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Autore: Sospiri_amore    24/09/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Riflettori puntati




La grande stanza per la festa degli ex studenti è addobbata alla perfezione, ci sono fiori freschi da tutte le parti, candelabri dorati e musica suonata dal vivo da una piccola orchestra. Sembra la cornice perfetta per una serata da favola.

 

James sta intrecciando le sue dita alle mie, non si è mai staccato da quando siamo usciti da casa di Rebecca. Mi sento più sicura avendo lui vicino, mi sento imbattibile.

Kate è radiosa riesce a parlare con Stephanie in tutta tranquillità, Jo è in splendida forma, Lucas e Adrian paiono particolarmente rilassati e anche Rebecca è simpatica, non la smette di fare una battuta dietro l'altra.

Appena entriamo nella stanza gli occhi sono puntati su di noi, siamo vicini al diploma, ci sono molte aspettative su di noi e sul nostro futuro. In quella stanza sono presenti molti manager, uomini e donne d'affari, politici, le persone più importanti a New Heaven, Boston e dintorni. Cercano sempre giovani brillanti su cui puntare e magari accalappiare in futuro.

 

Un fotografo ci blocca, è addetto a scattare foto agli invitati, in particolare agli studenti dell'ultimo anno. Facciamo diverse foto tutti insieme, James ci tiene a scattarne un paio solo con me.

«Così avremo un bel ricordo della serata», mi sussurra in un orecchio.

Click.

«Adesso tocca a me, siamo le due candidate reginette». Rebecca allontana James mettendosi al mio fianco.

Il fotografo ci scatta diverse foto. Stranamente siamo in sintonia, ridiamo come pazze.

Click. Click.

«Pure noi», dicono in coro Lucas e Stephanie prendendomi per i fianchi.

Click.

«E noi no? Il rappresentante di istituto e il suo braccio destro devono esserci per forza». Jo e Adrian mi sollevano leggermente facendomi arrossire per l'imbarazzo.

Click.

Confusa, stordita, accecata da tutti quei flash cerco tra la gente la mia cara Kate.

Non posso non avere una foto con la mia più cara amica.

Click.

 

Il buffet è un tripudio di delizie e bocconi prelibati: frutta fresca esotica tagliata in piccoli cubi, bocconi salati perfettamente decorati, creme, salse speziate, ostriche perlescenti, una valanga di dolci al cioccolato, ma non solo.

Iniziamo ad assaggiare un sacco di cose, piccoli morsi pieni di maestria, contrasti agrodolci e golosità uniche. Siamo talmente affamati che sentiamo la necessità di riempire lo stomaco prima di affrontare gli squali che ci ronzano intorno che ci squadrano per capire che tipo di persone potremmo essere in futuro. Cercano di capire se siamo individui su cui puntare così da poter sfruttare per il loro tornaconto personale. Peccato che non abbiano minimamente idea di come siamo agguerriti e poco disposti a farci mettere i piedi in testa.

Tra la marea di gente che danza, discute e mangia, scorgo il padre di James che parla con un gruppo di uomini incravattati, ci sono anche parecchie persone che ho già visto l'anno scorso, riconosco l'atteggiamento deciso e aggressivo di parecchi, una masnada di persone pronte a farsi le scarpe l'un l'altro. In un angolo, con un calice di champagne in mano, c'è Nik con un favoloso completo nero che segue perfettamente le linee del suo corpo. Con la barba perfettamente rasata e con i capelli pettinati e sagomati è bellissimo. Vicino a lui c'è il suo amico e socio Charlie Spencer.

Parecchie donne non staccano loro gli occhi da dosso, entrambi gli uomini sono magnetici, sicuri e di successo. Caratteristiche che contano in ambienti come questo.

 

Osservo questo cercare di sovrastare, superare, fregare, convincere e abbagliare l'altro che mi viene da ridere. Nella stanza c'è tanta di quella serietà che mi sembra tutto eccessivo e pomposo, un po' forzato.

Non è certo il mio ambiente ideale, anche se devo ammettere che ha i suoi vantaggi partecipare a feste come queste: si mangia bene e ci si diverte con i propri amici.

Cosa potrei volere di più?

