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Autore: Tigre Rossa    22/09/2017    3 recensioni
Al mio gemello di carta ed inchiostro. Buon compleanno Bilbo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Matto, pazzo, strano Bilbo Baggins

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell' esistenza.

-Sir Arthur Conan Doyle

 

 

 

Mi chiamo Bilbo, Bilbo Baggins.

Ho cinque anni e sono l’unico figlio di Bungo Baggins e Belladonna Tuc. Ho i capelli scuri e gli occhi chiari, e sono un piccolo hobbit come tutti gli altri. Beh, forse non proprio come tutti gli altri. Certo, mi piacciono i fiori, il cibo e giocare come ad ogni altro hobbit, ma per il resto . . . sono un po’ diverso, ecco.

Mi piace ascoltare le storie folli e piene di magia che mi racconta sempre mia mamma per farmi addormentare, e mi faccio leggere da mio papà tutti i libri che trovo.

La Contea per me è grande e piccola allo stesso tempo, mi piace esplorarla e scoprire ogni suo segreto, ma vorrei andare lontano, molto più lontano. Mi perdo per ore nei boschi, seguendo le lucciole e le stelle, e spero sempre di incontrare un elfo e magari sentirlo cantare. Mamma sostiene che il canto degli elfi è pura magia, e se lo dice lei deve essere vero! Mi piacerebbe tanto poterlo ascoltare. Se proprio non è possibile di un elfo, almeno di un nano. I nani sono meno eleganti degli elfi, o almeno così mi ha raccontato Gandalf, l’amico di mamma che porta sempre dei bei fuochi d’artificio, ma mi piacerebbe incontrarli quasi più che degli elfi.

E mi piacerebbe tantissimo vivere un’avventura, come quelle dei racconti della mamma, con un gruppo di compagni che possa essere per me una nuova famiglia.

Anzi, non voglio vivere solo un’avventura, ma dieci, cento, mille, così tante da riempire una vita intera. Quante avventure ci vogliono per riempire una vita? Non lo so, ma voglio viverle tutte!

Però a nessuno, ad ovest di Brea, piacciono le avventure. Gli hobbit più grandi preferiscono stare seduti fuori dalle loro casette a fumare, mentre i bambini come me non vogliono ascoltare racconti, né guardare le stelle, e nemmeno esplorare i boschi. Hanno addirittura paura del fiume, e preferiscono restare al caldo, a mangiare biscotti ed a dormire. Mi guardano sempre male quando gli propongo di giocare con me, e se gli chiedo di andare a cercare gli elfi mi prendono in giro.

A dire il vero, mi prendono sempre in giro.

Dicono che sono . . . com’è quella parola? Ah sì, strano. Significa diverso, ma un diverso brutto. Non diverso come una rosa bianca invece che rossa, ma un diverso da evitare, che non piace a nessuno. Non sono come loro, o almeno gli altri dicono così. Non sono uno hobbit normale, e per questo mi lasciano solo e non giocano mai con me.

Ma io non capisco.

Perché mi rende strano voler vivere un’avventura?

Perché mi rende diverso sognare?

Perché non è normale per uno hobbit parlare di stelle e canzoni ed elfi? Sono le cose più belle che esistono! Perché a nessuno piacciono?

Nemmeno al mio papà piacciono, e mi dice sempre di cercare di essere come gli altri bambini. Ma io non voglio.

Perché dovrei rinunciare a qualcosa di così bello solo per essere come gli altri? Io voglio essere Bilbo, non gli altri!

La mamma è l’unica che mi da’ ragione. Quando vado da lei mi abbraccia forte forte e mi dice di restare sempre me stesso e di non cambiare mai per nessuno. Mi dice che devo essere fiero di essere strano. Mi dice che tutti i grandi eroi, i guerrieri e i protagonisti delle grandi storie erano diversi, e questo li rendeva speciali. E che anche io sono speciale, nonostante gli altri non lo vedano.

Non so ancora se crederle o no, ma se lo dice la mamma deve essere per forza vero. E poi, speciale suona molto meglio di strano.

 

 

Mi chiamo Bilbo Baggins, ma tutti mi chiamano Bilbo il Buffo.

Ho trentatre anni, i capelli che da neri sono diventati una via di mezzo tra il castano e il biondo e gli occhi pieni di sfumature. Ho questo soprannome da talmente tanti anni che non ricordo nemmeno più da quanti esattamente. So solo che non riesco a scrollarmelo di dosso.

