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Autore: Spiretta97    20/09/2017    0 recensioni
Cesare è un bambino costretto sulla sedia a rotelle a causa di un incidente. Proprio quando comincia a buttarsi giù, nella sua vita compaiono Bruno e Alice. I tre stringono una grandissima amicizia, ma si sa: crescendo anche i rapporti cambiano e le grandi amicizie possono venire messe alla prova.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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PROLOGO

 

«Fono a cafa!» gridò Alice aprendo il portone dell'appartamento,completamente sommersa dalle buste della spesa. Aveva le chiavi di casa serrate in bocca e, dal momento che le mani e le braccia erano entrambe occupate a trascinare quattro sacchi carichi di generi alimentari, chiuse la porta con un bel calcio. Ad osservarla si sarebbe detto che si stava preparando ad un imminente guerra nucleare, ed invece si trattava solo della rituale spesa della prima domenica del mese.

Finalmente, una volta lasciate cadere le buste (e buona parte del loro contenuto) sul pavimento in legno, potè liberarsi la bocca da quell'ammasso di ferraglia, lanciandolo in una ciotola di ceramica, abbandonandosi poi ad una smorfia di disgusto per il saporaccio dell'alluminio.

«Non credevo di aver sposato un cane da riporto ... Ah ma fa pure la spesa! Allora tutto normale.»

Alice non si girò nemmeno a parlare con il suo interlocutore. Si limitò a farsi sfuggire un sorriso, a scuotere la testa e a raccogliere da terra quei barattoli che erano rotolati via, in cerca della libertà. Non l'avrebbe mai e poi mai ammesso, ma l'umorismo di suo marito la divertiva sempre tanto, per quanto pessimo fosse. Del resto nemmeno il suo era altamente sviluppato... In realtà si poteva proprio affermare che erano esattamente sulla stessa lunghezza d'onda: in sostanza, due cretini.

«Cesare, per favore, smetti di fare dello spirito e dammi una mano con queste» disse caricando sulle gambe del coniuge due buste.

<< E con questo>> un sacco di mele.

<> detto ciò, si chinò su di lui e gli schioccò un bel bacio sulla guancia.

<< Sì mia regina! Ai suoi ordini. Ma mi permetta una domanda... Ha anche aperto la porta con le chiavi in bocca?>>

Alice sorrise e guardò Cesare teneramente, avvicinandosi di nuovo a lui.

Senza replicare, Cesare si recò in cucina spingendo con forza le ruote della sua sedia a rotelle. Scompigliò i capelli al bambino seduto al tavolo e si posizionò davanti al frigorifero, cominciando a mettere in ordine gli acquisti della moglie.

<< Matteo, come vanno i compiti? >> Chiese Alice abbracciando e baciando il figlioletto, visibilmente irritato, ma segretamente compiaciuto da questa dimostrazione d'affetto.

<< Adesso che ci sei tu meglio, papà non la sa proprio la matematica! >> si lamentò facendo la linguaccia a Cesare, che assunse un'espressione offesa.

<< Hey! Io le frazioni è dalle medie che non le faccio, sono passati almeno trent'anni, vorrei veder te>> replicò il padre

<< La maestra dice che quando si invecchia le cose si scordano più facilmente, però lei le frazioni le ricorda! >>

<< ... A chi hai dato del vecchio, nano?!>>

Cesare si arrese all'evidenza. Erano tutti, tutti, contro di lui. Una battaglia persa, insomma. Che poi non era nemmeno vero che non era bravo in matematica. Alice parlava così solo perchè per tutti gli anni del liceo era stato rimandato a settembre, casualmente, proprio in quella materia. Comunque non protestò oltre e, lentamente, si mise in piedi per raggiungere il freezer e mettere in ordine pure quello.

Mentre aiutava Matteo con gli ultimi esercizi di matematica, Alice si mise a spulciare la posta. Assieme alle solite bollette del gas e alla petulante pubblicità dei materassi, spuntò una curiosa busta bianca. Il destinatario era Cesare, ma il mittente non era specificato.

