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Autore: Luana89    21/09/2017    1 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I calici tintinnarono lievemente in un brindisi appena pronunciato, il cibo servito e ormai quasi finito sui piatti di fronte a quella che ad occhi esterni sembrava una famiglia agiata come tante. Scott e Amanda si sorridevano complici, ancora inebriati da quell’amore sbocciato e non appassito, Nicholas si chiese se avrebbe mai avuto la loro stessa fortuna. Era comunque sicuro che quel sentimento, se mai fosse nato, sarebbe stato riservato a qualcuno del proprio sesso, lo avrebbero giudicato tutti, indicato e bisbigliato alle sue spalle e probabilmente sarebbe avvizzito tra lacrime e dolore. Bevve avidamente l’acqua fissando da sopra il bordo un Christopher perfettamente a suo agio, lo vide sorseggiare il vino bianco in linea con le portate appena consumate. Si era mai innamorato lui? Riusciva soprattutto ad amare? Aveva forti dubbi in merito.
«Christopher è venuto a parlarmi oggi.» Scott interruppe il silenzio richiamando l’attenzione di tutti, specialmente quella di Nicholas che si mosse sulla sedia in evidente agitazione, con quel tipo doveva stare perennemente in guardia.
«Ebbene?» Fu la madre a prendere parola, fissando i due con curiosità.
«Beh, pensiamo che tornare alla St.Jules non sarebbe una cattiva idea.» Quindi Christopher si sarebbe trasferito? «E’ il migliore istituto della città, metterlo nel proprio curriculum scolastico agevola le entrate in università prestigiose.»
«Sono d’accordo, dovrebbe tornare lì.» Amanda sorrise annuendo appena.
«Si, ma non da solo.» Fu Christopher stavolta a parlare, sorrise per poi indicare il fratellastro. «Ci tornerò con lui. Ha una media abbastanza alta per entrare a occhi chiusi.» Il silenzio che ne derivò era più stupito che pesante.
«Non voglio cambiare liceo, ho i miei amici qui.» Nicholas fissò la madre parlando con veemenza, forse troppa.
«Quali amici?» La battuta crudele sui recenti avvenimenti mozzò il respiro dell’altro. «Non stai andando in guerra, puoi vederli quando vuoi, è del tuo futuro che parliamo.» Il tono del ragazzo così consapevole e maturo, nascondeva una punta di sadico divertimento. Una perenne partita a scacchi tra loro.
«Appunto, è il MIO futuro. Decido io.» I suoi occhi azzurri divennero freddi e taglienti, ma non sembrarono scalfire la corazza dell’altro ancora seduto tranquillamente. In fondo sapeva che amava contraddirlo per puro e semplice desiderio di sfida.
«Ne sei sicuro?» Le dita accarezzarono la tovaglia linda e color avorio spostandosi poi impercettibilmente al di sotto del tavolo. Quando le risollevò teneva in mano il proprio cellulare che poggiò accanto a se. Nicholas sbiancò, quello era un ricatto.
«Nicholas non sei obbligato, ovviamente.» Scott intervenne in suo aiuto, era così diverso dal figlio da far venire voglia di urlare dalla frustrazione. Strinse i pugni sulle cosce fissando Christopher con rabbia.
«Suppongo abbiate ragione, frequentare l’ultimo anno lì mi aiuterà.» Biascicò quelle parole a capo chino, il senso di bruciante sconfitta ostruiva la sua gola mentre fissava in tralice il cellulare maledetto, al suo interno quel video che lo rendeva un burattino nelle mani dell’altro. Doveva riprenderlo, a tutti i costi.
