Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: imoto    21/09/2017    1 recensioni
[...] -Ci siamo!- urlò la levatrice, con una manovra sapiente afferrò il nascituro per le scapole tirandolo fuori, velocemente lo mise a testa in giù e gli diede un paio di colpi decisi, in una reazione immediata l’aria riempi i piccoli polmoni e l’urlo fragoroso del piccolo invase la camera sostituendosi a quello della madre. Si sente tremendamente stanca, eppure non riesce a chiudere gli occhi, sa che se ne prenderà sempre cura, qualsiasi cosa accada perché non può fare a meno di amarlo. [...]
"Una visual novel è un videogioco d'avventura interattiva in cui il personaggio giocante può effettuare alcune decisioni che influenzano la trama del gioco; la storia è simile a quella di un racconto o di un romanzo, spesso sono presenti finali alternativi, alcuni dei quali negativi, che dipendono dalle azioni del giocatore."
Avete mai giocato a una visual novel? Io sì, ed è proprio da questo che mi è venuta questa idea. Una storia interattiva dove tu puoi scegliere il futuro di questo racconto e cosa accadrà nel capitolo successivo. Se vuoi saperne di più clicca e scoprì le informazioni alla fine del primo capitolo.
Sei pronto?
Tre… due… uno… GO!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Atto V
Pensieri

-Devi dirmi qualcosa?- chiese dolcemente accarezzandogli i capelli, il bambino smise di torturarsi le mani, ma mantenne la testa incassata nelle spalle. Si abbassò lievemente in modo da raggiungere l’altezza del piccolo che era seduto sul tavolo e gli passò le dita in una carezza materna sul capo.

-Prometti di non arrabbiarti?- la voce era flebile e borbottante, a Mie veniva quasi voglia di lasciare perdere tutto e abbracciarlo. E lo fece, avvolse le braccia intorno al corpo di Mihir e lo prese in braccio tenendolo ben stretto contro di sé

-Va tutto bene Mihir, non mi arrabbierò. È importante che tu mi dica tutto- si dondolò appena sui talloni cullandolo e il bimbo le strinse le braccia al collo

-Loro sono stati gentili con me, davvero!- argomentò cercando di scusarsi, decise per il momento di ascoltarlo e vedere dove voleva finire con quella premessa -Abbiamo parlato per un po’ e mi hanno lasciato vedere i movimenti tridimensionali senza arrabbiarsi!-

Corrucciò le sopracciglia perplessa e lascio una lunga carezza lungo la schiena del piccolo spingendolo ad allontanarsi dalla sua spalla -Cioè? Cosa avete fatto esattamente?- chiese osservandolo negli occhi

-Avevano addosso quelle imbracature che hanno sempre i soldati e allora volevo vederle da vicino, mi hanno detto che si chiamano movimento tridimensionale e che le usano per volare. Anche se non sono soldati possono volare!- il viso del bambino si era pian piano illuminato -Ci sono tutte queste cinghie che passano intorno al corpo e anche un sacco di pezzi di metallo per tenerle insieme, di fianco invece hanno delle spade- Mie impallidì di colpo, ma lui non parve farci caso troppo preso dalla descrizione di quei congegni che tanto ammirava -Ma quelle non posso toccarle perché sono pericolose-

Mihir la osservò di sottecchi come se stesse meditando se dirle o meno qualcosa, ma alla fine si decise. Avvicinò il viso al suo con sguardo serio -I soldati non vogliono che anche loro possano volare e per questo cercano di impedirglielo, le spade gli servono per difendersi- aprì la bocca per dire qualcosa, ma il bambino la interruppe prima tornando ad alzare il tono di voce -Mi hanno anche dato questa!-

Si divincolò come un’anguilla tra le sue braccia cercando di scendere, tanto che alla fine Mie si arrendette posandolo a terra, immediatamente raggiunse un angolo del tavolo e afferrò una busta bianca di cui lei si accorse solo in quel momento -Cos’è?- chiese avvicinandosi

Il viso del bambino si aprì in un sorriso d’orgoglio -Una lettera importante! Devo dartela e poi devo leggertela! È importantissima!-

