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Autore: rocchi68    22/09/2017    4 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Dawn, rimasta sola, si ritrovò a pensare.
Stava discretamente bene e di questo doveva darne merito al suo salvatore.
Non appena l’avesse rivisto, gli avrebbe presentato il suo grazie.
Ad essere sinceri, appena uscita di pista, aveva temuto il peggio.
Mentre strisciava per raggiungere l’albergo, credeva impossibile che qualcuno riuscisse a trovarla, ad aiutarla e a riportarla alla vita.
Invece aveva trovato un amico che non si era mai arreso.
Aveva lottato contro la tempesta, la fatica e la stanchezza pur di farcela.
E solo quando si era ritrovata tra le calde coperte della sua stanza, aveva compreso di averlo sempre trattato male.
L’aveva subito difeso dagli assalti velenosi di Zoey, ma qualche ora prima si era mostrata ancora più superficiale e distaccata dell’amica.
“Perché mi sento così male?”
Non stava provando un dolore dettato da qualche ferita patita il pomeriggio prima e che i medici avevano dimenticato di disinfettare.
Il suo era un qualcosa di molto più profondo. Era come se qualcuno le avesse chiuso il cuore in una morsa, impedendole di trovare qualcosa che potesse darle sollievo.
Sperava che sdebitandosi con Scott quella sensazione svanisse.
Doveva essere convincente e ringraziarlo per tutto quanto: dopotutto era stato l’unico a provarci e che avrebbe sempre avuto il mix di coraggio e pazzia utile per buttarsi in una situazione più grande delle sue capacità.
Sperava di rivederlo subito, anche se le pareva impossibile che lui bussasse alla sua porta con il solo rischio di ritrovarsi i suoi stessi compagni addosso.
Possibilmente ne avrebbero riparlato con calma durante le attività del club, sperando che Scott accettasse di tornare.
Con quello che aveva passato e per come era stato trattato, Scott non avrebbe più fatto la prima mossa.
Lui ne aveva fatte diverse, tutte verso un unico obiettivo e lei non le aveva mai riconosciute.
Era stata troppo presa a considerarlo un paziente insopportabile, per accorgersi che stava descrivendo i sintomi di cui era vittima.
Proprio alla faccia dell’abilità che lei credeva di possedere e che l’aveva convinta di essere capace di leggere nel cuore delle persone.
“Aveva provato ad avvicinarsi e noi non lo abbiamo compreso.”
Era un qualcosa di talmente assurdo che, conoscendo la persona, sfociava nell’impossibile.
Eppure lui aveva provato a forzare quella concezione e aveva capito che nessuno mai gli avrebbe allungato una mano. Tutti avrebbero sempre tentato di ricacciarlo indietro, un po’ come aveva fatto Zoey per difendere il fidanzato.
Se provava a cambiare non andava bene.
Se restava fermo nella sua posizione passava per un disgraziato misantropo che non avrebbe mai ottenuto nulla dalla vita.
Qualsiasi tentativo facesse, restava nel limbo.
Scott, dopo tanta fatica sprecata nel muoversi, per poi rimanere immobile, aveva compreso il lato negativo dei cambiamenti.
Se provengono dal cuore sono inutili.
Se provengono dalla ragione sono spregevoli.
Se provengono da una necessità assoluta sono deleteri.
Se non interessano a nessuno sono perfetti.
Era solo questo il motivo di tanto menefreghismo.
Aveva provato a cambiare, in meglio, ed era stato bacchettato, quindi, non vedeva motivo di forzarsi tanto.
Avrebbe tentato solo con le persone che gli davano una garanzia di successo.
E con Dawn aveva riscontrato quella garanzia, salvo poi pentirsene.
Era logico aspettarsi che lui ci andasse con i piedi di piombo: non voleva cadere nuovamente in un inganno.
 
