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Autore: lodoredelmare    22/09/2017    4 recensioni
“And I'll hold on to this moment you know, As I bleed my heart out to show, And I won't let go”
Avevo bisogno di vederlo, toccarlo, sentirlo e non mi importava se mi stavo umiliando. Sarei rimasta al suo fianco anche se mi aveva spezzato il cuore copiosamente, anche se era uno stronzo perché lo amavo troppo da lasciarlo andare e io non volevo. Mi sarei tenuta stretta questi piccoli momenti, gli unici che ci restavano perché le cose erano ormai troppo cambiate, avrei fatto di tutto per non lasciare che questi svanissero come fumo disperso nell’aria.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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“Sometimes a man gets carried away,

when he feels like he should be having his fun

And much too blind 

to see the damage he’s done”

Jeff Buckley, Lover You Should’ve Come Home

“A volte un uomo si lascia trascinare, 

quando pensa che dovrebbe divertirsi

Ed è troppo cieco 

per vedere il danno che ha creato”

 

In fretta la calura estiva scomparve facendo prendere posto alla freschezza autunnale che comportò l’esigenza di coprirsi il più possibile, la natura continuò il suo percorso colorando il giardino del campus e la campagna circostante con tonalità calde e tenue nonostante la presenza di un cielo grigio spesso con nuvole scure piuttosto minacciose.

Con le mattine sempre più fredde diventava sempre più difficile alzarsi presto, abbandonare quelle coperte pesanti e la morbidezza del materasso che regalava un rassicurante tepore per dirigersi in aule fredde in cui si era costretti a non posare il proprio cappotto sull’attaccapanni.

Le lezioni continuarono perpetue così come gli esami si avvicinavano minacciosi portando tutti gli studenti a studiare assiduamente, Ayame era nel panico poiché era rimasta indietro di tre esami e aveva il timore di rimanere fuori corso mentre Sango aveva cessato totalmente di continuare i suoi corsi extra scolastici sportivi per dedicarsi unicamente allo studio cacciando perfino Miroku fuori dalla nostra stanza poiché recava disturbo e distrazione.

Presi l’abitudine di studiare assieme a Inuyasha. Era uno studente diligente e come me cercava di dare il massimo all’università per questo motivo trovavo semplice studiare in sua compagnia. Nella stanza regnava sempre il silenzio quando non vi era Miroku, il ragazzo non sembrava molto preoccupato per gli imminenti test dato che rimaneva stravaccato per tutta la giornata sul suo letto a giocare al cellulare o alla playstation -mettendo ovviamente il silenzioso altrimenti Inuyasha l’avrebbe ucciso, e a stento si recava a lezione.

Inuyasha mi aveva rivelato che Miroku sembrava intenzionato ad abbandonare gli studi dato che da sempre l’università non era mai stata una sua priorità ma si era iscritto solamente sotto l’obbligo dei suoi genitori.

In seguito alla mia prima volta non ci fu giorno in cui non ci abbandonavamo alla passione e alla nostra intimità alternando, ovviamente, con sezione di studio che duravano le ore.

Passavamo molto tempo insieme. Dato che non frequentavamo lo stesso ateneo eravamo soliti incontrarci a mensa riunendoci con tutti i nostri amici -Sango sembrava passare un brutto periodo con Miroku dato che non si rivolgevano la parola e cercava di stargli il più lontano possibile, il pomeriggio lo passavamo l’uno in camera dell’altro mentre cercavamo di svagarci il più possibile nel weekend incontrandoci anche con gli altri. Ora che imperversava l’inverno era impensabile trascorrere le serate all’aperto quindi spesso raggiungevamo la camera di Koga, Ginta e Hakkaku essendo la più grande. Alle volte si univa a noi anche Kikyo.

Continuai a rimanere un po’ titubante su Kikyo rimanendo spesso ad osservarla e a fare attenzione agli atteggiamenti di Inuyasha. Si comportavano come al solito senza effusioni, erano amici da tanto tempo ormai e non me la sentivo di annoiare Inuyasha con le mie paranoie e dubbi tuttavia Kikyo iniziò a lanciarmi occhiatacce e battute di poco gusto sempre più frequenti di cui io non riuscivo affatto a rispondere a tono troppo imbarazzata e a disagio. Kikyo mi incuteva timore con la sua algida e fredda presenza, così seria e pacata da farmi rabbrividire.

Sfruttava questo suo potere nell’offendermi toccando tasti dolenti che sapeva mi avrebbero fatto soffrire; era conscia del suo ascendente su di me, di come mi sentissi sottovalutata in sua presenza, di quanto mi sentissi insignificante con lei al mio fianco e non importava quanto Inuyasha sembrasse gradire il mio corpo e la mia personalità, se inizialmente tutto ciò aveva alleviato il mio dolore accrescendo la mia autostima ora non bastava più. Bisogna prima amare se stessi. Ed io effettivamente non mi amavo, guardandomi allo specchio ripugnavo quel corpo con i fianchi troppo larghi, la pancia e le cosce troppo morbide e quel volto insignificante, mi pesavo e quell’orribile numero che compariva sulla bilancia digitale mi urlava di smettere di mangiare come un maiale.