<< Cesare, qui c'è una lettera per te>> disse Alice allungandogliela curiosa << Non è firmata però>>

L'uomo prese la busta e se la rigirò tra le mani più e più volte. Era davvero leggera, sembrava addirittura vuota. La guardò controluce e si dovette ricredere, perchè effettivamente conteneva qualcosa: un cartoncino, forse.

Quando finalmente si decise ad aprire la busta per osservarne il contenuto, si ritrovò piacevolmente sorpreso. Sorrise e chiamò dolcemente la moglie a guardare ciò che aveva in mano. Si trattava di una foto, una vecchia foto, che raffigurava tre bambini sorridenti in posa a mostrare le dita in segno di vittoria.

<< Chi sono? >> Chiese Matteo arrampicandosi sulla sedia del padre per sedersi sulle sue gambe.

<< Il bambino al centro, che si poggia ai compagni, sono io quando avevo circa la tua età. E quella bambina coi capelli corti, le ginocchia sbucciate e il sorriso sdentato -non ci crederai- è proprio la tua mamma, qui presente >> raccontò divertito Cesare osservando con leggera malizia Alice, che si stava nascondendo imbarazzata il viso con la mano.

<< Ero molto piccola... >> fu l'unica cosa che riuscì a dire a suo figlio che la guardava con tanto d'occhi, incredulo che quel maschiaccio potesse essere davvero sua mamma.

<< Ed era anche la più brava a calcio e ad arrampicarsi, più brava di tutta la scuola >> disse Cesare esaltato, guardando Matteo.

<< Dai non è vero! È impossibile, è femmina! >> Il piccolo proprio non riusciva a concepire come sua madre, così composta, bella e profumata -e soprattutto femmina, dai, cos'è, scherziamo?- , una volta potesse anche solo somigliare a quella bambina con i capelli arruffati e il viso impolverato.

<< Invece è verissimo. Si arrampicava come una scimmia un po' ovunque, velocissima. Diceva che era il suo modo per non sentirsi così bassa. In effetti alla fine guardava tutti dall'alto in basso.>> Alice scosse la testa, ignorando la non tanto velata critica alla sua altezza soltanto perchè davanti ai suoi occhi si presentava un ricordo così bello e così distante che la catturò completamente. Nella sua mente si rivide bambina: correva sui prati a piedi scalzi, lottava nel fango con i compagni di classe, menando un fracasso di botte (e ricevendone indietro altrettante). Faceva le gare di coraggio in bicicletta buttandosi a tutta birra giù da una altissima collina, realizzando solo a metà strada che non era stata esattamente un'ottima idea, e che l'utilizzo del freno non era indice di codardia ma solo di amor proprio. Ma lei non aveva né l'uno né l'altro e, la maggior parte delle volte, si ritrovava a rotolare giù dalla collina. Senza bicicletta. E senza due o tre denti da latte.

«E l'altro? Chi è papà?» Chiese innocentemente il bambino interrompendo il viaggio indietro nel tempo della madre.

Quella domanda fu come una doccia gelata per Cesare. Guardò nuovamente la foto, soffermandosi sta volta sulla terza figura, quella di sinistra. Quella posa, quel sorriso forzato, quegli occhi color del ghiaccio ... Si ricordava ogni cosa di lui, ogni secondo passato assieme. Si ricordava il suo nome, ma chissà perché avvertiva in fondo al suo cuore una morsa ogni volta che cercava di pronunciarlo. Erano passati così tanti anni, così tanti che aveva smesso di contarli. Indugiò ancora qualche secondo su quegli occhi grigi e improvvisamente ci riuscì. La morsa era come scomparsa, lasciando spazio all'amarezza e ad un pizzico di rimpianto. Ma almeno ora, anche se impercettibilmente poteva nominarlo, poteva dire il suo nome.

«Bruno..» sussurrò quasi come per chiedere aiuto.

  
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