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Autore: Signorina Granger    24/09/2017    5 recensioni
[Raccolta di OS dedicate ai protagonisti di "Act II"]
Lavoro, amore, famiglia, amici... dopo essersi Diplomati ci sono molte cose che li aspettano, un'intera vita da vivere.
Ma forse godersela non sarà così semplice, dovendo fare i conti con la prima guerra magica.
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Delilah & Nathaniel 
 
Delilah Moody IMG_4969e Nathaniel Travers IMG_4970



Stava attraversando il corridoio praticamente di corsa, maledicendosi mentalmente per essersi svegliata con quasi mezz’ora di ritardo mentre zigzaga tra i dipendenti del Ministero, cercando di non urtare nessuno e di arrivare agli ascensori il più rapidamente possibile. 

Forse girò l’angolo comunque troppo in fretta perché urtò accidentalmente qualcuno che stava procedendo nella direzione opposta, facendogli scivolare dalle mani la cassetta contenente una mezza dozzina di fialette colorate. 

Il suo primo impulso, dopo essersi fermata, fu quello di scusarsi e poi di correre via, ma quando si rese conto di chi avesse appena urtato si bloccò, mentre Nathaniel sospirò come se si stesse ripetendo di restare calmo dopo aver lanciato un’occhiata trova alle fialette ormai in frantumi:

“Oh, sei tu.” 
“Sí Moody, in persona, e ti ringrazio sentitamente per aver mandato letteralmente in frantumi il mio lavoro di tre settimane.” 

“Scusa Travers, ma vado di fretta.” 

Delilah rivolse un piccolo sorriso di scuse all’ex compagno di scuola prima di girare sui tacchi e allontanarsi di corsa, lasciandolo solo a riparare con un pigro colpo di bacchetta le fialette rotte, anche se le pozioni ormai erano andate irrimediabilmente perdute. 

“La prossima volta guarda dove vai, sei un pericolo pubblico quando arrivi in ritardo!” 


Il Serpeverde sistemò di nuovo le fialette di vetro nella cassetta prima di allontanarsi, immaginandosi chiaramente le risate di Aiden quando si sarebbe presentato in ufficio a mani vuote e avrebbe saputo che la causa era la loro ex compagna di Casa. 

Quel lunedì era iniziato proprio con il piede giusto. 


*



“Ciao.” 

Quando alzò lo sguardo sulla fonte della voce per poco non la scivolò il libro dalle mani, alzandosi di scatto:

“Che ci fai qui?” 
“Sono venuta a salutarti, non ci vediamo da quasi un anno.” 

Andromeda inarcò un sopracciglio mentre si chiudeva la porta alle spalle, parlando come se niente fosse mentre invece l’amica la guardava con tanto d’occhi:

“Sono felice di vederti, ma… siediti.” 
“Grazie… come stai?” 

“Bene, ma se permetti preferirei parlare di TE. Andromeda, credo che da qualche settimana non si parli praticamente d’altro se non della tua “fuga”.” 
“Io non sono scappata, non proprio almeno. E poi i miei genitori, come forse saprai, non ci hanno pensato due volti a ripudiarmi.” 

Andromeda sedette di fronte all’amica, sbuffando leggermente mentre Delilah la guardava con occhio critico, ripensando a tutte le lettere che le aveva scritto nell’arco dei mesi precedenti, mentre lei era all’ultimo anno di scuola e lei era impegnata a studiare e a fare il tirocinio. 

“Sì, l’ho sentito. Me lo ha detto Nathaniel, che ovviamente lo ha saputo da Aiden e Eltanin.” 
“Sai come sta? Non ho più visto o sentito nessuno.” 

“Bene, ma credo che loro non la pensino come i tuoi genitori, i tuoi nonni o alcuni tra i tuoi zii, penso che potresti vedere le tue cugine.” 
“Lo so, ma forse è meglio di no, se si sapesse i miei genitori si infurierebbero e non voglio sollevare tensione in famiglia più di quanto già non ci sia, credo che mia zia Elizabeth non abbia preso bene la scelta dei miei genitori e l’astio tra lei e mia zia Walburga può solo aumentare.” 

