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Autore: Eneri_Mess    20/09/2017    0 recensioni
« Hai ancora l’abitudine di perderti nei tuoi pensieri? … Takashi? »
Shiro sbatte le palpebre e lo vede incorniciato dalla luce del lucernario, lo vede come se stesse ancora sognando. È così reale, dopo la lunga attesa di ritrovarlo messa a tacere, che fatica a crederlo. La sua mano umana passa le dita tra i capelli miele, in un’abitudine che raschia il fondo della malinconia, ma che in qualche maniera riesce a dargli una parentesi di normalità.
[Spoiler?] [Shiro x Matt] Seguito di Not A Fishing Nerd
[Questa storia partecipa al contest "Humans +" a cura di Fanwriter.it!]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Takashi Shirogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota introduttiva 1: questa storia è il seguito di Not A Fishing Nerd, di cui la lettura è consigliata per capire alcuni pezzi. 
Nota introduttiva 2: non contiene veramente SPOILER della S3, ma più che altro una teoria a cui la sottoscritta si aggrappa con melensa speranza da fangirl. 
Nota introduttiva 3 (facoltativa): questa storia è un pegno per una scommessa persa sulla season 3. Il tema è "morning cuddles". 


Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!
Numero Parole: 3460 (...!)
Prompt/Traccia: 20. “Quello che tu credi sia un difetto, per me non è altro che una parte di te.” Free form. Il concetto del prompt c'è. 

 

 
 
A RinoaHeart,
con cui ho perso la scommessa.
Rifacciamolo!


A Wren e Leyru,
che amano la Shatt




 

I know it's all you've got, just to be strong
And it's a fight just to keep it together, together
I know you think, that you're too far gone
But hope is never lost
Hope is never lost
[You’re gonna be ok - After All This Years

(Brian and Jenn Johnson)]

 

Il sonno lo ha abbandonato da diversi minuti, ma la mente si rifiuta di toccare la realtà. Si rigira nel letto, sul materasso solido per cui la sua schiena ringrazia. Dall’ultima volta in cui è riuscito a dormire tranquillo per diverse ore consecutive è passato molto tempo. Dormire e sognare. Sognare soprattutto è un privilegio, nonostante gli rimangano solo sensazioni di colori sfuocati e contorni indefiniti.

Una carezza scende lungo il suo braccio sinistro. Le dita sono calde di sonno e della notte passata, mentre il tatto dei polpastrelli è più ruvido di quel che ricorda, ma rammenta il modo in cui il tocco scivola sulla linea dei muscoli, traccia le vene scendendo fino al polso. Le dita si fermano sul palmo e ne esplorano le pieghe come una chiromante, prima che Shiro le chiuda gentilmente tra le sue.

« Mmh… da quanto sei sveglio? » la voce è soffocata dalla stoffa del cuscino.

« Non lo so »

Shiro è sincero. Dormire bene dopo tanto tempo l’ha rintontito. Segue un grugnito indefinibile e le lenzuola vengono spostate dal corpo che si stiracchia.  

« Prima di altri quattro vargas non avremo notizie certe per partire » mentre Matt lo dice sfila la mano dalla presa di Shiro che apre gli occhi quando si ritrova i capelli di Matt a solleticargli il naso e il suo corpo sdraiarsi sul proprio. Si guardano, o meglio, Shiro ha la vista ancora appannata dal sonno, ma si accorge di come l’attenzione di Matt sia rivolta al suo ciuffo bianco, in cui passa la mano come ha già fatto almeno cinque o sei volte da quando si sono ritrovati. Mi ricorda la coda di un coniglio è stata la sua giustificazione. « Possiamo rimanere a letto finché non ci chiamano »

« Ore » lo corregge il paladino nero con un grugnito camuffato dopo qualche secondo. « Prima di altre quattro ore »

« Tecnicamente un vargas dura circa due minuti e quarantasei secondi più di un’ora terrestre » il sorrisino saputo, che lo riporta con la mente alla Garrison, è tutto ciò che Shiro registra della frase. « Un giorno anche la Terra dovrà adottare queste unità di misure e tu, come pioniere della razza umana nello spazio, dovresti dare il buon esempio e impararle una volta per tutte, Mr Mi-Riesce-Tutto. Tranne la pesca, si intende » i suoi occhi hanno qualcosa che li fa brillare. « Non mi sono dimenticato »

Shiro invece sì, anche se si arrende a un sospiro e annuisce.

