Crossover
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Autore: Registe    22/09/2017    3 recensioni
Tredici guardiani. Tredici custodi del sapere.
Da sempre lo scopo dell'Organizzazione è proteggere e difendere il Castello dell'Oblio ed i suoi segreti dalle minacce di chi vorrebbe impadronirsene. Ma il Superiore ignora che il pericolo più grande si annida proprio tra quelle mura immacolate.
Questa storia può essere letta come un racconto autonomo o come prologo della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
[fandom principale Kingdom Hearts; nelle storie successive lo spettro si allargherà notevolmente]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anime/Manga, Videogiochi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 9 - Axel (II)





I fucili di Xigbar





Axel non riusciva a smettere di ridere. Semplicemente non poteva.
Persino quell’idiota di Demyx non aveva avuto atti di misticismo davanti alla macchinetta del caffè, eppure quella piccola palla al piede dagli occhi grandi era riuscita a sorprenderli tutti.
Gli stessi occhi che adesso lo fissavano dal basso verso l’alto –con un certo lampo di offesa nelle iridi blu- e che pretendevano una risposta.
“Anima candida, tra un paio di settimane il Castello dell’Oblio riconoscerà anche voi come suoi padroni e vi concederà l’accesso ai poteri del teletrasporto. Con quello potrete vedere che ci sono altri mondi oltre questo. Altri bei mondi”.
La faccia della n. XII fu un lampo di entusiasmo, mentre un’ombra carica di dubbio di dipinse su quella del n. XIII.
La stessa che, forse, aveva attraversato il suo viso quando aveva attraversato lui stesso per la prima volta i varchi oscuri del teletrasporto ed aveva scoperto che vi era molto più dei loro piccoli villaggi, delle montagne, dei demoni, del grande regno di Papunika. Saïx gli aveva spiegato che il loro mondo era come una minuscola sfera sospesa tra le stelle, e che esistevano più sfere di quante gente erudita come Vexen o il Superiore sapessero contare. E che in quei mondi c’era gente che viveva nei modi più strambi, città che sembravano giganteschi alveari di metallo e posti dove la gente imbrigliava il calore in tubi di metallo e non aveva bisogno del camino per scaldarsi la notte. Aveva visto un pianeta con sette lune ed uno con due soli gemelli, ed un altro abitato da mostri con le ali che conversavano nella sua stessa lingua. E si era reso conto che in molti di quei luoghi le persone non moriva di fame, e quasi tutte le donne che aveva incontrato nei viaggi avevano trovato i suoi capelli rossi dannatamente attraenti.
Erano nati male, tutti loro.
Erano nati in uno schifo di posto dove solo poca gente, come il n. XI, poteva essere felice. Ma anche le ricchezze del nuovo arrivato erano ben poca cosa davanti a pianeti dove vi erano dei carri di metallo che viaggiavano da soli o dove vi erano negozi con scaffali carichi di cibo abbastanza da nutrire dieci famiglie per un mese. “Ed in quei mondi scoprirete che oggetti come quell’ … artefatto … sono piuttosto comuni. Ogni persona ne possiede almeno uno dentro casa, e vi assicuro che ci sono dei negozi dove si possono acquistare quella e ben altre diavolerie. Demyx è rimasto a fissare una lavatrice per ore …”
“E come ha fatto questo frigocoso ad arrivare qui?”
Per quanto la n. XII sembrasse una pazza scatenata vi era da ammettere che aveva il cervello quantomeno funzionante. Era la prima domanda intelligente fattagli da un nuovo arrivato. “Beh, il Superiore in realtà ha una sua idea, e crede che …”
“Crede che sarebbe meglio se fosse lui ad esporre le proprie teorie. Al sicuro. Nel Castello” tagliò corto Xigbar, guardandosi intorno con fare nervoso. Una volta appurata la non potenziale minaccia dell’artefatto in questione –ed aver testato sul campo l’idiozia del n. XIII- il loro superiore li aveva trascinati fuori da Stagview con una certa fretta. Axel non sapeva dargli torto: nonostante la situazione divertente non aveva potuto non notare un altro paio di Occhi di Zaboera fluttuare nel tempio e nella piazza. Xigbar aveva vietato loro di usare la magia e si erano diretti fuori dalla città a passo spedito senza scambiarsi nemmeno una battuta.
Avevano ripreso a respirare solo quando i tetti di Stagview erano scomparsi dietro le fronde degli alberi, ed anche così l’uomo con i capelli brizzolati aveva intimato a tutti di aumentare la marcia. Aprire dei portali di teletrasporto  accanto a creature sensibili alla magia come gli Occhi di Zaboera avrebbe attirato l’attenzione di quelle disgustose spie fluttuanti, e come da protocollo Xigbar li stava allontanando dall’area percettiva dei loro avversari. Il Superiore stesso non aveva alcuna idea di quanto avanzati fossero i demoni nel campo delle magie di spostamento su lunga distanza, ma in ogni caso non avrebbe mai rischiato che i loro nemici potessero seguirli attraverso un portale da loro stessi creato.
