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Autore: Lamy_    24/09/2017    1 recensioni
L’ibrido che possiede il Fuoco Rosso, la stessa che è stata bandita dalla comunità di Nephilim, ridotta ad una emarginata, e che cerca a tutti i costi di condurre una vita normale, è pronta a tornare in azione. Uno spietato assassino sta mietendo vittime, pertanto è necessario un intervento tempestivo per porre fino agli omicidi. Il Console ha bisogno di un team che si muova nell’ombra, che non abbia scrupoli a infrangere le regole, e soprattutto che risolva l’emergenza. Astrea Monteverde è la persona adatta alla missione.
Ma, tra una relazione da portare avanti ed un gruppo di ragazzini a cui badare, deve tenere a mente una cosa: il suo peggior nemico le sta dando la caccia e non ci impiegherà molto a trovarla.
Nuovi incontri, nuovi amori, nuovi tradimenti e incantesimi animano un’avventura tutta da scoprire.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Rafael Lightwood-Bane, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO NONO: FIAMMA CHE ARDE NON TACE.
 
Era noto nel Mondo delle Ombre che le armi delle fate sono le più dannose, sono le più temute, le più difficili da distruggere quasi quanto l’adamas che impugnano i Cacciatori. Astrea allo specchio osservò l’alone rossastro attorno alla cicatrice che le aveva causato la lancia di Fion.
“Non è così brutta come ti sembra.”
Raphael se ne stava poggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, sorrideva appena, forse per smorzare il malumore della Nephilim.
“L’iratze ha guarito la ferita ma questa cicatrice è davvero orribile. E’ comunque un monito per evitare di infilzarsi una lancia nella spalla.” Disse Astrea, poi si infilò un maglioncino grigio e uscì dal bagno.
“Te ne sarei grato, anche perché è stato difficile togliere il sangue dal pavimento!”
“Sei una donna di casa a tutti gli effetti, Santiago.”
Astrea rise ma dovette fermarsi perché la spalla le doleva ancora.
“Visto? Il karma ti punisce sempre.”
“Araldo del karma, senti un po’, me lo dai un bacio?”
Raphael si girò verso di lei con una finta espressione meditabonda, al che lei sorrise di più.
“Mmh, credo di dover prima annaffiare le piante!”
Estùpido. Sei un adorabile stupido.” Gli mormorò Astrea a un centimetro dalle labbra mentre gli metteva le mani sulle spalle; lui le cinse la vita.
“Che fai, insulti e chiedi un bacio? E’ proprio da te, fuego.
La porta si aprì all’improvviso facendoli allontanare. Tanisha, camicetta a maniche corte, shorts di jeans e tatuaggi sulle ginocchia in bella mostra, fece loro un cenno del capo.
“Mi dispiace interrompere il vostro momento da coppietta innamorata ma Carter si sta scaldando e temo che Nik possa stenderlo con un pugno in pieno stile lupo mannaro!”
Così dicendo si dileguò con la sua velocità da vampiro. Astrea era confusa.
“Che cavolo vuol dire ‘in pieno stile lupo mannaro’?”
Raphael era davvero stufo di tutta quella gente in casa sua, dei morti, dei non-morti, dei vivi, di quella missione, e desiderava disperatamente che tutto finisse entro quella sera stessa. Gli dispiacque soltanto per Astrea, per lei che adorava le avventure e il pericolo, per lei che trascorreva interi pomeriggi sdraiata sul divano in totale apatia, per quella ragazza a cui lui non avrebbe potuto dare altra vita se non quella da semplice mondano.
“Andiamo, Cacciatrice. Abbiamo bisogno di te.”
 
 
 