Kikyo colpiva questi miei tasti dolenti lanciandomi frecciatine o mostrandomi continuamente quanto fosse bella, quanto fosse magra e quanto tutti la desiderassero. A risponderle erano Ayame e Sango poiché da sempre non avevano mai sofferto il suo essere così altezzoso, superbo e ridicolo -così diceva Sango, i ragazzi invece non si interessavano minimamente a quello che Kikyo diceva dato che, così come ribadivano Ginta e Hakkaku, era un piacere per gli occhi.

    “Continua a mangiare quella pizza che così ti viene la cellulite”  a quella frase posai

immediatamente il mio trancio di pizza sotto il ghigno beffardo di Kikyo allontanando poi il cartone che conteneva la restante metà di quella prelibatezza italiana. Vidi Sango ed Ayame lanciarle uno sguardo di fuoco che tranquillamente continuò a gustarsi il suo trancio mentre Inuyasha al mio fianco sembrò non essere minimamente interessato alla vicenda continuando a mangiare. Sentii solamente il suo sguardo posarsi indifferente su di me.

 

Ero totalmente immersa tra le varie coperte morbide e calde del letto quasi affogando nella tenerezza di quell’immenso piumone color panna, stavo così bene tra quel tepore così dolce e rilassante che aveva finito per farmi addormentare.

Fuori pioveva forte, il ticchettio delicato ed incessante delle gocce sui vetri della finestra mentre in lontananza si udiva il borbottio feroce ed inclemente del cielo. Non ci avrebbe affatto risparmiato una bella tempesta.

Avevo ancora gli occhi chiusi, un sorriso beato dipinto sul mio volto, la mente ancora nella fase REM, il mio corpo nudo celato da quella moltitudine di coperte e plaid colorati, i vestiti sparsi sul pavimento ai piedi del letto, l’incarto del preservativo abbandonato sul comodino accanto, il vuoto freddo e gelido al mio fianco. 

Dov’è Inuyasha? Sorrisi nel sonno nell’udire lo scrosciare della doccia, una bassa imprecazione da parte del mio ragazzo molto probabilmente perché si era fatto male. Inuyasha aveva l’abitudine di fare la doccia ad occhi chiusi perché diceva che l’acqua che gli finiva addosso gli dava fastidio e ciò comportava spesso che si facesse male.

Il mio ragazzo…mi pareva strano anche solo pensarlo, finii per arrossire e ridacchiare per poi coprirmi il volto con il pesante piumone. Io e Inuyasha non ne avevamo mai parlato, non avevamo mai definito quale tipo fosse il nostro rapporto tuttavia mi sembrava scontato, no? Ci vedevamo quasi tutti i giorni, uscivamo insieme, ci raccontavamo le nostre cose, ci baciavamo e facevamo l’amore, dovevamo essere per forza una coppia.

La mia prima relazione! A stento ci credevo, mi pareva come un sogno e avevo il timore che questo potesse interrompersi da un momento all’altro facendomi ritornare alla cruda realtà in cui passavo le mie lunghe giornate monotone e noiose in completa solitudine.

Con quella strana allegria che risiedeva in me tutte le volte che pensavo ad Inuyasha provai a riaddormentarmi attendendo quasi con impazienza il suo ritorno dalla doccia.

Avevo appena chiuso gli occhi quando un trillo non molto distante da me mi ridestò facendomi quasi sobbalzare. Mi guardai attorno circospetta notando poi posato su una pila di quaderni il telefono di Inuyasha da cui un piccola spia luminosa si illuminava ad intermittenza. L’arrivo di un messaggio, mi ritrovai a pensare.

Non mi era mai passato per la testa il pensiero di controllare ciò che Inuyasha combinasse con il suo telefono in mia assenza, l’avevo sempre trovato un gesto irrispettoso nei confronti del proprio partner poiché una relazione si basa sulla RAF: Rispetto, Amore e Fiducia, e se manca anche uno solo di questi fondamentali componenti allora è inutile stare insieme. 

Io mi fidavo di Inuyasha.

Cercai di scacciare quella piccola tentazione che si era insediata in me impertinente in maniera improvvisa senza rendermene conto.

Dal bagno iniziarono a risuonare con prepotenza le prime note di Leave Out All the Rest dei Linkin Park, gruppo che Inuyasha amava particolarmente. Aveva appena terminato di lavarsi e questo era il momento in cui iniziava ad asciugarsi e a vestirsi, lo faceva sempre accompagnato dalla sua musica preferita che si espandeva per tutto il piccolo appartamento in maniera quasi assordante.