Gli altri hobbit mi hanno sempre preso in giro per il mio essere un po’ insolito.

Io per loro sono sempre stato e sono ancora quello diverso, quello strano. L’unico che preferisce un bel libro di leggende a complicati ed elaborati alberi genealogici. L’unico che resta alzato fino a tardi a guardare il cielo ed a fantasticare. L’unico che invece di ubriacarsi resta in un angolo a scrivere poesie e racconti. L’unico che si spinge sempre più lontano, senza mai seguire la stessa strada, e che guarda la Via con un misto di desiderio e brama, sommato ad una lieve malinconia. L’unico che baratterebbe volentieri il proprio comodo buco hobbit per un’avventura come quelle che si raccontano davanti al camino, mentre fuori cade la neve.

Lo ammetto, le loro battute e i loro scherzi mi hanno fatto sempre un po’ male, abbastanza da ferirmi.

Pian piano ho cercato di limitare le mie ‘stranezze’ per evitare le peggiori cattiverie e le cicatrici più dolorose, sia per me che per il mio povero padre, che non ne poteva più.

Ho smesso di parlare in pubblico di leggende e di elfi, di cantare di fronte agli altri ragazzi e di farmi notare quando vado ad esplorare i boschi. Ho iniziato a discutere di giardini, birra, cibo ed erba pipa. Tutte cose che mi piacciono, per carità, ma non tanto come il resto. Ho dovuto nascondere e limitare un po’ le mie passioni, se non volevo essere tormentato giorno e notte.

Non mi sono mai trasformato, non davvero. Ho solamente tenuto il mio essere strano lontano dagli occhi di chi non capisce, e sono rimasto a cantare le mie poesie nel mezzo della notte, in compagnia solo della luce delle stelle. Un piccolo compromesso che mi ha dato un minimo di pace, seppur fragile, e che ha rassicurato papà, il quale finalmente dopo tanti anni sembrava soddisfatto.

L’unica a non esserne contenta era la mamma. A lei non è mai andato giù che fingessi per non essere tormentato. Voleva che io fossi me stesso sempre e comunque, sia da solo che con gli altri. Voleva che non mi vergognassi del mio essere strano, ma che lo portassi come una corona, fiero ed orgoglioso.

Me l’ha ripetuto per anni, dopo che papà è morto convinto che sarei diventato presto uno hobbit come si deve. È stata l’ultima cosa che mi ha detto prima di chiudere gli occhi per sempre e raggiungerlo.

“Rimani te stesso, mio piccolo Bilbo. Rimani te stesso e se qualcuno ti chiama strano, sii fiero della tua stranezza e usala per rendere straordinaria la tua vita.”

Per lei era facile, dire quelle cose. Lei era forte, coraggiosa, sicura di sé. Nessuno parlava alle sue spalle, nessuno la isolava o la faceva sentire sbagliata. E se anche si sentiva sola, aveva accanto una grande famiglia su cui contare che non l’avrebbe mai lasciata.

Ma io non sono lei.

Io non sono forte, né coraggioso, e nemmeno sicuro di me.

Sono sempre stato isolato, considerato il diverso, l’unica erbaccia in un giardino altrimenti magnifico.

E ora sono rimasto solo, solo in questo posto che non sento mio, con gente che non mi accetta.

Come posso rimanere me stesso, così? Come posso essere fiero del mio essere strano?

Semplicemente, non posso.

Se mi ostinerò a restare così, resterò solo per tutta la vita, solo e disprezzato.

E io non voglio.

Non voglio essere da solo.

Non voglio essere considerato sbagliato.

Non ce la faccio.

Scusami mamma, ma non ce la faccio.

 

 

Mi chiamo Bilbo Baggins, e ormai tutti hanno smesso di chiamarmi il Buffo da un bel po’ di tempo.

Ho cinquant’anni ora e sono tra gli hobbit più rispettati della Contea.

Vivo da solo, una vita comune e semplice come tante altre, e mi va bene così. Le persone mi salutano per strada, mi chiedono pareri sui loro giardini, mi invitano per la seconda colazione e si complimentano per i miei anelli di fumo. Pian piano, giorno dopo giorno, anno dopo anno, ho guadagnato il rispetto della mia gente, cancellando decenni di prese in giro e pregiudizi.