La prese tra le dita, era bianca con qualche striature marrone e grigia, come se qualcuno l’avesse strisciata contro un muro o per terra, leggermente spiegazzata e con un angolo strappato -Te l’hanno data loro?-

Annuii freneticamente -Si! È importante! Dovevo dartela quando eravamo solo io e te!-

Mosse la testa accennando un assenso, afferrò un coltello dal cassetto delle posate e l’aprì. Era un solo foglio scritto su un solo lato, la calligrafia era precisa e le parole formavano frasi dritte sulla carta nonostante non fossero presenti segni guida. Gli diede una veloce scorsa riconoscendo alcuni termini familiari, ma si arrese velocemente con un sospiro.

Mihir si era allungato sulle punte dei piedi e adesso teneva i suoi polsi fra le mani -La leggo?- il tono era trepidante come se non aspettasse altro che il suo consenso. Sbuffò passandogliela, il bambino scorse con gli occhi il testo poi si guardò intorno -C’è qualcun’altro?- chiese

Mie si guardò intorno -Non ce nessuno a parte noi due Mihir!- disse scocciata -Leggi quella lettera e facciamo in fretta, che papà sta alla locanda da solo-

Annuii ritornando con lo sguardo alla carta, strizzò gli occhi un paio di volte e poi cominciò a leggere:

-Se sta leggendo questa lettera vuol dire che non ho avuto modo di vederla di persona e, per quanto il discutere di certe cose su carta mi faccia rivoltare le budella, non posso perdere tempo a correrle dietro; cercherò di essere il più chiaro e semplice possibile.

La sua locanda si trova in una posizione altamente strategica ed è frequentato da molte persone, di ogni risma, dai soldati ai comuni cittadini, dai nobili agli straccioni, sebbene non credo ci sia necessità che sia io a ricordarglielo, le persone parlano di molte cose e tanto più volentieri se hanno bevuto qualche boccale di troppo e mangiato un piatto caldo. Questo preambolo è stato necessario per introdurre la mia richiesta: vorrei che lei fornisse il suo aiuto come informatore e avamposto, so per certo che non è in contatto stretto con i soldati né approva il loro modo di gestire le questioni del distretto sotterraneo e per questo le propongo questo accordo; il beneficio verrà a entrambe le parti perché il suo contributo sarà degnamente retribuito. Informazioni e protezione in cambio di denaro e una vita più giusta e sicura in questo distretto.

Quando avrà preso la sua decisione abbia l’accortezza di comunicarmelo per iscritto, in una lettera sigillata e anonima. Dovrà consegnarla al ragazzo che risponde al nome di Marcus e che troverà all’entrata occidentale del mercato, lo riconoscerà per il fazzoletto rosso legato al polpaccio-

La voce di Mihir si spense nella cucina lasciando posto a un ingombrante silenzio. Mie aveva il viso corrucciato e le mani stavano torturando la gonna che portava. Il piccolo sollevò lo sguardo su di lei.

-C’è nient’altro?- chiese ansiosa

Scosse la testa -No, finisce così-

Il silenziò calò nuovamente, ma stavolta durò solo un paio di secondi, lasciò andare il tessuto ruvido sospirando amaramente -Nessun nome? Un indirizzo?-

Scosse nuovamente la testa porgendogli la lettera -Non c’è nient’altro! Guarda!-

Osservò attentamente quelle scritte cercando qualsiasi cosa che potesse dargli un indizio, uno scarabocchio a fondo pagina, un segno di troppo, ma nulla. Strinse la carta tra le mani stropicciandola -Che diavolo significa!- sbottò rabbiosa, non aveva senso, non aveva un minimo di senso!
Si massaggiò la radice del naso infilandosi la pallina di carta in tasca -Parlami di chi ti ha dato questa lettera, descrivili, dimmi loro nomi, tutto-

Mihir annuii insicuro -Erano due, uno alto come la finestra e l’altro più basso-

-Va bene- le parole gli rotolarono fuori dalla bocca stanche -Quando li hai incontrati di preciso?-

-Dopo che siamo tornati a casa, tu stavi lavorando con papà e io ero in corridoio, li ho sentiti parlare e poi li ho visti-