Inuyasha ci avrebbe messo ancora un po’ di tempo per finire di sistemarsi e per asciugarsi quell’infinita chioma argentata, avrei avuto tutto il tempo necessario per controllare se effettivamente potevo fidarmi di lui.

Una sbirciatina, non fai del male a nessuno. Lui non lo saprà mai e te sarai un po’ più tranquilla.

Presi un profondo sospiro per poi alzarmi titubante, abbandonai il calore del letto e rabbrividii a causa della mia nudità a contatto con la fredda temperatura nonostante i termosifoni accesi.

Indossai una sua felpa arrotolata su se stessa in un angolo della stanza e tirai su la cerniera per poi infilarmi le mie mutandine.

A passo felpato con la speranza che il mezzo demone cane non si accorgesse del mio essere sveglia, mi incamminai verso la scrivania su cui posava il telefono. La minuscola spia verde aveva smesso di brillare.

Lo sbloccai senza riscontrare nessun tipo di blocco, l’unico segnale che mi agitò fu l’icona del messaggio che mostrava l’emittente. Kikyo.

Sentivo il cuore palpitare incessantemente mentre l’ansia prendeva il sopravvento, sentivo le mani tremare e appiccicose a causa del sudore, iniziavo a sudare freddo mentre con gli occhi continuavo ad osservare come ipnotizzata quella piccola icona gialla. Non avevo il coraggio di aprirlo, non avevo il coraggio di scoprire cosa ci fosse dietro a quel messaggio.

Sentivo la voce di Inuyasha cantare a squarciagola nonostante il frastuono causato dall’asciugacapelli. Ora o mai più, pensai. Dovevo muovermi o sarebbe stato troppo tardi.

Pigiai su quel maledetto messaggio, il telefono parve bloccarsi improvvisamente mostrandomi una schermata totalmente bianca. Lo scossi nervosa sperando che quel gesto potesse velocizzarlo.

Ci vediamo da me sta sera? Mi manchi.

Con occhi sgranati e totalmente paralizzata mi ripetei nella mente più volte la dicitura di quel messaggio, riecheggiò in me la calda voce di Kikyo che pronunciava quel mi manchi in modo perpetuo quasi masochistico. 

Non mi ero mai sentita in quel modo, mai in tutta la mia vita. Sentivo gli occhi pizzicare, il cuore che batteva feroce. Avevo voglia di piangere, urlare, scalciare, scagliare contro il muro quel maledetto telefono, avevo voglia di prendere a schiaffi Inuyasha per tutto il dolore che mi stava causando.

È stato bello stare con te oggi.

Voglio rifarlo.

Sei bellissima.

Non ti voglio perdere.

Ho voglia di baciarti.

Voglio fare l’amore con te.

Ti ho sempre amata.

Leggere quei messaggi più vecchi appartenenti a giorni passati, giorni in cui ingenuamente credevo che Inuyasha fosse mio, solo ed unicamente mio.

Uno schiaffo per essersi avvicinato a me, per avermi fatto capitombolare ai suoi piedi con i suoi maledetti occhi dolci e le sue tenere fossette, per essere penetrato nella mia vita senza chiedermi il permesso, uno schiaffo per averci provato, per aver fatto crollare le mie barriere, per aver provato a baciarmi, per esserci riuscito, per aver preso la parte più importante di me, per essersi preso la mia verginità, per essere diventato così importante per me, per desiderare anche adesso in questo momento così intenso e dolorante -un dolore atroce che mi sta soffocando, non riesco a respirare quasi annego, per desiderare un suo abbraccio, un suo bacio, la sua voce che mi sussurra sei mia, per essere diventato tutto l’amore che provo.

Sentivo l’irrefrenabile impulso di correre lontana da quella camera, dirigermi in quella di Kikyo e bussare alla sua porta ferocemente urlandole di uscire -quella dannata, e di prenderla a schiaffi per avermi rubato il mio lui, per essersi intromessa, per avermi rovinato il momento migliore della mia vita, per avermi derubato della mia felicità, per essersi mostrata ancora una volta migliore di me.

Sentivo le lacrime sgorgare dai miei occhi incessanti, infinite. Bagnavano le mie guance, una cascata salata su di esse. Mordevo quasi a sangue le mie labbra tanta era la voglia di urlare a squarciagola incurante di essere presa poi per pazza. Ero pazza, sì, pazza di dolore. 

Lo amavo, lo amavo, lo amavo, lo amavo, lo amavo, lo amavo, lo amavo, lo amavo da morire.

Alla fine non feci nulla. Non urlai, non scalciai, non menai nessuno.