Sono dovuto cambiare molto per riuscirci, lo ammetto. Ho dovuto eliminare tutti quei comportamenti che mi classificavano come diverso.

Le leggende hanno lasciato il posto alle ricette, le poesie alle chiacchiere di mercato, le lunghe esplorazioni a pigre passeggiate, i sogni ad occhi aperti a giornate sempre uguali.

Ho rinunciato all’avventura, prima andando contro la mia volontà, e dopo quasi senza rendermene conto.

Sono cambiato veramente tanto. Se ripenso al piccolo bambino hobbit che ero una volta mi viene l’istinto di nascondermi il viso tra le mani.

Ma cosa avevo in mente allora? Uno hobbit che voleva diventare un avventuriero, un guerriero, un eroe addirittura? Ridicolo, assolutamente ridicolo.

Ero strano davvero, lo ammetto. Mi illudevo di essere speciale, ma in realtà ero solo troppo strano. Ma mi sono rimesso in riga. Ora sono uno hobbit perfettamente rispettabile, e grazie tante!

Mio padre sarebbe così fiero di me. Ormai gli somiglio così tanto che faccio fatica a riconoscermi. Dubito però che mia madre sarebbe ugualmente contenta. Lei non ha mai voluto che mi adeguassi agli altri. Voleva che rimassi me stesso, sempre e comunque.

Non capiva cosa significasse essere se stessi in un mondo che non ti vuole.

Non capiva cosa significasse, essere diverso.

Ho fatto bene a cambiare, anche se temo che lei non lo accetterebbe mai. Anzi, lo so per certo. Oggi è stato proprio uno dei suoi vecchi amici a confermarmelo. Quel Gandalf, quello stregone vagabondo che conoscevo da bambino.

Si è presentato di fronte a casa mia all’improvviso, e si è messo a farneticare di avventure e imprese e questo genere di cose, e poi mi ha guardato con quegli occhi profondi e mi ha detto con voce grave “Sei cambiato, e non esattamente per il meglio, Bilbo Baggins”.

Ha cercato di convincermi ad unirmi a lui in un’avventura, e mi è sembrato parecchio deluso quando gli ho detto di no e me ne sono andato in tutta fretta. O meglio, mi sono rifugiato nel mio buco hobbit come uno scassinatore nel suo covo.

Lo ammetto, però, che la sua visita e le sue parole mi hanno scosso più di quanto vorrei. Non mi aspettavo un simile tuffo nel passato, né che il mio cuore si stringesse di gioia nel sentire accennare ad un’avventura. Ho tentato di mascherarlo nel miglior modo possibile, ma temo che se ne sia accorto. Sono dovuto fuggire nella mia casetta, per paura di tradirmi.

Dopo tutto quello che ho fatto per diventare uno hobbit come tutti gli altri, non credevo che il semplice accenno ad un’avventura potesse scuotermi tanto.

Non credevo che quel Bilbo che ho tentato invano di sopprimere sarebbe tornato a farsi sentire così, all’improvviso.

Il sognatore, il diverso, lo strano.

No, no. Quel Bilbo è morto tanto tempo fa.

Quello che ho sentito era solo un fantasma, un‘ombra di un passato che ormai ho cancellato dalla mia vita, che si consumerà fino a svanire, se non le darò modo di rafforzarsi ancora una volta.

Non mi servono avventure, per essere felice. Sono un Baggins di Casa Baggins. Ho i miei libri e le mie mappe. Il mio mondo è tutto qui. Non ho bisogno di quello che c’è là fuori.

 

 

Mi chiamo Bilbo Baggins, e sono . . . ero lo scassinatore della Compagnia di Thorin Scudodiquercia.

Ho cinquantuno anni, e credo di aver perso il rispetto che ho guadagnato in tanti anni di finzione quando sono partito per vivere l’avventura della mia vita. O forse quando sono tornato, portando con me la magia di una vita fuori dagli schemi. Non so dirlo, ma non mi importa più di tanto.

Sì, alla fine Gandalf è riuscito a trascinarmi fuori dalla porta del mio buco hobbit.

Lui e quei dannati tredici nani sono entrati nella mia vita all’improvviso, quando non mi aspettavo più niente, e l’hanno completamente stravolta. Hanno preso tutto quello che ero stato fino a quel momento, l’hanno ridotto in mille pezzi come se fosse una foglia secca e mi hanno trasformato in qualcosa di completamente diverso.

