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Autore: AmortentiaLethifold    21/09/2017    0 recensioni
Dal testo:
Non so come diavolo io sia finita qui, e non so neanche il perché.
“Non è vero, il motivo lo so benissimo” mi rimprovero da sola.
Sono sull'ultimo gradino del numero 12 di Grimmauld Place ed è la prima volta, dopo che io, Harry e Ron siamo fuggiti per andare alla ricerca degli Horcrux, che ci metto piede.
La prima volta dopo otto anni.
Mi appoggio con quasi tutto il mio peso alla porta per cercare di aprirla, quando questa quasi cede con uno schianto. Stringo i denti, spero di non aver svegliato quell’orrida megera dipinta nel quadro...
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Sono passati sette anni dalla conclusione della II Guerra Magica, ma Hermione realizza solo adesso che i pericoli sono ben lungi dall'essere sepolti e le speranze sono tutt'altro che vanificate.
Genere: Introspettivo, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Remus Lupin, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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HERMIONE'S POV

Scelgo volutamente non usare l’incantesimo Lumos per farmi luce mentre percorro i pochi metri di corridoio fino alle scale mentre continuo a lambiccarmi il cervello su chi potrebbe essere arrivato in casa, e soprattutto come, considerato che l’incanto Fidelius è stato ripristinato dopo la fine delle battaglie.
Comincio a scendere qualche gradino con una lentezza esasperante, azzerando il mio respiro e facendo meno scricchiolii possibile. Vedo la luce che filtra dalla cucina, ma quella so di averla lasciata accesa io, tuttavia sul pavimento noto il guizzare di un’ombra, sembra che vada avanti e indietro per la stanza.
Mi fermo appena giungo alla fine dei gradini ed indietreggio per poi chinarmi nel sottoscala in penombra perché purtroppo, nonostante l’incantesimo che mi protegge, potrei essere vista. Freno l’impulso di darmi una manata sulla fronte quando mi ricordo di aver lasciato sulla sedia davanti al camino della cucina il mio foulard e la borsa con i documenti.
Ottimo, basta aprirla per sapere che ci sono anche io qua.
Che razza d’idiota.
Sento una imprecazione a mezza voce così decido di muovermi per vedere ci è l’intruso. O meglio, l’altro intruso, e nel caso posso sempre sfidarlo, abbatterlo e modificargli la memoria aiutandomi con l’effetto sorpresa.
Facendomi forza di questo rinnovato spirito battagliero, accenno qualche passo in avanti ed entro nel cono di luce della porta, faccio scorrere gli occhi intorno alla cucina ed il mio sguardo si ferma all’istante su una figura piccola, forse perché chiamata in avanti, che mi dà le spalle.
“Cristo – In questi giorni sto imprecando davvero più del lecito – sembra Remus” penso.
 