Presi il blocco di post-it abbandonato in un cassetto della scrivania, afferrai con irruenza un pennarello. Carta bianca candida e inchiostro rosso sangue.

Scrissi rapida una serie di brevi insulti cercando di fargli comprendere quello che provavo e attaccai per tutta la stanza quei piccoli quadrati di carta.

Mi levai in fretta la sua felpa e incominciai a rivestirmi velocemente e lasciai abbandonato sul letto, tra quelle lenzuola dove poche ore prima avevamo fatto l’amore, il telefono acceso su quel messaggio incriminato e me ne andai.

 

Quando tornerai da me?  Oh, tu porti la mia gioia via con te!

 

“For months on end I've had my doubts 

Denying every […]

You say I'm crazy 

cause you don't think I know what you've done,

but when you call me baby 

I know I'm not the only one”

Sam Smith, I Know I’m Not the Only One

“Pe mesi ho avuto i miei dubbi,

rifiutando ogni lacrima […]

Dici che sono pazzo

perché credi che io non sappia cos’hai fatto,

ma quando mi chiami tesoro

io so che non sono l’unico”

 

Rinchiusa nella mia camera non volevo avere vedere nessuno, non volevo avere nulla a che fare con nessuno. Non volevo vedere i miei nuovi amici, non volevo vedere Ayame e tanto meno Sango. Figurati vedere i miei compagni di corso e i professori.

Mi sentivo letteralmente a pezzi, non avevo mai creduto che l’amore potesse fare questi effetti. Avevo sempre guardato superficialmente coloro che soffrivano le pene d’amore, coloro che si abbandonavano per un cuore spezzato, coloro che rinunciavano a tutto per un tradimento. Il problema era che non avevo mai vissuto queste esperienze in prima persona. Avrei voluto non viverle mai.

Mi sentivo male, quel dolore lancinante al petto che non voleva abbandonarmi ma che accentuava ogni attimo che scorreva, mi sentivo abbandonata triste e sconsolata.

Sango cercava di starmi accanto ma non le permettevo di avvicinarsi, la cacciavo via immergendomi nelle coperte coprendo il mio volto bagnato dalle lacrime, non volevo che mi vedesse, non volevo che nessuno mi vedesse.

Inuyasha venne a cercarmi più volte ma Sango gli impediva anche solamente di mettere piede nella nostra stanza. Una sera li sentii litigare furiosamente, ferocemente. Lui era talmente arrabbiato che avevo timore che le mettesse le mani addosso anche se sapevo che Sango si sarebbe difesa bene, era un’ottima combattente.

Un pomeriggio Miroku accompagnato da Ayame cercò di parlarmi, di tirarmi su di morale ma io mi rifiutai di ascoltarlo. Andarono via sconsolati e sconfitti, speravano che io un giorno avrei ceduto.

    “Ero convinto che con Kagome sarebbe cambiato” sentii Miroku sussurrare a Sango prima di lasciare la nostra stanza.

    “Il tuo amico è un pezzo di merda”.

Miroku non rispose e Sango chiuse la porta.

Avevo lasciato che lui divenisse importante per me, mi diceva fidati di me e lasciati andare e io l’avevo fatto, mi ero fidata di lui e mi ero abbandonata a lui ai suoi baci, alle sue braccia e questo era il risultato. Ci avevo creduto, creduto davvero, ci avevo creduto follemente. Mi sentivo tradita e così triste. Non avevo più voglia di niente.

Mi chiamò al telefono più volte ma  non risposi, rifiutavo la sua chiamata o mettevo il telefono in modalità aereo in modo tale da non sentire neanche lontanamente quell’asfissiante vibrazione.

Mi mancava, Kami, mi mancava da morire.

Più pensavo a quanto mi mancava e più piangevo, più pensavo a cosa mi avesse fatto e più mi disperavo. Mi sembrava di essere precipitata in un limbo senza fine.

Lo rivolevo, lo rivolevo qui al mio fianco nel mio letto che mi pare così grande e vuoto senza di lui. Lo volevo nella mia stanza che camminava avanti e indietro mentre ripeteva complicati concetti astronomici, lo volevo vedere ridere di petto con passione mentre strizza gli occhi per la troppa felicità, lo volevo sentire cantare anche se era incredibilmente stonato, volevo rivedere le sue fossette di cui mi ero innamorata fin dal primo nostro incontro, volevo vederlo fumare appoggiato al cornicione della mia finestra, volevo rifare la doccia insieme a lui pelle contro pelle, le sue mani che scivolavano su di me, la sua voce roca, i suoi meravigliosi capelli che aderivano sul suo volto e su gran parte del suo meraviglioso corpo. Volevo vederlo nudo davanti a me con quel suo sorriso malizioso un po’ malandrino da cui sbucavano quei due canini affilati con cui adorava mordermi e marchiarmi, con cui adoravo da morire che mi mordesse e mi marchiasse, volevo sentirlo parlare raccontarmi la sua giornata, lamentarsi del troppo studio e di suo fratello che non sopporta e che odia. Volevo rivederlo piangere come quella volta in cui Sesshomaru gli aveva ribadito di essere solo una nullità un essere insignificante nato per sbaglio, per essere la sua spalla su cui aggrapparsi, essere colei in cui potesse sentirsi a casa, in cui potesse essere amato.