 

L'orchestra intona un valzer. Diverse coppie scendono in pista a ballare. Lo scintillio degli abiti, il luccicare dei gioielli e l'ondeggiare dei tessuti sono ipnotici.

Mi piace vedere gente felice che balla, mi mette di buonumore.

 

James mi stringe la mano molto forte:«Mamma era a ballare qui l'anno scorso», dice mesto.

Trattengo il fiato come se una secchiata di acqua ghiacciata mi avesse colpita.

 

Come ho fatto a dimenticarmi di Demetra?

 

Con lo sguardo cerco George che, sempre indaffarato a parlare con gli uomini incravattati, pare concentrato più sul suo bicchiere di whisky piuttosto che dalle parole dei suoi interlocutori. È distrutto dal ricordo della moglie in vita.

«Scusa. Mi sono dimenticata. Non volevo...». I sensi di colpa mi trafiggono.

«No, non devi. Non voglio rovinarti la festa. Scusa se ti ho messo di cattivo umore. È un pensiero che mi è sorto spontaneo quando ho visto quelle donne ballare il valzer», mi dice sorridendo anche se ha gli occhi lucidi.

«Mi dispiace essermene dimenticata, tutto qui».

«La vita va avanti per noi. Abbiamo uno scopo da raggiungere, questo mi da la forza ad andare avanti. Che ne dici se ci liberiamo dei pensieri tristi e ci buttiamo nella mischia?». James mi tira verso la pista cercando di coinvolgermi nella danza.

«James sono negata, lo sai», gli dico imbarazzata.

«Ti insegno io. Segui me». Con un movimento deciso mi prende per la vita e mi trattiene a sé, con un gesto scattante mi fa roteare iniziando a trascinarmi per la pista indifferente al fatto che gli stia schiacciando i piedi.

 

Sono peggio di un sacco di patate.

 

Rossa per l'imbarazzo fingo di sapere quello che sto facendo evitando di guardarmi troppo intorno e scorgere sul viso degli ospiti risate di scherno o smorfie di disappunto. Sono concentrata su James, sui suoi occhi verdi capaci di racchiudere un universo, colpevoli di avermi rubato il cuore e l'anima. 

 

Tristezza.

Solitudine.

Malinconia.

Leggo solo quello.

 

Per quanto si sforzi James non riesce a liberarsi dal ricordo della madre, come del resto capita a me ogni giorno della mia vita. Per quanto faccia il possibile sento la sofferenza del suo male radicarsi dentro di lui, sento che è sull'orlo di un baratro, in equilibrio precario. Fragile come un fiore. Delicato come una tela di ragno. Semplicemente James.

 

«Che ti prende?», mi chiede mentre con maestria mi guida, senza grossi ostacoli, tra gli altri ballerini.

«Pensieri. Nulla di che», gli dico con un sorriso.

«Sai che a me puoi dire tutto. Fidati di me», mi dice con calma.

«Ma io ti dico sempre tutto, non ho segreti», rispondo di getto e con sincerità.

James stringe la mascella, sento la presa farsi forte sul fianco.

 

Sembra arrabbiato.

 

«Adesso te lo chiedo io, che ti prende?».

James non risponde subito, sembra si stia trattenendo:«Tu cambi, lo sai? Ci sono cose di cui non vuoi parlarmi, ma lo capisco, non tutto deve essere reso pubblico. Ma i tuoi occhi cambiano quando trattieni le tue emozioni, è come se chiudessi il cervello, come se non volessi farmi entrare. Mi manda di tutte le furie. Per questo ti ho accusata quando è morta mamma, sembrava mi nascondessi qualcosa su di lei. Detesto che tu abbia segreti con me», mi dice schietto. 

La musica è finita, le coppie di ballerini battono le mani all'orchestra e riprendono fiato prima del prossimo ballo. 

Io penso solo alle ultime parole di James e alle cose che mi fanno venire in mente.

 

Bugie.

Segreti.

Demetra.

Busta.

 

Un peso enorme mi attacca al terreno, sento le gambe pesanti. Non ho ancora trovato il momento giusto per consegnare la lettera che mi ha dato Demetra. Il fatto che non ci siamo confessati il nostro amore e che non siamo a tutti gli effetti una coppia, mi ha bloccata. Forse ho sbagliato. Forse no. Non so.