“Ho qualcosa sulla faccia? Ti ricordo una star del cinema?” Astrea non sapeva davvero più che pensare. Dopo aver placato gli animi di Nikolai e di Carter, Magnus era comparso nel bel mezzo dell’appartamento in compagnia di un Haru del tutto ripresosi, che ora fissava insistentemente Astrea senza dire una parola.
“Sei muto, stregone?” intervenne Tanisha, scrollando il braccio di Haru.
“Oh, accipicchia! Siete davvero Astrea Monteverde e Raphael Santiago!”
L’entusiasmo di Haru sorprese tutti, soprattutto quelli che sembravano essere i suoi idoli.
“Tu sai chi siamo?”
“Ovvio! Lo sanno tutti! Siete la coppia più bella che il Mondo delle Ombre abbia mai visto, anche più belli di Jace e Clary! Non posso crederci di essere in casa vostra, seduto sul vostro divano, al vostro cospetto!” lo stregone batté le mani in preda all’eccitazione, e le sue guance paffute erano gonfie e rosee per l’emozione. Raphael si sedette sulla poltrona davanti a lui e curvò la schiena in avanti posando i gomiti sulle ginocchia.
“Haru, metti da parte l’euforia e dicci quello che sai. Vorremmo chiudere la questione e tornare alle nostre vite senza perdere tempo.”
Astrea lo colpì ad una caviglia per il tono duro che aveva usato, ma lo stregone lo ignorò e fece un sorriso imbarazzato.
“Scusate l’invadenza. Ecco, circa due mesi fa Adam Miller mi ha rapito fuori dal Pandemonium. Mi ha trascinato con sé in lungo e in largo, ad Oslo, a Johannesburg, a Chicago, poi mi ha costretto a portarlo ad Alicante con un portale, ed infine mi ha rinchiuso nella sagrestia di quella Chiesa qui a New York. Mi ha mostrato tre cadaveri, un lupo, un vampiro, una fata. Mi ha obbligato ad incanalare il loro potere in un pugnale: ha la lama corta e l’impugnatura è di bronzo con delle striature in oro. Ha abbandonato i corpi esattamente dove gli aveva uccisi per lasciare delle tracce, diceva che erano un messaggio per una persona che doveva pagarla cara. Si è accertato che i Centurioni nascondessero i corpi nella Città di Ossa, eccetto quello del vampiro per il quale mi ha ordinato di creare un incantesimo di magia nera per maledire chiunque lo avesse toccato; sa che qualcuno di voi è stato maledetto e che è ancora vivo. Sono stato io ad imprimere quelle linee che, una volta unite, danno ‘mors dilecti’. Non so chi sia il suo obiettivo. Posso soltanto dirvi che la magia del pugnale darà una morte lenta e agonizzante. Ha intenzione di uccidere con ferocia.”
Il racconto di Haru, scandito da occhi lucidi e parole tremule, creò un alone di tristezza e preoccupazione nei cuori dei presenti.
“L’obiettivo è ferire Rita Blackwell per avergli sottratto suo nipote, ma vuole uccidere qualcuno che le sta a cuore.” Astrea osò proferire parola spezzando quella cupezza che aveva investito la stanza.
“Chi? Tutta la sua famiglia è morta. Lui non farebbe mai del male a me dopo essersi impegnato a cercarmi e a vendicarmi. Non le resta nessun altro.” La rabbia nelle parole di Carter era comprensibile, specialmente se tuo nonno ce l’ha a morte con tua madre ed entrambi sono estranei per te.
“Il Console ha un fidanzato? Magari è lui la persona amata che sta per morire.” domandò Nikolai come se dalla risposta potesse dipendere la soluzione. Tanisha alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, poi rivolse la sua attenzione ad Astrea.
“Se qualcuno vuole ferirti quale persona a te cara uccide?”
Astrea ripensò alla notte in cui Stan aveva minacciato di uccidere Raphael, alla notte in cui poi lo stesso Raphael aveva ucciso il suo migliore amico.
“Raphael. Sally. Magnus. Alec. Il mio ragazzo e i miei migliori amici.”
A Raphael fu subito perspicuo il vero bersaglio di Adam.
“Abigail Greenheart! Il Console e Abigail si incontrano stasera in un bar vicino alla chiesa per festeggiare i suoi quarantadue anni. E’ l’occasione perfetta per mettere in atto il suo piano.”
“Ecco perché sei un leader, Santiago. Sei sempre due passi avanti!” si complimentò Astrea  e gli diede un bacio a stampo sulla bocca.
“Contattiamo Rita Blackwell e mettiamo in salvo Abigail. Muoviamoci!”
 