<< Cosa ci fai in questa casa? >> Il mio esordio lo faccio così, con tono chiaro ma tranquillo.
L’uomo che mi dava le spalle si gira vorticando su sé stesso e scorgo chiaramente le pupille dilatate che annaspano cercando di dare un corpo alla mia voce.
Mio malgrado sorrido così, con un altro movimento fluido, mi rendo visibile ma non metto via la bacchetta e rimango in posizione di difesa.
<< Non ci credo. Hermione Granger. Cosa ci fai tu qui? Sono anni che non ti vedo. Sei stata tu a rassettare? >> il suo tono è strano, non mi piace.
Stringo gli occhi come due fessure e lo scannerizzo senza rispondere alle sue domande: è un po’ malandato, come lo è sempre stato, ma il suo cipiglio è arrogante e presuntuoso e un po’ ci rimango male. Eravamo molto legati, anni fa, invece adesso sembriamo ad un passo dallo scannarci a vicenda… E dire che è sempre stato un uomo dolcissimo, nonostante le sue condizioni, e ricordo che mi ero presa una cotta per lui a 13 anni, quando era il mio insegnante.
<< Sei tu? >> Chiedo semplicemente. Le abitudini sono dure a morire purtroppo, così gli intimo di identificarsi meglio. Lui si rilassa, prende una sedia, ci cade letteralmente sopra e risponde alla mia richiesta.
<< Comprendo la tua sorpresa nel vedermi qui, Hermione, ma credo che tu possa immaginare che ho provato la stessa cosa quando ho notato le cose che avevi lasciato qui >> conclude con un gesto, indicando i miei effetti personale dalla parte opposta del tavolo.
<< Non capivo chi potesse esserci. Ovviamente una donna, lo avevo dedotto, ma non ho pensato a te. È diverso tempo che non ti fai viva, né con me né con i tuoi amici >> Sembra un rimprovero ed io incasso male.
<< Così hai cercato di spaventare l’intruso mettendoti a lanciare pentole in giro per la stanza? >> ironizzo.
Rimango in piedi, non so ancora se fidarmi. Lui non ricambia più la mia ostilità, anzi, si apre in un sorriso e si posiziona meglio contro lo schienale.
<< A dire la verità, sono inciampato in quell’enorme pentola a pressione che penso tu abbia appoggiato sul muretto del focolare. Sinceramente non mi aspettavo una stoviglia in quel posto, così neanche ho prestato attenzione a dove mettevo i piedi >>.
<< …Ah >> replico.
Sento l’ansia scivolarmi di dosso così incurvo le spalle, continuando a stringere convulsamente la bacchetta, e mi posiziono su una sedia a casaccio di fronte a lui. Continuo a guardarlo, analizzo la luce dei suoi occhi e la capigliatura arruffata, poi passo al viso.
Mi sfugge un piccolo sospiro quando vedo delle nuove cicatrici che gli rovinano il le guance, gli tagliano il lobo sinistro e gli si confondono appena con la barba.
Mi appoggio anche io allo schienale e gli chiedo come sta, cercando di concentrarmi su altro.
<< Non mi lamento. Ultimamente faccio fatica a trovare lavoro, ma penso che tu conosca molto bene le condizioni dei lupi mannari nella società. Comunque, a parte quello, non ho altro da dire. Sono venuto qui a Grimmauld Place perché so che Harry ha intenzione di disfarsene, anche se non ho afferrato benissimo il motivo. Sono venuto a dare un ultimo saluto a quello che rimane di Sirius. E poi ho incontrato te. Come stai? >> l’ultimo suo sorriso con cui mi rivolge questa domanda mi scioglie del tutto il blocco di remore che covavo sullo stomaco.
<< Neanche io mi lamento. La condizione dei lupi la conosco, ed io ed il mio collega stiamo facendo qualche ricerca extra per vedere come si può arginare la situazione.
Ritengo che il problema principale sia che il Ministero per primo dimostra ancora reticenza nei confronti di questo genere di creature >> lo guardo ma non ha nessuna reazione, così continuo con la teoria: << e penso che sia un passo avanti cominciare ad assumere personale con questo piccolo… problema peloso>> concludo con un accenno di sorriso, al ricordo di quando Lupin raccontò la situazione in cui nacque questo modo di definire la licantropia di cui è affetto.
<< Quindi credi che se il Ministero dimostrasse benevolenza... >>
<< No, non proprio benevolenza, solamente di considerare le persone affette come dipendenti qualunque. La pozione Anti-lupo e qualche incantesimo possono benissimo ovviare la pericolosità che si manifesta una notte al mese>>.
<< Hermione, la gente non solo crede che siamo pericolosi, ma che gioiamo della nostra condizione e che il nostro fine ultimo sia quello di infettare persone… Bambini >> Remus è decisamente sconsolato.
Lo guardo e fatico a credere che parliamo di un argomento così delicato quando fino a poco fa eravamo così ostili. Per dimostrare che ho messo da parte la mia scontrosità, mi allungo sul tavolo e gli sfioro una mano martoriata dai graffi per attirare la sua attenzione.
 << Remus, tu non hai proprio nulla di cui affliggerti. Sei un ottimo insegnante, hai rischiato la vita per Silente e per l’Ordine, hai salvato Hogwarts. Non crogiolarti nella disperazione, sei un uomo di immenso valore >>.
Lo vedo che ricambia il sorriso ed incurva un poco le spalle in avanti:
<< Hai ragione, lo so. Ma a volte, spesso a dire la verità, mi lascio abbattere dalla mia stessa solitudine. Più volte mi ritrovo a pensare a Dora, all’idea che potessi avere un figlio da lei. Invece l’ho perduta ed ogni giorno che passa, nonostante mi senta un po’ meglio, so che non recupero. A differenza di te, invece, che ti vedo molto… In forma >>.
Lo ringrazio e mentre mi alzo per prendere dell’acqua, gli racconto come invece sono giunta alla conclusione che il mio modo di recuperare fosse solo “seppellire le brutte cose sotto un tappeto nell’angolo più remoto della mia mente” e che quindi in realtà non avevo recuperato proprio niente.
Voglio accantonare l’argomento, così cominciamo a parlare di Harry, di Ginny che ormai è alle soglie del parto e di Ron; gli racconto della sua partenza e di come mi manca la sua compagnia, mentre ci vestiamo per uscire dalla casa dei Black.
 