Non ha ricordi di molti eventi e a volte non è certo di altri, di quelli di prima che la sua vita finisse in mano ai Galra. Ha flash di scene, o di parole che sbattono contro la superficie opaca del suo presente, chiedendo di essere ricollegate a immagini che viaggiano sparse per la mente come treni senza macchinisti a dirigerli. Ci sono convogli che spariscono nel subconscio, altri che deragliano e altri che si scontrano. Rimangono rottami, accumulati da una parte in attesa di essere rimessi insieme quando ci sarà tempo, e pace, e tranquillità.

Altre volte recuperare la memoria è solo una questione di fiducia in se stesso: fisionomie, pacche sulla schiena, abbracci, luci di lanterne colorate, la neve fino alle ginocchia, il rumore di un motore d’aereo. Scene di vita quotidiana, di apparente tranquillità, di spensieratezza, sembrano appartenere a qualcun altro. A un Takashi Shirogane che difficilmente tornerà. Ha lasciato su Kerberos la parte migliore di sé, quando tutto è andato storto.

Ora tenere Matt tra le braccia gli restituisce una sensazione confusa, un film da cui si è allontanato durante la pausa e per cui ci ha messo troppo a tornare, perdendosi il climax.

Non è che non lo riconosca. È Matt. È lui. Anche solo le sue mani, quando lo toccano, gli restituiscono una sicurezza mnemonica fisica per cui invece i suoi ricordi vacillano.

E parlando di sicurezza, il ragazzo che lo sormonta solleticandogli il petto, ne dimostra molta più di quando erano sulla Terra.

Shiro ha avuto il sentore nitido che le loro strade si stavano dividendo sulla soglia delle arene Galra, quando il terrore ha preso il sopravvento su Matt.

La paura dell’ignoto è qualcosa che Shiro ha affrontato più di una volta, a cominciare dal suo primo viaggio orbitale fino a resistere, rimanere in vita, fino a quel momento; tuttavia, vedere il panico arrampicarsi su una persona che voleva proteggere e rendersi conto di starla perdendo solo così - Matt puoi farcela. Matt! - quello gli ha fatto provare per la prima volta un senso di inutilità e il bisogno di sacrificarsi. Senza pensare alle conseguenze, senza pensare che si sarebbe fatto male o che non sarebbe sopravvissuto. L’importante era non vedere chi amava soffrire; non permettere al dolore venefico di perdere qualcuno senza fare nulla infettarlo a vita.

Questi sono i ricordi che ha ora, sovrapposti a quelli di una vita.

« Hai ancora l’abitudine di perderti nei tuoi pensieri? … Takashi? »

Shiro sbatte le palpebre e lo vede incorniciato dalla luce del lucernario, lo vede come se stesse ancora sognando. È così reale, dopo la lunga attesa di ritrovarlo messa a tacere, che fatica a crederlo. La sua mano umana passa le dita tra i capelli miele, in un’abitudine che raschia il fondo della malinconia, ma che in qualche maniera riesce a dargli una parentesi di normalità.

« Pensavo a quanto sei diverso dall’ultima volta » non sa perché l’abbia detto solo, ma è qualcosa che ha notato appena l’ha riconosciuto e che traduce a parole solo ora che sono nell’intimità della camera, e in cui non sa cosa dire.

Matt non sfoggia l’aria del ragazzo introverso con cui ha lasciato la Terra. Non sembra esserci traccia di quel modo di fare per cui appariva più interessato all’arredamento di una stanza rispetto all’incrociare lo sguardo di una persona per non essere costretto a parlarci.

Il suo timore di guardare qualcuno in faccia è cambiato.