 
Osservò la sveglia sul comodino accanto a se, la mezzanotte era passata da quasi un’ora, ormai tutte le porte erano chiuse e le luci spente. In casa non volava una mosca, tutti coloro che vi abitavano immersi nei propri sogni mentre Nicholas era l’unico ad avere incubi da sveglio. Sin troppo sveglio. Scostò le coperte mettendosi a sedere, dalla tenda chiusa male filtrava la luce della luna, fissò il quadrato luminoso sul parquet con le pupille tremolanti, non poteva continuare così. Doveva cancellare quel video a tutti i costi e metter fine a quella scia di ricatti senza fine, oggi era la St.Jules e domani? Che altro avrebbe chiesto domani Christopher? Probabilmente la sua anima. Non lo aveva forse detto mesi prima all’Insomnia? Avrebbe finito col pretendere tutto di lui.
Il corridoio buio e silenzioso accolse i suoi passi silenziosi, in punta di piedi percorse pochi metri fino alla porta chiusa dell’altro, la mano tremò appena poggiandosi alla maniglia, esitò un attimo chiudendo gli occhi per poi respirare profondamente. I suoi occhi si abituarono presto alla penombra, osservò la sagoma stesa sul letto, vedeva il suo petto abbassarsi e alzarsi ad ogni respiro, era nudo? Un lieve movimento, le coperte si scostarono appena rivelando dei pantaloni a coprirlo appena sotto l’ombelico, menomale. Nicholas cercò di respirare il meno possibile, in punta di piedi simile ad un ballerino sgraziato percorse i dieci passi che lo separavano dal letto, e quindi dal comodino nella quale giaceva quel dannatissimo telefono. Allungò una mano con circospezione bloccandosi un secondo a fissare il fratellastro dormiente, non riusciva a vedere bene il suo viso, le ombre giocavano dispettose alterandone i lineamenti. Scosse il capo scacciando via la confusione momentanea, era ad un passo dalla vittoria il cuore sembrava esplodergli nel petto, le dita si chiusero sul cellulare sollevandolo piano, sarebbe uscito di lì avrebbe cancellato il video e poi lo avrebbe rimesso al suo posto. I piedi si mossero all’indietro ma una presa salda sul proprio polso lo fece quasi urlare di terrore, Christopher diede una botta feroce all’altezza del gomito, Nicholas registrò quel movimento eccessivamente preciso che aveva rischiato di fratturargli il polso, praticava arti marziali anche lui? Non era il momento comunque di soffermarsi su cose futili, non quando la seconda botta arrivò alla giuntura del ginocchio facendolo cadere a pancia in giù sul letto. L’altro gli salì sulla schiena a cavalcioni, torcendogli il braccio dolorosamente. Lo sentì chinarsi contro il suo orecchio.
«Ciao fratellino. Pensavo non arrivassi più, ero quasi sul punto di addormentarmi insoddisfatto.» La sua risata gli fece vibrare il corpo, Nicholas deglutì muovendo le iridi per cercare di vederlo.
«Mollami subito.» Era così quindi? Sapeva sarebbe andato in camera sua per fottergli il cellulare, quel lurido bastardo manipolatore.
«Dovrei?» Nicholas sbuffò, più si contorceva più la presa sul braccio diveniva dolorosa, era come se i suoi muscoli stessero bruciando, aveva mille aghi conficcati nella carne. Improvvisamente la presa si allentò fino a sparire del tutto, Christopher si sollevò appena puntellando le ginocchia contro il materasso lasciando all’altro la possibilità di strisciare sulle lenzuola voltandosi a pancia in su. Nicholas aveva il fiatone mentre fissava quel demonio torreggiare sopra di lui, fu questione di un attimo prima che lo vedesse riabbassarsi con irruenza lasciando scontrare i loro bacini. Soffocò un gemito di dolore e sorpresa.
«CHE CAZZO...» La mano di Christopher tappò la sua bocca immediatamente, il capo scosso in cenno di diniego.
«Vuoi svegliare i vicini? Li invitiamo qui in questo letto, ma non te lo consiglio, hanno settant’anni.» Il tono divertito in una situazione che per l’altro era terrificante, annuì comunque col capo per fargli capire di aver afferrato il concetto e finalmente fu libero di parlare.