Si fermarono all’altezza di un rigagnolo coperto da sterpi, in cima ad una collina da cui si poteva osservare la città. Dallo sguardo accigliato dell’unico occhio del n. II si poteva intuire che volesse mettere ancora un po’ di spazio tra loro e le creature demoniache, ma il piccolo Roxas si piegò sul ruscello per bere, chiedendo solo qualche minuto di pausa. Axel non aveva idea di come gestire quel moccioso, specie perché il Superiore aveva insistito che se ne occupasse lui “considerato che è stato il tuo intervento non autorizzato a condurlo qui da noi”.
Osservando quel pugno di capelli biondi, Axel si rese conto di non avere la benché minima idea di cosa farne.
Quando era entrato nell’Organizzazione, diversi anni prima, era stato affidato a Saïx e portava ancora i lividi del suo concetto di “educazione”; la bestia gli aveva insegnato a leggere e scrivere, ma Axel aveva il sospetto che il piccolo n. XIII se la cavasse meglio di lui con lettere e numeri. Ci sarebbero voluti anni prima che diventasse abbastanza grande da essere autorizzato all’uso di un’arma, dunque il n. VIII non aveva la più pallida idea di cosa esattamente il n. I volesse che facesse con quel nanerottolo insopportabile –a parte reprimere la voglia di ridergli in faccia ogni minuto.
“E con tutti i poteri del Castello dell’Oblio siamo costretti a scappare al primo bulbo oculare volante? Insomma, a cosa serve tutta questa magia se poi non possiamo prendere a calci nel sedere un demone o due?”
“Combattere il Grande Satana non è nella linea dell’Organizzazione, n. XII” brontolò Xigbar, lanciando diverse occhiate al sottobosco. “Non nego che qualche volta piacerebbe anche a me usare quei mostri gelatinosi come bersagli, ma la nostra arma più importante consiste nella segretezza. Nemmeno noi potremmo resistere ad un intero corpo d’armata demoniaco a piena potenza”.
“Ma ci possiamo teletrasportare, giusto?”
“Se scoprissero del Castello avremmo ben pochi posti per scappare, mia cara. L’Organizzazione si fonda sulla segretezza”.
“L’Organizzazione si fonda sulla noia!”
“L’Organizzazione …”
Non fu l’improvviso interrompersi delle parole del n. II a preoccupare Axel.
Fu l’enorme ombra che coprì il sole per un istante, seguita subito dopo da una seconda.
“Merda”.
Le bestie alate colorarono di scaglie nere e rosse il cielo, lanciando versi che gli fecero raggelare il sangue nelle vene. “Questi non erano nel programma …”
Era la prima volta in chissà quanti fottutissimi secoli che i draghi non solcavano i cieli del loro mondo; le creature, cinque in tutto, discesero dall’alto creando dei cerchi concentrici sempre più piccoli, sfiorandosi appena con le loro code fino ad avvicinarsi del tutto sopra un unico punto: la città di Stagview. Anche da quella distanza si iniziarono ad udire le prime grida.
Xigbar si mise in mezzo a loro. “Andiamocene da qui. Il Superiore deve esserne …”
Axel non fu sicuro di quale delle due cose accadde prima.
Il suo superiore non aveva ancora concluso la frase che un nugolo di Occhi di Zaboera emerse dagli alberi in maniera caotica, fluttuando sia tra i rami alti che nel sottobosco, pigolando versi senza forma mentre si allontanavano da Stagview con quella che sembrava la massima velocità concessa dai loro corpi gelatinosi. Non ci voleva il cervellone del n. IV per capire da cosa stessero scappando.
Fu quando le creature si addensarono tutte intorno a loro, le pupille che si allargavano e si restringevano ritmicamente, che si accorse dei cespugli spezzati alla loro destra e della piccola figura del n. XIII che scappava gridando con quanto fiato avesse in gola.
Quello che avvenne dopo fu il caos. Iniziò con una saetta che attraversò lo spazio e colpì in pieno un Occhio, mandandolo fumante a terra.
Lo sciame di mostri si serrò intorno a loro come insetti dimentichi improvvisamente dei draghi. Axel sentì un ronzio invadergli il cervello e scosse la testa per mandarlo via, alzando d’istinto il fuoco per difendersi.
“AXEL, NON APRIRE UN PORTALE PER ALCUN MOTIVO, CHIARO?” sentì nella mischia, poi scagliò una manciata di scintille contro un bulbo oculare e ne vide la cornea aprirsi in due riversando liquidi e nervi. Il ronzio per un istante si affievolì, poi tornò.