“Le tue sorelle?” 
“Silenzio totale, presumo siano dello stesso avviso dei miei genitori. Sai come la pensa Bellatrix sulle persone come Ted, specialmente da quando ha iniziato a seguire Tu-Sai-Chi… e Narcissa è ancora la bambolina che si fa plasmare totalmente dai miei genitori. E sono piuttosto sicura che Walburga e Orion siano dello stesso parere dei miei genitori, quindi…” 

Andromeda si strinse nelle spalle, sfoggiando un piccolo, amaro sorriso mentre l’amica si abbandonava contro lo schienale della sedia, studiandola con attenzione:

“Mi dispiace. Sei davvero sicura? Sono passate poche settimane, potresti sempre tornare dai tuoi genitori e dirgli che hai agito d’impulso, forse chiuderebbero un occhio.” 
“Me lo ha detto anche Ted, sai? Ma non lo farò, non tornerò sotto quella campana di vetro, non è mai stato il mondo adatto a me, credo.” 

Andromeda sorrise e Delilah, guardandola, si chiese se non fosse davvero più felice rispetto ad un anno prima.

“Quindi sei felice?” 
“Sì. Mi mancheranno le mie sorelle, certo, pensare di non poter avere più a che fare con la mia famiglia è dura a volte… ma lo supererò. Ci ho pensato per tutta la seconda metà del mio ultimo anno, anche se Ted continuava a dire che fossi matta, e alla fine ho deciso.” 

“Beh, se davvero sei felice, posso solo esserlo anche io, no?” 
“È quello che vorrei. Ma dimmi di te Delilah, sei ancora alle prese con qualche stramba creaturina?” 

“Mi sto quasi pentendo della mia scelta lavorativa, ieri mi hanno portato un dannato Kneazle da curare e quel maledetto gattaccio continua a scappare invece di farsi visitare! Non capisco, in genere ai gatti piaccio! A parte la maledetta gatta di Travers, a scuola cercava sempre di graffiarmi… tale padrone, tale gatta.”


*


Delilah Moody amava gli animali, le erano sempre piaciuti. Non per niente aveva scelto, dopo la scuola, di lavorare proprio nell’ambito delle creature magiche, occupandosi della loro cura. 
Delilah adorava gli animali, li amava davvero. 

A parte i crup. 
I crup li odiava proprio. 


“Torna subito qui, palla di pelo! Se scappi di nuovo giuro che ti faccio arrosto e poi dirò alla tua padrona che mi sei caduto in un calderone… Qualcuno lo fermi!” 

Delilah sbuffò mentre inseguiva il cane, che molto probabilmente si stava divertendo parecchio e pensava fosse tutto un gioco mentre scappava alla velocità della luce, scodinzolando. 


Stava cominciando a pensare che avrebbe dovuto davvero inseguirlo per tutto il Ministero quando le due labbra si inclinarono in un sorriso sincero nel posare lo sguardo su due persone decisamente note: Aiden Burke e Nathaniel Travers, in piedi uno accanto all’altro e impegnati a parlottare tra di loro. 

Probabilmente non fu mai felice di vederli come in quel momento. 

“Burke, Travers! Fermate il crup!” 

Sentendosi chiamare i due si voltarono verso di lei, sfoggiando per un istante due espressioni perplesse prima di rendersi conto di che cosa stesse parlando, abbassando lo sguardo sul cane che stava correndo loro incontro scodinzolando e con la lingua di fuori. 

La ragazza vide Nate roteare gli occhi con esasperazione prima di spostarsi di qualche passo, piazzandosi sulla traiettoria del cucciolo per poi afferrarlo quando cercò di sfrecciargli accanto. 

“I miei complimenti Moody, non sei neanche in grado di tenerti stretto un cucciolo?” 
“Burke, comprati un crup, poi ne riparliamo.” 

“Non ci penso neanche, Eltanin ha già invaso la casa di cani normali.” 

Aiden roteò gli occhi nel pensare alla considerevole quantità di quadrupedi che lo accoglievano tutte le sere quando tornava a casa mentre Nathaniel porgeva il crup a Delilah, tenendosi a debita distanza per impedirgli di leccargli la faccia. 

“Tieni Moody. E fai più attenzione.” 
“Non è colpa mia, questo qui è indemoniato… adesso sai che cosa ti succede, peste? Ti immobilizzo. Mi hanno detto che ha un qualche problema alla zampa anteriore sinistra, ma da come corre a me sembra che stia benissimo.” 

