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Autore: John Hancock    23/09/2017    0 recensioni
Nel 2039 una potente setta religiosa, il Sacro Ordine, conquista il mondo sottomettendo tutte le Regioni al suo volere. Tre anni dopo scoppia la rivolta, che vede a capo il Quartiere 16 di Astoria, uno dei ghetti più discriminati della capitale di Sinnoh. Capitanati da un ex poliziotto ormai stanco della situazione in cui viveva la sua gente, i rivoltosi inizieranno a lottare per la loro libertà, braccati dai Sacerdoti.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blue, Gold, Green, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
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Dalle Ceneri, Come Una Fenice
 
 
 
Il calore della lampada da comodino iniziava ormai a infastidirlo. Posò la penna sul foglio, distese la mano e poi si strofinò gli occhi. Controllò l’orologio e vide che erano quasi le diciannove, ora di cena. Rilesse velocemente i suoi appunti presi in classe e li utilizzò per correggere da solo i suoi esercizi di algebra. Ci volle solo un attimo e chiuse il quaderno. Lo ripose sulla mensola, al suo posto, poi prese l’astuccio e lo mise nuovamente nello zaino già pronto per il giorno dopo. Spense quella fastidiosa lampada, si cambiò e si diresse verso la porta.
Una volta fuori, s’incamminò verso il bagno del piano di sopra. Decise di prendere il corridoio principale, quello con tutte quelle sculture in marmo e dipinti su un lato, mentre l’altro era aperto sul salone dove quella donna, la decima forse in una settimana, era intenta a produrre una dolce e lieve melodia con il pianoforte a coda della sua famiglia. Si appoggiò alla balaustra, infilando la testa fra due dei piccoli pilastri intagliati che ne sostenevano il corrimano in marmo bianco, per poter vedere meglio. La donna, dai capelli biondi, indossava un lungo e sfarzoso vestito color blu notte.
Dopo circa tre minuti di Mozart, decise di rimettersi in cammino per non arrivare tardi alla cena. Percorse il resto del corridoio e si chiuse nel bagno. Si sciacquò per bene il viso e le mani, asciugandosi sul suo asciugamano personale e poi lo ripose facendo attenzione a non creare la minima piega.
Una voce lo salutò una volta che fu uscito.
- Buona sera, Lucius.
- Buona sera, Madre.
- Finito con gli studi?
- Sì, erano fin troppo banali. Mi sono preso la libertà di anticiparmi con le pagine da studiare per la prossima settimana. Quando ho finito ho deciso di iniziare a prepararmi per la cena e ho colto l’occasione per ascoltare qualcosa della nuova pianista.
- Ottimo. Che te ne pare di lei?
- È brava, un’ottima sostituta per prendere il vostro posto ma, con tutto il rispetto, non riesce lo stesso a eguagliarvi nel suonare quel pianoforte. Solo voi riuscite a rendere alla perfezione le note di Mozart.
- Puntare sui complimenti è un modo velato per chiedermi di riprendere il posto di tuo insegnante?
- Sarebbe un onore per me, imparare dalla migliore – Lucius sorrise a sua madre.
Lei perse per un attimo il suo tono composto e altezzoso, quando non poté fare a meno di accarezzare i capelli del figlio.
- Vedremo, per adesso pensiamo ad andare a cena. Tuo padre è tornato poco fa dall’incontro con i responsabili della lega di Sinnoh.
- Perfetto, erano settimane che non lo vedevo. Sta bene?
- Potrai chiederglielo tu stesso, cenerà con noi questa sera.
Lucius s’illuminò in volto, quasi pronto a esplodere. Sua madre colse i segnali, come solo lei sapeva fare, e lo fermò prima che potesse esprimersi.
- Controllati, tesoro mio. Sei il figlio del Capitano della Guardia di Stato, gli occhi di tutti saranno sempre puntati su di noi. Qual è la prima cosa che si deve rispettare?
