Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Hermes    23/09/2017    0 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota: Questo capitolo è un puro Michelle POV che racconta una buona parte di ciò che accade subito dopo ASTTR. Non è totalmente completo in quanto ricordo del singolo ma tocca molti piccoli slice che avevo in testa su Linds e Michelle. Buona lettura ci rivediamo in fondo nelle note!

If I seem edgy
I want you to know
I never meant to take it out all on you
Life has its problems
And I get more than my share
But that's one thing I never mean to do
'Cause I love you
Lana del Rey ~ Don't let me be misunderstood

Le sembrava che quella mezza settimana di trasferta non sarebbe mai finita.
Per qualche strano motivo non era riuscita a rimanere concentrata per più di dieci minuti consecutivi alla volta, guadagnandosi occhiate sorprese dai suoi colleghi.
Hervas, ti lamenti delle ferie coatte ma a quanto pare non ti fanno poi così schifo, eh!
Alcune ore prima era atterrata a Los Angeles da New York quindi si era imbarcata su un treno espresso per San Francisco, non avendo voglia di attendere una coincidenza aerea.
A volte aveva il desiderio di un viaggio in treno, di ore ed ore passate in un posto di mezzo dove il dinamismo della vita presente non poteva toccarla.
Per pensare senza essere interrotta.
Per ricordare giorni senza rimorsi.
Per rivivere ancora una volta il passato e trovarlo là ad attenderla.

Non si reputava una persona malinconica ma alcune volte il tuffo era così facile…

Eravamo appena tornati a San Francisco e già litigavamo come degli ossessi.
Erano discussioni animate ma ‘buone’.
Il topo aveva deciso di farmi impazzire in tutti i modi, primo fra tutti la scelta della residenza.
Ci eravamo messi in contatto con alcune agenzie immobiliari e Linds aveva piantato una serie di ‘pali’ sotto i quali non voleva andare.
Alcune cifre che avevo sentito mi avevano fatto girare la testa.

Fino a quel momento non mi ero mai resa veramente conto di quanto denaro avesse accumulato negli anni senza intaccarlo.
Vi basti sapere che allora avrebbe potuto tranquillamente comprare casa in centro e dieci Ferrari ultimo modello senza chiedere un mutuo.

Quel Febbraio, dopo decine di appartamenti ed anche qualche casa entrammo nel loft.
Fu un amore a prima vista, per me.
L’open space con il soffitto alto e le finestre ad semiarco.
I pavimenti in legno scuro e la scala a chiocciola in ghisa ed ottone che saliva alla passerella del piano superiore, circondante tutta la stanza come un teatro.
Era uno spazio nudo ed anche un po’ polveroso.
L’edificio – in origine una fabbrica tessile ricostruita in mattoni dopo il seguente incendio del Grande Terremoto del 1906 - era stato appaltato ad una grande ditta di costruzioni per essere rimesso in regola con le nuove leggi urbanistiche, oltre che dotato di moderni sistemi di videosorveglianza e servizi di ultima generazione.
Eravamo in Downtown ma in quel periodo un metro quadro costava una piccola fortuna che – a malincuore – non sarei mai riuscita a permettermi.
Mi guardavo attorno cercando di non perdermi con la mia immaginazione e non dare a vedere che il posto mi piacesse quel granché, il prezzo era veramente troppo esagerato per un appartamento da ristrutturare…

Sorrido amara, voltata verso il finestrino.
Per quanto avessi fatto finta di niente Linds mi aveva lanciato una sola occhiata ed aveva capito.
La settimana dopo eravamo proprietari di quello che sarebbe poi diventato il nostro ‘nido d’aquila’ di centoottanta metri quadri.
Eravamo stati i primi ad acquistare dentro l’edificio quindi avevamo avuto anche la scelta dei posti auto ed vari dettagli estetici. Linds si era sbizzarrito, ingaggiando una squadra di dieci uomini per sbrigare la messa in regola ed i lavori interni con un contratto a scadenza e con mora se avessero tardato nella consegna.
Pazzo, ma intransigente. Definizione perfetta.

