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Autore: Mary P_Stark    20/09/2017    2 recensioni
Inghilterra - 1830
Il regno viene scosso dalla morte di re Giorgio IV e, più nel personale, per l'improvvisa malattia di Whilelmina, la madre di Christofer Spencer. Questo richiama a casa tutta la famiglia che, in quel momento, si trovava a Londra per la sessione estiva in Parlamento. Al gruppo si unisce un amico di Maximilian, Samuel Westwood, molto affezionato alla nonna di Max. Questo rientro anticipato a York consente alla coppia di amici - oltre che rassicurarsi sulle condizioni di Whilelmina - di conoscere una coppia di sorelle, Cynthia e Sophie, che colpiranno in modo travolgente i due giovani.
Ne seguiranno sorprese a non finire, un inseguimento rocambolesco e un finale inaspettato, che metterà di fronte Max a una verità che, fino a quel momento, aveva rifuggito come la peste. (3^ parte della trilogia Legacy - riferimenti alla storia nei racconti precedenti) SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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2.
 
 
  
 
I cancelli di Green Manor si aprirono dinanzi alla berlina del conte, seguita a breve da due cavalcature, su cui erano issati Max e il suo amico Samuel, oltre alla carrozza con i domestici.

Sulla porta d’ingresso, ritto e imperturbabile, William attese che il mezzo si fermasse, prima di raggiungerlo per aiutare la sorella a discenderne.

Aperta la porta, allungò una mano a Kathleen, esordendo: “Ben tornati. Com’è andato il viaggio?”

“Tutto bene, grazie. Mamma come sta?” domandò subito la donna, scendendo con l’aiuto del fratellastro.

“Molto meglio. Anzi, mi ha sgridato per avervi avvisati del suo mancamento” sorrise sereno William.

Christofer, che aveva ascoltato i due dialogare mentre scendeva sul lato opposto, aggirò la berlina con lo stemma di famiglia stampigliato sulle portiere e asserì: “Mia madre sottostimerà sempre le sue condizioni, pur di non fare preoccupare nessuno. Hai fatto bene a chiamarci, William, stai tranquillo.”

Stringendo la mano al cognato, lui replicò: “Oh, non sono preoccupato per i suoi rimbrotti. Vogliono solo dire che sta meglio, ed era quello che mi auguravo.”

Sulla porta d’ingresso fece la sua comparsa un giovanotto sui diciassette anni, il figlio secondogenito di William e Bridget che, nel vedere gli zii, sorrise spontaneamente e si avvicinò loro.

Kathleen lo abbracciò sentitamente e, nel sorridergli, disse: “Julian, che bello rivederti! Non sapevo che fossi tornato da Aberdeen. Com’è andato il tuo apprendistato al cantiere dei Bradbury?”

“Benissimo, zia. Sono tornato solo da un paio di giorni, in effetti, anche per comunicare ai miei genitori la mia decisione di partire per raggiungere Lord Lucius a New York, ma… beh, nonna Whilelmina ha la precedenza.”

La notizia sorprese non poco Kathleen che, nell’osservare il viso imperscrutabile di Wiliam, comprese subito di non doverne parlare in quel momento.

“Mi parlerai ampiamente dei tuoi progetti più tardi. Ora, però, accompagnami a trovare la nonna, va bene?”

Il giovane assentì e, mentre Max e Samuel si accodavano alla coppia, Christofer rimase indietro assieme al cognato.

Mentre la servitù si apprestava a scaricare bagagli e altro dai carri, e i domestici rientravano in villa per riprendere le loro mansioni all’interno di Green Manor, il conte mormorò: “Cos’è questa storia?”

“E’ nuova anche per me. Quando mi disse, un paio di anni fa, di voler imparare a costruire navi, non mi sembrò una brutta idea. Avevo notato quanto poco gli interessasse la direzione dei fondi della tenuta, ma Julian non si era mai lamentato in tal senso. In tutta onestà, non è mai stato molto loquace. Non come sua sorella, per esempio” asserì William, accennando alla primogenita di diciotto anni.