«Scendi. Scendi subito, non so se l’hai notato ma sei sul mio..» Ringhiò quelle parole con veemenza.
«Oh, l’ho notato.» In risposta mosse appena i fianchi e Nicholas sentì una scossa pervaderlo da capo a piedi, i loro bacini sfregarono ancora mozzandogli il fiato.  «Perché sei qui? Per il video? Dovrai guadagnartelo.»
«Non sicuramente in questo modo.» Biascicò debolmente quelle parole fissandolo astioso.
«Perché no? E’ piacevole.» Si mosse ancora sopra di lui inducendo l’altro a serrare le palpebre. Si sentiva sul punto di svenire mentre la propria eccitazione cresceva all’interno dei pantaloni troppo leggeri per camuffare il tutto. Li riaprì improvvisamente, perché non batterlo al suo stesso gioco?
«Pensi non riesca a batterti? Tu mi sottovaluti troppo, Christopher.» Il suo nome detto come fosse scoria infetta, una botta coi fianchi e una sul fianco altrui che sbuffò di dolore mentre capovolgeva la situazione. Adesso era Christopher sotto di se, e lui a cavalcioni.
«Ti piace di più questa posizione?» Il tono innocente e beffardo al tempo stesso. Nicholas curvò la schiena, i loro visi vicinissimi, le fronti collisero appena.
«Dammi il video.»
«Altrimenti?» Continuava a sfidarlo, non ne era mai stanco. Nicholas venne distratto dai dettagli di quel viso bello e perverso alla luce della piccola lampada. Il naso che sulla punta sembrava appena schiacciato, la lieve fossetta sul mento, i capelli corti ma sempre in ordine e dall’apparenza ricercata. Continuò a fissarlo avvicinandosi sempre di più, come se non se ne rendesse conto.
«Perché mi torturi?» Le loro labbra talmente vicine da sfiorarsi.
«Perché mi eccita, sono un pazzo sadico forse.» Stava mentendo, ne era sicuro. Nicholas si bloccò un istante per poi baciarlo in maniera esitante. Aveva delle labbra morbide, calde, non ci aveva fatto caso all’Insomnia. Christopher restò immobile, quasi in attesa. Si fissarono ancora e stavolta si mossero nello stesso preciso istante, l’uno verso l’altro. Le loro bocche si scontrarono con violenza e desiderio. La mano di Nicholas sul viso altrui, mentre lo spingeva più vicino a se. Le lingue si toccarono, si attorcigliarono fondendosi al pari dei loro respiri.
Christopher sollevò d’improvviso la schiena, seduto adesso con Nicholas sopra di se, le dita si insinuarono sotto la maglietta del biondino strappandogli un ansimo. Gli morse il labbro inferiore succhiandolo con avidità mentre lo privava della maglia che gettò con poca cura sul pavimento. Percorse la linea della gola con la lingua, scendendo giù lungo il petto e fu lì che si fermò lasciando che i denti marchiassero quella pelle bianca. Nicholas ansimò, sentiva l’eccitazione bruciare come lava nelle sue vene, un rumore oltre la porta chiusa lo distrasse abbastanza da fargli riprendere contatto con la realtà. Lo spinse scendendo velocemente dal letto, fissando l’altro semi disteso coi gomiti poggiati al materasso.
«Non posso farlo.»
«Non puoi o non vuoi?» Nicholas si mosse nervoso nella stanza, Christopher adesso in ginocchio sul letto, le dita poggiate alla testiera in pelle nera del letto quasi fosse un appoggio, i muscoli delle braccia in tensione.
«Entrambe.» Non lo sapeva neppure lui, semplicemente non poteva. Fare sesso con lui equivaleva ad ammettere la propria omosessualità, come se adesso non l’avesse praticamente urlata ai quattro venti.