Shiro lo ha osservato mentre spiegava agli altri ribelli chi avessero “catturato” - o meglio, chi fosse comparso dal nulla davanti a loro. Matt lo ha difeso, imponendosi in tutta la propria statura, nonostante quello che Shiro ha dedotto essere il capo lo sovrastasse; anche quando i toni si sono venati di minacce e ritorsioni, Matt non ha mai abbassato lo sguardo finché non ha ottenuto ciò che voleva.

Questa è stata solo la prima novità che ha lasciato Shiro sorpreso; le altre sono spuntate una volta soli, in camera, man mano che i vestiti finivano ammucchiati sul pavimento.

Ha contato cicatrici sul corpo di Matt, compresa quella che lui stesso gli ha inflitto alla gamba per proteggerlo dall’arena. Sotto le dita ha delineato muscoli dove prima non c’erano. La timidezza è stata sostituita da una grinta che aspettava solo di fiorire, da uno slancio - e un appetito - senza timori di contorno; eppure c’è ancora, nel suo sguardo dorato, lo stesso entusiasmo da topo di laboratorio che era.

Rimane Matt, nonostante le nuove coordinate con cui gli sta facendo battere il cuore lo disorientino e lo eccitino allo stesso tempo.

« L’ultima volta che ci siamo visti… » Matt interrompe i suoi soliloqui interiorizzati, tracciando forme geometriche sul petto del paladino nero. « Mi hai lasciato una ferita di quasi ventidue centimetri »

La mano di Shiro si arresta tra le sue ciocche e Matt lo osserva come avrebbe fatto con una cavia rintanata nell’angolo della gabbia; è curioso, in attesa della prima mossa, e ha un accenno di sorriso sulle labbra che tuttavia l’altro non coglie, non quando quello che ha fatto a Matt rimane uno dei pochi ricordi vividi che ha ritrovato.

E uno dei primi che vorrebbe cancellare.

« Non… non sapevo come altro fare per impedire che andassi… a morire »

Il letto gli sembra diventato scomodo. Shiro vorrebbe alzarsi, riprendere la sua battaglia contro l’universo per scaricare il senso di colpa che dopo un anno si sta di nuovo annidando nel suo stomaco.

Da prigioniero si è ripetuto fino a perdonarsi che ferire Matt era l’unico modo per proteggerlo. Non ha mai preso in considerazioni le conseguenze, il doversi giustificare. Prospettive accantonate presto, col pensiero che sarebbe stato ucciso prima di avere anche solo la speranza di rivederlo.

« Mi hai salvato la vita »

L’udito di Shiro ci mette qualche secondo a processare e riprocessare le parole, cercando di riconoscere a ognuna il proprio significato. Matt è rilassato, lo fissa dalla sua posizione a proprio agio sopra di lui, le mani una sopra l’altra sul suo petto e il mento appoggiato in cima. Ha la voglia di spiegarsi che a mala pena riesce a trattenere, un pensiero messo da parte per tanto tempo in attesa del momento giusto.

« Sarei morto » esordisce, senza alcuna sillaba della paura che lo aveva bloccato un anno prima. « Statisticamente, sarebbe stato un incontro veloce, spaventoso e avrei sofferto davvero molto nel processo. Una cicatrice che mi ricorda che ti sei sacrificato per me è - ci pensa un attimo, tamburellando il mento con le dita - un regalo. Non trovi? Ho pensato parecchio a come definirlo » scioglie l’intreccio delle braccia per puntellarsi e rialzarsi, mettendosi a cavalcioni sull’addome scoperto di Shiro. Poi si riabbassa, le mani chiuse a coppa sul suo viso ancora incredulo. Lo bacia, chiudendo gli occhi.

Data la reazione tardiva, rende il bacio più umido ma non invasivo, semplicemente dileggiando le sue labbra con le proprie e una punta di lingua che finalmente risveglia l’ex pilota della Garrison.

« Matt… mi dispiace » Shiro sente il bisogno di dare un suono alla colpa che gli ha urlato muta nella sua testa per tutta la prigionia e anche dopo, quando era fisicamente libero ma le ombre sono rimaste. D’un tratto tutta la sofferenza che ha stipato in un angolo di sé trova via libera e parole informi si affollano con la forza di un uragano che preme per uscire. Sulla via della fuga si scontrano però con le labbra del più grande dei fratelli Holt.