Christofer sorrise spontaneamente, nel pensare a Deanna.

In effetti, la ragazza aveva una favella che poteva far concorrenza solo a quella di Alexander Chadwick, il marito della sua Lizzie.

Non era una caso, infatti, se Alexander richiedeva sempre la sua presenza, quando giungevano lì in visita.

Si divertivano un mondo, quei due, a parlottare tra di loro.

“Deanna sembra apprezzare la vita nella tenuta, e il suo fidanzato è una brava persona. Sono sicuro che, quando ne avrete bisogno, vi saprà dare una mano” asserì a quel punto il conte, vedendo il cognato assentire.

“Sì, Deanna è naturalmente portata per l’economia e la gestione delle risorse umane e John, oltre a essere un giovane educato, apprezza e sostiene le attività della fidanzata, oltre ad aiutarla in molte questioni finanziarie. Quasi non devo più occuparmi dei libri contabili, grazie a loro. Quando Julian mi disse di voler provare, quindi, accettai. Non dubitai neppure per un attimo da dove gli fosse giunta l’imbeccata…” ironizzò poi William, entrando in villa. “… visto che Violet è un’appassionata, e Julian ha passato un sacco di tempo con lei, negli ultimi anni.”

Curioso, Christofer disse: “Questa mi giunge nuova. Passo davvero troppo tempo fuori casa, se mi perdo queste chicche.”

William rise di quel commento.

“Non lagnarti. Io ci ho messo sei mesi, per scoprirlo. Julian ha un talento infallibile per tenermi nascoste le cose. Forse, si vergognava di trovare interessante la compagnia di una donna, chissà. E’ un’età così strana, la sua.”

“Tutto è possibile. Comunque, Violet ha trovato in Julian un adepto fedele e sincero, a quanto pare, e immagino sia stata sua l’idea di consultare il padre di Lucius, visto che collaborano da un paio d’anni per lo sviluppo di quei nuovi clipper.”

Violet si era imbarazza a morte, quando aveva saputo che Lucius – suo carissimo amico e cugino dei Chadwick – aveva mostrato alcuni suoi schizzi al padre.

Andrew, però, l’aveva incoraggiata ad accettare l’invito che lord Bradbury le aveva rivolto e, per esserle d’appoggio, l’aveva accompagnata in prima persona al cantiere navale.

Le critiche entusiastiche dell’uomo l’avevano letteralmente strabiliata e, quando erano tornati alla villa di Alexander e Lizzie, Violet ancora sorrideva come una bambina il giorno di Natale.

Da quel momento, lord Bradbury l’aveva messa alla prova con richieste ai limiti dell’assurdo, ma Violet vi si era gettata a capofitto con una sicurezza che nessuno aveva mai visto in lei.

Se non quando si era battuta per il diritto di amare Andrew, ovviamente.

Anthony, ogni tanto, tremava ancora al pensiero della figlia, sola nella notte, con l’unica compagnia del suo cavallo, ma ormai era quasi certo che una simile follia non si sarebbe più ripetuta.

A costo di mettere un garzone, notte e giorno, a controllare le stalle.

“Violet ha una mente diabolica non meno del padre, solo che è stemperata dalla sua infinita dolcezza e dall’innata delicatezza femminile” dichiarò William, inchinandosi divertito quando vide comparire quest’ultima da un salottino.

“Parlavate di me?” sorrise la giovane donna, avvicinandosi per abbracciare il suocero. “Ben arrivati. Fortunatamente, il peggio è passato.”

“Cosa le è successo?” si informò il conte, offrendole il braccio per salire la scalinata verso i piani alti.

William si scusò con loro, dovendo raggiungere il capo maggiordomo per un’urgente incombenza e Christofer, nel salutarlo, tornò subito dopo con lo sguardo alla nuora.

Violet risplendeva come sempre, ma Christofer sapeva bene che parte di quella bellezza quasi ultraterrena dipendeva dal primogenito in arrivo.