Furono necessarie altre 4 ore prima che Scott riuscisse a rimettersi in piedi.
Con quello che aveva vissuto, avrebbe tanto voluto restare tra le coperte per un mese intero.
Purtroppo c’erano alcune cose che andavano ben oltre la sua forza di volontà.
Si trattava di bisogni impellenti, anche se uno di essi poteva essere facilmente evitabile con delle domande accurate.
Non l’aveva fatto di proposito, eppure il primo pensiero che entrò nella sua mente, era stato capace d’innervosirlo: Dawn.
Non voleva più stare con lei per farla soffrire.
Più lo prometteva, più si sentiva in colpa.
Iniziava a credere che la brutta avventura che avevano vissuto non fosse dovuta ad una sua distrazione.
Lui stesso sentiva d’aver contribuito a quell’incidente, anche se non sapeva come.
Una volta in piedi si avviò verso il bagno con il chiaro intento di darsi una rinfrescata.
In tempi record era uscito dalla sua stanza e si era avviato verso l’infermeria dove sperava di ricevere qualche buona notizia.
Perso nei suoi pensieri incrociò alcuni compagni di classe e Chris.
Quest’ultimo non lo aveva fermato solo per parlare, ma lo aveva abbattuto con una micidiale pacca sulla spalla destra.
“Credevo non t’importasse nulla delle persone.” Esordì con un sorriso da saputello.
“Lei sa che non è così.”
“Non immaginavo fossi così furbo dal sgattaiolare fuori per salvarla.” Sorrise il professore.
“Un furbo non ci rimette la vita.”
“Questo è vero, ma almeno sta bene.”
“Cosa vuole dirmi?” Domandò il ragazzo, studiando il volto rilassato dell’uomo.
“Nulla d’importante.”
“Tanto scoprirò cosa nasconde: è solo questione di tempo.”
“Ne abbiamo già discusso durante la festa, ma voglio richiedertelo per sicurezza. Lo fai solo per i sensi di colpa o ci tieni veramente a lei?”
“Ed io le rispondo come l’altra volta: non lo so.” Sbuffò, grattandosi la testa e cercando una risposta soddisfacente.
“I sensi di colpa sono terribili, ma non sono un buon motivo per negare.”
“Io non sto negando.”
“Anche se non ero presente, posso immaginare la fatica che hai fatto per restituire a noi e alla sua famiglia una speranza.”
“Non avrete chiamato i suoi genitori, spero.” Borbottò Scott, quasi temesse la comparsa anche di Alberta.
Se avessero saputo che si erano cacciati nei guai, sarebbe stata la fine.
Lo avrebbero incolpato di non averla tenuta d’occhio e lo avrebbero colpito ben più duramente di quanto lui non stesse facendo già.
Sarebbe venuta fuori la nottataccia che avevano passato e il padre di Dawn lo avrebbe fustigato fino alla morte.
“Ho preferito aspettare qualche ora.”
“Quasi sapesse che ero con lei.”
“Stai insinuando che ti ho lasciato andare senza conoscere i pericoli?”
“È lei che lo sta dicendo.” Sbuffò il ragazzo.
“Fermandoti, ti saresti rassegnato?”
“Non lo so.”
“Non conosci nemmeno cosa vuole il tuo cuore?” Domandò il professore, facendo negare con decisione il suo allievo.
“Ho sempre preferito seguire la ragione al cuore.”
“Come quando sei partito per salvarla?”
“Esatto.”
“Scott…non devi mentire solo per compiacermi.” Ridacchiò l’uomo.
“Perché dovrei?”
“Perché la bugia è la strada più semplice, ma non la migliore. Se avessi seguito veramente la ragione, così come fai abitualmente, avresti evitato di impicciarti in una situazione come questa.
Avresti studiato ciò che ti circondava e avresti diretto i soccorsi verso un luogo preciso, ma non l’hai fatto: tu hai rinnegato la ragione per seguire il cuore.” Rispose il professore con una spiegazione elementare.
“E questo mi renderebbe un pericolo per Dawn?” Chiese il ragazzo, facendo ridere di gusto il suo insegnante che non sentiva una simile sciocchezza da diverso tempo.
“Non pensare che voglia dividervi: se l’avessi desiderato, non saresti nemmeno entrato nel club.”
“Credevo l’avesse fatto per farmi crescere.”
“Non pensi in grande. Voi avete delle personalità contorte che potrebbero aiutarsi per un bene comune.”
“Come?” Domandò il rosso.
“Le persone che hanno bussato alla vostra porta, ne sono uscite con maggiore sicurezza e anche voi state guarendo dalla vostra malattia.”
“Lei è troppo sicuro di sé e spesso questa è la rovina delle persone.” Borbottò Scott, girandosi e avviandosi verso l’infermeria.
Nonostante Chris fosse sempre stato sicuro di cosa aveva realizzato, quelle parole avevano insinuato in lui un piccolo dubbio.
Sapeva d’aver fatto la cosa più giusta, ma si sentiva infastidito per quelle parole tanto improvvise quanto sagge.
Fissandolo mentre percorreva il corridoio, si rasserenò. Lui, seppur barcollante, si stava sforzando solo per rivedere Dawn e ciò aveva riconsegnato all’uomo una piccola dose di sicurezza.
Nel voltarsi verso la finestra, scrutò il bosco e sorrise divertito: nulla sarebbe più stato come quando erano partiti.
 