- Contegno ed eleganza come prima cosa. In secondo luogo, fare tutto ciò che possiamo per rendere il mondo un posto migliore.
- E…?
- Aiutare e proteggere i più deboli.
- Bravo bimbo mio – lei si abbassò fino alla fronte di suo figlio, baciandogliela – Sei l’uomo di dieci anni migliore che ci sia.
Gli porse la mano e lui la prese, per poi scendere le scale assieme e dirigersi nella sala da cena.
Lucius vide la figura di suo padre all’altro estremo della tavola e gli corse incontro. Lui allargò le braccia, sorridendo, per poi prenderlo in braccio e baciarlo sulla guancia. A nulla servirono gli avvisi della madre che si premurava fin troppo delle attenzioni che gli altri potevano riservare per la propria famiglia. Quando l’uomo la vide, si precipitò verso di lei, per poi baciarla.
- Tutto bene qui, Cassandra?
- Nulla fuori dall’ordinario. Lucius sta facendo progressi favolosi negli studi. Potrebbe prendere la tua strada, Maxwell.
Il bambino vide suo padre sorridere venendo a conoscenza della sua bravura. La folta barba di lui ondeggiava assecondando i movimenti della sua testa.
Tutti e tre si sedettero a tavola e immediatamente i camerieri iniziarono a portare i vari piatti, stracolmi dei più disparati tipi di leccornie. Poi, durante l’arrivo del dolce, il pianoforte s’interruppe di scatto.
Cassandra si alzò, diretta verso il salone, decisa a fare una lavata di testa alla nuova ragazza, quando si udirono degli spari in lontananza. Lei urlò e corse nella direzione da cui proveniva. Suo marito estrasse immediatamente la pistola dalla fondina e prese Lucius sotto braccio.
- Tutti nel bunker, subito! – urlò lui, spingendolo fra le braccia della madre e aprendo loro la strada.
Corsero per le diverse rampe di scale e corridoi, dove i cadaveri dei camerieri e gli addetti alle pulizie spuntavano un po’ ovunque. Una figura incappucciata comparve d’improvviso da un angolo ma Maxwell fu più veloce di lui e lo colpì prima che quello potesse esplodere il proiettile. Qualcuno sgattaiolò alle spalle di Cassandra, per poi bloccarla tirandole i capelli. La presa su suo figlio si allentò, facendolo incespicare sui propri piedi e cadere in avanti, mentre lei veniva bloccata da più paia di braccia.
Suo marito si girò, allarmato dalle grida di lei. Uno degli incursori lanciò un coltello che andò a conficcarsi nel ventre di lui, lacerandogli le budella. La presa sulla sua pistola si fece più lenta e i pochi attimi successivi non furono abbastanza lunghi. Uno degli uomini incappucciati si fece avanti, dando un calcio in faccia a Lucius nel mentre, per poi giungere davanti a Maxwell. Gli bloccò la testa con una mano e con l’altra gli conficcò un pugnale sotto al mento, trapassando lingua e cervello con una sola mossa secca.
Il bambino cercò di alzarsi a fatica ma altre due persone lo bloccarono e lo issarono di peso, facendogli staccare i piedi dal terreno. A nulla servì la sua debole resistenza. Sua madre urlava ancora quando lo stesso uomo che aveva ucciso Maxwell si avvicinò a lei. Le diede uno schiaffo in pieno viso, zittendola all’istante. Lui schioccò le dita e i due uomini che reggevano Cassandra risero, come in risposta a un ordine già prestabilito: con un coltello lacerarono il vestito della donna, lasciandola nuda, per poi colpirla col manico all’altezza dell’ombelico. Lei cadde bocconi a terra, reggendosi su ginocchia e mani. Poi l’altro la prese per i capelli e la costrinse con la forza a girarsi, dando le spalle a quello che doveva essere il loro capo.
Lui, sentendo le grida di Lucius, si girò verso di lui, prima di continuare.
- Tu, piccolo mio, guarderai. Un solo altro grido e, dopo che anche i miei uomini avranno goduto di tua madre, le taglierò la testa per poi conficcare il corpo nel suo adorato pianoforte.
Lucius chiuse gli occhi.
 