“Il dottore ha detto che si è trattato di un piccolo collasso. Ora, ha imposto a Whilelmina riposo assoluto e una dieta molto leggera, ma non so se lei la seguirà. Dice di sentirsi in gabbia e di odiare il pesce a priori” lo mise al corrente Violet, sorridendo comprensiva.

“Oh, la seguirà, poco ma sicuro” dichiarò Christofer, determinato.

Andrew giunse di corsa dalle scale superiori proprio in quel momento e, dopo aver salutato il padre, fissò la moglie e borbotto: “Qualcuno ha dimenticato che non dovrebbe essere in piedi, a quest’ora del giorno?”

Il conte fissò il suo erede col dubbio nello sguardo, prima di lanciare un’occhiata curiosa alla nuora che, a sorpresa, arrossì.

“Ero venuto a cercarti in camera, e invece scopro che sei in giro a chiacchierare con mio padre” aggiunse Andrew, grattandosi nervosamente una guancia.

“Hanno imposto anche a te delle restrizioni, cara?” esalò Christofer, non sapendo se ridere o preoccuparsi.

Andrew gli sembrava ragionevolmente in ansia, ma non fuori controllo, perciò…

Annuendo suo malgrado, Violet sorrise spiacente al marito, che si rabbonì un poco e, risalendo le scale con Andrew e Christofer, affermò: “Ho avuto un piccolo… problema, e il dottore mi ha messa a riposo.”

“Beh, terrai compagnia a mia madre, allora. Così, vi lagnerete assieme della vostra prigionia e della cattiveria dei vostri carcerieri” ironizzò il conte, battendole affettuosamente una mano sul braccio.

Lei gli sorrise teneramente, replicando: “Oh, lo so che Andrew e il dottore hanno ragione, ma volevo assolutamente sgranchirmi le gambe. Per questo, tu e William mi avete trovata in giro.”

“La prossima volta dimmelo, e ti accompagnerò io” sottolineò Andrew, standole al fianco.

“Hai i tuoi doveri da svolgere, caro, e non voglio disturbarti ogni qualvolta desidero passeggiare un poco” brontolò per contro Violet.

“E’ mio dovere essere a tua completa disposizione, inoltre devo…” iniziò col dire Andrew, prima di bloccarsi, sorridere e aggiungere spiacente: “Ci ricasco ancora, ogni tanto. Scusa. E’ ovvio che puoi fare come credi ma, se lo desideri, ti accompagnerò. Altrimenti, dillo alla tua cameriera. O al tuo attendente. Ma non andare in giro da sola.”

La moglie gli sorrise divertita, replicando: “Come se in questo palazzo fossi da sola… Andrew…”

“Giusto. Verissimo. Ma mi sentirei più tranquillo.”

“Lo chiederò a Mr Lloyd, allora” acconsentì Violet, menzionando il suo attendente, da poco entrato a far parte della servitù di palazzo.

Andrew lo aveva scelto dopo attentissimi e pressanti colloqui, e solo su consiglio dei suoi amici più fidati, a cui si era rivolto per avvicinare unicamente le persone più giuste.

Alla fine di mesi e mesi di colloqui, Frank Lloyd, di origine gallese e stabilitosi a York quattro anni addietro, era risultato il migliore sulla piazza.

Cresciuto in una lontana fattoria del Galles assieme ad altri sette fratelli, aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti per raggiungere l’adolescenza.

In quelle terre impervie e povere, i bambini erano merce rara, poiché la mortalità infantile era elevatissima.

Una volta superato lo scoglio apparentemente più difficile, Frank si era intestardito nel voler imparare a leggere e a scrivere, e non solo coltivare l’arida terra gallese.

I suoi genitori, pur oberati di lavoro con la fattoria, e bisognosi dell’aiuto di tutti i figli sopravvissuti – quattro in totale – avevano accondisceso a che lui studiasse con il pastore della diocesi locale.

Frank aveva perciò diviso le sue giornate tra gli impegni alla fattoria, e quelli in canonica, dimostrando indubbie qualità intellettive.