-Ti hanno chiamato?-

Il bambino abbasso il capo borbottando

-Mihir!- lo riprese massaggiandosi gli occhi -Per favore-

Sbuffò scuotendo la testa e incrociando le braccia al petto -No. Li stavo… spiando dalla finestra e quando stavano per andare via sono uscito-

-Perché?- era esasperata

-Avevano i movimenti tridimensionali!- esclamò, le braccia aperte, le gambe divaricate e il busto un po’ sporto in avanti, gli occhi erano sgranati ed euforici mentre la bocca aveva un espressione fintamente drammatica. Mie davvero non capiva il suo amore per quelle macchine

-E quindi?-

-Loro sembravano gentili- borbottò tornando a incrociare le braccia, sollevo un sopracciglio in una muta domanda -Magari me lo avrebbero fatto vedere, non come i soldati- rispose

Sospirò di nuovo -Erano due?- riprese il filo del discorso, lui annuii

-Uno alto e uno basso-

-Parlami di quello alto-

-Era alto come la finestra e aveva i capelli biondi, ma non come i miei, più scuri! E poi era… grande- Mie pensò a Chayse con le spalle larghe e il metto ampio e massiccio, probabilmente intendeva quello con “grande” -E aveva anche lui il movimento tridimensionale. Era quello che parlava di più ed era simpatico e divertente, è stato lui a darmi la lettera e a rimettermi sul davanzale dopo che sono caduto, era gentile-

Annuii -L’altro? Hai parlato anche con lui?-

Assentii col capo -Era più basso e aveva i capelli neri, era anche più piccolo e magro. Però è stato lui a prendermi prima che cadessi, era molto veloce- spiegò ripensando allo scatto che aveva fatto quando aveva provato ad afferrare la spada -Ha parlato poco, ma era gentile. E strano. Non lo so- finì scrollando le spalle

-Qualcos’altro?-

Mihir mise su un broncio concentrato prima di tornare a parlare -Quello biondo mi ha promesso che mi fa volare la prossima volta che ci vediamo, così poi posso prendere in giro i soldati perché ho volato anche io- disse fieramente

Me inizialmente sgranò gli occhi per poi scuotere il capo, se conosceva il bambino almeno la metà di quanto pensava di conoscerlo era certa che l’uomo in questione avesse detto di sì solo per farlo smettere di insistere -I loro nomi?-

Mihir scosse di nuovo la testa rattristandosi -Non lo so, non me li hanno detti-

Mie gli scompigliò i capelli intenerita dal broncio rattristato del bambino -Quanti anni avevano?-

Sollevò le spalle -Boh-

-Come papà?-

-No!- rispose immediatamente

-Assomigliavano più a te…- scosse la testa -Forse più piccoli-

Annuii sollevandosi dai calcagni, aveva capito e se quei due erano davvero i tizi che si erano presentati alla locanda appena un’ora e mezza prima… sospirò. Perché diavolo certe cose accadevano proprio a lei? Non poteva proprio vivere una vita tranquilla eh! Sul volto si dipinse un sorriso amaro che si spense velocemente sostituito da un’espressione determinata.

-La lettera la tengo io!- decretò sfiorando la pallina di carta dentro la tasca della gonna -E adesso tu te ne vai in camera per punizione-

-Eh?- chiese sconvolto, Mie si trattenne dal ridere

-Non solo sei uscito senza dirmi niente, ma hai anche rischiato di farti male, hai parlato con degli sconosciuti e hai tentato di tenermi tutto nascosto-

-Non è vero!- protestò

-Fila in camera tua e stasera mi darai una mano a pulire tutto-

Sul viso di Mihir si dipinse un’espressione a metà fra il terrorizzato e in disgustato, sapeva quanto odiasse pulire i tavoli e la cucina, era la peggior cosa che gli potesse capitare

-Ma io- provò a protestare debolmente

-Non voglio obiezioni! Mi hai deluso e non posso permettere che succeda di nuovo, non ho il tempo di starti appresso costantemente, devo gestire la locanda e se non posso fidarmi di te allora farò in modo di assicurarmi che tu non sia in pericolo-

Abbassò la testa incassandola nelle spalle -Scusa- borbottò. Gli lasciò un’ultima carezza tra i capelli prima che uscisse per salire le scale e andare in camera.