 
“Non hai proprio intenzione di dirmi che stai complottando in quella testolina?” la domanda di Astrea fece scrollare le spalle a Raphael mentre indossava la giacca di pelle e infilava nella tasca il cellulare.
“Tu pensa a mettere in salvo il Console, io penso ad un modo per rimediare a questo guaio. Ho un’idea ma evito di parlarne per non creare false speranze.”
“Okay. Solo, Raphael, sta attento.”
La preoccupazione in quegli occhioni color caramello che tanto adorava gli spezzarono il cuore. Portò entrambe le mani sulle sue guance e la baciò con dolcezza, un semplice tocco, una rassicurazione.
“Sta attenta anche tu, fuego.
La metropolitana fu il mezzo più veloce per raggiungere la dimora Lightwood-Bane. Raphael bussò con forza, non aveva tempo da perdere e non era sicuro che gli altri riuscissero nel loro intento. La porta si aprì e lo accolse il visino blu e tenero di Max, che in mano reggeva un pasticcino coperto di glassa bianca.
“Ciao, zio!”
Max lo vedeva con un eroe da quando aveva saputo che suo fratello Rafael si chiamava così in onore del vampiro che aveva salvato Magnus dalle grinfie di Jonathan Morgenstern*. Il rumore di passi affrettati attirò l’attenzione di Raphael, e fece un cenno di saluto ad Alec.
“Accomodati. Max, va a chiamare papà.”
Il piccolo corse nello studio dello stregone stando attento che il suo dolcetto non cadesse. Da sotto il tavolo della cucina sbucò Rafe, jeans piegati alle caviglie e pantofole a forma di navicella spaziale, tutto assorto nella lettura delle avventure di Geronimo Stilton. Alzò lo sguardo su Raphael e sorrise, e lo faceva ogni qualvolta l’ex vampiro fosse nei paraggi perché era fiero del suo nome.
“Ecco il Sommo Stregone! Che succede?” Magnus saltò fuori dalla porta scorrevole quasi a passo di danza, le dita inanellate, i pantaloni di pelle bianchi, e quella camicia nera che conservava dai tempi della Rivoluzione Francese.
“Abbiamo scoperto che il bersaglio del ‘mors dilecti’ di Adam è Abigail Greenheart, amica del cuore di Rita Blackwell. Ovviamente Carter vuole affrontare la sua famiglia e Astrea è mossa dalla vendetta per la maledizione che mi ha quasi ucciso, perciò sono qui a chiederti aiuto.”
“Certo. Cosa posso fare per te, mio vecchio amico?” adesso Magnus era seduto accanto ad Alec, così visibilmente innamorati malgrado non si guardassero neanche negli occhi. Raphael estrasse dalla giacca un anello che era l’esatta copia di quello della famiglia Monteverde. Lo stregone parve confuso.
“Voglio che incanali nell’anello il Fuoco Rosso.” Disse Raphael senza alcuna esitazione.
“Oh, per Lilith! Che cosa hai detto?”
“Magnus, ascoltami bene perché non ritratterò. Astrea non riesce a gestire il suo potere, è ancora molto precaria, e potrebbe anche commettere un grave errore se dovesse arrivare a fronteggiare Adam. Non può permettersi di ammazzare qualcun altro altrimenti non avremmo più speranze di aiutarla. Se perdesse il controllo del Fuoco e facesse del male a qualcuno, non se lo perdonerebbe mai e noi la perderemmo per sempre. Ha sofferto per delle morti che non ha nemmeno causato, pertanto immagina come potrebbe sentirsi se superasse il punto di non ritorno.”
Raphael aveva rimuginato tutta la notte sulle parole che Astrea gli aveva confessato qualche giorno prima: Avevo paura di usare il Fuoco perché avrei potuto uccidere Carter e ho soltanto cercato di battermi in modo normale. Lei voleva soltanto battersi ad armi pari perché era spaventata di perdere il dominio del suo potere, di perdere se stessa ferendo gravemente o uccidendo Carter. Le causava un dolore immenso far del male agli altri, buoni o cattivi che fossero, e non riusciva a perdonarsi ancora per Remus, per Mark, per Stan, per i suoi genitori, e anche per tutte le volte che Raphael stesso stava per morire. Doveva proteggerla dal Fuoco Rosso, da se stessa, dall’oblio che l’avrebbe spazzata via se avesse condannato qualcuno a morte. Amava Astrea e l’avrebbe difesa a qualsiasi costo.
“Per incanalare il Fuoco nell’anello è necessario la presenza di Astrea e una quantità di magia che può derivare solo da un sacrificio oppure da una fonte di potere molto forte, però noi non abbiamo nessuna delle tre!” l’osservazione di Magnus non scatenò alcuna reazione in Raphael, fermo come una statua e la determinazione che sprizzava dal suo sguardo imperturbabile. Dalla giacca tirò un altro oggetto: una spilla a forma di tulipano che le aveva regalato la nonna, quella che Astrea era solita portare attaccata alla corda sinistra del reggiseno come portafortuna.
“Non c’è bisogno che Astrea sia qui, possiamo ricorrere alla magia sostitutiva usando questa spilla. Riguardo al sacrificio non abbiamo nessuna possibilità ma credo che un ex vampiro sia una buona fonte di potere.”
“Hai studiato proprio tutto nei minimi dettagli. Però non capisco a cosa possa servire mettere il Fuoco nell’anello.” Commentò Alec, lui che non sarebbe stato capace di pensare ad una tale soluzione. Ma Raphael avrebbe fatto di tutto per Astrea, anche passare la nottata a studiare un grimorio. Magnus si alzò in preda all’agitazione.
“Trasferire il Fuoco nell’anello permetterebbe ad Astrea di gestirlo più facilmente e in modo da non distruggere tutto ciò che le sta attorno. A noi servirebbe trasferirne solo una piccola quantità, il giusto perché lo tenga a bada.” Rispose Magnus pensieroso e incerto.
“Quindi puoi aiutarmi?”
“La magia sostitutiva andrebbe pure bene, ma non posso usarti come fonte perché è troppo pericoloso.”
“Devi trovare un modo, Magnus. Non te lo ripeterò di nuovo.”
Raphael intascava da sempre il vantaggio migliore per sé e Astrea era quel vantaggio, Magnus lo aveva capito e non poteva esitare a quella richiesta.
“Alexander, per favore, traccia sul palmo della tua mano una runa di forza. Attingerò alla potenza della runa e alla magia che ancora scorre nelle tue vene da ex vampiro. La spilla sostituirà Astrea.”
Frattanto che Alec, senza alcun ripensamento, si abbozzava una runa sulla mano, Magnus preparò il tavolino in salotto. Raphael si tolse la giacca e si sollevò le maniche pregando che funzionasse. Alec ordinò ai bambini di chiudersi in cameretta e di non uscire per nessuna ragione, poi tornò in salotto e si inginocchiò accanto agli altri due.
“Sono pronto.” Disse Raphael, gli occhi sulla spilla e un barlume che luccicava in essi.
“Anche io.” Convenne Alec.
“Bene. Adesso ci stringeremo le mani, io prenderò forza da voi per trasferire in Fuoco nell’anello tramite la sostituzione della spilla. Resistete il più possibile.”
Quando il cerchio delle loro mani si chiuse, Magnus si concentrò sugli oggetti che giacevano sul tavolino e cominciò a recitare un incantesimo. Il tavolino tremò, così come il lampadario e le sedie. Il tono di voce dello stregone andava man mano aumentando, quasi gridava, e le loro mani sembravano stessero bruciando per la portata dell’incantesimo. L’anello prese fuoco, una fiammella si aggrovigliò attorno ad esso come se volesse abbracciarlo e poi l’argento lo risucchiò all’interno.
Magnus sgranò gli occhi tirandosi indietro ed Alec lo aiutò ad alzarsi. Raphael afferrò l’anello ancora bollente, imprecando, e lo porse sotto lo sguardo del suo amico.
“Ha funzionato?”
“Sì. Ha funzionato. L’abbiamo salvata.”
“Non è detta ancora l’ultima parola.”
 