Il pastore Edwards, che si era occupato della sua istruzione, lo aveva perciò spinto a entrare in seminato, se non altro per affrontare studi più impegnativi, e che valessero la sua intelligenza.

A vent’anni, ne era uscito con un’indubbia cultura, oltre a un enorme desiderio di darsi da fare per ripagare l’impegno del suo pastore e dei genitori, che gli avevano permesso di non lavorare in fattoria.

Così, Frank si era trasferito a York per lavorare nel locale lanificio e, nel frattempo, aveva atteso il momento propizio per un impiego più congeniale al suo intelletto.

La voce di un possibile lavoro presso gli Spencer gli era giunta come manna dal cielo e, sfoderato il suo abito migliore e tutta la sua speranza di riuscire, si era presentato a palazzo.

Quando aveva conosciuto la donna per cui, forse, avrebbe dovuto lavorare, ne era rimasto impressionato, confermando tra sé le voci sulla bellezza della futura contessa Spencer.

Questo, però, non lo aveva messo a disagio, e neppure si era sentito intimidito dall’autentico terzo grado portato avanti dal marito, lord Andrew Spencer, erede del titolo e di Green Manor.

Frank non aveva mai chiesto perché, alla fine, lord Spencer lo avesse scelto ma, da quel momento in poi, per lui si erano aperte le porte di un futuro migliore.

Per lui, e per la sua famiglia.

Discendendo le scale con la sua postura eretta, le larghe spalle ben evidenti sotto la giacca scura, Frank sopraggiunse con un sorriso sul viso e, profondendosi in un inchino, mormorò: “Lord Spencer, bentornato. Vostra madre stava giusto chiedendo di voi.”

“Mr Lloyd, buongiorno. Penso la raggiungerò, allora. A dopo, ragazzi” dichiarò Christofer, allontanandosi e dando una pacca sul braccio al figlio.

“Giusto voi, Frank. Legate un cappio alla caviglia di mia moglie, o dei sonagli, perché non desidero più vederla in giro da sola per il palazzo. Avete carta bianca, scegliete pure il metodo a voi più congeniale, ma non perdetela di vista” asserì Andrew, facendo ridere Violet e sgranare gli occhi all’attendente.

“Con tutto dovuto il rispetto, milord, ma non mi permetterei mai di trattare lady Violet come un cagnolino” esalò Frank, vagamente sgomento.

Andrew, allora, gli sorrise, diede una pacca sulla spalla all’uomo e, nel lanciare un’occhiata intensa alla moglie, aggiunse: “Non costringerò quest’uomo a legarti, mia cara, ma tu sii così cortese da avvisarlo, quando vuoi gironzolare per casa.”

“Lo farò. E ora vattene, o i poveri ospiti che hai lasciato nel tuo studio, faranno la muffa” lo redarguì bonaria Violet. “Io e Mr Lloyd faremo una passeggiata in giardino.”

“Non più di un’ora” sottolineò Andrew, rivolgendosi a Frank.

“Così sarà fatto, milord” assentì l’uomo, guardandolo infine salire lungo le scale a grandi passi.

Violet sospirò e mormorò spiacente: “Lo farò ammattire, prima della fine di questa gravidanza.”

“Sono sicuro che lord Spencer resisterà solo per voi” la tranquillizzò l’uomo, offrendole il braccio per discendere le scale.

“Avrei preferito evitare di disturbare tutti, specialmente ora che Whilelmina non sta bene, ma… beh, si vede che era destino che non stessimo tranquilli e che combinassimo dei guai in coppia.”

“Posso suggerire, al posto di una passeggiata, una sosta al padiglione delle rose?” le domandò a quel punto Frank, estraendo dalla tasca interna della giacca un piccolo libro in brossura. “Ho giusto trovato questo libretto, in biblioteca, e penso potrebbe piacervi.”

Incuriosita, Violet sbirciò il titolo del piccolo penny dreadful e, sorridendo divertita, esalò: “Oh, voi sapete come prendermi, Frank. Il Corsaro Nero e la Nave fantasma. Una storia di mare e di orrore. Dove lo avete scovato?”