 

Osservò stancamente i piatti freddi posati sul tavolo e si decise, sebbene a malincuore, di rovesciarli nuovamente nelle varie pentole per riscaldarli. Accese i fuochi prima di tornare alla locanda, sperava che fosse andato tutto bene.

 

Dondolò i piedi che cadevano dal bordo del letto, era semisdraiato sul materasso e si stava annoiando a morte. Sentì una fitta di rimorso attorcigliargli l’intestino, aveva fatto preoccupare Mie, ma alla fine non era successo nulla di pericoloso! Anzi, quei due ragazzi dovevano parlare con lei quindi era stato un bene che li trovasse no? Sbuffò rotolando sulla pancia per gattonare fino alla finestra sopra il letto. Dava esattamente sulla piccola piazza ai piedi della scalinata ovest che portava verso l’esterno, non c’era mai stato. Anche perché salire quelle scale era impossibile nella maggioranza dei casi.

Gli unici che avevano il permesso di uscire erano i soldati, che facevano frequentemente uscite di sopra, e i nobili. Si riconoscevano subito, possedevano lunghi mantelli e vestiti costosi, avevano sempre qualche anello e non sopportavano il dover stare troppo in mezzo alle persone. Erano strani, eppure molti di loro venivano abitualmente alla locanda per poi andare alle Case del Piacere. Storse il naso, Mie una volta gli aveva spiegato cos’erano sotto sua insistenza dopo che un nobile lo aveva preso in giro perché non le conosceva, era un lavoro come un altro e sicuramente permetteva di guadagnare grosse somme in poco tempo, ma era molto pericoloso. Questo glielo aveva svelato lei, a quanto pare c’era spesso il rischio di morire di parto o durante l’incontro con uno dei nobili.

C’era anche un’ultima categoria di persone che potevano uscire all’esterno, i ricchi. Coloro che erano riusciti a guadagnare abbastanza soldi da poter comprare la cittadinanza e risalire al mondo esterno. Davvero non capiva perché alcune persone arrivassero a tanto, vendendo tutti i loro beni e averi solo per poter salire quei gradini e andare a vivere in un mondo dove non avevano nulla ed erano meno di zero. Se addirittura i nobili scendevano giù da loro voleva significare che forse il mondo oltre la volta di pietra non era poi così bello come si diceva in giro.

Chiuse gli occhi provando a immaginarlo, quando era più piccolo sua madre gli aveva raccontato di quel mondo dove il sole ti accecava gli occhi non per qualche ora soltanto, ma brillava nel cielo per tempi lunghissimi per poi diventare rosso e sparire lentamente oltre il muro. Il muro, gli aveva spiegato, era alto molto più di un essere umano, così alto da toccare il cielo e non si poteva uscire, serviva a proteggerli. Proteggerci da cosa? Aveva chiesto ingenuamente e allora Corinne gli aveva accarezzato il capo sorridendogli con quel suo sorriso dolce, quella stiratura di labbra che nascondeva i denti ma trasmetteva i sentimenti che si annidavano nel profondo del suo cuore, dai giganti; i giganti erano esseri enormi, alti molto più di un essere umano e più di una casa, la maggioranza di loro avrebbe tranquillamente toccato la volta di pietra con la testa. Avevano occhi e orecchie, naso e bocca, capelli e corpo, ma erano nudi. E mangiavano gli umani. Erano il loro cibo preferito e non ne erano mai sazi. Le mura sono le uniche cose più alte di loro e servono a tenerli fuori, a proteggere tutti noi da loro, spiegava pazientemente.

Aveva storto la bocca lamentandosi, e Corinne aveva ridacchiato apostrofandolo come faceva sempre, non devi avere paura piccolo principe, non ti potranno fare mai del male e mai li vedrai nella tua vita perché sei dentro le mura e, soprattutto, nel sottosuolo, qui i giganti non possono arrivare.