Gli occhi si sollevarono di qualche braccio e tutti insieme iniziarono ad allargare in maniera abnorme le proprie pupille; il ronzio si trasformò in una sensazione ovattata, ed il n. VIII si ritrovò a combattere per tenere le palpebre sollevate, colto da un sonno improvviso e da una violenta voglia di sbadigliare. Le pupille si ritiravano e si allargavano all’unisono, ed ebbe la spiacevole sensazione di non riuscire a distogliere lo sguardo dal loro, colto dal desiderio di avvolgersi in qualcosa di caldo e morbido. Si guardò intorno cercando alla ricerca di un posto comodo per stendersi e notò che in un punto le radici di un vecchio albero si erano sollevate, coperte da un cumulo di terra ed erba; spense il fuoco dalle mani, seguendo il senso di pesantezza che da strisciante si era fatto oppressivo. “AXEL!”
L’urlo lo rivoltò con la forza di uno schiaffo.
Un paio di Occhi di Zaboera, gli stessi con cui aveva appena incrociato lo sguardo, caddero a terra stecchiti.
“BRUTTO ROSCIO DI MERDA, TI PARE IL MOMENTO DI DORMIRE?”
Con un unico movimento Xigbar apparve accanto a lui. “Non ci vogliono lasciare, i figli di puttana. Ti autorizzo ad estrarre le armi in pubblico, n. VIII”
Axel scosse la testa, sentendola dolente e ancora addormentata. I mostri fluttuanti che avevano chiaramente usato su di lui un incantesimo di sonno di sparpagliarono, pigolando frenetici davanti alle canne dei fucili del n. II. Il Superiore aveva espressamente vietato di evocare le loro armi se non in caso di assoluta necessità, ma in effetti cinque draghi ed uno stormo di creaturine gelatinose dello Yomashidan poteva in effetti ricadere nel “caso di assoluta necessità” di cui sopra, specie con due nuovi arrivati cui badare. Ad onor del vero la ragazza sembrava entusiasta: nonostante la sua capacità di controllare il proprio elemento fosse discutibile la vide lanciare una saetta contro una massa di arbusti secchi folgorando un Occhio che stava cercando di nascondersi lì dietro.
Una serie di versi bestiali squarciò la foresta, seguito dal rombo di edifici crollati. Le urla si moltiplicarono dalla cittadina quando i draghi si abbatterono su di essa come bambini contro un formicaio, atterrando sui tetti delle case. Con la coda dell’occhio Axel vide una coda schiantarsi contro una parete facendo esplodere i mattoni, e solo lo stridio dei restanti Occhi di Zaboera lo costrinse a distogliere lo sguardo dal massacro che stava avvenendo.
Per quanto Vexen avesse detto loro più volte che gli Occhi fossero creature da ricognizione, non certo battagliere, il n. VIII si ritrovò a bestemmiare tra i denti per la tenacia di quei piccoli scherzi della natura che continuavano a pungolarli nonostante già oltre dieci di loro fossero stati abbattuti.
“I demoni ormai sapranno di noi!” gridò prima di carbonizzarne un altro.
“Più che di loro mi preoccuperei di quelle lucertole giganti!”
Proprio mentre il suo compagno pronunciava quelle parole Axel vide uno dei draghi avvolgersi intorno al tetto del tempio dove erano stati meno di un’ora prima, afferrando una delle colonne dell’edificio con la coda e mandandolo ad esplodere contro un muro. Un paio atterrarono in un punto dove verosimilmente si trovava la piazza e ne risalirono con uomini e donne straziati tra le fauci. Da quella distanza non riusciva a vedere se qualche guardia cittadina fosse riuscita ad organizzare una difesa, ma in ogni caso era chiaro che per il paese minerario non vi fosse più nulla da fare. Le case e le botteghe sparirono dalla sua vista una dopo l’altra, cancellate al solo passaggio di quei mostri.
Il suo sguardo tornò agli Occhi di Zaboera e al ricordo della loro fuga precipitosa. “Credi che stiano dalla stessa parte?”
“Puoi scommetterci le palle. Questi piccoli spioni se la sono battuta non appena sono stati certi dell’attacco”.
“E da quando il Grande Satana dispone di draghi? Non dovrebbero rispondere soltanto al …”
Xigbar sputò per terra. Axel lo vide avvicinare le canne dei fucili in un unico, fluido movimento ed abbattere una coppia di Occhi che stava cercando di allontanarsi. “Un motivo in più per tornare al Castello e fare rapporto. Vai a cercare quell’idiota del n. XIII, allontanatevi da qui e apri un portale per il Castello solo e soltanto se sei sicuro che non vi siano nemici in vista. Io e la novellina diamo una lezione a questi mostriciattoli e vi raggiungiamo alla base. Chiaro?”
Quasi a confermare le sue parole dalle mani della n. XII uscì una doppia cascata di saette, seguita poi dal suo riso sguaiato. Di sicuro era più autonoma sul campo di battaglia di quanto lo fossero stati lui, Demyx e Luxord dopo un paio di mesi nell’Organizzazione. Axel annuì, poi si tuffò nel bosco con il ruggito di un drago come sottofondo.
Se le fila del Cavaliere del Drago avevano davvero attaccato Stagview su ordine della famiglia demoniaca la situazione era ben peggiore di quanto lo stesso n. I immaginasse.
Ed il tutto per un dannatissimo frigorifero.
  
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