“Penso lo abbia acquistato lady Elizabeth, perché me lo ha consigliato lei… accennando neanche troppo velatamente al fatto che avrebbe potuto…”

“… ammansirmi?” ipotizzò Violet, ammiccando.

“Qualcosa del genere” ammise l’uomo, scrollando appena le spalle.

“Purtroppo, mia cognata mi conosce benissimo” sorrise suo malgrado Violet, afferrando il piccolo libretto per curiosarne alcune pagine.

“Ho pensato che il padiglione delle rose fosse il posto migliore per leggerlo, visto che è un luogo fresco, e le panchine di metallo sono più comode di quelle lungo la passeggiata del giardino inglese” le spiegò Frank, sorridendo affabile.

Sorridendo sghemba, Violet asserì ammirata: “Siete qui da pochi mesi, e già conoscete i miei gusti. Andrew ha davvero visto giusto, nell’offrirvi questo lavoro. Spero solo di non essere una compagnia tediosa, per voi.”

“Tutt’altro, milady. Anzi, posso dire di aver imparato molte cose, grazie a voi” scosse il capo l’uomo, aprendo la porta principale per uscire e recarsi in giardino.

Il sole li abbracciò con il suo calore e Violet, nel sorridere all’attendente, dichiarò: “Solo per questo, vi siete guadagnato un encomio, Frank.”

Lui si limitò a ridere e, con passi attenti, la accompagnò lungo le scale fino al padiglione, dove il profumo delle rose in boccio si allargò intorno a loro come un abbraccio.

Violet si accomodò soddisfatta sulla panchina all’ombra del percolato e lì, aperto il libretto, iniziò a leggere con voce sommessa per rendere partecipe anche Frank delle avventure del Corsaro Nero.
 
***

Seduto su un morbido cuscino ai piedi della dormeuse dov’era accomodata Whilelmina, Samuel le sorrise come un cucciolo fedele, mormorando: “Zia Mina, non provare mai più a spaventarmi a questo modo. Devi curarti e pensare alla tua salute, è chiaro?”

La donna, sorridendo al giovane, gli carezzò la chioma ribelle e bionda, asserendo per contro: “Sei un caro ragazzo, ma devi pensare che ho più di settant’anni, ed è normale che abbia qualche acciacco.”

“L’età non conta, zia Mina. Tu sarai sempre splendida, per me” le ritorse contro il giovane, facendo spallucce.

Christofer rise sommessamente, a quel commento e, nel carezzare una spalla della madre, dichiarò: “Con questi complimenti, non morirai mai, maman.”

“Bastasse questo!” rise a sua volta Whilelmina, mentre Georgiana sorrideva all’amica.

Kathleen ammiccò al patrigno, lord Bastian Conroy, e mormorò: “Direi che anche la mamma non morirà mai. Sembra sempre più giovane.”

Bastian le batté una mano sul braccio, asserendo: “Porta bene i suoi anni… e io porto bene i miei, grazie a lei.”

La figliastra gli sorrise con affetto ma, quando la porta del salottino si aprì, tutti si azzittirono per osservare l’entrata in scena di Lizzie e il suo branco.

Rose era in testa al gruppo, splendida nel suo abito di batista azzurro mentre, alle sue spalle, i gemellini Serenity e Arthur si tenevano per mano e avanzavano come militari in marcia.

Dietro di loro, soddisfatta e con i capelli leggermente in disordine, fece infine la sua apparizione Elizabeth e, poco dietro di lei, il marito Alexander.

“Lizzie cara, cos’è mai successo ai tuoi capelli?” sorrise Kathleen, curiosa.

“Sono lieta di trovarvi tutti qui, visto che devo mostrarvi una cosa…” sorrise la giovane, dandosi un colpetto con le dita ad alcuni riccioli ribelli.  “… giusto la mia acconciatura, maman, di cui dovete ringraziare Rose. Non sono bellissimi, così?”

Rose lanciò un autentico sorriso estasiato alla madre e tutti, nessuno escluso, si esibirono in apprezzamenti e complimenti alla bambina.