<< Posso farti una domanda piccante? >>
Mi pietrifico mentre chiudo a chiave la porta d’ingresso di Grimmauld Place, mi auguro di aver capito male.
Mi giro e lo guardo, incitandolo silenziosamente ad andare avanti.
<< Hai più trovato un equilibrio con Ron? >>
<< Cioè se ho iniziato una relazione con lui? In realtà non saprei >> osservo le sue mani che lentamente finiscono nelle tasche del suo mantello e stringo saldamente la punta della bacchetta, infilata nella mia manica: << non credo ci abbiamo pensato. Non sul serio almeno. Avevamo iniziato a frequentarci piuttosto assiduamente ma non ho auto modo di scoprire quali fossero le sue intenzioni, perché è partito per la Transilvania poco dopo. Comunque tornerà tra sette o otto mesi, e sinceramente non vedo l’ora >>.
<< Ah… Bene. >>
Quando gli chiedo il perché della domanda lui guarda la strada davanti a sé e alza le spalle con noncuranza << Niente, ricordo che la sua passione per te era ben manifesta negli ultimi anni di scuola. Mi chiedevo se alla fine qualcosa fosse andato in porto, visto che per Harry è stato così. Ovviamente non intendo paragonarti a loro, ma l’amore di Ron ha radici ben più antiche rispetto a quello di Harry per Ginny >>.
Annuisco e con un gesto gli faccio intendere che non mi sono offesa.
Una ventina di minuti più tardi arriviamo davanti alla porta di casa mia e quando guardo l’orario – cavolo, le 19.45 – Chiedo a Lupin se vuole rimanere a cena a casa mia.
<< Ti ringrazio, Hermione, ma preferirei di no. La luna piena è tra pochi giorni e non vorrei avere delle reazioni poco consone >>.
“Poco consone per cosa?” mi verrebbe da chiedergli, ma taccio e accetto il rifiuto.
<< Nessun problema Remus. Ora devo proprio andare, ho saltato mezza giornata di lavoro per venire a Grimmauld Place e devo recuperare il tempo perduto. Se vuoi ci possiamo tenere in contatto ed uscire, quando ti va. Mi farebbe piacere >> mi viene da aggiungere stupidamente.
Non vorrei che si facesse idee strane di me, anche se comunque non so che genere di idee.
Lui annuisce e per salutarmi allunga esitante la mano per scostarmi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lo lascio fare, io di rimando gli stringo appena il braccio e lo guardo mentre raggiunge le vicinanze di un cespuglio in giardino e si smaterializza.
 
Con un enorme sospiro cerco di liberarmi del peso sedimentato all’altezza della bocca dello stomaco: incontrare Remus Lupin è stata la ciliegina sulla torta del periodo di sconforto iniziato giorni fa.
Mi scervello cercando di capire come poter risolvere la condizione dell’uomo e analogamente di risolvere la questione della casa dei Black.
Mentre mi svesto per farmi una doccia, passo davanti alla camera da letto e lancio un’occhiata alla cartellina del misfatto: davvero ho fatto bene a “rubare” una pratica che non è mia? Mentre mi sciolgo i capelli e mi infilo nella vasca mi domando cosa succederebbe se Harry volesse che la questione venisse chiusa e Iklebogg non trovasse le carte. Dentro la mente mi esplode una scena in cui Marcel viene redarguito duramente dal Ministro e viene retrocesso ad un lavoro di grado inferiore solo perché incapace di trovare dei documenti, documenti che possiedo io e che custodisco in uno dei cassetti della toeletta in camera.
Immergo la testa sotto il pelo dell’acqua e immagino di sciacquarmi di dosso quei brutti pensieri.  
 