«Finché non accetterai te stesso, verrai sempre disprezzato dagli altri. Se tu per primo ti consideri un abominio, come dovrebbero considerarti gli altri?» Parole dure che ferirono l’altro, probabilmente per la loro veridicità.
«Hai visto Jeremy? Mi fissava disgustato, è questo che avrò per sempre. Disgusto e biasimo.»
«Sicuro? Sei sicuro Jeremy ti fissasse in quel modo perché baciavi un uomo?» Nicholas lo fissò confuso, Christopher scese dal letto avviandosi verso la porta, superandolo senza neppure sfiorarlo. La mano stretta contro la maniglia.
«So che non posso baciare te. Sei il mio fratellastro. Se già per mia madre sarà dura accettare un uomo nella mia vita, come pensi reagirebbe sapendo che quell’uomo ..sei tu?» La voce venne meno, i loro occhi fissi l’uno sul viso dell’altro.
«Chi ti dice che sia io l’uomo della tua vita?» Il suo sorriso spento per la prima volta nessuna cattiveria, nessuna ironia a macchiarlo.
«Perché mi vuoi?» A questo punto chiederlo era doveroso.
«Perché si.» Si stoppò leccandosi fugacemente il labbro. «Sei ciò che voglio, non ci deve essere un perché. Ciò che sento, ciò che provo, è abbastanza scombussolante da farmene desiderare ancora.» Nicholas si avvicinò.
«Uno come te può amare?» Lo vide irrigidirsi, le spalle dritte nella luce affusolata.
«L’amore è per gli sciocchi, non cadere mai in questo errore. Persino chi dovrebbe amarti incondizionatamente ti abbandona Nicholas, ama solo te stesso.» Attimi di silenzio pesanti come macigni.
«Non ci credo. Non ci credo tu non riesca ad amare.» Strinse i pugni, per qualche motivo rigettava l’idea di un Christopher vuoto e arido, per quanto bastardo fosse dentro di lui c’era molto. Nel bene o nel male.
«Vedi, ho un QI talmente alto da poter fare qualsiasi cosa nella mia vita, niente mi è precluso. Sai come si dice? ‘’Mente o cuore’’, io ho sviluppato mio malgrado la prima, è ciò che ho scelto di seguire.» Aprì la porta muovendo seccamente il capo. Nicholas uscì voltandosi un’ultima volta.
«Mi ricatterai ancora vero?» Finalmente lo vide sorridere e fu come tornare a respirare, l’aria improvvisamente più leggera.
«Ovvio. Sei eccitante nelle vesti del tormentato. Sei ciò che voglio Nicholas McClair, non te l’ho forse detto?» Gli chiuse in faccia la porta senza dagli l’agio di rispondere e in quel corridoio adesso silenzioso Nicholas sentì il sordo riecheggiare della voce di sua madre: «Mi piace come mi piacciono tutte le anime addolorate.»
 
La porta si aprì in maniera irruente, Jeremy a petto nudo sobbalzò alla vista di Christopher afferrando la maglia sul pavimento per gettarsela addosso e coprirsi.
«Ma che cazzo??» Lo fissò sgomento e l’altro ricambiò con un’occhiata pregna di sprezzo e pena.
«Se fosse entrato qualsiasi altro ragazzo, notoriamente etero, non credo ti saresti coperto. Inizio a capire il perché Nicholas ti abbia nascosto la sua omosessualità, sei una capra.» La voce suadente nonostante gli insulti, prese posto sulla sedia del compagno accanto la scrivania.
«Non è così, ero solo sorpreso..» Una punta di colpa nella voce lo tradì, si maledisse internamente lasciando ricadere la maglietta.
«Pensi che i gay vorrebbero saltare addosso ad ogni uomo che vedono? Un po’ come gli adolescenti in calore etero.» Schioccò le dita come se fosse arrivato a scoprire il segreto della vita, e Jeremy lo beneficiò di un’occhiata velenosa.