Ricordo ancora quel giorno in cui pianse amare lacrime, in cui disse tra i singhiozzi che lo scuotevano terribilmente “Vorrei solamente che mio fratello mi volesse bene”.

Mi mancava. 

Ti prego Inuyasha, ritorna da me. Riporta quella gioia nella mia vita, non lasciarmi qui a piangere come una stupida. Ritorna da me, baciami e porta via questo dolore che mi sta uccidendo.

Ma non potevo comportarmi in questo modo, dovevo reagire divenire una donna migliore, una donna più forte. Questa terribile esperienza avrebbe forgiato una nuova e lucente armatura che mi sarebbe servita in futuro, non potevo arrendermi in questo modo, non potevo fare in modo che lui influenzasse le mie giornate, i miei stati d’animo, il mio pensiero.

Mi aveva tradita, ok. Mi sarei rialzata con fatica, avrei raccolto i pezzi del mio cuore maltrattato e avrei cercato di rimetterlo a posto, l’avrei cucito da sola, mi sarei leccata da sola le mie ferite e sarei diventata più forte e meno ingenua di prima.

Ce l’avrei fatta a vivere senza Inuyasha, ce la facevano tutti. Mi sarei innamorata di nuovo, di una persona migliore che meritasse davvero ciò che ho da offrire e che non l’avrebbe gettato, rinnegato, disprezzato e che mi avrebbe amata. Inuyasha non ne era degno. Che stesse con la sua Kikyo!, io ce l’avrei fatta anche senza di lui.

Avrei ripreso in mano la mia vita, la mia carriera da universitaria. Avrei ripreso a seguire le lezioni, avrei studiato, avrei chiesto scusa a Sango Ayame e a tutti quelli che avevano cercato di starmi accanto in questo periodo e sarei stata sicuramente più felice di prima.

Abbandonai il mio letto e mi guardai allo specchio. Avevo un aspetto orribile, non mi lavavo da giorni e mangiavo sporadicamente.

Decisi che per prima cosa mi sarei fatta una bella doccia, mi sarei lavata e improfumata, mi sarei acconciata i capelli e mi sarei truccata un po’. Dovevo cercare di farmi bella e dovevo cercare di imparare a vedermi bella.

Forse per questo con Inuyasha non era andata, forse era perché non mi sentivo abbastanza bella, non mi amavo abbastanza.

Mamma me lo diceva sempre: prima di amare qualcun altro devi amare te stesso.

Ero sola in camera dato che era ancora orario di lezione.

Decisi di utilizzare lo stereo di Sango inserendoci un mio cd in cui erano inserite tutte le mie canzoni preferite.

Partì All Star dei Smash Mouth che mi metteva sempre una grande allegria e mi diressi sotto il getto della doccia da cui usciva acqua calda capace di rilassarmi e di rigenerarmi mentre cantavo a squarciagola cercando di rimanere intonata.

Mi sentivo già molto meglio mentre strofinavo con grande energia lo shampoo nei miei capelli creando una grande moltitudine di schiuma, sul mio viso sentivo espandersi un sorriso sempre più grande.

Con i capelli di nuovo lucidi e morbidi incominciai a truccarmi, un asciugamano legato attorno al petto. Misi del mascara per allungare le mie ciglia, un po’ di blush per dare colore alle mie guance e un lucida labbra vivace. Mostrai al mio riflesso nel bagno un ampio sorriso e mi ritrovai a ridere da sola come da tanto ormai non facevo.

Aprii l’armadio di Sango decisa ad utilizzare alcuni dei suoi vestiti, ero sicura che non si sarebbe arrabbiata.

Indossai un pesante vestito svasato che mi arrivava fino a metà coscia, lo scollo a V e le maniche a lanterna con un paio di stivali neri alti dalla suola piatta che adoravo. Erano un regalo di Sango che mi aveva fatto per il mio compleanno.

Al pensiero del mio compleanno tuttavia ritornò ad impossessarsi di me la tristezza mentre la mia mente viaggiava a quella giornata speciale e meravigliosa che Inuyasha mi aveva fatto vivere, una specie di rapimento con la sua auto sfrecciando lungo strade a noi sconosciute senza una meta precisa, solamente con il piacere di stare insieme e di ridere insieme.