“Direi di sì.” 

La ragazza riprese il cucciolo tra le braccia, scoccandogli un’occhiata torva mentre lui invece cercava di divincolarsi. 

“Non è che avete un qualche intruglio da prestarmi per farlo dormire, vero?” 


*


1º Settembre 1974



“Smettila di dirmi di comportarmi bene, sai che lo farò.” 
“Lo credo bene.” 

Nathaniel sorrise alla sorellina, che invece sbuffò con aria esasperata mentre il fratello maggiore le assestava un leggero colpetto sulla spalla:

“Non sbuffare, piccoletta. Sono tuo fratello maggiore, mi devo assicurare che tu ti comporti bene a scuola come ho fatto io.” 
“Secondo me non eri poi di così perfetta condotta, chiederò ad Aiden.” 

“Come ti pare… ad ogni modo scrivici ogni tanto, ok?” 

“A te sicuramente.”  La ragazzina si rabbuiò leggermente, rivolgendo un’occhiata torva in direzione dei genitori mentre Nate le sorrideva:

“Non prendertela, ormai li conosciamo, no?” 
“Sì, ma ti devo ancora perdonare per essertene andato di casa e avermi lasciata sola con loro.” 

“Me ne sarei andato già dopo il diploma, sono rimasto quattro anni solo per te, Esme. Ma adesso andrai a scuola, che cosa mi lega a quella casa se non ci sei tu?” 

“Ma allora ogni tanto le dici anche tu, le cose carine!” 
“Io ti dico moltissimo cose carine, piccoletta.” 

“Smettila di chiamarmi così, Nate!” 
“Al momento ho il doppio dei tuoi anni, come ti dovrei chiamare, gigante?” 


*


Nathaniel Travers stava girando l’angolo per raggiungere gli ascensori e scendere al suo livello quando si trovò davanti un’ex compagna di scuola, che fortunatamente quella mattina non sembrava essere arrivata in ritardo e invece di correre stava semplicemente camminando. 

Il pozionista si fermò, stringendo quasi istintivamente la presa sulle fialette che teneva tra le braccia mentre Delilah invece sorrise, abbassando lo sguardo proprio sulle pozioni:

“Hai paura che possa distruggere il tuo prezioso carico, Nathaniel?” 
“Non si può mai sapere.” 

“Andiamo, sono passati ben tre lunghi anni!”
“Errato, l’anno scorso è ricapitato.” 

“Già, è vero… me n’ero scordata!” 
“Io no, visto che ho passato due settimane intere a rifare tutto da capo.” 

Il brontolio sommesso del ragazzo la fece quasi sorridere, ricordando chiaramente le imprecazioni che erano uscite dalla bocca del Serpeverde quando era successo. 

“Giuro che non ricapiterà, starò attenta a non correre.” 
“Lo spero, altrimenti per causa tua inizieranno a mettere cartelli stradali dentro il Ministero.” 

“Come sei acido questa mattina, capisco che è lunedì, ma sorridi alla vita… Continuo a chiedermi come faccia a sopportarti la povera Anne.” 

“Sì, so che questo dubbio ti affligge visto che quando l’hai incontrata le hai stretto la mano e le hai fatto le condoglianze.” 

Il tono seccato del ragazzo non sembrò scalfirla, o più probabilmente decise di ignorarlo mentre sorrideva, guardandolo con aria divertita:

“Hai una memoria ammirevole, ti ricordi un sacco di cose. Beh, ora scusa ma se resto qui a parlare con te finirò con arrivare in ritardo sul serio, e stamattina ho un paio di Ippogrifi da andare a visitare. Buona giornata!” 

Delilah sorrise prima di superarlo, lasciandolo solo con le fialette miracolosamente ancora intatte. 



*


“Signor Travers?” 

Sentendo i passi alle sue spalle Nathaniel aumentò di riflesso le sue falcate, sbuffando leggermente e chiedendosi perché non si decidessero a demordere e a lasciarlo in pace. 
Ancora non capivano che non avrebbe detto niente? Che non avrebbe rilasciato alcuna dichiarazione?

“Signor Travers!” 