«Piantala. Ho fatto una cazzata, sei contento?» Lo era molto in effetti, non aveva bisogno di dirglielo sfacciatamente, avere ragione era gratificante. «Quindi tu, insomma sei anche tu..»
«Gay?» Si stoppò un secondo, le labbra si curvarono all’ingiù come se stesse riflettendoci. «No. Diciamo che alle donne viene più semplice eccitarmi, con gli uomini è un po’ più complesso.»
«Quindi bisex.» Il tono pratico del rosso suonò buffo.
«Bravissimo Jon, mi dai tante di quelle soddisfazioni.» Mimò un applauso e un sorriso statico.
«Perché sei qui? Per dirmi di far pace con Nicholas?» Lo fissò con sospetto sporgendosi appena verso di lui.
«Ma figurati, ve l’ho detto che amo le tragedie più dei Martini Dry. Continuate pure a ignorarvi, buttate nel cesso un’amicizia decennale mentre io fisso tutto dal mio pseudo trono immaginario.» La voce pungente, gli occhi furbi di un azzurro più intenso del solito.
«Mi ha ferito il fatto che non me l’abbia detto.»
«Lui soffre. Pensa di essere un abominio della natura.» Una smorfia di sconcerto alterò i bei lineamenti, più ci pensava e più trovava il suo fratellastro degno di un manicomio. «La tua reazione non lo ha sicuramente tranquillizzato, biscottino.»
«Amanda lo capirebbe.» Jeremy parlò con tono sicuro.
«Lo so. E tu?» Christopher lo inchiodò con lo sguardo e l’altro si mosse a disagio finendo poi per sospirare frustrato.
«Resta comunque il mio Nicholas, quello più intelligente e bravo negli sport. E’ solo che.. odio i segreti.» La sua voce si incrinò appena.
«Tutti abbiamo dei segreti.» Il tono solenne mise in allarme il rosso che lo fissò con sospetto.
«Anche tu?»
«Io? Io sono il re dei segreti.» Christopher si alzò afferrando una tazza raffigurante Spiderman che in mezzo ai tremila poster DC stonava alquanto.
«Non pensavo ti saresti prodigato per riappacificarci.» Sorrise insinuante e l’altro mimò il gesto di frantumare la tazza a terra cosa che portò Jeremy a urlare.
«Ero solo curioso, volevo confermare le mie teorie.»
«Ovvero?» Il rosso si alzò seguendolo con lo sguardo.
«Ovvero il tuo essere un amico fedele, un po’ come Evan per me.» Jeremy si fece improvvisamente attento, Christopher non parlava mai di se stesso. «Tra una settimana ci sarà il matrimonio, approfittane per chiarire.» Si fissarono in silenzio per qualche istante.
«Lo farò.»
«Hai una bella famiglia Rosso Malpelo, sai?» Indicò oltre la porta e il ragazzo immaginò sua madre intenta a riempire di glassa le torte e il padre imprecare contro la partita in tv.

«Tu no?»
«Sei più curioso di Nicholas, fastidiosi allo stesso modo.» Arricciò appena il naso sollevando la tazza. «Questa la prendo io, stona col tuo altarino da nerd e segaiolo sfigato della DC.» Eccolo che ritornava il solito figlio di puttana, Jeremy ne fu quasi sollevato.
 
 
Evan richiuse con un tonfo sordo il libro, qualcuno bussò alla porta prima che questa si aprisse rivelando la figura sinuosa di Rebecca.
«Hai visite.» Il suo tono malizioso gli rese palese l’identità dell’ospite prima ancora che Thomas apparisse dietro di lei, i suoi occhi appena socchiusi, il viso in tensione.
«Lasciaci soli.»
«Non avevo di certo intenzione di fare la terza incomoda.» La sorella sorrise andando via.
«Che ci fai qui?» Evan si alzò, le mani in tasca e gli occhi severi.