Con il loro canto, profondo e antico come le montagne, hanno risvegliato quel cuore avventuroso di cui a lungo avevo soffocato i battiti.

Con i loro sorrisi, le loro risate, il loro orgoglio ed i loro cuori fieri ma generosi hanno saziato quella sete di vita che avevo cercato di ignorare per tanto tempo.

Mi hanno incastrato, in qualche assurdo, strano modo.

Mi hanno dato un assaggio di quello che avrei potuto avere, se fossi stato abbastanza coraggiosa da uscire da quei limiti che mi ero imposto, e quando se ne sono andati non ho resistito più.

Il vecchio Bilbo di tanti anni fa, il Bilbo che credevo di aver ucciso molto tempo prima, ha ripreso il controllo. Mi ha urlato nell’orecchio, mi ha dato dello stupido e mi ha sventolato davanti quel maledetto contratto.

E allora, senza nemmeno rendermene conto, ho preso per la prima volta in mano la mia vita.

Sono uscito da quella porta e sono corso incontro alla mia avventura.

È stata tutto quello che sognavo da piccolo e molto di più.

Ho seguito la Via che mi chiamava per nome da sempre, con piedi alati e il cuore leggero, senza alcun pensiero al mondo. Ho sentito il vento tra i capelli, il suono di una lama in battaglia, la melodia dei passi lungo la strada. Ho ascoltato il canto dei nani e anche degli elfi, ho visitato luoghi incantati e posti terribili, ho dormito sotto le stelle e ho visto diventare realtà le antiche ballate.

Ero felice, veramente felice, di una felicità nuova, che non avevo mai conosciuto.

Non ero nel mio buco hobbit, eppure per la prima volta lì, in mezzo a quella folle compagnia di nani, mi sono sentito a casa.

Con loro, sotto le stelle, sentivo di aver trovato il mio posto.

Ho incontrato qualcuno che mi ha fatto sentire come in una famiglia, una vera famiglia. Qualcuno per cui ero strano, sì, ma uno strano buono, uno strano meraviglioso. Uno strano che profumava di speciale. Uno strano che non era più una condanna, ma un dono.

Non sono diventato un eroe né un guerriero, questo è vero, ma ho combattuto al loro fianco, li ho chiamati amici e fratelli, li ho protetti come se ne andasse della mia stessa vita.

Non sono riuscito a salvarli tutti, però. È questo il mio unico, grande rimpianto di quell’avventura. Aver trovato la mia famiglia e non essere riuscito a tenerla al sicuro. Aver perso tre delle persone a cui più tenevo in tutto il mondo. Non essere riuscito a proteggere la cosa più bella che sia mai stata mia.

Quando sono tornato, l’ho fatto con il cuore pesante e la Montagna Solitaria impressa a fuoco nell’anima.

Ho ripercorso da solo quelle stesse strade lungo le quali avevo imparato a conoscere i nani che, ormai lo so, mi porterò dentro per il resto della mia esistenza, e ne ho sentito la mancanza come se mi avessero strappato via una parte di me.

Avrei voluto voltarmi e tornare indietro, da loro, ma sapevo che la mia avventura era finita e che era giunto il tempo di tornare a casa.

Una casa che però non sento più come tale.

La Contea, con i suoi fiumiciattoli e le sue dolci colline, non mi è più di alcuna gioia. Mi va stretta, come se dopo aver visto le montagne non riuscissi a sopportare di vivere qui, dove tutto è immobile e sempre uguale.

Non è più il mio posto, e lentamente e in fretta allo stesso tempo se ne stanno accorgendo tutti.

Ho tentato di riprendermi indietro la mia vecchia vita, senza nemmeno troppa convinzione, e non ci sono riuscito.

Non sono più lo stesso hobbit che ha lasciato Casa Baggins in una calda mattina soleggiata, e non lo sarò mai più.

Gandalf mi aveva avvisato che non sarei più stato lo stesso, ma non credevo che il vecchio Bilbo che ero una volta sarebbe morto del tutto, lasciandomi qui a cercare di rimettere insieme i pezzi di una vita infranta da un sogno spezzato.

Ma mi piace, questo Bilbo che sono diventato.