 
Lo Champagne Restaurant era un posticino esclusivo di New York. Il suo interno era curato nei minimi dettagli, dalle sedie a forma di calici alla fontana che zampillava di champagne. Astrea capì che il loro abbigliamento non era di certo all’altezza di quel luogo. Improvvisamente le venne un forte capogiro e le vene si illuminarono facendo sembrare che lo champagne scorresse anche in esse. Nikolai la resse per un braccio.
“Stai bene?”
“Sì, è stato solo un momento. Sto bene.”
“Non è che sei incinta?” tutti si voltarono sconvolti a guardare Tanisha per l’assurdità che aveva detto.
“Non ho fatto colazione. Tranquilla, non ti libererai facilmente di me.”
Carter, che aveva rinunciato a fare parte del gruppo, scrutava attentamente la sala in cerca del Console. Si rifiutava di considerare quella donna sua madre, quel posto spettava soltanto a Barbara, benché non lo fosse biologicamente e fosse sua zia in verità. Intravide i capelli corvini della Blackwell e i suoi orecchini a cerchio.
“Il Console si trova in balconata. Andiamo.”
Astrea spronò anche gli altri due a seguirlo. Le vibrò il cellulare in tasca e vide un messaggio:
Come stai? Ho fatto una cosa, ne parliamo a casa. (Santiago)
Ho avuto un capogiro per colpa tua? Che hai combinato? Vuoi uccidermi? :p
Non scherzare. Ci vediamo tra poco. (Santiago)
Astrea era davvero stranita dal comportamento di Raphael. Forse quel capogiro aveva a che fare anche con Magnus. Scacciando via quel pensiero, raggiunse i ragazzi. La signora non era Rita Blackwell: indossava il suo impermeabile, i suoi orecchini, e aveva il suo stesso taglio di capelli, ma era un’altra.
“Come è possibile?” le sussurrò Nikolai, al che lei scosse la testa.  Si avvicinò con calma alla donna e le picchiò la spalla.
“Le serve qualcosa?”
A primo impatto non ci fu nulla di particolare, poi Astrea fu costretta a contenere un urlo di rabbia. Un bigliettino era attaccato alla schiena della donna senza che se ne fosse accorta, riportava la data odierna e una frase: Siete arrivati in ritardo! A.M. Staccò il biglietto e se lo infilò in tasca.
“Mi perdoni, devo averla scambiata per una mia amica!”
Astrea si allontanò in fretta, le dita che volevano agguantare Adam Miller e bruciarlo vivo, la rabbia che la teneva sotto scacco. Carter le andò incontro con uno sguardo altrettanto furente.
“Scommetto che le ha già rapite.”
“Quel bastardo è in vantaggio, ma non per molto. Torniamo a casa e cerchiamo un modo per salvare Rita e Abigail.”
Una volta usciti sconfitti dal ristorante, i ragazzi si avviarono verso casa ma Astrea notò un’ombra seguirla. Si voltò pronta a colpirla con la spada angelica quando riconobbe gli occhi azzurri della sua migliore amica.
“Sally! Che diamine ci fai qui? Lily è stata molto chiara al riguardo, devi restare al DuMort.”
Sally storse le labbra in una smorfia di fastidio, irritata da quella costrizione politica che l’aveva esclusa dalla missione. Ad aggravare le cose c’era l’imminente matrimonio di Glenys.
“Lily è stata invitata al matrimonio di Glenys e Fion questa sera perché la Regina Seelie, nonché zia di Glenys, è soddisfatta di come si siano concluse le trattative tra il Popolo Fatato e i vampiri. Ieri sera nel messaggio non mi hai specificato tutto questo!”
La sera precedente, mentre Raphael le cuciva la ferita alla spalla, Astrea aveva avvisato Sally che Fion aveva preso Glenys, che aveva intenzione di sposarla sin dalla nascita e che avrebbero procreato, ma non aveva alluso a nessuna data.
“Come potevo sapere che si sarebbero sposati oggi? Fion ha soltanto blaterato che lui e Glenys sono di nobile stirpe e che sono promessi sposi da neonati, non ha certo fatto un invito aperto a tutti! Capisco che tu sia arrabbiata ma non te la prendere con me. Avevo pensato di andarla a salvare entro domani pomeriggio e non avevo idea che le nozze sarebbero state così precipitose.”
Senza ribattere, Sally abbracciò forte Astrea. Erano migliori amiche, nonostante tutto.
“Scusami. E’ normale che tu non ne sapessi niente, è solo che sono preoccupata per lei. Ci tengo troppo per poterla perdere. L’hanno rinchiusa in un convento e adesso voglio obbligarla a sposarsi, io non posso restarmene inerme.”
Carter, Nikolai e Tanisha fingevano di non dare ascolto alla conversazione, ma era facile individuare il motivo che aveva agitato la sempre risoluta e fredda vampira.
“Tu devi salvarla. Porta con te Tanisha, così magari impara anche qualcosa, e salva Glenys. Riportala a casa. Riportala da noi.”
Dopo i saluti, Sally e Tanisha si mossero per raggiungere il Regno delle Fate. Astrea tornò da Nikolai.
“Dov’è andato Carter?”
Il licantropo si guardò in giro e parve allibito.
“Ti giuro che un attimo fa era qui.”
“Quell’imbecille ci farà ammazzare tutti.”
 
 
 