«Ho dimenticato il mio libro, credo.» Thomas sembrava pronto a fuggire da un momento all’altro.
«Bugiardo. Sei qui per me.» Il tono sicuro fece irrigidire l’altro, poteva dargli torto? Era lì per vederlo, perché non conosceva l’assurda ragione che continuava a spingerlo verso di lui. O forse si.
«Sono qui per te.» Lo ammise con difficoltà sorridendo teso, aprendo appena le braccia come a volersi scusare per quello.
«E’ andata male con Nicholas quindi?» Thomas avrebbe dovuto immaginare un tiro mancino simile, ma fu ugualmente avvilente sentirglielo dire.
«Non è mai iniziata, a dirla tutta.»
«Strano, dal modo in cui stavate baciandovi non lo avrei mai detto.» Evan gli andò vicino reclinando appena il viso, superava l’altro di almeno due teste.
«Sei geloso?» Lo provocò con un sorriso divertito.
«Molto. Sbaglio ad esserlo?» L’ammissione lasciò interdetto l’altro, si fissarono in silenzio finché il moro non tornò a sedersi indicandogli una sedia.
«Alle volte mi chiedo come tu possa essere amico di Chris. Siete così diversi.» Evan sospirò togliendosi gli occhiali.
«Scott è come un padre per me, a lui devo molto. Chris è una conseguenza, non era previsto eppure…» un sorriso increspò le labbra piene e ben disegnate.
«Sei un tale mistero Evan Cooper.» Thomas chinò il capo frustrato, era come se una barriera li dividesse sempre e questo lo rendeva solo più combattuto sui propri sentimenti.
«Scott ha concesso del tempo a me e Rebecca, e questo è un debito che non riuscirò mai a ripagare anche se lui probabilmente non si aspetta io lo faccia.»
«Tempo per cosa?» I suoi occhi furono nuovamente sull’altro.
«Tempo per amare mio padre, per stare ancora un po’ con lui.» Il silenzio calò pesante, come una coperta bagnata e fastidiosa avvolta sulla pelle. Thomas si alzò chinandosi su Evan, poggiandogli le mani sulle cosce. Non disse nulla, non ce n’era bisogno, sapeva che il ragazzo fosse orfano. I genitori ebbero un incidente stradale dodici anni prima, e Scott era il chirurgo incaricato. Un chirurgo molto amico della famiglia Cooper che fece il possibile pur fallendo. Evan si chinò su Thomas, le loro labbra si sfiorarono per un istante prima che l’incendio divampasse costringendoli sul pavimento, avvinghiati e ansanti.
 
 
Nella casa riecheggiava il suono di un violino, una melodia lenta e struggente che si spandeva filtrando attraverso i muri, ristagnandovi all’interno per quelli che sarebbero stati secoli.
«E’ Chris?» Amanda fissò Scott che a sua volta le sorrise guardando poi Nicholas e infine il piano superiore.
«Si, è lui. Vedete, il suo strabiliante QI gli permette di fare tante cose.» Lo disse come se fosse una tragedia. «Suonare, imparare sport come niente, essere un piccolo prodigio nello studio. Non gli impara però a esternare correttemente il dolore, o a essere empatico.» Gli occhi di un padre che portava addosso a se una sofferenza inaudita. Nicholas sentì una morsa stringergli il petto.
«Sta suonando una musica tristissima..» lo disse quasi tra se, ma fu ugualmente udito dagli altri due.
«E’ andato probabilmente a trovare sua madre, ancora.» Amanda chinò il capo, lei sapeva. Nicholas invece si fece attento.
«Dov’è sepolta?» Gli occhi sorpresi di Scott lo bloccarono su quella sedia, lo vide sorridere incredulo.
«Sua madre non è morta…» Nicholas ebbe come l’impressione che le pareti del suo cuore scricchiolassero, mentre un nuovo tassello veniva aggiunto al personale disegno di Christopher Underwood.
 

 
  
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