Avevamo fatto un’amore spettacolare così intenso, passionale e vivo nei sedili posteriori della sua auto. Io sotto di lui che mi procurava quell’intenso brivido, i nostri baci sempre più elettrici, affamati, bisognosi, disperati, necessari…

Scossi il capo violentemente. Non dovevo farlo, non dovevo lasciare che il passato si appropriasse di me.

Kagome stava tornando!

 

“Nobody said it was easy

No one ever said it would be so hard”

Coldplay, The Scientist 

“Nessuno ha detto che era facile

Nessuno aveva mai detto che sarebbe stato così difficile”

 

Avevo incominciato a fumare. Me ne vergogno da morire. Mi sento una stupida, una bambinetta che vuole sentirsi grande infrangendo una delle primissime regole che ti impongono i genitori quando si inizia a crescere.

Avevo bisogno di rilassarmi e il tabacco, per quanto strano possa sembrare, mi aiutava da morire. 

Riprendere in mano la mia vita non era stato facile. Erano bastati sette mesi -sette miseri mesi, a sconvolgermi completamente la vita, non so ancora se vedere questa cosa come un qualcosa di positivo o un qualcosa di estremamente negativo.

Sango e Ayame erano contente nel rivedermi con loro, a frequentare di nuovo le lezioni, andare alla mensa e mangiare con grande entusiasmo.

Cercavano di distrarmi il più possibile raccontandomi alcuni aneddoti divertenti oppure vedendoci tutte insieme per studiare o vedere un film. Pensai di essere davvero fortunata ad avere trovato delle amiche meravigliose come loro, tutte le volte mi commuovevo nel vedere quanto bene mi volessero senza aver fatto praticamente nulla.

Anche Miroku a modo suo cercò di essere presente lanciando delle frecciatine a Sango che la portavano ad infuriarsi terribilmente e tutto ciò mi faceva ridere. Miroku era davvero un caro amico.

 

Era ora di pranzo, avevo appena terminato la mia porzione di ramen quando mi era salito l’irrefrenabile desiderio di fumare.

Inizialmente fumavo davvero raramente, solamente in casi di grande tensione o ansia tuttavia mi trovai più spesso a desiderare una sigaretta nel vedere Sango fumare tutte le mattine appena sveglia. Ayame non fumava, odiava il fumo mentre Sango ne sembrava ossessionata.

Non mi piaceva per niente quell’abitudine, ero consapevole della grande stupidaggine che stavo compiendo tuttavia non riuscivo a smettere. Mi lasciava quella sensazione di pace e di calma che mi piaceva e in quel periodo avevo bisogno di tutta la tranquillità possibile.

In quel periodo la mia attività universitaria aveva trovato un momento di staticità, frequentavo le lezioni e studiavo il pomeriggio senza disperazione e fretta. Avevo appena dato tre esami e mi sarei potuta rilassare fino all’arrivo della nuova tornata. 

Ciò che mi agitava era la presenza di Inuyasha.

Cercavo di non guardarlo, davvero ce la mettevo tutta, ma i miei occhi finivano sulla sua figura come calamitati da essa. Lo vedevo sedere tranquillo alla mensa mentre mangiava con Koga e gli altri -talvolta Ayame si sedeva al loro tavolo per stare con il suo ragazzo e non per tradirmi, così mi diceva, mentre Kikyo rimaneva onnipresente al fianco del mezzo demone come ogni giorno da quando avevo messo piede per la prima volta in questo campus.

Tuttavia cercavo di stare bene, cercavo di vivere la mia vita senza pensare ad Inuyasha. Sorridevo alle mie amiche, ampi sorrisi accompagnate da guance colorate di rosa, e ridevo in continuazione.

Dovevo stare bene, dovevo fare vedere a tutti che stavo bene.

Ma non stavo bene.

Non potevo prendere in giro anche me stessa, Inuyasha mi mancava e mi sarei gettata a capofitto tra le sue braccia se solo la mia dignità non cercasse tutte le volte di fermarmi.

Il mio cuore piangeva nel vedere Inuyasha accanto a Kikyo, vederlo mentre le sorrideva, mentre le toccava i capelli spostandole una ciocca dietro l’orecchio, vederlo mentre le parlava piano con quella sua voce scherzosa a tratti roca che avrei ascoltato per ore.

La notte era il momento peggiore. Dormire da sola in quel letto ero in completa balìa dei miei mostri, della gelosia, del tormento, dell’afflizione e mordevo a sangue le labbra, tormentandole, per non scoppiare in un pianto disperato e far preoccupare Sango.

 

Accesi la sigaretta, inspirai la nicotina fino in fondo fino al raggiungimento dei polmoni per poi gettare il fumo piano, lentamente gustandomi attimo dopo attimo. Lo sguardo perso nel cielo limpido, qualche nuvoletta candida che lo macchiava tuttavia splendeva un meraviglioso sole. Le temperature continuavano ad essere fredde, la sigaretta era sorretta da un paio di dita avvolte da pesanti guanti.