“L’ho fatto per te, Astrea!”
“Oh, ma che gentile! Nessuno te lo ha chiesto!”
Nikolai riservò uno sguardo imbarazzato ad Haru per le urla che provenivano dalla camera da letto. Raphael aveva combinato qualche cosa assieme a Magnus e Alec facendo andare Astrea su tutte le furie.
“Sai meglio di me che non sai gestire le emozioni e di conseguenza non sai gestire il Fuoco Rosso. L’ho fatto per evitare che compiessi azioni di cui in futuro ti saresti potuta pentire.”
Astrea stringeva l’anello e lo sentiva freddo contro il palmo della mano, ma sentiva anche il calore del Fuoco brulicare al suo interno. Non poteva crederci che lui e Magnus avessero ordito quel piano assurdo.
“Non so gestire le emozioni? E da quando? Io credo che tu stia parlando della nostra relazione piuttosto che del mio potere!”
“Hai troppo cuore, Astrea, e ti lasci abbattere dai sentimenti. Ami e odi con troppa intensità, non conosci mezze misure, e questo ti condanna a soffrirne le atroci conseguenze. Non lascerò che tu ti faccia di nuovo male. Non starò a guardare mentre piangi e ti disperi per le uccisioni che nemmeno hai commesso. Non sopporterei di vederti di nuovo divorata dal dolore, dai sensi di colpa, da te stessa. Mi ha detto di non aver usato il Fuoco Rosso nella gabbia per paura di uccidere Carter, allora ho pensato a questa soluzione che ti avrebbe permesso di avere maggiore controllo sul potere. Sarò anche un egoista, ma non rinuncerò a te e alla vita che insieme abbiamo faticosamente costruito!”
Raphael aveva tanti pregi, e altrettanti difetti, ma la schiettezza era una dote che Astrea ammirava in lui. Adesso era lì, in piedi davanti a lei, la postura fiera, compatto nella sua decisione, il solito cipiglio severo e irremovibile dipinto sul viso, ed era una delle cose più belle che lei avesse mai visto.
“D’accordo. Indosserò l’anello se è questo che vuoi, almeno non morirà nessuno bruciato.”
“Non lo capisci, vero? Non me ne frega niente di chi vive e di chi muore. A me interessi tu, Astrea, soltanto tu.”
Si rese conto che, dopo suo padre, l’unico uomo ad amarla davvero era proprio Raphael. Tutto quello che faceva era inteso a salvaguardarla, a proteggerla, a renderla felice. E, per quanto lei fosse testarda nel mostrarsi forte ed indipendente, era grata che lui le stesse accanto e vegliasse su di lei. Si infilò l’anello all’indice, dove per anni era stato collocato quello originale, e ne avvertì subito la potenza del Fuoco Rosso.
“Visto? Sono capace di ascoltare i consigli!” la battuta di Astrea servì a stemperare l’atmosfera tesa creatasi tra di loro. Raphael si passò una mano sul viso, però non riuscì a nascondere un sorrisetto.
“Vieni qui.” Le disse poi con tono autoritario. Astrea, alquanto intimorita, avanzò di qualche passo fino a ritrovarsi a pochi centimetri da lui. Osò guardarlo negli occhi solo quando Raphael le sollevò il mento.
“Sono una cretina, lo so. Prendermela con te che stai solo cercando di aiutarmi è stato ingiusto. Io pensavo di essere in grado di proseg…”
“Ti amo, Astrea.”
La Nephilim si zittì all’istante quasi come se le parole si fossero volatilizzate. Poggiò un bacio casto sulle labbra di Raphael, a malapena si toccarono, tenendo gli occhi chiuse.
“Anche io.”
 
 
 
“Avete idea di come agire?”
Astrea si strozzò con il biscotto a forma di gattino che stava mangiando e dovette tossire per tornare a respirare regolarmente.
“Noi non abbiamo un piano.” Rispose Nikolai, le braccia incrociate, il cappuccio sulla testa.
“Abbiamo un piano che consiste nel rintracciare Carter, salvare Rita e Abigail, catturare l’omone cattivo, e tornare in tempo per cena. Semplice, rapido, indolore.”
“Pessimo piano.” Disse Raphael. Haru fece notare agli altri che tra le mani teneva una maglietta di Carter, poi si avviò verso la cucina.
“Io comincio a rintracciare Carter mentre voi elaborate una strategia.”
Astrea finì di mangiare e prese posto sul divano, si preparò ad essere seria e a combattere.
“Sappiamo che Adam vuole uccidere Abigail con il pugnale carico di magia nera e vuole che Rita sia spettatrice. Carter avrà seguito le sue tracce grazie ad una runa, pertanto possiamo ipotizzare che già si trovi sul posto. Nikolai ed io saremo gli unici a poter entrare. Non possiamo delineare un programma dettagliato adesso, anzi potremo agire soltanto al momento.”
“L’ho trovato! Si trova tra la 6th Avenue e la 20th Street, nella chiesa dove ero prigioniero.” Il faccione bonario di Haru fece capolino in salotto sventolando l’indumento.
“Nik, sei pronto?”
“Niente affatto.”
“Magnifico. Direi che possiamo procedere!”
 