oOo
 
<< La mia vita è proprio una routine, Marcel. >> con poca grazia mi rivolgo in direzione del mio compagno d’ufficio.
Praticamente negli ultimi due anni, da quando ho cominciato a lavorare dentro al Ministero, la mia esistenza si divide tra lavoro in ufficio, lavoro a casa e praticamente nessuna relazione sentimentale seria. In effetti neanche poco seria, insomma niente di niente.
Non che sia un peso, per me.
Voglio dire, non ho mai avuto mirabolanti esperienze alle spalle quindi ho imparato ad adattarmi alla condizione di solitudine che mi sono autoimposta ed ho limitato le interazioni a quelle solamente lavorative.
Ovviamente i corteggiatori non mi sono mancati, lo devo ammettere, specialmente durante il mio ultimo anno di Hogwarts, cinque o sei anni fa. Ma per quanto mi riguardava allora, non avevo nessun impulso alla socializzazione con l’universo maschile, almeno non oltre quella che per me doveva limitarsi a chiari rapporti di amicizia.
Per questo con Iklebogg ricordo di aver legato in breve tempo: era un ragazzino così normale che l’unica cosa che voleva era essermi un po’ amico e avere qualcuno disposto ad ascoltare le sue chiacchiere, nulla più.
<< Ti annoi? Cos’è, adesso che non c’è più Tarnoskij che ti fa annodare il cervello non sai che fare? >> sardonico, avrei voglia di tirargli dietro qualcosa, ma mi ritrovo a sorridere.
La faccenda Tarnoskij, vecchia ormai di più di un mese, si è poi rivelata una cavolata colossale poche settimane fa: lui aveva tradito lei, lei voleva lasciarlo ma il matrimonio tra purosangue d’alto rango era un vero contratto difficile da sciogliere. Lei si è vendicata nell’unico modo che conosceva, ossia denunciandolo quale conoscitore di magie oscure, roba da non credere. Alla fine hanno deciso di comune accordo di lasciare perdere l’accusa e la futura udienza per lavarsi i panni sporchi in casa propria… Quando sono venuta a saperlo avrei voluto lanciare delle Caccabombe ovunque.
Comunque quest’episodio mi ha aiutata a maturare l’idea che io, sul serio, non sono fatta per questo genere di mestiere, e più ci penso più mi viene voglia di licenziarmi. E poi ci ripenso, magari soltanto un anno sabbatico sarebbe sufficiente.
O forse no.
Non so cosa fare, questi tentennamenti non sono per niente da me. Il che mi manda ancora più in confusione.
Mentre mi perdo in queste elucubrazioni mentali mi accorgo che sto fissando di traverso Marcel e che lui a sua volta mi guarda stranito. Poveretto.
<< Senti, io me ne vado. A fare un giro, intendo >>.
Lui con un’alzata di spalle mi fa cenno di aver capito e abbassa di nuovo la testa sul Promemoria che stava scrivendo, per poi dargli un colpetto con la bacchetta una volta finito e farlo volare via.
 

Mi ritrovo seduta a braccia conserte su una delle quattro panchine che circondano la Fontana dei Magici Fratelli e sento la mia faccia assumere un’espressione torva nel mentre che la osservo.
Non credo ci sia qualcosa di più ripugnante di questa rappresentazione aurea del complesso di grandezza di cui erano affetti i Ministri ed in generale i maghi e le streghe del passato. Mentre elaboro il mio disgusto apertamente, sento un fruscìo ed un piccolo sussulto della panchina, così mi giro per vedere chi si è seduto di fianco a me.
<< Buongiorno >> un sorriso caldo incontra il mio sguardo quando realizzo che è Lupin a salutarmi.
  
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