Matt riassapora la bocca di Shiro con la lentezza di chi ora non ha più motivo di scappare. Quando si ferma, appoggia la fronte contro quella del paladino nero mentre lui si aggrappa con le mani ai suoi polsi, trattenendolo vicino; rimangono così per manciate di secondi che forse sono un minuto o due, nel silenzio della stanza, nel silenzio di un anno trascorso tra lontananza e cambiamenti e sopravvivenza, nella quiete di carezze al viso che racchiudono la panacea a un malessere così radicato che esigerà tempo, parole e volontà per essere sdradicato.

Ciò per cui Matt non si è arreso è ora lì con lui. Torna seduto e non distoglie l’attenzione dagli occhi nuvolosi di Shiro, dalla sua espressione sincera di dolore e rimorso per qualcosa che va ben oltre la ferita alla gamba e ingloba trecentosessantacinque giorni e più di solitaria lotta con se stesso.  

Con gentilezza, perché è solo così che Matt pensa debba essere trattato, svincola una mano e la fa scivolare sull’avambraccio destro, metallico, di Shiro. Lo osserva chiudere gli occhi mentre lo fa, mentre raggiunge il polso e da lì, prendendo le dita fredde e innaturali tra le proprie come fossero il piccolo di un qualche animale spaventato, solleva l’arto verso di sé.

Il silenzio sembra fatto di pietra. Pesante e dai bordi frastagliati con cui rischiano di tagliarsi. Matt ha superato diverse paure e traguardi nella sua vita recente. Quella verso Shiro non è un’altra battaglia, è il lavoro di un restauratore che si trova a curare un’opera d’arte dopo il passaggio di sciacalli e vandali.

« Si sono presi il mio braccio »

Ha il suono di una confessione colpevole, che scivola tra le invisibili sbarre ancora presenti tra Shiro e il mondo.

Matt non è riuscito a reprimere un guizzo della fronte, un indizio di consapevolezza mentre sonda il viso di Shiro, distante, sospeso nella propria memoria. C’è come una parete di vetro che separa l’ex Champion dall’accaduto, che lo rende lo spettatore di un incidente senza suoni dove la vittima ha il suo aspetto. C’è pena, compassione, ma il suo essere ha smesso di gridare per il dolore. Shiro non nega ciò che è successo; la ragione l’ha vinto, rimane solo il desiderio irrealizzabile per cui avrebbe voluto che le cose andassero diversamente.

« Lo so » replica Matt adagio, una risposta che è come una chiave che si spezza nella serratura. Shiro allarga gli occhi, reo di un reato che non ricorda. « Ero ancora lì quando è successo »

Shiro è smarrito e privo del suo vigore. Distoglie lo sguardo, sentendosi tradito da se stesso per non avere memorie tra cui frugare, mentre Matt gli accarezza la mano artificiale nel tentativo di alleviare la sensazione. È un gesto bello da osservare, ma non ci sono terminazioni nervose che possano dire a Shiro quanto quella carezza sia dolce.

« Non importa se non lo ricordi. Anche quella volta non sono stato particolarmente di nervi saldi. Keith avrebbe saputo cosa fare… » le sue labbra sono curvate verso l’alto, anche se c’è del rammarico, una tristezza dal sapore freddo. Potevo essere di più, dice, ed è una costante della vita di Matt, lui che per buona parte della propria esistenza ha osservato il mondo al microscopio, l’unico modo in cui riuscisse a rapportarcisi.

Tuttavia, Matt non è lì per deprimersi. Le cose sono cambiate, sono diventate così grandi e importanti che ha dovuto alzare la testa per affrontarle. Ma non vuole essere per Shiro il motivo per cui si perde nel passato, non più. Vuole che veda altro di lui, quelle consapevolezze nuove per cui ora stringe senza paura un’arma per difendersi e difendere, per cui ha pensato a lui in un anno, con l’idea di incontrarlo di nuovo.