Ero immersa nel mio mondo, non pensavo a niente, non mi accorgevo di ciò che mi stava attorno.

    “Da quando fumi?” quella voce. Sobbalzai, persi la presa della sigaretta che cadde ai miei piedi accanto ad una foglia marrone, accartocciata, secca. Spalancai gli occhi e tremai, mi salì un moto d’ansia e cercai di impedirmi di voltarmi. 

Non ce la feci.

Di fianco a me c’era lui avvolto in un pesante cappotto nero con una sciarpa di lana grigio chiaro, un berretto calato sui suoi capelli argentei a coprire le sue dolcissime orecchie canine, le mani affondate nelle tasche.

Mi sciolsi a notare il suo naso rosso per il freddo così come lo erano le sue guance. Era così maledettamente bello, ma lui sapeva cosa era in grado di fare alla gente? Era consapevole quale effetto faceva a me? Di quanto ero soggiogata dalla sua bellezza?

Non gli risposi e Inuyasha si avvicinò a me, i suoi occhi dorati inchiodati ai miei. Non distolsi lo sguardo nemmeno per un attimo.

    “Perché hai incominciato a fumare?” mi domandò ancora e io continuai a non rispondergli. La gola secca carente di voce, non riuscivo ad emettere alcun suono.

    “Non dovresti essere con Kikyo?” ignorai la sua domanda ponendo invece quel quesito, una frecciatina diretta.

Lo vidi sospirare, abbassare lo sguardo, togliersi il berretto di lana per poi passare le dite tra quelle infinite ciocche di capelli. Capelli che avevo toccato, accarezzato, giocato, tirato.

    “Io e Kikyo non stiamo insieme”.

Mi venne quasi da ridere, una risata isterica. Mi credeva così stupida? Così cieca da arrivare addirittura a negare l’evidenza.

    “Mi stai prendendo in giro?”.

Scosse il capo, leggevo nei suoi occhi una profonda tristezza mentre il suo volto era contratto in una smorfia dolorante. Lui non aveva il diritto di stare male.

    “Perché l’hai fatto?” gli domandai, la voce sussurrata e rotta. Faticavo a parlare, era tanto lo sforzo che stavo compiendo.

    “Fatto cosa?”.

    “Perché hai fatto tutto questo! Perché ti sei avvicinato a me, perché mi hai sedotta per poi abbandonarmi? Perché mi hai fatto sentire importante quando invece non te ne fregava niente? Perché mi hai mentito dicendo che tra te e Kikyo non c’era più niente se non una forte amicizia quando invece mi hai preso in giro per tutto il tempo?” stavo urlando, urlando a squarciagola. Stavo urlando tutto quello che avevo dentro, tutta la mia tristezza, il mio risentimento, il mio dolore. Gli occhi mi bruciavano ma non potevo piangere, non potevo davanti a lui. Non dovevo mostrarmi debole ai suoi occhi, fargli capire quanto mi avesse influenzato, quanto male stavo per la sua assenza.

Tra le lacrime che prepotenti desideravano sgorgare dai miei occhi vedevo Inuyasha con il volto ancora più sofferente, le orecchie mogie, chine sul capo. Mi sembrava disperato.

    “Io non ti ho mai mentito”.

    “Non dire stupidaggini”.

    “Non le sto dicendo Kagome. Quello che provavo e provo tutt’ora per te è sincero, reale. Non ti ho mai mentito. Mi piaci, Kagome. In una maniera che non credevo possibile, non pensavo di potermi mai innamorare di una come te” assottigliai gli occhi a quella affermazione “Non credevo semplicemente di potermi re-innamorare di nuovo. Ma…”.

Si interruppe, continuò a tenere fisso il suo sguardo su di me. Non un minimo cenno di debolezza.

Con un cenno del capo lo spronai ad andare avanti. Lo vidi tirare un profondo sospiro, sembrava come se si stesse liberando di un pesante macigno sulla sua schiena.

    “Kikyo è stata il mio primo amore e non posso fare a meno di amarla. L’amerò sempre”.

Le lacrime scivolarono da sole lungo le mie guance annegandole, affogandole. Sentivo il collo bagnarsi da esse mentre dalla gola comparvero i primi tormentati singhiozzi. Non volevo piangere ma quei singhiozzi uscivano dalle mie labbra in maniera del tutto incontrollata, non glielo potevo impedire.

    “Amerò sempre Kikyo ma non ho potuto fare a meno di innamorarmi anche di te”.