 
La porta della sagrestia era aperta, così come l’avevano lasciata l’ultima volta che erano stati lì. Dopo aver controllato il perimetro, Astrea e Nikolai entrarono. Il lampione esterno gettava un’ombra di luce all’interno del corridoio e ciò permise loro di proseguire senza impedimenti. Si ritrovarono nella cucina, buia, silenziosa, alquanto sinistra.
“Nik, avverti qualcosa?”
“A parte il battito accelerato del tuo cuore, non riesco a sentire nulla!”
“Concentrati, per favore.”
Nikolai fece scricchiolare le ossa del collo, scrollò le spalle e si concentrò su qualsiasi cosa potesse essere utile. Astrea, a pochi metri da lui, rinsaldò la presa sulla balestra e si accertò che almeno fossero al sicuro in sagrestia. L’anello che Raphael le aveva consegnato era caldo, la fiamma del Fuoco Rosso vibrava in esso e sembrava scalpitare per poter uscire.
“Sento qualcosa. Seguimi!”
Gli occhi di Nikolai erano diventati più grandi e di colore giallo, la sua voce era roca e velata da ringhi, gli artigli erano affilati come lame. La Nephilim lo seguì su per la scalinata che portava direttamente nella chiesa.
“Dove andiamo?”
“Ho captato odore di sangue, sudore, e quattro battiti diversi.”
“Adam, Carter, Rita ed Abigail. Il quartetto degli orrori!” esclamò Astrea ridacchiando fra sé e sé.
Il buio ormai aveva divorato tutto e, mentre il licantropo avanzava grazie alla vista potenziata, Astrea dovette tirare fuori dalla tasca la strega luce che illuminò i suoi passi. Non aveva un piano di attacco, né di difesa a dirla tutta, però era sicura che sarebbe stata una lunga notte di sopravvivenza. Si domandò se Carter li avesse traditi e se, dunque, fosse stato complice di Adam sin dall’inizio, anche perché il suo stesso parabatai l’aveva tradita senza battere ciglio. Alla terza rampa di scale, la luce naturale prodotta dalle candele era appena visibile, l’odore di sangue era dappertutto, e anche uno strano odore di incenso impregnava l’aria. Era giunti nella zona riservata all’organo, in alto, a dieci metri dalle panche di legno.
“Eccoci.”
Astrea fece segno a Nikolai di inginocchiarsi, poi si avvicinarono al parapetto per portare guardare giù. La prima cosa che videro mozzò loro il respiro: Abigail Greenheart era appesa al centro della chiesa a due catenacci posti in alto, ricordava la croce che pendeva sull’altare. Sanguinava dai polsi e dalla fronte, il volto e le gambe erano coperti da diversi lividi, e il mento ricadeva sul petto come se il collo avesse perso resistenza.
“Sembra una bambola di pezza.” Sussurrò Nikolai, la paura impressa negli occhi e le mani sudate. Astrea si sporse un altro po’ e riuscì a vedere Rita Blackwell incatenata al pulpito ormai ridotto ad una massa informe di marmo nero. Alla sua destra c’era Carter, nella sua tenuta lucida, che appariva agitato e sul punto di piangere.
“Perché non hai insistito? Perché hai abbandonato le ricerche?”
“Ci ho provato, ragazzo mio. Dopo che l’archivista della comunità dei Cacciatori ha rifiutato di darmi tue notizie, ho continuato a cercare per conto mio, ma è diventata una ossessione ed ho perso la testa.”
Nikolai ed Astrea, ancora accucciati dietro la balaustra di ferro, allungarono il collo per poter guardare meglio l’interlocutore di Carter. Era un uomo, probabilmente sulla cinquantina, di alta statura, dai capelli lunghi grigi, dal viso scavato col mento lungo. Era Adam Miller.
“Abigail morirà se non ci sbrighiamo.” Disse Nikolai, mentre teneva l’orecchio teso per assicurarsi che Abigail respirasse ancora. Astrea era consapevole che i minuti scorrevano, però dovevano agire saggiamente.
“Adam non porta addosso il pugnale, forse lo ha nascosto da qualche parte nella chiesa. Io vado a distrarli e tu cerca il pugnale. Poi lo distruggeremo in qualche modo.”
Nikolai annuì, poi scattò in avanti abbracciandola forte e si sentì stringere a sua volta.
“Non combinare guai, Astrea!”
“Io sono una cacciatrice di guai, lo sai.”
Dopo che il licantropo fu tornato in sagrestia per ispezionare l’intero complesso alla ricerca del pugnale intriso di magia, Astrea salì sull’organo, incoccò una freccia, e la sparò ai piedi di Carter. Adam indietreggiò di scatto e il suo sguardo saettò verso l’alto, ma non vide nulla. Un attimo dopo, con sua grande sorpresa, una macchia scura si lanciò dal bordo del parapetto per poi atterrare agile come un gatto su una panca.
“E tu chi diavolo sei?!”
Astrea camminò sul tappeto lercio al centro della navata e fece un inchino allargando le braccia.
“Astrea Monteverde, ibrido di giorno, combina guai di pomeriggio, e giustiziere di notte!”
“Mio nipote Carter mi aveva avvisato che saresti arrivata.” Adam era stranamente calmo, la sua postura rilassata e il sorriso sbilenco sembravano studiati a tavolino. Lo tradì il tremolio al labbro che suggerì ad Astrea l’insicurezza del nemico.
“Mio nipote Carter? Suona tanto come ‘Ivan il Terribile’!” disse Astrea compiendo teatralmente un giro su se stessa, anche se il suo fine era capire come liberare Rita e Abigail senza rischiare le loro vite. Carter la fissava con evidente agitazione. Adam rise.
“Anche tuo padre era così simpatico. E’ un peccato che sia morto, un vero peccato!”
L’ammonimento di Raphael a non rispondere alle offese la trattenne dal conficcare una freccia nel cranio di quel mondano. Adesso Astrea non scherzava più.
“Puoi tenerti Carter, a nessuno importa di lui. Rilascia Rita e Abigail.”
“E tu chi sei per dirmi cosa devo fare? Ho faticato a lungo per ordire la mia vendetta. Ho ucciso, ho rapito uno stregone, ho creato un’arma potente per uccidere la persona più a cara al tuo Console. Mio figlio Lucas, il mio adorato figlio, è morto per colpa della sua famiglia malvagia e mio nipote è stato nascosto, allontanato, dimenticato da quella donna che si crede sua madre. Ho lottato per riprenderlo, per riprendere il sangue del mio sangue, ma mi è stato impedito. Mia moglie è morta di dolore per la perdita atroce che ha colpito la nostra famiglia. Da diciotto anni sto cercando Carter e, ora che l’ho travato, mi vendicherò e potrò rendere onore alla memoria di Lucas.”
La rabbia aveva deformato i tratti di Adam rendendo il suo viso una maschera di cattiveria, non si sarebbe arreso perché era convinto delle sue ragioni.
“So cosa vuol dire perdere la propria famiglia, e questo lo sai. Conosco il dolore, la rabbia, il desiderio di vendetta che corrode l’anima, ma non è questo il modo giusto. Porta con te l’ultimo membro ancora in vita della tua famiglia, amalo, difendilo. Se adesso uccidi sua madre sarà difficile avere il suo perdono.”
“Quella donna non è mia madre!” urlò Carter indicando Rita, che singhiozzava sia per il dolore fisico che per quello emotivo. Il sangue di Abigail aveva cominciato a gocciolare sul pavimento procurando un rumore orribile, non le restava molto tempo.
“La voce della verità ha parlato.” Disse Adam con un sorriso meschino. Per tutto il tempo aveva tenuto le mani incrociate dietro la schiena e tra di esse stringeva il pugnale. Astrea, avendolo notato, aveva fatto allontanare Nikolai di proposito per salvarlo. Basta morti, si ripeteva da quando aveva indossato l’anello che regolava il suo potere.
“Carter, ragiona! Non puoi davvero lasciar morire due persone solo per vendetta. Sii migliore della tua famiglia.”
Carter si voltò verso di lei, le dita serrate sull’elsa di una lama angelica, lo sguardo vitreo, colmo di ira. Le venne in mente quando incontrò Thomas nella villa di Katia con quello stesso atteggiamento che dichiarava guerra al mondo.
“Sono già migliore della mia famiglia. Il sangue avvelenato che scorre nelle mie vene può essere purificato solo con lo spargimento del sangue di mia madre, poi io sarò libero dai Blackwell e dai Whitelaw. Tonerò ad essere Carter Miller.”
Astrea sollevò la balestra e la puntò contro Adam, che era troppo lontano per poter scagliarle contro il pugnale, continuando a tenere gli occhi su Carter.
“Avvicinati a Rita e tuo nonno muore.”
“Hai mietuto già troppe vittime, strega.”
“Infatti, e mieterne un’altra non mi costa nulla. Fai un passo indietro e abbassa la spada.”