Sei mesi dopo.
Era il primo giorno di un Agosto torrido.
Il loft era pronto ed ci avevano appena consegnato le chiavi quel mattino, con una settimana di anticipo.
Avevo contribuito a chiudere il conto con l’hotel nel quale ci eravamo accampati nell’attesa con il mio primo incasso del Venter Institute ed eravamo andati a scegliere i mobili di prima necessità.
Un’eccitazione di fondo che vibrava nella tranquilla aria dorata che colava dai finestroni.
Avevamo cenato sull’isola della cucina con dell’asporto indonesiano e poi…

Chiudo gli occhi.
Nei miei ricordi quelle sensazioni sembrano irreali ora.
Eppure sono avvenute.
Quella prima notte l’avevamo passata non esattamente a dormire sopra un materasso matrimoniale sul parquet.
Il giorno dopo la schiena ci stava uccidendo ed avevamo entrambi giurato che non l’avremmo mai più sperimentato.
La carrozza del treno prende uno scossone, distogliendomi, ancora con il sorriso sulle labbra.
Osservo il paesaggio al di fuori del finestrino, disinteressata.

Avevamo passato il resto di quell’estate ad aggiungere cose un po’ qui ed un po’ là.
Eravamo andati in vacanza alle Hawaii per sette giorni: io ero ingrassata di tre chili a forza di mangiare avocado, mango e papaya e lui si era scottato come un gambero.
Linds aveva provato ad imparare ad cucinare ma era stata una guerra persa in partenza, preferendo di gran lunga rimpinzarsi di cosa preparavo io.
Fino a quel momento il topo non aveva cercato un lavoro, passava del tempo davanti il suo nuovo portatile a scrivere e-mail e – nonostante fossi fuori casa per buona parte della giornata – ero sicura al 100% che fosse pulito di sostanze.
Ero un po’ preoccupata di quella sua apparente inerzia ma quel sorriso sghembo che mi lanciava quando tornavo a casa la sera era capace di rassicurarmi.
Lo vedevo sano e felice, parlavamo liberamente e certe volte era una comic relief gratuita che avrebbe potuto uccidermi dalle risate!

Non era successo nulla di strano se non qualche momento un po’ imbarazzante da entrambe le parti sulle nostre abitudini ed a volte tendevamo ad isolarci nel nostro mondo personale.
Le cose andavano e filavano a meraviglia, nonostante tutto.
Sembra quasi impossibile come siamo passati da quel passato a questo presente.
Non vi chiedo di comprenderlo, solo di accettarlo.

A inizio settembre Linds aveva ufficialmente dato i primi segni di prurigine.
Avevo passato una sera per aiutarlo a rivedere il suo CV ed l’aveva spedito a varie e differenti organizzazioni, società e laboratori dalle attività più disparate.
Credo che nei mesi precedenti avesse sondato il terreno intorno a lui e si fosse chiesto quale fosse la prossima grande avventura di Lagden il topo genio.
Il momento che aveva preso una decisione la nostra routine cambiò bruscamente.
Linds si era comprato una Audi di seconda mano, una macchina non egregia ma senza infamia e senza lode ed aveva preso a girare.
Da quel momento in poi il nostro tempo insieme si era normalizzato alla sera, al mattino prima di andare a lavorare ed nei weekend.

Quel passaggio di routine era stato un toccasana.
Avere qualcosa sul quale concentrarsi lo rendeva il topo che avevo conosciuto.
Mi piaceva sentirlo sgonfiare con birra alla mano mentre preparavo da cena alla sera e le sue impressioni a volte erano al limite del ridicolo tanto che finivamo a ridere insieme con le lacrime agli occhi giocando a backgammon fino a tardi.
Ed ero felice…mi era ancora capitata qualche nottata da incubo ma il topo era con me e la vita era divina.

Dalle consulenze al lavoro vero e proprio il passo era stato brevissimo.
Lavoravo ancora nel laboratorio di San Francisco all’epoca e Linds aveva accettato un posto come ricercatore e formatore di un nuovo team per una ditta di Sacramento nella corsa ai carburanti da biomassa.
Aveva lasciato l’auto per fare il pendolare con il treno e passava le serate a sfornare diapositive per lezioni intensive di chimica organica complessa.
Avevo già avuto a che fare con l’apprendimento alla Lagden ed avevo un po’ pena per quei poverelli.
“Professore, non li sprema troppo…”
“Miss Hervas, ma lo sa che io adoro la limonata…”

