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Autore: Sospiri_amore    20/09/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Seguire le tracce


 

I cappelli di Rebecca ricadono morbidi sul sedile della macchina, un cerchietto nero e una collana di perle sono gli unici accessori che indossa. Niente rossetto, solo un poco di lucida labbra. La capacità di apparire perfetta in una situazione come questa ha dell'incredibile.

La osservo un po' confusa: possibile che abbia organizzato tutto?

Come faceva a sapere che avrebbe usato quei vestiti?

 

«Se per caso il rettore fosse stato in piscina?», provo a chiederle.

Rebecca sfila un sacchetto di plastica con due costumi, uno pieno di paillettes molto sensuale mentre l'altro è un semplicissimo costume intero blu.

La guardo sbigottita:«Ma quante cose hai qui dentro?», le chiedo mentre sbircio le decine di sacchetti nascosti nel vano del sedile.

«C'è chi si accontenta di uno zaino o una sacca per tenere le cose. Io ne ho molte di più. Per questo la macchina è la mia borsetta», mi dice con voce snob.

«Ma... ma...». Cosa potrei rispondere ad una affermazione del genere? Nulla. È talmente assurdo il suo discorso che non merita la minima attenzione.

 

Scuoto la testa infastidita.

 

«Perché fai così? Avrei potuto lasciarti a sistemare quelle ridicole decorazioni o fare altre cose inutili, invece sei qui con me. Credo tu possa mostrare un po' di riconoscenza. Non saresti nulla senza noi. A scuola saresti invisibile come il resto degli studenti», mi dice mentre osserva i marciapiedi alla ricerca di Jo.

«Non sarei invisibile per niente. O meglio, se fossi invisibile è perché lo vorrei io e non perché lo decidi tu», le rispondo a tono.

Rebecca ride di gusto:«Ma ti senti? Credi di essere migliore di me, la paladina della giustizia, ma non hai voluto altro che essere una di noi, fin dall'inizio. Ti affanni tanto ad essere la buona, ma sei perfida quanto me. La storia di Andrew ne è la dimostrazione».

 

Adesso esplodo.

La storia di Andrew è archiviata, seppellita, se vuole posso elencarle ogni volta che è stata meschina con me, Kate, Jo o Stephanie.

 

«Noi due siamo come il giorno e la notte. Credo che in verità sia tu che vuoi essere come me. Del resto sono arrivata dove tu non arriverai mai», le dico acida riferendomi a James.

«Certo, come no. So benissimo dove sei arrivata. Sei solo una smorfiosa, falsa e bugiarda», mi risponde grugnendo.

«Io non sono falsa, mai. Se non mi sbaglio l'unica qui che ha tradito qualcuno sei proprio tu. Ti sei dimenticata la storia di Adrian e Miss Scarlett?».

«Quella storia è passata, non...», Rebecca non finisce la frase.

 

La macchina inchioda, entrambe veniamo sbalzate in avanti fortunatamente senza conseguenze.

 

«Signorina, potrebbe essere quello il ragazzo che sta cercando?». L'autista indica Jo che corre come un pazzo sul marciapiede di fianco a noi.

«Raggiungilo», ordina Rebecca all'uomo.

 

In pochi secondi siamo di fianco al nostro amico con il finestrino abbassato. Non si accorge subito di noi, è talmente preso che continua a camminare a passo veloce.

 

«Jo. Jo», lo chiamo sporgendomi leggermente.

Jo sobbalza spaventato dell'incursione improvvisa:«Ma che cavolo. Mi fai venire un colpo. Io... io... ma che ci fate qui?», ci chiede confuso guardando me e Rebecca sedute nelle stessa macchina. La cosa deve sembrargli parecchio strana.

«Noi vorremmo, sempre che tu abbia voglia, ecco... capire se desideri... non vogliamo importi nulla, sia chiaro... solo che...», provo a spiegare con gentilezza, ma Rebecca mi blocca in malo modo.

«In poche parole vuole dirti di salire. Andiamo a cercare il rettore», dice secca.

«Ma...», prova a replicare Jo.