Scott, dopo essersi liberato di Chris, era convinto che nessuno lo avrebbe più disturbato.
A causa del professore che aveva sballato il suo bel programma, lui aveva sprecato parte del suo prezioso tempo.
Il suo piano era quello di fare una capatina nell’infermeria per monitorare le sue condizioni e per apprendere il suo stato di salute.
Tuttavia qualcosa gl’impediva d’aprire quella porta.
Non voleva disturbarla, ma non voleva nemmeno passare per un insensibile che non si cura degli altri.
Purtroppo quando l’aveva salvata, non si era soffermato ad ascoltare i dottori con le loro diagnosi e si era avviato verso la sua stanza, ignorando le medicazioni e le informazioni sulla sua condizione.
Spaesato e preoccupato di ricevere una brutta notizia, si guardò intorno diverse volte con sospetto e sospirò.
Sarebbe passato l’indomani, quando a suo avviso la sua situazione si fosse stabilizzata.
Avrebbe bussato, sarebbe entrato, le avrebbe rivolto il suo solito ghigno strafottente e le avrebbe fatto compagnia, evitando ogni possibile contatto con gli sci e sviando da quanto era successo nella capanna.
Già una volta la montagna e la sua leggenda gli avevano allungato la mano, donandogli una seconda possibilità e lui non aveva intenzione di abusare della poca fortuna avuta.
Lui con tutte le attività legate all’inverno aveva chiuso.
Non voleva più rimetterci l’osso del collo e se Dawn era così folle da voler riaffrontare il destino, quello non era un affare che lo riguardava.
Conscio di ciò, superò la porta di alcuni metri, prima che una mano gelida si piantasse sulla sua spalla.
Sembrava la mano di un morto o magari di quella regina del gelo che aveva incrociato nel bosco per pochi minuti e che aveva cambiato opinione sul suo conto.
Sentì il corpo congelarsi e un brivido insinuarsi per tutta la schiena che lo mandò in tilt, prima di riconquistare la sua proverbiale lucidità.
Scott si voltò, quindi, con lentezza quasi meccanica e sgranò gli occhi dalla sorpresa.
Quella sembrava la settimana delle prime volte.
E anche in quel momento si convinse che era la prima volta che lei si azzardava a toccarlo e a rivolgergli la parola.
I 2, prima di quel pomeriggio, si erano sempre evitati.
Scott per il timore reverenziale dettato dalla popolarità che sembrava traboccare e lei per non sfiorare quella, che a detta della scuola, era solo semplice feccia.
Se a settembre il rosso e Dawn erano come il giorno e la notte, quei 2 che si trovavano nel corridoio dell’albergo erano ancora più distanti.
Infatti ogniqualvolta s’incrociavano, i loro sguardi facevano scintille e promettevano guerra.
Scott, tuttavia, non avrebbe mai alzato un dito su Zoey, giusto per non compromettere l’amicizia che la legava a Dawn e per non mettersi in una brutta posizione al suo rientro a scuola.
“Sembra che tu abbia visto uno spettro.” Esordì, mentre lui si scostava seccato.
“Possibile.”
“Credevo non fossi capace di fare qualcosa di buono.” Sospirò lei.
“Non mi sembra che tu abbia fatto qualcosa di speciale.” Ribatté con franchezza, aspettandosi una risposta piccata.
“Sempre sulla difensiva.”
“Io?”
“E chi altri? Quelle poche volte che ti ho ascoltato, sono arrivata alla conclusione che per te sono sempre gli altri i colpevoli.”
“Questo sarebbe il momento in cui ammetto che hai ragione e che esci per strada e la urli come notizia del secolo?” Domandò provocatorio, notando sul suo volto un lato meno aggressivo.
“Non sono qui per questo.”
“Lo immaginavo.”
“Sei passato a salutare Dawn?” Chiese, facendolo sussultare.
“Non ancora.”
“Si può sapere cosa aspetti? Un permesso scritto?”
“Abbiamo passato una brutta giornata e lei merita un po’ di riposo. Non appena starà meglio, le darò un’occhiata.”
“Lei sta già bene e ha chiesto di te.” Borbottò Zoey.
“Non cambia di molto le cose.”
“Le hai dimostrato di avere un cuore e questo l’ha resa felice.”