È un po’ fragile, stranamente temerario e stravagante, particolarmente ironico e abbastanza vulnerabile, con fin troppe cicatrici, ma sento che andremo d’accordo.

È il Bilbo che dentro di me avrei voluto essere, quando ero bambino, anche se non lo capivo. È il Bilbo che ero destinato a diventare, e che mia madre vedeva quando io mi ostinavo a tenere gli occhi serrati di fronte alla verità.

Non so se riusciremo ad andare avanti, io e il nuovo Bilbo, ma ci proveremo a tutti i costi.

In fondo abbiamo dimostrato di essere dei combattenti, no?

 

 

Mi chiamo Bilbo Baggins, e tutti mi chiamano Bilbo il Matto.

Ho centoundici anni, e finalmente ho lasciato la Contea per inseguire un’ultima volta la Via.

Sono diretto a casa, alla Montagna Solitaria.

Non so se ci arriverò, ma voglio provarci. Voglio seguire la Via un’ultima volta, come un tempo. Ho fame di una nuova avventura, per quanto dubito che il mio vecchio corpo rovinato possa sopportarlo.

Sono partito in maniera inaspettata un’altra volta, gettando di nuovo nel caos la Contea. Cosa che mi ha divertito immensamente, devo ammetterlo. Probabilmente ora staranno tutti discutendo indignati, interrogando il mio povero Frodo con aria crucciata, confrontandosi poi tra di loro su quanto io sia folle e il mio soprannome azzeccato. Possa quasi sentirli da qui.

“Il vecchio Baggins è completamente uscito di senno. Da quando è tornato, sessanta anni fa, non è stato più lo stesso.”

“È  a causa del suo sangue Tuc. Anche sua madre era tutta particolare, ma non ha mai fatto nulla di così assurdo.”

“No, è stato Gandalf ad influenzarlo. Ecco cosa si rischia, a seguire stregoni vagabondi fuori dalla Contea.”

“Io credo che siano stati i nani a farlo diventare così. Da quando è partito insieme a loro è cambiato del tutto. Temo si creda uno di loro, sapete?”

“Lui è sempre stato così, fin da piccolino. Era veramente strano, non ricordate? Parlava sempre di stelle e avventure. Avremmo dovuto aspettarci una cosa del genere.”

Non ho alcuna difficoltà ad immaginare i loro discorsi, e ne rido di cuore.

Molti decenni fa sarei rimasto offeso da parole simili, ora invece non solo ne sono indifferente, ma quasi divertito.

Una volta essere definito folle o addirittura pazzo mi avrebbe ferito a morte. Ora, é quasi un complimento.

Sono consapevole di essere diverso, e probabilmente lo sono diventato ancora di più dopo la mia avventura.  Ma non mi importa.

Non mi è mai interessato davvero essere come gli altri, ordinario, banale, tristemente normale. Che gusto c’è ad essere uguale a tutti gli altri? Io non lo ero, anche se ho cercato a lungo di sembrarlo.

E quando ho capito che non dovevo per forza essere come loro, mi sono sentito rinascere. Mi sono sentito finalmente in pace. E questo nessuna delle loro chiacchiere e delle loro occhiatacce indignate può portarmelo via.

Secondo tutti loro è stata la mia avventura a rendermi così. Non gli do’ del tutto torto.

Se non l’avessi mai vissuta, temo che sarei rimasto per il resto della mia vita come mio padre, e non avrei mai scoperto chi sono davvero, qui, dove nessuno può vederlo se non io.

Sono cambiato, forse è vero, o forse sono solo diventato chi sono sempre stato anche se non riuscivo a vederlo. Ma non mi interessa.

Ho vissuto la mia avventura, ed è questo quello che conta. Ho trovato il mio posto, ho scelto la mia famiglia. E non rinnego né rimpiango niente di tutto questo.

Non mi pento di essere partito, tanti anni fa.

Non mi pento di aver lasciato quella casa, anche se quel viaggio mi ha segnato con delle ferite che non si rimargineranno mai.

Non mi pento di essermene andato, anche se i fantasmi del mio passato mi resteranno accanto fino a quando non giungerà la mia ora.

Non mi pento di essere diventato Bilbo Baggins detto il Matto, perché sono fiero di quello che sono, delle mie stramberie e delle mie cicatrici.

Non mi interessa quello che dicono sul mio conto.