Artorius riaprì i suoi occhi, liberando la mente dai ricordi del passato. Erano anni che non ripensava agli ultimi attimi della sua infanzia, prima della sua fuga. Le parole del padre e la madre defunta rimasero impresse nella sua mente quando, anni dopo, iniziò a predicare la salvezza di tutti e la necessità di supremazia della razza pura ed estranea da ogni forma di cattività e male. In quegli anni, quando Lucius era ormai un ricordo e Artorius il nuovo presente, la vita fu colma di sacrifici e dolori. Ma, adesso, i suoi sforzi venivano ricompensati: era sul punto di cancellare ogni traccia dell’esistenza del male, usando il chaos e la morte a suo favore. Come un dio, lui avrebbe ripulito la razza umana da ogni fetore per poi farla rinascere sotto nuove e più candide spoglie.
Tornò al presente.
Il laboratorio in cui erano incubati i tre Pokémon leggendari stava lavorando a massimo regime, sotto la sua personale guida. I suoi lunghi sforzi per studiare, fin da bambino, avevano dato frutti più che soddisfacenti. Adesso, con il Cuneo DNA non più frammentato, poteva essere il solo e unico uomo a rimettere assieme le due parti del Drago Originale con il suo guscio.
- Quanto tempo è necessario per costruire il nuovo oggetto che farà da catalizzatore per la fusione? – chiese ai suoi sottoposti.
- Circa otto ore e trentotto minuti, Sua Santità.
- Magnifico. Finalmente ci siamo, figli miei. È giunta l’ora della salvezza. La fine del mondo così come lo conosciamo, sta per giungere. Il chaos potrà trionfare e distruggere tutto ciò che c’è di malvagio in questa società, per poi far rinascere dalle ceneri di questo mondo, una nuova vita utopica. E io, Artorius, comanderò il Drago Originale e avrò il potere necessario a ricostruire tutto così come deve essere.
Inspirò profondamente.
- Nessuno più soffrirà in quel modo – sussurrò, quando il ricordo riapparve.
Ordinò ai suoi sottoposti di farlo chiamare dalle sue stanze nel caso ci dovesse essere qualche complicazione o il processo fosse vicino a terminare. Dopodiché si congedò e si diresse verso l’uscita. Tutti coloro che incontrò per la strada lo salutarono e si complimentarono con lui per l’ormai imminente arrivo della salvezza di tutti. Artorius non poté fare a meno di intrattenersi quel tanto che bastava per rispettare l’educazione e i doveri che il suo ruolo gli imponeva. Finalmente libero, varcò le porte delle sue stanze.
Lì, all’interno, fu finalmente libero di poter riposare. Non fece caso alla grossa pila di lettere poggiata sul tavolo, e lasciò cadere il suo copricapo sulla sedia lì vicino. Si diresse verso l’unico, piccolo armadio in cui erano riposti i suoi pochi vestiti e ne trasse una lunga veste. Velocemente si svestì e l’indossò, per poi coricarsi.
 