L'unica cosa certa è che mi sento in colpa, soprattutto per aver privato a James di un oggetto, forse importante, come quella busta.

 

Le mani sono umide, il cuore batte forte. Appoggio la testa al petto di James:«Io... Io...». Non so bene cosa dire i pensieri vorticano come aeroplani impazziti.

«Elena. Tu puoi dirmi tut...», ma le parole di James vengono interrotte.

Nik è al nostro fianco con una mano tesa. Vuole ballare con me.

 

No.

No.

Non adesso, non in questo momento.

 

«Questo è il momento che aspettano tutti. Io voglio ballare con te e voglio che gli invitati sappiano che sei tu la mia prescelta», dice Nik deciso.

James sa benissimo che questo è un momento importante per il Trinity e la festa. Con eleganza bacia la mia mano, mi schiaccia l'occhio complice:«Continuiamo dopo, abbiamo tutto il tempo per parlare», mi dice con dolcezza e malizia allo stesso tempo.

Imbambolata e confusa stringo la mano di Nik che con energia mi avvicina a sé.

«Sei pronta?», mi chiede.

Annuisco.

Appena muoviamo i primi passi una musica parte lenta e armoniosa, la pista da ballo si svuota. Ho i riflettori puntati addosso, tutti mi guardano. L'anno scorso ho vissuto la cosa con disagio, ma anche con una certa leggerezza. Adesso mi sembra tutto troppo pesante e artificioso.

«Non dovevi scegliere me. Adesso tutti avranno delle aspettative alte», dico a bassa voce al professor Martin mentre ondeggio sulla pista.

«Scelgo te per i motivi che sai. Andare fuori gli schemi a volte fa bene, sia a te che a me», mi dice divertito.

«Nik non credo che... insomma...». Sono parecchio confusa. Prima le parole di James e adesso tutta questa attenzione, non sono certo il massimo.

«Dai, si tratta solo di un ballo. Mica ti sto torturando. Del resto i tuoi compagni hanno molte più chance di riuscire, il loro cognome gli aprirà porte che a te sarebbero precluse. Per questo ho pensato di farti un regalo», mi sussurra divertito in un orecchio.

«Regalo?».

«È tradizione che agli studenti dell'ultimo anno venga dato un dono da parte dei genitori o amici. Soldi, automobili, viaggi», mi spiega Nik.

«Vuoi regalarmi una vacanza?», gli chiedo divertita dall'assurdità della mia frase.

«Ti regalo un futuro. Il futuro che ti meriti». Nik stringe la mano appoggiata alla mia vita facendomi roteare sulla pista. «Nella stanza qui di fianco, dove c'è il piccolo museo di ceramiche ottocentesche francesi, c'è una persona che ti aspetta. Ho convinto un vecchio amico a venire qui per conoscerti, gli ho detto che sei una studentessa speciale, una studentessa senza lettera di presentazione che vorrebbe studiare tanto a Yale».

«Cosa? Di chi si tratta?».

«Finito il ballo dirigiti verso quella porta. Quella dietro al tavolo del buffet dei dolci. Non ci va nessuno, per questo ho scelto quella stanza. Il rettore di Yale ti aspetta, non vede l'ora di conoscerti», mi dice Nik sorridente.

 

Cosa?

Il rettore?

Il rettore di Yale è a pochi metri da me?

Il rettore di Yale è a pochi metri da me e mi vuole conoscere?

 

«N-Nik non so cosa dire... che faccio? È se poi mi incasino? No. No. Non posso, non sono in grado. Come cavolo ti è venuta in mente una cosa del genere? Non sono capace. Io. Ma stai scherzando?», sparo a raffica frasi senza senso. 

«Respira. Tranquillizzati. Sii te stessa. Non serve altro. Mica è una interrogazione, non ti chiede date, formule o altro. Vuole conoscerti, tutto qui», dice con semplicità.

«La fai facile tu. Non sei mica imbranato come me. Ti giuro non ne sono capace. Non puoi rimandarlo a casa? Ti prego. Ti prego. Ti prego», lo supplico con tono lagnoso.