«Niente ma. Hai cinque secondi per salire, il centro città è ancora molto lontano. Noi possiamo darti un passaggio. Sali?». Rebecca apre lo sportello verso il nostro amico.

 

Jo tentenna un attimo poi si fionda in macchina sedendosi vicino a me.

 

«Perché siete venute a cercarmi? Non avevi detto che andare dal rettore era una cosa sbagliata?», dice Jo a Rebecca che di tutta risposta alza le spalle indispettita.

«Sottigliezze. Stupidaggini. Volevo evitare che rovinassi tutto, è tipico di te. Non ne azzecchi mai una. Adesso, di grazia, dicci dove dobbiamo andare, il mio autista ci porterà lì».

«Cafè Central. Vicino alla chiesa di Saint John», dice Jo controllando sul telefonino.

«Ma chi ti ha dato questa informazione? Non ti facevo una spia», gli chiedo cercando di sbirciare per curiosità.

«Ho le mie tirapiedi anch'io, non siete le sole ad avere fan club al Trinity. Ho acquisito un certo prestigio, ne sto approfittando, ma senza esagerare. Ogni tanto un aiuto fa comodo, soprattutto se si tratta di Yale», dice Jo sghignazzando.

«Caro Jonathan, sei un cattivone, sfruttare così delle povere fanciulle. Cosa gli hai promesso? Hai detto loro bugie?», dico ridendo.

«Io, ecco. Credo che per Yale farei tutto, anche mentire, tradire, vendere l'anima». Jo arrossisce, non è certo da lui ammettere una cosa del genere.

«Con tutta sincerità, non mi interessa sentire di ragazzine sbavanti e innamorate di te. Credo sia il caso di cambiare discorso altrimenti vomito in diretta... così per curiosità, che cosa dirai al rettore una volta che te lo troverai davanti? Perché mi auguro tu abbia un piano. Hai un piano Jo?», chiede Rebecca acida.

 

Jo apre la bocca, ma non parla. Sbatte gli occhi, ci pensa su.

Non ha un piano, è facile da capire.

Vuole andare ad istinto, ma non so se questo è il caso di buttarsi senza un'idea precisa di cosa fare.

Il rischio che faccia un disastro è molto alta.

 

«Perfetto. Ho capito. Tu vuoi andare dal rettore e conquistarlo su due piedi senza sapere cosa dire e cosa fare. Se non ci fossi io, voi due sareste più trasparenti dell'aria e più insapori dell'acqua», dice Rebecca a Jo e me. «Fortuna che io ho sempre un piano per ogni evenienza».

«Che cosa hai in mente?», le chiedo.

Rebecca sorride diabolica, il che non promette mai nulla di buono.

 

In dieci minuti raggiungiamo il Cafè Central indicatoci da Jo. Rebecca è riuscita a spiegarci cosa fare con molta chiarezza, anche se non credo sia un piano così infallibile come lei crede: fingere di capitare per caso nel bar e per caso far sentire i nostri discorsi al rettore, mi pare molto difficile. Ci sono troppe incognite e troppe variabili per essere certi che le cose vadano come lei auspica. Prima di tutto non sappiamo se il locale è pieno, se il rettore è in compagnia della moglie, se riusciremo a sederci vicini, insomma, ci sono così tanti se che il piano di Rebecca mi pare improvvisato tanto quanto quello di Jo di andare allo sbaraglio.

 

«Non credo funzionerà?», dico sincera ai due mentre nascosta dietro ad un cassonetto osservo in lontananza il locale.

«Certo che funzionerà. Hai poca fiducia in me. È questione di positività. Se pensi positivo sarai fortunata, non ti abbattere prima di provare. Mal che vada conosceremo il rettore», dice Rebecca mentre attraversa la strada di corsa.

Jo ed io la seguiamo, ci appostiamo di fronte all'ingresso del bar. Guardiamo attraverso le vetrate, ci sono molti clienti, ma notiamo che il rettore è seduto da solo al bancone a bere un caffè.