Coprii il mio volto con le mani impedendo così di mostrargli il mio viso, il mio volto sofferente colmo di lacrime che scorrevano imperterrite e io totalmente inerme, non riuscivo a smettere. Mi stavo dimostrando debole e io non volevo, non volevo fargli capire quanto tutto ciò mi stava facendo male -continue pugnalate all’altezza del petto.

Lo sentii avvicinarsi, il fruscio delle foglie secche che scricchiolavano sotto la suola delle scarpe. Lo sentii di fronte a me a distanziarci solo pochi centimetri, afferrò i miei polsi con entrambe le mani e mi attirò a sé. Il mio volto affondò sul suo cappotto, all’altezza del petto, e mi abbandonai completamente al pianto. Mi sentivo una bambina, frignavo come tale. Inuyasha cercò di cullarmi piano tra le sue braccia, mi stringeva forte a sé per poi posarmi piccoli e delicati baci tra i miei capelli.

Quanto mi era mancata quella sensazione, quel calore che il suo corpo emanava -io eternamente freddolosa, quella sicurezza che le sue braccia forti e possenti mi lasciavano. Amavo stare tra le sue braccia così stretta a lui, protetta e rassicurata. Nonostante il dolore, nonostante il pianto non potei comunque fare a meno di provare un piccolo barlume di felicità. Inuyasha era di nuovo tra le mie braccia, cosa potevo chiedere di meglio?

 

Ero consapevole che tutto ciò fosse estremamente sbagliato, sbagliato per la mia persona, per il mio essere donna, per la mia dignità. 

Sapevo che non fosse corretto ciò che stava avvenendo tra noi due. Lasciarmi ammaliare da due adorabili occhioni dorati e da un meraviglioso sorriso dalle labbra piene, lasciarmi soggiogare dalla sua prestanza e dalla sua imponenza, lasciarmi sottomettere dal mio essere così debole e fragile totalmente incapace di dire basta, di porre fine a quell’assurda situazione.

Cosa rimaneva ormai del nostro rapporto? Sesso. La passione, l’atto carnale.

Cosa eravamo ormai noi? Due corpi che si cercano, che non possono stare lontani, che se non hanno modo di stare a contatto soffrono, marciscono, muoiono. Siamo pelli che si scontrano, si toccano, si accarezzano, si strusciano. Siamo baci famelici, feroci, bisognosi, disperati, siamo labbra spalancate, volgari da cui vengono emessi suoni indecenti, spudorati, immorali.

Lui occupava la mia mente, il mio pensiero, il mio cuore e il mio letto. Si alzava, si rivestiva per poi andarsene lasciandomi tra quelle lenzuola, unica stoffa a ricoprirmi, totalmente abbandonata mentre cercavo di non piangere di frenare quelle lacrime.

Che sta facendo adesso? È con lei? Non è con lei? Sta pensando a me? O…chissà. La starà baciando con la stessa intensità con cui baciava me fino a poco fa? Starà facendo l’amore con quella? Starà gridando il suo nome?

Ero conscia che quella non era affatto una situazione sana. Vivevo un amore malato, un amore che tuttavia non riuscivo a smettere. Ero come drogata e lui era l’unica cosa che mi faceva stare bene quando era qui accanto a me.

 

"Avevo bisogno di vederlo, toccarlo, sentirlo e non mi importava se mi stavo umiliando. Sarei rimasta al suo fianco anche se mi aveva spezzato il cuore copiosamente, anche se era uno stronzo perché lo amavo troppo da lasciarlo andare e io non volevo. Mi sarei tenuta stretta questi piccoli momenti, gli unici che ci restavano perché le cose erano ormai troppo cambiate, avrei fatto di tutto per non lasciare che questi svanissero come fumo disperso nell’aria."

 

“And I'll hold on to this moment you know As I bleed my heart out to show And I won't let go”

 

 

 

BUONSALVE A TE LETTORE!

Ebbene sì, siamo giunti alla fine.

Sorpresi? Su efp vedo storie dove bene o male nonostante i drammi le cose alla fine ritornano alla normalità dove i nostri eroi vivono per sempre felici e contenti.

Beh, non abbiamo più 5 anni e sappiamo benissimo che il per sempre felici e contenti non esiste e questa mia storiella ne è una prova.

Perché ci sono amori sereni, amori difficili, amori tormentati, amori malati.

Ne ho viste tante di ragazze che nonostante i tradimenti, nonostante il dolore continuano imperterrite a continuare quella relazione.

Perché l’amore non è sofferenza.

Anyway, spero che questo ultimo capitolo vi sia piaciuto nonostante tutto. È stato abbastanza difficile scriverlo.

Ringrazio chi mi ha seguito e chi mi ha recensito ma anche a chi ha solo letto, vi ringrazio dal profondo del mio cuore <3

Un bacione a tutte voi,

 

LODOREDELMARE

 
   
 
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