«Non fare la bimba. Prenditi la responsabilità della tua vita. Adesso sei grande».

 

La musica finisce.

Nik mi bacia la mano prima di farmi fare una piroetta.

La gente applaude.

Imbarazzata guardo facce sconosciute sorridermi compiaciute.

Vorrei scappare.

Scappare lontano.

 

La musica riprende a suonare, la pista si riempie di nuovo. Attorniata da abiti svolazzanti e scarpe ticchettanti, mi ritrovo immobile in mezzo alla grande sala da ballo.

Non so cosa fare. Da una parte mi sento lusingata del fatto che il rettore sia in attesa di conoscermi, dall'altro non ho idea di cosa dirgli.

 

E se facessi una figuraccia?

 

A testa bassa mi dirigo verso il tavolo dei dolci. Intravedo la porta alle spalle del cameriere che serve i vari ospiti. Faccio lo slalom tra gruppi di uomini e donne che parlano di affari, lavoro e politica. Alcuni provano a presentarsi, ma non li degno di attenzione. Non ho tempo. Non ho voglia.  Circumnavigo il grande tavolo colmo di dolci delizie decisa ad aprire quella porta.

O la va o la spacca.

Non posso perdere un'occasione del genere. 

La mano tocca la maniglia in ferro.

La stringo.

Tentenno.

 

Sto facendo la cosa giusta?

 

Stop.

 

James è la mia forza.

Jo ha bisogno quanto me della lettera.

Adrian, Rebecca, Stephanie e Lucas desiderano Yale forse più di me.

Posso tradirli in questo modo?

 

No.

 

Di scatto lascio la maniglia e inizio a correre per la sala in cerca dei miei amici. Non mi importa se tutti gli ospiti mi stanno guardando, non mi importa se è disdicevole quello che sto facendo. Devo trovarli, tutti.

Li vedo vicino ad una grossa finestra, stanno chiacchierando e ridendo tra di loro.

Agguanto James per una mano: «Seguitemi. Andiamo a prenderci Yale», dico a tutti loro con decisione. Il mio tono non ammette repliche.

Le loro facce sono confuse, stupite e anche un po' preoccupare. Non è certo da me dire frasi del genere.

Senza battere ciglio inizio a trascinare James verso il tavolo dei dolci. Tutti mi seguono.

Siamo rapidi, uniti, coesi. 

Siamo una squadra imbattibile.

Niente e nessuno ci può fermare.

Radenti al muro passiamo dietro al tavolo dei dolci, sto per aprire la porta quando James mi blocca:«Ma che succede? Perché stai facendo questo?».

«Il rettore di Yale è in quella stanza. Volete o non volete avere la vostra occasione per andare a Yale?».

Rebecca, Adrian, Lucas, Jo, Stephanie, Kate è James mi guardano con la bocca spalancata. Non hanno parole, credo stiano cercando di riprendersi dallo choc.

«Date il meglio di voi», dico mentre apro la porta invitando tutti ad entrare.

Uno dopo l'altro scivolano dentro la piccola stanza.

Dai loro occhi posso leggere la gratitudine e la felicità per il dono che ho appena fatto a loro. Ho fatto la cosa giusta, l'unica che potessi fare. Non potevo tenermi quel regalo tutto per me.

 

Ora tocca a me.

Basta un passo.

Un passo e anche io avrò la possibilità di accedere a Yale.

Mi giro.

Agguanto la maniglia.

Sto per chiudere la porta.

Alzo la testa.

Di fronte a me il tavolo colmo di dolci.

Come in una scena a rallentatore vedo il cameriere servire i vari ospiti.

Uno su tutti attira la mia attenzione.

Due occhi azzurri come il cielo mi fissano.

Sembrano diversi dal solito.

Nik mi sta guardando.

Intravedo una piccola crepa in quell'azzurro più azzurro del mare.

Una crepa piena di rabbia e delusione.

Mi fermo.

Trattengo il fiato.

Questa volta non scappo.

No.

Chiudo la porta.

Mi prendo il futuro che mi spetta, anche se questo significa aver tradito una delle persone a cui tengo di più nella mia vita.

 
   
 
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