La voce della giornalista giunse di nuovo alle sue orecchie quasi con una punta di impazienza, e il pozionista si trattenne dal voltarsi per suggerirle caldamente di andare ad importunare i familiari di qualche altro Mangiamorte. Era uscito di casa e se li era trovati tra i pieni diverse volte, avevano cominciato ad appostarsi davanti al cancello? 

“Non ho niente da dire.” 
Fece sprofondare le mani nelle tasche del cappotto mentre accelerava ulteriormente il passo, parlando con tono decisamente seccato anche se sapeva che quelle parole non sarebbero servite granché:

“Non ha niente da dire sul fatto che suo fratello abbia sterminato la famiglia McKinnon?” 

“No. Non ho proprio un bel niente da dire perché, come ho già detto ai suoi colleghi dozzine di volte, io non ho niente a che fare con mio fratello da prima del mio diploma ad Hogwarts, non lo vedo da anni e non so dove sia, né voglio saperlo. Ripeto: non ho niente da dire a riguardo.” 


“Allora potrebbe semplicemente descrivere suo fratello in tre parole?” 

A quella domanda il mago si fermò di colpo, smettendo di camminare prima di voltarsi finalmente verso la giornalista, parlando con tono piatto senza nemmeno esitare per un attimo, scandendo lentamente le parole:

“Certo: morto. Per. Me. La saluto, e state lontani dalla mia famiglia, d’ora in poi.” 


Poi girò sui tacchi e si Smaterializzò, consapevole che il giorno seguente avrebbe visto un articolo dedicato a Robert Travers e alla sua famiglia nella prima pagina della Gazzetta del Profeta. E sapeva anche che lo avrebbe cestinato senza nemmeno leggerlo.


*



Delilah entrò nell’ufficio quasi di corsa e con una busta in mano, cercando con lo sguardo un ragazzo alto, dai capelli neri e la carnagione chiara.

“Travers!” 

Nathaniel, seduto alla sua scrivania, alzò lo sguardo per rivolgerle un’occhiata perplessa, come a volerle chiedere il perché di quella inaspettata visita mentre la ragazza sollevava la busta che teneva in mano, mostrandogliela:

“Che cos’è questo?!” 
“Presumo che sia l’invito al mio matrimonio che ho spedito qualche giorno fa.” 

“Quindi ti sposi davvero?!” 
“Pensavi fosse un invito contraffatto?” 
“No, pensavo ad uno scherzo… immagino di doverti fare le congratulazioni, anche se questa notizia è quasi scioccante!” 

“Sì, ti capisco, anche io fatico ad immaginare Nathaniel Musone Solitario Travers che si sposa.” 

Aiden raggiunse i due con un sorriso divertito stampato sul volto mentre entrava tenendo i gemelli di tre anni per mano, guadagnandosi un’occhiata torva da parte dell’amico:

“Nessuno ti ha interpellato, mi pare.” 
“Beh, visto che dovrò fare da testimone devo avere un’opinione!” 

“Bene, ma nessuno te l’ha chiesta, mi basta l’ironia di Delilah, la tua non serve.” 

“Papà, cosa vuol dire ironia?” 
“Cos’è quello?” 

“Ciao ragazzi!” 

Delilah rivolse un largo sorriso ai gemelli, che ricambiarono prima di avvicinarlesi e tempestarla di domande, chiedendole chi fosse, quanti anni avesse, perché fosse lì e se conoscesse il loro papà.

“Mi chiamo Delilah… e sì, lo conosco da molto tempo, in effetti. È un gran rompiscatole, vero?” 
“Lo dice anche la mamma! Ma dice anche che noi non possiamo dirlo, è una parolaccia.” 


“Sì Moody, intrattienili pure per un po’, così io respiro per cinque minuti…” 
“Perché te li sei portati appresso? Non fraintendermi, qui tutti li adoriamo, ma con le loro chiacchiere concentrarsi è difficile.” 

“Lo so, ma insistono da settimane per venirmi a trovare al lavoro e stamattina nessuno poteva tenerli visto che Elizabeth e Altair sono in vacanza, Electra e Elnath lavorano e Berenike è incinta con altri due marmocchi al seguito, meglio non soppesarla di bambini.” 
“Perché non li hai lasciati a casa con El?” 

“Perché ti ricordo che è incinta, è stanca e quei due la fanno tribolare… quindi mi sono sacrificato io.” 
“Ma non farci ridere, lo sanno anche i muri che li adori!” 