«Adesso entriamo e beviamo qualcosa. Voi seguite la mia conversazione e cercate di apparire più naturali possibili. L'ho fatto decine di volte, la gente non può fare a meno di sentire le chiacchiere degli altri, figurati poi se interessano lui direttamente», dice Rebecca sistemandosi il cerchietto e la collana di perle.

 

Ho un brutto, bruttissimo presentimento.

 

Jo spinge la porta del bar.

La campanella posta in alto tintinna leggermente.

Poi...

Un turbine ci investe.

 

James.

Lucas.

Stephanie.

Adrian.

Tutti e quattro ci piombano addosso.

 

La porta del bar si richiude con un tonfo mentre veniamo trascinati dietro l'angolo al riparo da occhi indiscreti.

 

«Brutti idioti. Stavamo per andare a conoscere il rettore. Era tutto sotto controllo», sbraita Rebecca.

«Volevi andarci senza di noi?», le chiede Lucas a muso duro fissandola con cattiveria.

«Dopo averlo conquistato gli avrei parlato di voi... forse». Rebecca urla l'ultima parola in faccia all'amico.

 

Mi sembra di vedere i fulmini uscire dagli occhi di entrambi come nei cartoni animati.

 

«Sapevo che dovevo tenere la bocca chiusa. Se mi fossi fatto gli affari miei adesso sarei con il rettore di Yale a bermi un caffè e a parlare. Stupido Jo. Stupido Jo».

«Quindi avresti pensato solo a te stesso. Sai bene che dobbiamo restare uniti per riuscire a realizzare i nostri sogni», gli dice Rebecca.

«Senti da che pulpito viene la predica. Se ci hai appena scaricati per venire qui. Non credi sia un po' in contraddizione il tuo discorso?». Con le braccia incrociate al petto Adrian osserva l'amica con disappunto.

«Dimmi una cosa sapientone, se foste stati più veloci di me non avreste fatto la stessa cosa?». Rebecca punta l'indice sulla spalla dell'amico facendolo indietreggiare.

 

Me lo sento, questo è l'inizio della fine.

 

Gli sguardi di tutti minacciano battaglia. Come in uno scontro tra cowboy del far west, si osservano e si scrutano. Le parole sono le pistole, le intenzioni i proiettili. Come una raffica di piombo gli insulti volano veloci uno contro l'altro in una spirale crescente di tensione e rabbia.

«Sei falsa», dice Lucas.

Pam.

«Io falsa? Voi siete invidiosi», dice Rebecca.

Pam. Pam.

«Possibile che vi impicciate sempre?», replica Jo.

Pam. Bum.

«Non è un comportamento corretto», dice Stephanie.

Bum.

«Parla quella che non è stata nostra amica per mesi», le risponde Rebecca.

Bum. Pam.

«Bugiarda».

«Invidioso».

«Impiccioni»

Le parole volano veloci, manca poco per arrivare agli insulti veri, quelli che fanno male davvero. Le voci di sovrappongono, tutti urlano più forte per sovrastare la voce degli altri. C'è chi scalpita, chi gesticola, chi è su tutte le furie. 

 

Vigliacco. Tu. Meschino. Traditrice. Io. Egoista. Voi. Inutili. Parassiti.

 

Detesto tutto questo, è una cosa orrenda da guardare e sentire.

Mi tappo le orecchie e chiudo gli occhi, non voglio vedere dove andranno a finire.

Ansia.

Voglio che smettano.

Stress.

Non ne posso più.

Paura.

Non ha senso litigare.

Fastidio.

 

Poi.

Una voce ferma rompe il caos.

Una parola detta con fermezza riporta l'ordine.

«Ridicoli», dice James con tale intensità che riesco a sentirlo anche se ho i palmi delle mani premuti sulle orecchie.

«Cosa?», dicono in coro Rebecca, Jo, Stephanie, Lucas e Adrian. Ognuno prova a controbattere e rispondere, ma le voci finiscono con impastarsi di nuovo. Non si capisce nulla di quello che dicono.