“Spesso però la felicità è solo apparente. Hai mai pensato che possa essere felice solo perché l’ho salvata da morte certa?”
“Le sue parole erano sincere.”
“Tante persone sono sincere, almeno fino a quando non impari a conoscerle.” Sbuffò Scott.
“Vuoi forse dirmi qualcosa?”
“È inutile che parli di sincerità, quando stai con uno che senza troppi complimenti ti ha fatto le corna.”
“Tu…”
“Non puoi menare la storia della sincerità, della bontà o dell’amore quando stai con un traditore della peggior specie.
Inoltre non puoi garantirmi che tu sia sempre stata fedele a Mike.
Questo sarebbe l’amore che voi tanto apprezzate: siete solo dei burattini nelle mani di persone che voi crediate provino amore.” Replicò, mentre Zoey cercava di accontentare Dawn e di placare la furia che stava provando.
“Mike ha fatto solo uno sbaglio.” Protestò la rossa, difendendo il fidanzato.
“L’ho notato.”
“Tu ne hai mai fatti in vita tua, Scott?” Domandò la ragazza con rabbia.
“Sempre, ma non in amore.”
“E di questo ne vai fiero?”
“Non sono affari tuoi.”
“Lo sono, se fai soffrire Dawn.” Ribatté Zoey, sfidando lo sguardo rilassato del compagno.
“Non capisco perché dovrebbe soffrire per uno come me.”
“Dovresti chiederglielo prima che sia tardi.”
“Voi non potete comprendere ciò che abbiamo passato.” Sospirò il giovane.
“Potremmo se ce lo spiegassi.”
“Dovrei mettermi qui e darvi delle lezioni di buonsenso? Dov’eravate, quando Dawn è andata fuoripista? Dove vi siete ritrovati, quando non tornava indietro? Vi siete preoccupati così tanto che potesse star male, che non vi siete mossi dalla sala. Non siate ipocriti.” Ribatté con acidità il ragazzo.
“Lo so, ma avevamo paura.”
“Ed io non ne avevo?”
“Tu…”
“Non siete gli unici ad avere famiglia, eppure ho tentato.”
“Non parli mai della tua famiglia.”
“Lo so e comunque farò visita a Dawn non appena ne avrò voglia.” Sbuffò, allontanandosi di qualche passo.
Ebbe solo il tempo di superarla che presto se la ritrovò davanti con uno sguardo che non ammetteva repliche.
“Questa sera…te ne prego.”
“Perché dovrei accettare i tuoi trucchi?”
“Perché le vuoi bene e se non vuoi che le menta, ti conviene stare al mio gioco.”
“Come se potessi rimetterci qualcosa.” La sminuì, superandola nuovamente.
“Dovresti conoscere Dawn.” Sussurrò la giovane, allontanandosi e avviandosi verso la sua stanza.
Nel riflettere su queste parole, Scott non si era nemmeno accorto di aver sceso le scale e di essere arrivato in sala.
Con tutto ciò che aveva passato, c’era solo una cosa di cui era sicuro: doveva far visita a Dawn il prima possibile.
Prima che la stessa Zoey si mettesse in moto e realizzasse i suoi propositi.
Nel ripensarci, il ragazzo si ritrovò a sorridere e si sedette vicino al bancone del bar, dove finalmente poteva mangiare qualcosa.
 



Angolo autore:

Ebbene sì miei pavidi lettori...sono ancora qui.

Ryuk: coff...coff...influenzato prima dell'autunno...coff...coff

Stai zitto!
So bene che è una cosa umiliante, ma è successo.
Non è mica colpa mia se sto fisico maledetto si è beccato le peggiori cose in manco 24 ore.

Ryuk: Ora stiamo meglio.

Parla per te.

Ryuk: I nostri lettori saranno felici di leggere i nostri scleri.

Siamo puntuali solo perchè Ryuk mi ha costretto.
Io sarei già addormentato e sotto le coperte, se sto coso non mi avesse stressato.
Per la puntualità...ringraziate lui.
Io vi avrei fatto aspettare fino a martedì prossimo.

Ryuk: Sono il vostro benefattore.

Taglia corto con ste cavolate.
Dimmi cosa vuoi che me ne vado felice.

Ryuk: Qualche mela e un grazie.

Apprezzo ciò che hai fatto e buonanotte.

Ryuk: Ho detto un grazie.

Hai fatto un buon lavoro e di questo te ne sono grato.

Ryuk: UN GRAZIE!

E sia.
Grazie Ryuk...ma non farci l'abitudine.
Alla prossima!
   
 
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