Avevamo superato i sei mesi insieme.
Iniziai a fare trasferte una, due volte al mese verso San Diego; giusto per mantenermi in linea con i progetti fra i laboratori e le riunioni.
Linds invece aveva di nuovo cambiato il passo, in un crescendo continuo che conoscevo bene.
Ci vedevamo ancora tutti i giorni ma…

Il lavoro era la sua vita, come il laboratorio era la mia.
Non aveva resistito più di sei mesi nel campo delle biomasse.
Quindi era tornato a fare il consulente freelance mentre si era iscritto alla facoltà di Ingegneria Civile di SF.
Vederlo in modalità ‘spugna umana’ era spaventoso, anche per me che all’Uni non avevo scherzato andando dritta per la mia strada.
In quel periodo aveva convertito una delle due camere per gli ospiti come studio ma le dispense ed i materiali fuoriuscivano ad intervalli regolari in tutti gli angoli del loft a causa della sua propensione allo snack ed al brainstorming.
Lavorava di giorno, studiava di notte e faceva consulenza per il Governo a bisogno.
L’ottanta per cento della sua tesi l’aveva scritto a letto con il portatile sulle ginocchia ed in grembo un sacchetto di popcorn al caramello.
Mi ci era voluto una buona dose di irritazione ed seduzione sottile per distoglierlo, stancarlo e riuscire a dormire entro le tre di notte in quel periodo.

Non era una vita sregolata, tutt’altro.
Era la vita che non avrei mai scambiato per tutto l’oro del mondo.
A Giugno – nel giro di un anno – gli avevano consegnato la laurea cum laude, anche se lui non l’aveva manco presa in considerazione dicendo che era solo un pezzo di carta e che il divertimento sarebbe arrivato dopo, io ero orgogliosa e felice per lui, il mio topo genio.
Aveva accettato uno stage in uno studio della città.
Nel frattempo la mia carriera subiva un impasse.
John Venter aveva notato la mia etica lavorativa ma non avevo tutti i requisiti per entrare nel vero ‘team’ di professionisti che lo circondava ed la filiale nord californiana iniziava a starmi molto, ma molto stretta.

Ero indecisa poi arrivò l’ennesimo cambiamento di rotta.
Non erano passati nemmeno quattro mesi dalla laurea in ingegneria e Linds una sera tornò a casa meditabondo e distratto.
Avevamo ordinato una pizza Fonzie formato famiglia e mi raccontò di aver ricevuto una telefonata al lavoro.
Gli avevano offerto un posto come scienziato pazzo.
Nel deserto del Nevada.
A quattrocentonovantacinque miglia di distanza.
Con il veto assoluto di studiare cosa voleva, come e quando voleva.
Gli avevano offerto il giardino dell’Eden all’Area 51.
“Accetta, topo.”
“Michelle sei davvero sicura…”
“Certo che sono sicura. So che non vedi l’ora e sai che sopravvivrò.”
“Non voglio lasciarti da sola.”
“Non cambierà nulla Linds.”
Si era fidato.
Il mese dopo aveva preso residenza alla Base.
Il mese dopo avevo iniziato un corso accelerato alla Lagden per diventare ingegnere genetico a tutti gli effetti.

I primi tempi Linds tornava dal deserto tutte le settimane per passare almeno il weekend a San Francisco.
Lo vedevo meno ma sapevo che era felice come un bambino al parco giochi e mi bastava.
Le routine da convivenza a stretto contatto si erano di nuovo ribaltate, soppiantate da quelle del singolo.
Quando tornava finivamo spesso e volentieri a mangiare fuori, il resto delle nostre abitudini passate spazzate via.
Niente più partite a backgammon o film in bianco e nero la notte tardi.
Niente discorsi totalmente sciroppati alle due del mattino dopo aver fatto all’amore.
Il tempo utile lo passavamo fuori, a dormire ed a parlare di lavoro.

Con il passare dei mesi il topo divenne sempre più preso dalla Base tanto che le sue settimane lavorative iniziarono ad allungarsi sempre di più.
Dieci, quattordici, ventuno giorni.
A volte mi chiedevo se non stessero seguendo un calendario marziano là dentro.
Intanto avevo dato gli esami necessari e ricevuto l’abilitazione.
Ciò significava trasferte a San Diego settimanali ed un aumento di stipendio non male.
Il più della settimana il loft di San Francisco rimaneva vuoto e muto.
Al topo era capitato di tornare indietro per ritrovarsi belle e solo.
Da quel momento avevamo iniziato a darci appuntamento come uno farebbe con il dentista.