Aprì gli occhi risvegliandosi da quel ricordo, aveva imparato molte delle cose che sapeva da sua mamma e tutte le volte che ripensava a quei giorni sentiva una morsa nel petto e il sapore amaro sulla lingua. Sentiva la tristezza montare con le lacrime al pensiero di suo padre distrutto dal dolore e di Mie che non aveva neanche potuto prendere fiato troppo impegnata a tirare avanti loro due. Quando invece provava a concentrarsi sugli ultimi momenti della mamma non ci riusciva, ricordava solamente il vento di terrore sulla sua pelle e l’odore della paura che gli riempiva i polmoni, ognuno tremava per sé.

Caccio il viso sul cuscino strofinandolo per impedire alle lacrime di scendere sulle guance più di quanto non avessero già fatto, doveva pensare alle cose belle adesso. Si sollevò di scatto dal letto e aprì l’armadio, scostò i vestiti più lunghi cercando di leggere i titoli dei libri ammucchiati sul fondo di legno e ne prese uno abbastanza sottile. Si risiedette sul letto accarezzando la rigida copertina colorata, molto più grande di quella degli altri libri. I colori erano tenui e sbiaditi, su tutto spiccava l’immagine di un anziano che vestiva con un gilè marroncino, una camicia bianca e dei pantaloni, sedeva su una roccia e teneva su una mano un esserino minuscolo, una bambina minuscola, o era l’anziano a essere enorme?, dai capelli marroni e con una camicetta da notte bianca. Il titolo recitava a grosse lettere “Il GGG”.

Aprì la prima pagina accarezzando con gli occhi le linee di inchiostro regolari e iniziò a leggere. La storia l’aveva sempre affascinato e più volte da piccolo aveva detto di voler conoscere quella bambina di nome Sophie, lei, di giganti, ne aveva visti molti e sicuramente sarebbe riuscita a descriverglieli, magari avrebbe anche potuto incontrare il Grande Gigante Gentile. Si immerse nella lettura, le scene che si susseguivano davanti ai suoi occhi e le frasi che si completavano nella sua mente in maniera automatica tanto bene conosceva il racconto.

Sussultò quando sentì qualcuno poggiargli la mano su una spalla

-Ancora quel libro?-

Lo richiuse poggiandolo accanto a se e voltandosi verso la sorella, sapeva che a Mie non piaceva quel racconto, ma non gli avrebbe mai impedito di leggerlo

-Dobbiamo pulire?- chiese cambiando discorso, non gli andava di litigare di nuovo, sentiva già l’ansia attanagliargli nuovamente le viscere a quel pensiero. Lei annuii sospirando

-Abbiamo un sacco di lavoro da fare! Coraggio-

Balzò giù dal letto seguendola lungo le scale e poi nella locanda, appoggiati alla parete facevano sfoggio di sé una scopa e degli stracci buttati in un secchio pieno d’acqua.

-Io spazzo- affermò velocemente afferrando la scopa e correndo dall’altra parte del locale iniziando a lavorare, sentì la sorella sbuffare e sorrise, sapeva che pulire con gli stracci era un lavoro decisamente più lungo e noioso e non ci teneva proprio ad allungare la propria agonia.

 

Mie sbuffò prendendo stracci e secchio iniziando a pulire i tavoli e il bancone, appena Mihir avesse finito si spazzare avrebbe anche lavato per terra. Durante la giornata, nonostante il lavoro, il pensiero della lettera non aveva fatto altro che ritornargli in mente e più volte aveva sfiorato quella pallina che teneva in tasca. Si era calmata e aveva provato a pensare razionalmente ai pro e contro della sua decisione, eppure continuava a tornargli in mente l’immagine di quei due ragazzi fuori dal locale, in un vicolo con Mihir. Da soli. Avrebbero potuto fare qualsiasi cosa e ciò le metteva addosso un’agitazione folle. Non era successo niente infondo e si sarebbe assicurata che non succedesse più nulla del genere eppure… strofinò con più forza lo straccio sul piano di legno cercando di togliere una macchia. A volte il comportamento di Mihir la mandava in panico, era un bambino intelligente, ma nonostante ciò pareva non rendersi conto dei pericoli più concreti che lo circondavano, inoltre quando si faceva prendere dalle emozioni si comportava incoscientemente.