Carter, grazie alla runa della velocità che aveva attivato in precedenza, fu alle spalle di Rita in un secondo e le poggiò la lama contro la gola. Il Console piangeva e si dimenava invano mentre alcune gocce di sangue le colavano sulla camicetta. Astrea lanciò la freccia senza guardare: colpì Adam ad una spalla.
“Vattene. Questo non è affar tuo!” le intimò Adam con una mano premuta sulla spalla ferita.
“Diventa affar mio quando due squilibrati uccidono persone innocenti.”
“Rita Blackwell non è innocente!”
“Grace, Kabir, Alun, Abigail, queste sono persone innocenti. Il mio fidanzato è una persona innocente che tu hai tentato di ammazzare. I tuoi peccati non resteranno impuniti!”
Adam, fiaccato dal dolore causatogli dalla freccia, scese dall’altare per avvicinarsi a suo nipote e gli consegnò il pugnale di magia nera.
“Carter, sangue del mio sangue, uccidi questa ragazzina e poi continua il processo di purificazione!”
Carter accettò il pugnale, e fu allora che Astrea si preoccupò. Non aveva vie di uscita.
Scoccò un’altra freccia che si piantò nel ginocchio di Carter costringendolo a cadere sul pavimento. Corse verso Abigail, caricò una freccia e la scagliò contro la corda che reggeva la Nephilim in fin di vita dal polso destro. Abigail oscillò come una bandiera sbatacchiata al vento e, rallentando di velocità, sbatté abbastanza dolcemente contro la parete. Astrea la raggiunse e tagliò con un coltello l’alta corda.
“Abigail, mi senti? Scappa. Esci da qui senza voltarti indietro. A Rita ci penso io. Vai!”
Abigail, dopo aver regalato uno sguardo triste alla sua migliore amica, barcollò fino alle porte divelte per metà della chiesa e svanì nel muto buio della notte. Dalla’altra parte del marciapiede l’attendevano Raphael, Alec e Magnus, che l’avrebbero soccorsa. Adesso doveva trovare un altro modo per far allontanare Rita, solo allora avrebbe posto fine a quella faccenda.
“Non ti permetterò di rovinare tutto!”
Senza che Astrea potesse rendersene conto, Carter le conficcò il pugnale nel fianco destro. Si accasciò in ginocchio col sangue che scivolava dalla ferita rapidamente, rosso e nero insieme. Il dolore che stava provando era indicibile, superiore a qualsiasi altro dolore, quasi quanto la morte. Poteva sentire la magica nera insinuarsi tra gli organi, tra i tessuti, tra le ossa del suo corpo; sì, era decisamente la rappresentazione della morte. Prese a sudare per il caldo e a tremare per il freddo allo stesso tempo, la testa le pulsava e linee violacee le contornavano gli occhi. Cadde di schiena sul pavimento boccheggiando in cerca di aria. Mosse a scatti le palpebre, le ciglia che svolazzavano come ali di farfalla, le labbra secche che sputacchiavano sangue. Rita dovette chiudere gli occhi per non assistere a quella scena apocalittica.
“Carter, basta! Smettila! Sei un pazzo furioso!”
“Nessuno può intralciare la famiglia Miller!” tuonò Adam in preda ad un delirio folle. Scese dall’altare per osservare meglio gli effetti che il pugnale aveva, e ne sorrise compiaciuto.
Astrea, tramortita dalle sofferenze, tentava di reagire, ma la magia nera stava penetrando nel suo organismo in modo assai celere e distruttivo. Pensò che fuori dalla chiesa Raphael aspettasse il suo ritorno, un ritorno che non ci sarebbe stato, e cominciò a piangere. No, non poteva abbandonarlo, non poteva deluderlo, doveva alzarsi e uscire da quel maledetto posto. Nonostante il dolore atroce, riuscì a togliersi il falso anello dei Monteverde e lo fece cadere in tasca, poi circondò con entrambe le mani l’impugnatura del pugnale e richiamò a sé il Fuoco Rosso. Le sue vene scintillarono mentre il Fuoco si riversava nelle sue mani e si avvolgeva attorno all’arma magica.
“Che sta succedendo?” strillò Carter, che stava slegando Rita per fuggire e completare la purificazione altrove. Adam si avvicinò al corpo della Nephilim ma una vampata lo sbalzò sugli scalini dell’altare. Astrea si rimise in piedi, simile a Raziel che risale dalle acque del Lago Lyn, angelo tenace e potente, e lasciò che il Fuoco Rosso agisse senza restrizioni. Il pugnale si liquefece, la magia al suo interno si sciolse e si fuse in un piccolo bastoncino di ferro ormai inoffensivo.
Adam spalancò la bocca, troppo sorpreso da ciò che era appena avvenuto. Astrea si infilò di nuovo l’anello e sorrise a Carter.
“Te l’ho detto, Carter, io risorgo dalle ceneri come una fenice!”
“E mio nonno ti ha detto che nessuno intralcia il destino glorioso della famiglia Miller. Vendicherò mio padre e mia nonna, vendicherò me stesso per l’oltraggio che mi è stato perpetrato in tutti questi anni!”
Così dicendo Carter si lanciò all’attacco contro Astrea, però il suo tentativo fallì: Rita, malgrado tremasse a causa delle ferite multiple su braccia e gambe, spingeva un pezzo colorato di una delle vetrate sulla gola di Adam.
“Tu sei un pazzo furioso come tuo nonno! Lucas era un uomo meraviglioso, amorevole e gentile, non si sarebbe mai sporcato le mani di sangue innocente. Tu non sarai mai come lui. Sei destinato ad essere dimenticato, figlio mio, proprio come è successo diciotto anni fa.”
Astrea approfittò della distrazione di Carter per scivolare sul pavimento e riprendesi la balestra e la faretra.
“Come osi rimproverarmi proprio tu? Hai abbandonato tuo figlio senza lottare. Hai lasciato che crescessi convinto che i miei zii fossero i miei genitori. Barbara è stata più madre di quanto tu possa mai esserlo in una vita intera!” Carter stava piangendo, sconfitto dal disprezzo che sua madre gli stava dimostrando.
“Provami che mi sbaglio. Provami che sei un ragazzo equilibrato, che sceglie il bene, che distingue il vero dal falso, che aiuta gli indifesi. Provamelo!”
Gli occhi di Rita si sgranarono, dalla gamba si riversò un fiotto di sangue, poi cadde a terra. Adam l’aveva colpita con il coltellino svizzero che teneva nella scarpa.
“Console!”
Astrea andò in suo aiuto. Premette le mani sulla coscia per arrestare il sangue ma non funzionava, allora optò per un piccolo soccorso extra. Così come aveva saturato la ferita di Raphael poche settimane prima, poggiò la mano sinistra sulla ferita e in un baleno il Fuoco Rosso bruciò e richiuse lo squarcio. Rita gridò di dolore, poi tornò a respirare regolare.
“Vada via, Console. Si faccia guarire da Magnus Bane.”
“Aspetta, tu …”
“Io devo chiudere questa storia.”
Rita scappò incespicando per la scalinata che portava giù in sagrestia.
“Adesso morirai, strega!”
Astrea si voltò e ficcò tre frecce nel braccio destro di Adam. Gli assestò un calcio che lo fece sdraiare a metà su una panca, totalmente inerme. Lanciò un’occhiata a Carter.
“Questa storia può concludersi solo un due modi: o esci da qui con me o non esci. A te la scelta”
La ferita del pugnale continuava a grondare sangue, le gambe vibravano di dolore, e la vista si appannava sempre di più. Non ce la faceva più.
“Scelgo la terza opzione: tu che non esci da qua.”
Carter partì alla carica. Scaraventò Astrea contro la parete che riportava la Passione di Cristo e la riempì di calci alle costole. Astrea gli afferrò la mano, lo spinse in avanti e lo costrinse ad inginocchiarsi bloccandogli il braccio sulla schiena. Si sentì tirare per i capelli, si ritrovò ancora una volta sbattuta sul pavimento e picchiò forte la testa al primo scalino dell’altare. Intravide il pezzo di vetrata che aveva usato Rita per minacciare Adam e lo prese strisciando con difficoltà. Carter le saltò addosso nel disperato tentativo di strapparle via l’arma, ma Astrea gli conficcò il vetro nella gamba, poi lo spinse giù, verso le panche. Tese la mano sinistra e assorbì il potere contenuto nell’anello: una lingua di fuoco creò un cerchio al cui interno intrappolò Carter, che cercava di estrarsi il vetro penetrato in profondità. Astrea sapeva di poter controllare il Fuoco Rosso, lo sentiva nel cuore, nella mente, nelle vene. Manipolando le fiamme come fossero argilla, costruì attorno a Carter una prigione con sbarre di fuoco.
“Nessuno intralcia una Monteverde, stronzo!”
“Mai dire mai!”
Adam si era ripreso e stava appiccando un incendio dando fuoco alla chiesa per mezzo di un candela. Astrea inorridì. Era finita ormai.
 