Non potevo più dire di essere felice.
Certo il lavoro era importante – avevo iniziato le prime trasferte per conto del Venter Institute - ma la solitudine palpabile ed il quasi totale silenzio delle camere d’albergo mi facevano sentire un’animale in gabbia.
Linds non diceva nulla a proposito della lontananza ma quando, per grazia divina, riuscivamo ad incontrarci fra lo spazio ed il tempo era il tumulto.

Sesso.
Puro e semplice.
Il più di quei momenti non me li ricordo nemmeno.
Dietro c’era solo il desiderio di colmare una distanza bastarda che forse si era già infilata fra di noi come una premonizione.
La ricerca di qualcosa che non ci appagava davvero fra le lenzuola di un hotel.
Scopavamo come dei conigli in calore.
Non ero felice.
A quel punto la soluzione era una, ed una soltanto.
L’avevo presa per entrambi, piantando un totem.
Avevo deciso che ogni tot di tempo avremmo messo da parte tutto per passare almeno tre o quattro giorni da tranquilli.
Il topo aveva accolto la cosa di buon grado senza protestare, forse più sollevato che irritato.

Cerco una posizione più comoda mentre il treno si ferma a Fresno sotto il sole del mezzogiorno californiano che non proietta ombre ma nasconde le verità.
Vero che da quel momento in poi le cose migliorarono…
Riprendemmo a visitare con regolarità Raphael e Mel – ormai genitori di una ciurma di due maschi ed una femminuccia in arrivo – mia madre e, occasionalmente, anche alcuni giorni in vacanza come non avevamo più fatto.
Il sesso all’inizio rovente, ritrovandosi e passando del tempo senza i minuti contati, era di nuovo in grado di darmi emozioni oltre la solita petite mort.
Dopo quella che sembrava una vita, se non riuscivamo a prendere sonno, parlavamo nel buio della stanza a cuore aperto e con l’idea che non stavamo veramente parlando ma che era un sogno del quale probabilmente ci saremmo scordati venuti la mattina.

Lui voleva a tutti i costi rendermi felice.
Io cercavo di renderlo felice a costo della mia felicità.
Forse il nostro era solo un problema di comunicazione alla fine.
Forse parlavamo due lingue diverse ma volevamo le stesse cose, almeno in parte.

Quindi era capitato un piccolo blip.
Il mio piccolo blip.
Era avvenuto il miracolo.

Oh baby, I'm just human
Don't you know I have faults like anyone?
Sometimes I find myself alone regretting
Some little foolish thing
Some simple thing that I've done
Lana del Rey ~ Don't let me be misunderstood

~~~

Canzoni del capitolo:
- Lana del Rey ~ Don't let me be misunderstood.

Le note di questo capitolo sono:
- Il grande terremoto del 1906 fu un sisma molto violento che colpì la città di San Francisco il 18 Aprile del 1906 con un magnitudo di 8.3 sulla scala Richter. Il terremoto distrusse buona parte della città che venne maggiormente danneggiata dall'incendio in seguito a causa delle fughe di gas. Si calcola che ci furono più di tremila morti solo in SF e più di 250000 sfollati. In seguito la città venne ricostruita ex novo con una griglia pensata per impedire la diffusione degli incendi.

Long time no see! xD
Sì, son sparita totalmente per un bel po' ma ora che siamo a fine Settembre e le cose sembrano essersi appianate ho trovato il tempo per aggiornare UT con un piccolo capitolo che non porterà avanti la trama ma chiude alcuni buchi. Adoro queste duemila parole ed il modo di Michelle di raccontare qualcosa che mi è rimasto in testa a ciclo continuo fino dalla fine di ASTTR! QQ

Per il resto ho tolto sulla mia pagina autore la nota di Hiatus ma non so quanto potrò essere regolare negli aggiornamenti: non trovo il tempo di scrivere e l'ultima volta che ho buttato giù qualcosa di Steps è stato da qualche parte agli inizi di Agosto, rimane però che questa storia ho tutta l'intenzione di concluderla prima o poi quindi non disperatevi e portate una pazienza mastodontica. xD
Buon inizio autunno,
Hermes

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Hermes