Quindi sorride, lievemente ghigna con un lato della bocca - è felice, dopotutto - prima di attirare di nuovo l’attenzione di Shiro baciandogli il palmo meccanico, affondandoci il volto senza tentennamenti, sentendo quelle dita che uno immaginerebbe fredde, ma il metallo si è scaldato insieme a loro durante la notte passata e mantiene ancora una traccia di tepore.

Le iridi grigie di Shiro si rasserenano e si perdono nel seguire i suoi movimenti.

« Alla fine sei diventato davvero l’eroe della galassia » Matt ridacchia e Shiro si riprende e dalla sorpresa dell’affermazione passa a un broncio che farebbe tentennare tra lui e un cucciolo. « Come ti fai chiamare ora? Black Paladin? »

« … non l’ho scelto io »

« Ah-ah » Matt alza un indice per fermarlo, l’altra mano ancora impegnata a tenere il palmo del braccio artificiale premuto contro la guancia. « La conosco la storia di Voltron, non si parla d’altro da quando lo avete riattivato. Avrò sentito centinaia di leggende diverse a riguardo, ma la maggior parte concordano che c’è una qualche connessione mistica e sono i Leoni a scegliere i paladini e che quello nero è il leader »

Una parola che rimbalza nella mente di Shiro con note diverse e disarmoniche; Matt se ne accorge e cambia discorso. Ci sarà tempo per tutto, si ripete.

« Dimmi di Katie »

Se Shiro ha colto la premura nei suoi confronti, non ne fa parola. Appoggia la mano umana sulla coscia di Matt, stringendola appena. Lo guarda dritto negli occhi e cerca di rilassarsi, pensando a Pidge. Gli manca.

« È lei che ci tira fuori dai guai il più delle volte. Ci para le spalle e ci guida… riesce ad hackerare i sistemi Galra con una facilità impressionante. Non batte ciglio di fronte a niente e non si tira indietro… » c’è qualcosa che fa sorridere entrambi, come condividessero lo stesso ruolo di fratelli maggiori. « E non ha mai smesso di cercarti »

La nostalgia ha una nota dolce nei lineamenti di Matt. La meccanica dell’universo, sebbene si sia quasi convinto a chiamarlo destino, ha iniziato a muoversi nel momento in cui gli è comparso Shiro davanti dal nulla. Non manca molto che si ricongiunga anche alla sorella, che per un’altra mano del fato si è trovata invischiata in quella storia più di lui.

« Abbiamo lasciato la mamma da sola » il tono è quello di una constatazione sfuggita ai propri rimuginamenti, ma nella forma è un pensiero triste. Corregge il tiro prima che, di nuovo, la conversazione prenda una piega pesante. Sarà egoistico, ma in quell’angolo di intimo ritrovo non vuole davvero lasciare spazio a cose che usciti da lì gli occuperanno la mente come un rumore di fondo onnipresente. « Almeno è al sicuro e lontana da questa guerra. E non ci risparmierà la strigliata quando torneremo »

Ridacchia senza una vera allegria, parlando come se fosse uscito di casa senza avvertire e sia una cosa da poco. Shiro gli stringe la coscia, annuendo soltanto perché non c’è bisogno che venga aggiunto altro.

« Sono sicuro che se te e Pidge vi impunterete ci tirerete fuori da qualsiasi guaio »

Sghignazzano entrambi. Sanno che è tutto molto più grande delle parole leggere che stanno usando, ma possono permettersi una parentesi di stacco e fiducia.

« Pidge » ripete Matt e nel dirlo si abbassa ancora una volta all’altezza del volto di Shiro. « Non immagini quanto odiasse quel soprannome » confida, eppure, di nuovo, sembra intendere altro col tono smorzato e il calore del fiato a solleticare la bocca di Shiro. Il suo sguardo riacquista le sfumature della sera precedente. Smettiamola con le chiacchiere, sembra dire.