 
 
Un’esplosione fece salire il cuore in gola a Raphael. Rita ed Abigail erano state recuperate ore addietro, ma di Astrea nessuna traccia. La chiesa stava andando a fuoco. Le fiamme avevano dipinto il cielo di rosso e arancio, mentre il fumo sporcava l’aria.
“Astrea è ancora lì dentro!” disse Alec.
Nikolai si affrettò ad ascoltare: eccetto i loro, nessun battito era udibile. L’espressione sul volto di Raphael era la personificazione della sofferenza.
“Raphael!”
Tutti si voltarono verso la porta della sagrestia e poterono sospirare di sollievo. Astrea stava trascinando fuori dalle fiamme i corpi di Carter e di Adam. Raphael corse da lei con la felicità che gli pervadeva il corpo. Si abbracciarono come mai avevano fatto prima. La ferita all’addome non faceva più così male, così come il resto dei lividi e delle abrasioni non le davano più fastidio, purché continuasse a rifugiarsi tra quelle braccia che sapevano di casa.
“Ho temuto per un attimo di averti persa.” Le mormorò, accarezzandole i capelli.
“Sono qui, Raphael.”
 
 
 
Salve a tutti! :)

Eccoci giunti al capolinea! Adesso manca solo l’epilogo all’appello.
E’ stata dura, ma i nostri eroi ce l’hanno fatta.
Abbiamo imparato che non bisogna mai sfidare Astrea Monteverde ahahaha
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
*Tutti sappiamo che Raphael è stato ucciso da Jonathan in ‘Città del Fuoco Celeste’ per salvare Magnus, però ho modificato l’evento perché Raphael mi serve vivo e vegeto.
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 

 
  
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