpore di questi giorni”.
“Come tutti noi… a volte mi chiedo come sia possibile che tu sia stata la prima a riprenderti” ammise Riza con sincerità, posando il capo contro la spalla della donna.
“Non so – rispose Ellie con serenità – forse ero quella maggiormente pronta ad affrontare quanto mi stava succedendo. Bene o male sono venuta a patti col mio corpo e so cosa aspettarmi. Non che non abbia sperato in queste ultime settimane, è stato inevitabile, ma alla fine la delusione… beh, so come farmela scivolare via. Dopo tutti questi anni so a che cosa rivolgermi per tornare alla mia vita”.
“Sembra così facile sentendotelo dire”.
“Sembra, ma non lo è. Ma credimi che nonostante questa ripresa un po’ forzata, per te e Kain sarà più semplice andare avanti e superare questo scoglio”.
“Tramite pasticcini e approcci con le ragazzine”.
“Un ottimo modo a parer mio…” sorrise Ellie.






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Scusate l'estremo ritardo per la pubblicazione di questo capitolo.
Lo odio, non ne sono per niente soddisfatta, l'ho riscritto almeno dieci volte ma il risultato non mi ha ai convinto. Questa è la versione che mi soddisfa un minimo dopo un periodo di tentativi con blocco di scrittura per una settimana buona. Insomma, non ho mai avuto problemi così grossi per un capitolo di transizione (non potevo troncare di netto gli eventi del capitolo precedente come avevo intenzione di fare da principio, me ne sono resa conto come ho iniziato a scrivere).
Insomma, alla fine ho deciso che se volevo andare avanti dovevo accontentarmi di questo, altrimenti sarei sclerata malamente al milionesimo tentativo di stesura. 
Spero solo che i prossimi siano migliori e più facili da scrivere.

Ps: lo so che pare quasi un discorso "ecco il pranzo, ti avviso già che fa schifo".

 
  
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