Eppure erano stati gentili con lui e avevano evitato che si facesse male. Non era un’idiota e per quanto il pensiero irrazionale le dicesse di mandare tutto all’aria sapeva che per afferrare un bambino che cadeva all’improvviso ci volevano i riflessi pronti e che, soprattutto, era una di quelle cose che o viene istintiva o non viene proprio. Quei due volevano davvero impedire che Mihir si facesse del male cadendo e per questo l’avevano afferrato per tempo. Nonostante ciò erano da soli con lui in un vicolo. Senza avvertirla. E sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa.

Si trattenne con tutte le sue forze dallo sbattere un pugno sul tavolo e immerse lo straccio nell’acqua fredda per sciacquarlo. L’avrebbero pagata per il suo aiuto. Certo i soldi in casa non mancavano, ma bisognava essere realisti, neanche abbondavano. Se un giorno fosse successo qualcosa e si fossero ritrovati con dei debiti come avrebbero fatto? Avere un po’ di soldi da parte era sempre bene, soprattutto da quando non c’era più Corinne a tenere la contabilità della casa. Ma era il modo giusto di ottenerli? Di una cosa era certa, avevano azzeccato in pieno il fatto che non approvasse i metodi usati dagli Unicorni, quegli uomini gli davano il voltastomaco, sfruttavano il loro potere per ottenere tutto quello che volevano disinteressandosi di qualunque altra cosa. Ma chi gli avrebbe garantito che aiutarli avrebbe cambiato la situazione? Certo, cambiare era come fare una scelta a scatola chiusa, poteva andare peggio, ma poteva anche andare meglio. La domanda era quindi se lei se la sentiva di rischiare e provare a cambiare le cose o se, tutto sommato, gli andava bene restare così.

-Fatto!-

La voce squillante di Mihir riempì il locale vuoto e attirò la sua attenzione. Il bimbo poso la scopa contro il muro per poi girarsi verso di lei

-Papà?-

-Sta preparando la cena- rispose tornando a lavare il bancone

Mihir annuii scomparendo dietro la porta e lei tornò a strofinare lo straccio, cosa avrebbe fatto?





Note e Scleri dell'autrice:
Ehy gente! Vi piace questo capitolo? Probabilmente molti di voi lo avranno trovato noioso, ma ci volgiono anche i capitoli di intermezzo ogni tanto in una storia quindi mi dispiace, ma per stavolta va così. Nonostante ciò esprimete pure le vostre opinioni (sono criosa di conoscerle) tramite le recensioni, esistono per questo no?
Piccolo appunto, "Il GGG" è un libro che esiste davvero e fa parte della letteratura per ragazzi, scritto nel 1892 da Roald Dahl è praticamento perfetto per questa ambientazione; infatti parla di questa ragazza, Sophie, che vive in orfanotrofie e una notte, svegliandosi, vede un gigante. QUesto, per evitare che lei sveli a tutti la sua esstenza, la rapisce portandola nella sua casa dove gli dice di chiamarsi GGG (Grande Gigante Gentile, appunto) e gli spiega che non vuole farle del male, il suo compito è semplicemente quello di dare i sogni alle persone e non poteva rischiare che Sophie dicesse a tutti della sua esistenza. Gli dice inoltre che esitono molti altri giganti oltre a lui, che però sono cattivi e mangiano esseri umani (vi ricorda qualcosa per caso?). I due insieme ordisconoun piano per farli sprofondare in una fossa dove vivranno per sempre senza dare più fastidio agli umani e poi Sophie e il GGG andranno a vivere insieme in una casetta felici e contenti. Questo è il sunto del libro, letto da bambina, e che consiglio a tutti quanti (per i più sfaticati esiste anche il film XD). Ho pensato che sarebbe stata una lettura azzeccatissima per Mihir, voi che ne pensate?
E ora passiamo alla domanda della settimana (abbastanza intuibile):

Mie accetterà la proposta di lavorare con Levi e Farlan?
A- Sì
B- No

Votate numerosi e ricordate che voi siete (letteralmente) questa storia! Aspetto le vostre recensioni o i vostri MP!
A Mercoledì,
Imoto-chan


  
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