Non del tutto convinta, però, fu Serenity che, nel lanciare l’ennesima occhiata alla madre, borbottò: “Pende da una parte.”

“Poco importa, tesoro. La crocchia l’ha fatta Rose, perciò va bene” replicò bonaria Lizzie, dando un buffetto sulla testa alla figlia minore.

“I capelli di mamma sono molto sottili, e la crocchia si disfa” sospirò a quel punto Rose, cominciando ad avere dei dubbi sulla sua opera. “Devo guardare bene come fa Lorelai.”

Tutti sorrisero di fronte alla sua determinazione e Samuel, nell’avvicinarsi alla bambina, le baciò una mano asserendo: “Con mani simili, piccola Rose, saprai incantare tutti… e riuscirai anche a domare i capelli meravigliosi di tua madre. Ne sono sicuro.”

Rose arrossì di piacere, a quel commento e Alexander, nel lanciare un’occhiata storta al giovane, disse: “Se non sapessi che è troppo piccola per te, mi preoccuperesti, Sam.”

“Non devi temere nulla da me, Alexander” sorrise malizioso il giovane, prima di lanciare un’occhiata a Max. “Se non vuoi tardare, sarà il caso che noi andiamo, ora.”

“Il comizio, è vero!” esclamò il giovane, balzando in piedi prima di piegarsi verso la nonna, baciarle una guancia e asserire: “Oggi parla Sebastian Builder, e vorrei davvero esserci. E’ uno statista incredibilmente avanti con i tempi.”

“Se avessi saputo che l’ammiravi così tanto, avrei organizzato un incontro con lui” intervenne a quel punto Alexander, sorprendendo il cognato.

Lo conosci?” esalò il giovane, allargandosi in un sorriso.

Alexander lo guardò con aria di sufficienza, come a voler mettere in dubbio le sue doti intellettive dopodiché, serafico, asserì: “Io e Sebastian ci conosciamo benissimo. Di sicuro, sarà lieto di conoscere qualcuno che lo apprezza a questo modo. Vedrò di mettermi in contatto con lui per un incontro, va bene?”

“Alexander, ti adoro. Sapevo che mi piacevi per un motivo” sorrise eccitato Max, prima di notare l’occhiataccia della sorella. “Ehm… che c’è?”

“Scusa, forse non ho capito bene. Tu apprezzi mio marito solo per i suoi agganci?” borbottò Lizzie, piazzando le mani sui fianchi con aria inquisitoria.

“Ah… ma no, Lizzie… che vai a pensare…” ridacchiò Max, afferrando Samuel per un braccio prima di avviarsi verso la porta per uscire. “… Alexander è adorabile per un sacco di buoni motivi…”

“Vorrei ben sperarlo, razza di fifone che non sei altro!” esclamò Elizabeth nell’osservare il fratellino e l’amico scappare a gambe levate dalla stanza.

Tutti risero di quella ritirata strategica e Whilelmina, nel battere una mano su quella del figlio maggiore, asserì: “Forse, con queste risate e questa compagnia, non morirò davvero mai.”

Christofer le sorrise e, nel darle un bacio sulla guancia, sperò di non dover patire un’ansia simile a quella che l’aveva preso durante tutto il viaggio di ritorno, ancora per lungo tempo.

Sapeva che, prima o poi, sarebbe giunto l’inevitabile incontro con la Nera Signora, ma pregò ardentemente che avvenisse il più tardi possibile.






Note: come preannunciato, Whilelmina ha solo avuto un piccolo mancamento e, nonostante tutto, ora sta meglio. Questo consente a tutta la famiglia riunita di essere più serena e dedicarsi alle attività solite. Violet dovrà stare attenta a non esagerare con gli sforzi - coadiuvata dal suo attendente, Frank - la famiglia si prenderà cura di Mina e, per Sam e Max, si aprono le porte per nuove avventure in ambito sociale. Vedremo cosa ne verrà fuori...
C'è stato anche il tempo per scoprire come sono cresciuti i figli di William, e come abbiano intenzione di portare avanti il loro futuro.
  
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