 
Astoria, quarantasette chilometri fuori dalle mura della città.
 
- Forza, portate qui quelle piattaforme con le batterie. I nostri cannoni non si caricheranno coi Pokémon, abbiamo bisogno di tutti loro! – erano ormai ore che Cole lanciava ordini in ogni direzione, capitanando la sua squadra, imitato a gran distanza da Green, Blue, Daisy, Zitanna e Gold. Sur, invece, si era spinto in avanscoperta con i suoi reparti speciali e si erano appostati fra gli alberi e le rocce della montagna, in attesa di ordini. Ognuno di loro puntava già il loro obiettivo tramite i mirini dei potenti fucili.
Kyle e Alice si erano ormai liberati da tempo dalle premure di Daisy e si stavano preparando a loro volta: Bucky, Green, Blue e tutti gli altri scienziati avevano lavorato giorno e notte per dotarli di quegli speciali indumenti in grado di camuffarli e farli passare inosservati all’interno della Torre Bianca.
- Aspetta, ti aiuto io, tu non ci arrivi – Kyle fece il giro attorno ad Alice, andando ad allacciarle il dietro del pettorale.
Una volta che fu sicuro della tenuta della chiusura, fu soddisfatto.
- Sei proprio sicura di volerlo fare?
La ragazza si voltò, i capelli ondeggiarono seguendo meccanicamente il suo movimento, fluidi e densi come una colata di lava basica.
- Sicura, perché non dovrei? Ci sono dentro.
- È solo che…
Alice lo zittì mettendogli un dito sulle labbra. Poi si avvicinò a Kyle e lo guardò fisso negli occhi.
- Non mi accadrà nulla, ok?
- Certo che non ti accadrà nulla, sennò ti uccido.
- Che fai, provi a imitare Daisy? Non ci riesci, lei è troppo superiore.
- Ma non ha il mio culo, punto a favore.
Alice rise e poi si lanciò in avanti, andandolo a baciare. Kyle l’avvolse in un abbraccio e lei andò a verificare con la mano la veridicità delle sue parole.
- Ok, forse su questo hai ragione – le loro labbra si unirono di nuovo.
- Credi che tu possa risolvere tutto con un bacio?
- Direi proprio di sì - ripeté il gesto un’ulteriore volta.
Kyle le accarezzò i capelli e poi le fissò le protezioni per le braccia. Raccolse i due cinturoni modificati e li inserì fra le fessure delle loro vesti. Infine prese i caschi ultra leggeri e ne porse uno ad Alice.
I due uscirono dalla piccola tenda allestita in fretta e furia e si incamminarono verso il punto di incontro con gli altri. Solo allora Kyle si accorse di quanto fosse comoda quella specie di armatura e di quanto i movimenti non ne fossero assolutamente intaccati.
Bucky si diresse verso i due con un grosso sorriso sul volto, nonostante le grosse occhiaie, seguito dal suo Blastoise. Ad ogni passo del Pokémon, la terra sembrava rombare.
- Ah, vedo che vi stanno alla perfezione. Siete stupendi assieme.
Alice divenne improvvisamente viola. Vedendola, Bucky si affrettò a concludere la frase.
- Tranquilli. Non dirò a nessuno di voi due – strizzò l’occhio a Kyle, che aveva capito che lui aveva capito.
- Inoltre – continuò l’enorme ragazzo – Vedo che le mie tute vi stanno magnificamente. La “Mark I” e “Mark II” sono praticamente perfette.
Il suo occhio vagò su di loro, beandosi della buona riuscita del suo lungo e faticoso lavoro.
- Non so davvero come ringraziarti. Per le tute e l’altra cosa – Alice abbracciò il suo amico.
- Figuratevi. È questo che faceva mio zio: difendere quanto più possibile i suoi amici. Ho deciso di dedicarmi anima e corpo a questo.
Qualcuno, dalle retrovie, chiamò a gran voce il suo nome.
- Scusatemi, hanno bisogno di me per le tute standard, ci vediamo dopo. E, ragazzi, spaccate il culo a quel pezzo di merda tinto di bianco.
Salutò, abbracciandoli entrambi. Kyle si sentì quasi stritolare dalle braccia del ragazzo.
Fece segno ad Alice e insieme a lei s’incamminò verso il punto di raccolta. Lucario e Gallade vennero fatti uscire dalle Poké Ball, in modo da poter prendere parte e ascoltare il piano. Poco prima, Kyle aveva liberato Arcanine e Noctowl dalle loro Poké Ball e mandati nei boschi: la loro missione era di vitale importanza.
Non ci fu molto su cui discutere, come si erano aspettati. Cole spiegò un’altra volta come si sarebbe svolto il tutto, affidando agli altri il controllo del grosso dell’esercito, mentre lui, Alice e Kyle si sarebbero diretti verso la Torre Bianca, con Sur a guardargli le spalle.
Poco tempo dopo, i tre presero posto su di Pidgeot e volarono bassi fra gli alberi, diretti dove prestabilito. Da lontano, Kyle vide tutta la gente di New Hope e chiunque facesse parte della Resistenza, affrontare a faccia aperta il nemico. Avanzavano, cantando tutti insieme, diretti verso lo scudo violaceo che si era eretto automaticamente attorno alla città, mentre le sirene d’allarme risuonavano in tutta Astoria.
 
 
All’interno della Torre Bianca.
 
Artorius si alzò, lento e inesorabile, ancor prima che la sua guardia venisse a svegliarlo. Era già consapevole di ciò che avrebbe sentito. E in effetti, non fece altro se non annuire quando gli venne annunciato l’arrivo in massa dell’esercito rivale.
Si avvicinò alla finestra, con passo lento e sicuro. Guardò fuori, dove le difese avevano già preso posto.
Le diede le spalle e con la stessa calma surreale si avviò verso il laboratorio. Lì, le tre creature riposavano, e il Cuneo DNA era ormai completato. Artorius sorrise, prese le tre Master Ball e le ripose all’interno della sua cintura. Raccolse il Cuneo come fosse una reliquia e si diresse verso il luogo da lui prestabilito. Lì, dove le ceneri del vecchio mondo avrebbero potuto cospargersi ai quattro punti cardinali, sorrette dal vento e le fiamme della rinascita.
- E così, è davanti alle mura di Astoria che il nuovo mondo prenderà vita.
 
 
 
- Hancock
   
 
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