Se nella mente del paladino nero si era formata una contro-battuta sbiadisce al contatto delle labbra. È un bacio che evolve in fretta, che coinvolge presto dita tra i capelli e braccia intorno alle spalle. Di qualsiasi cosa sia fatto il materasso cigola sotto i loro movimenti, quando Shiro stringe Matt e lo riporta di fianco a sé. Si aggiustano nella posizione, si incastrano tra gambe e anche, senza che le labbra si separino più di qualche breve istante.

Matt trova a tentoni il lenzuolo e con un colpo ampio del polso copre entrambi, fin sopra la testa. La stoffa si adagia su di loro con leggerezza e per un istante Shiro è avvolto dal ricordo di un’estate lontana - cielo e mare e una brezza calda - appartenente a una vita precedente, prima di Kerberos, quando era un unico pezzo.

« Ehi…? »

Shiro è immobile. Sta stringendo le mani di Matt tra le proprie. Ha chiuso gli occhi perché sente le onde contro gli scogli, e i gabbiani, un odore senza nome, qualcosa che sa di sabbia bagnata e di spicchi di frutta.

« Takashi…? »

Shiro struscia la fronte contro quella di Matt, i capelli in mezzo che pizzicano con le punte le palpebre, ma ha con sé il rumore del vento e il buio di una notte di stelle, quando ancora custodivano segreti.

« Ricordo la vacanza prima di partire » sussurra in fine, riaprendo gli occhi e Matt non riesce a nascondere l’emozione per la delicatezza del momento, lo sguardo disteso con cui Shiro sta abbracciando quel pezzo di passato. L’angolo della sua bocca guizza appena, con il riflesso di un divertimento trovato solo le ceneri. « Sono davvero negato per la pesca »

Potrebbe arrivare ai confini dell’universo e Matt sa che non troverebbe qualcosa di più sincero e meraviglioso di quel preciso attimo, della breve risata, nel passo oltre le sbarre che Shiro ha inconsciamente appena fatto.

« Sei un niubbo nella pesca » sussurra Matt con un quarto dell’ironia che vorrebbe e una dose troppo generosa di commozione. Si schiarisce la gola. « Ma non sei così senza speranze. La prossima volta non mi farò distrarre dalle tue smancerie »

« Avevi cominciato tu » le braccia di Shiro si avvolgono di nuovo intorno al suo corpo, riempiendo quei pochi spazi tra loro che li separavano. Matt cerca di mantenere almeno un distacco con la voce, in un timbro oltraggiato smascherato dal vibrare della risata che ha nel petto.

« Il padawan osa accusare il proprio Maestro di deviarlo dal cammino della Forza? »

Le dita di Shiro rispondono al posto suo, facendogli il solletico dove è sensibile e Matt si lascia andare, contorcendosi e annaspando tra i singulti.

Guardare negli occhi Shiro in quel momento è come osservare delle diapositive in bianco e nero ritrovate per caso che acquistano colore mentre scorrono proiettate sulla parete. È un momento i cui bordi si stanno curvando e chiudendo per assumere la forma di un ricordo. Piccolo, incerto sulle gambe, ma il primo ricordo felice che hanno insieme dall’inizio delle loro nuove vite. Qualcosa di così bello e prezioso per cui Matt combatterà, per difenderlo e averne altri.




°°°°°
Un paio di noticine finali: 
La "teoria" su cui questa shot è edificata è quella [SPOILER] secondo cui alla fine della S2 Shiro è stato teletrasportato da Black in un "posto sicuro"... ossia dall'unica altra persona su cui Shiro può contare nell'universo oltre i propri compagni: Matt. 

La storia dei vargas/ora me la sono inventata, però mi piaceva l'idea che Shiro non si abitui a queste unità di misura. Mi pare tra l'altro che non le usi nella serie? Non credo di averci fatto davvero caso. Prendetelo per quello che è, un piccolo headcanon!

Non sappiamo se dopo essere stato ferito da Shiro, Matt sia stato *subito* trasferito in un'altra prigione. Così ho lasciato il fatto che in realtà fossero rimasti insieme per un po' di tempo, e che Matt appunto fosse ancora presente quando a Shiro è stato "tolto" il braccio. 

Spero vi sia piaciuta! 

Alla prossima,
Nene (Nefelibata ~)



 
   
 
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