Mi chiamano folle, e forse chissà, col tempo potrei esserlo diventato davvero, almeno un po’. La vecchiaia non mi ha lasciato del tutto illeso, temo, ma un po’ di follia da’ colore alla vita.

Mi chiamano pazzo, e in effetti non posso dire molto per smentirli. Solo un pazzo si infilerebbe di propria volontà nella tana di un drago, dopotutto. O sceglierebbe di partire ancora una volta alla mia età.

Mi chiamano strano, e questo senza dubbio lo sono, e ne sono pienamente consapevole.

Sono strano, lo sono sempre stato, anche se me ne sono reso conto abbastanza tardi e l’ho accettato solo molto tempo dopo. E quindi, con questo? Mi vado bene così.

Sono fiero di non essere come gli altri hobbit. Perché, se non lo fossi mai stato, Gandalf non mi avrebbe cercato.

Se fossi stato come tutti gli altri, non sarei mai entrato nella Compagnia.

Se fossi stato ordinario, non avrei vissuto l’avventura che mi ha cambiato la vita e non avrei mai incontrato la mia famiglia.

Quindi, continuate pure a chiamarmi matto, folle, pazzo, diverso, strano. A me non importa, perché è stata questa stranezza a rendere la mia vita straordinaria.

Perché a loro, gli unici che mi abbiano mai davvero accettato per quello che ero, andavo bene così come sono, senza mai definirmi davvero ‘sbagliato’.

Perché la mia vera famiglia mi ha insegnato ad apprezzarla ed amarla, questa mia stranezza.

Quindi no, finalmente non mi importa più di essere diverso. Anzi.

 

 

Mi chiamo Bilbo Baggins, e ormai ho perso il conto dei nomi che mi hanno dato e degli anni che ho vissuto.

A dire il vero, ho perso il conto di molte cose.

Delle volte in cui mi sono svegliato senza riconoscere dov’ero.

Delle volte in cui mi sono sentito perso.

Delle volte che mi sono sentito troppo stanco per vivere, e triste, e solo.

Delle volte che credevo di essere giunto al limite.

Delle volte in cui avrei solo voluto chiudere gli occhi, dire basta e raggiungere la mia famiglia, che mi sta aspettando dall’altra parte da troppo tempo.

Mi manca, mi manca da morire.

Mi mancano loro, le loro risate, quella sensazione di essere finalmente a casa, quell’avventura che ha legato i nostri destini.

Sono troppo vecchio per sopportare una simile assenza ancora per molto. Erano tutto quello che avevo, e ora sono troppo debole per resistere senza di loro al mio fianco.

Ma so che loro non vorrebbero questo.

So che vorrebbero che io continuassi, testardo come sempre, a tenere duro ed andare avanti. Che cantassi ancora le mie canzoni, che leggessi il libro con la nostra storia, che raccontassi a Frodo sempre nuovi racconti come faceva la mia mamma con me.

So che vorrebbero per me ancora molti lunghi anni.

So che vorrebbero che rimanessi fino alla fine il loro pestifero e strambo Bilbo.

Per questo mi sto costringendo a tenere duro, fino a quando non arriverà il mio momento.

E forse per questo, quando ho visto questa nave, ho capito che non mi sarei tirato indietro nemmeno questa volta, nemmeno stanco e distrutto come sono.

Perché lo strano Bilbo Baggins non può dire di no ad una avventura.

Quindi eccomi qua, a solcare il mare con Galdalf e Frodo al mio fianco, mentre saluto per l’ultima volta la Terra di Mezzo

Per un folle attimo, mi sento di nuovo il giovane Bilbo di un tempo, pronto a tutto per vivere la vita che aspettava da sempre, e mi lascio chiamare di nuovo dalla Via, con lo stesso cuore lieto che avevo la prima volta.

Sì, ora sono abbastanza vecchio, spezzato e folle da partire senza rimpianti per un’ultima avventura.

E chissà, forse questa volta la Via mi riporterà da loro, e finalmente, dopo tanto tempo, non mi sentirò più solamente strano, ma di nuovo speciale.

 

 

 

La Via prosegue senza fine
Lungi dall'uscio dal quale parte.

Ora la Via è fuggita avanti,
Devo inseguirla ad ogni costo
Rincorrendola con piedi alati
Sin all'incrocio con una più larga
Dove si uniscono piste e sentieri.


E poi dove andrò? Nessuno lo sa.
  
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