James interviene di nuovo, sembra adirato: «Stop! Se uno solo di voi pronuncia una sola parola giuro che smette immediatamente di essere mio amico. Sapete quanto io sia deciso, non ho problemi a rompere i rapporti con gente che non stimo e che si comporta in maniera ridicola, proprio come state facendo voi adesso».

 

Gli sguardi di tutti sono perplessi, vorrebbero rispondere, ma sanno che quando James dice queste cose non sta scherzando. Ne so qualcosa, quando mi ha scaricata l'anno scorso non avrei mai creduto che avremmo potuto ritornare ad essere amici.

 

«Prima di tutto non potete credere che andare dal rettore in un bar e ammorbarlo con i vostri sogni o desideri sia una cosa giusta e sana. Cosa fareste voi se una matricola del Trinity vi rompesse le scatole mentre siete al salone di bellezza, al country club o semplicemente a fare la spesa? Lo ascoltereste o lo etichettereste come uno scocciatore?», chiede James.

Rebecca alza la mano come se si trovasse a scuola:«Non avevamo intenzione di andare direttamente dal rettore, ma di avvicinarci piano piano. Avevamo delle idee e...», ma viene interrotta da James.

«... e avreste combinato un casino pazzesco. Credetemi questa non è la strada giusta. Vi ricordate cosa vi ho detto mesi  fa?», James prende il volto di Adrian, Lucas, Rebecca e Jo tra le mani. Poi prende le mani di Stephanie:«La nostra amicizia è rinata da poco, ma sai benissimo cosa ti ho detto. Unione. Obbiettivi. Non dobbiamo perdere di vista il fine ultimo. Yale. Questa potrebbe sembrare una scorciatoia, ma noi dobbiamo puntare al lungo termine. Il rischio di rovinare quello per cui lavoriamo da anni è altissimo».

 

Tutti annuiscono, io compresa.

Non ha senso rischiare di compromettere quello che abbiamo fatto fino ad ora. Lo studio, i sacrifici, andrebbe tutto a farsi friggere.

 

«Quindi?», chiede Lucas.

«Adesso andiamo in un locale qui vicino a berci qualcosa, ci rilassiamo e torniamo al progetto iniziale, ripartiremo da lì», dice James dando pacche sulla schiena a tutti.

«Io non so se riesco. Sta diventando sempre più difficile... non so se posso andare avanti, mi sento così... così...», Jo appare confuso è preoccupato, con la testa bassa e le mani nei capelli scalpita sul posto.

«Mantieni il controllo, lo stiamo facendo tutti. Tutti». James cerca lo sguardo dell'amico e quando lo trova lo fissa con tale intensità che Jo si calma immediatamente.

«Ok. Uniti per Yale. Yale. Yale», bisbiglia Jo.

 

Senza perderci in ulteriori chiacchiere facciamo qualche passo per andarcene da lì. Inevitabilmente gli occhi cercano il rettore seduto al bancone, un po' per istinto e un po' per curiosità. L'uomo non è più solo a bere al bancone, sta scherzando e chiacchierando con qualcuno.

Un qualcuno che noi sette conosciamo benissimo.

Nik. Il professor Martin sta conversando con il rettore di Yale.

Un brivido percorre la mia schiena, ma scommetto anche quella dei miei amici.

Se fossimo entrati in quel bar Nik ci avrebbe visti e avrebbe capito le nostre intenzioni.

Dire che il nostro accesso a Yale sarebbe stato compromesso è poco.

Umiliati. Derisi. Avremmo perso il rispetto di Nik e del rettore.

 

James ci ha salvato da rovina certa.

James ci ha impedito di commettere un grosso errore.

Mentre ci allontaniamo stringo la mano di James, il suo sguardo è deciso, fissa avanti senza cedere. 

Vuole Yale, come la vogliamo tutti.

Insieme la conquisteremo.

 





HO PUBBLICATO UNA NUOVA STORIA FANTASY E SOVRANNATURALE.
SI INTITOLA: IL LICEO DEI MOSTRI - IL DIAMANTE RUBATO.
LA TROVATE AL MIO PROFILO.

:)
   
 
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