“Papy, cos’è questo? Posso vedere?” 

Sentendo la vocina di Elaine Aiden, Nate e anche Delilah, impegnata a parlare con un curioso Alexander, si voltarono di scatto verso il calderone che ribolliva in un angolo, accanto al quale si era fermata la bambina, che stava allungando una mano verso il suo contenuto. 

Un attimo dopo Aiden, dopo aver strabuzzati gli occhi verdi con orrore, raggiunse la figlia di corsa per poi sollevarla e allontanarla dal calderone:

“Elly, che cosa ti ho detto? Quando vieni da papà, non devi toccare niente. Nessuna delle cose che prepariamo, ok?” 
“Perché?” 
“Perché hanno effetti… strani.” 
“Perché?” 
“Perché li prepariamo così.” 
“E perché?” 
“Perché è il nostro lavoro.” 
“Ma perché?” 

“Chiedilo allo zio Nate, lui lo sa di sicuro.” 


*


1980


Ruby Travers Image and video hosting by TinyPic  Melody TraversImage and video hosting by TinyPic




“Zia, andiamo a prendere un gelato?” 
“Ma non ne hai mangiato uno stamattina? Non so se la mamma sarebbe d’accordo.” 

“Ma lei non deve saperlo.” 

Il sorrisetto che Ninfadora le rivolse la fece sorridere prima di acconsentire, camminando per le vie di Diagon Alley tenendo la bambina di ormai sette anni per mano. 

Erano quasi arrivate davanti alla gelateria quando gli occhi verdi di Delilah si soffermarono su qualcuno che conosceva molto bene e nella sua stessa situazione, tenendo una bambina per mano e una in braccio. 

“Oh, guarda chi si vede… Ciao Travers, oggi sei in modalità padre modello?” 
“Ciao Delilah… ciao Dora.” 

Nathaniel rivolse un lieve sorriso alla bambina, che ricambiò mentre Delilah si rivolgeva alla bambina di quattro anni che Nathaniel teneva per mano, sorridendole con gentilezza:

“Ciao Ruby… fai compere con papà?” 
“Mi ha promesso che mi comprerà un vestito nuovo.” 

La bambina sfoggiò un enorme sorriso di fronte a quella piacevole prospettiva, mentre il padre invece roteò gli occhi:

“Forse.” 
“L’hai promesso!” 
“Nate, se l’hai promesso glielo devi comprare!” 

Delilah sollevò un sopracciglio, parlando con un tono grave che le fece guadagnare un’occhiataccia da parte dell’amico prima di concentrarsi sulla bambina piccola che teneva in braccio:

“Non la vedo da settimane e guarda com’è cresciuta… Hai due figlie davvero adorabili Travers, speriamo che anche Melody erediti il carattere gentile e dolce di sua madre invece del tuo.” 
“Passano gli anni ma tu rimani sempre così tremendamente simpatica, Delilah… se avrai figli spero anche io che non ereditino il tuo umorismo.” 

“Zia, prendiamo il gelato? Ho fame.” 
“Va bene, andiamo... ci vediamo al Ministero immagino, ti auguro un buon pomeriggio.” 


Delilah sorrise all’amico e alle bambine prima di farsi trascinare da Ninfadora verso l’entrata della gelateria, cercando di non ridere immaginandosi Nathaniel alle prese con la figlia maggiore e il suo vestito nuovo. 


“Zia?” 
“Sì?” 
“Se tu e lo zio Danny avrete figli starai ancora con me, vero?” 

Quella domanda, insieme al tono quasi preoccupato della bambina, la lasciò spiazzata per un attimo prima di sorridere, annuendo e accarezzandole i capelli, che quel giorno erano castani e ondulati:

“Ma certo Dora.”


*



La mano che stringeva la tazza piena di caffè si bloccò a mezz’aria mentre gli occhi chiari di Delilah indugiavano sulla lista di nomi riportati nell’articolo: nomi dei Babbani feriti, di quelli morti, degli Auror che erano intervenuti e dei Mangiamorte che erano stati presi. Solo che non tutti e tre erano stati messi davanti al giudizio del Wizengamot: uno era morto. 

Un nome che lei conosceva piuttosto bene, anche se evitava di pensarci ormai da molto tempo.

“Va tutto bene? Altri morti?” 

Daniel, seduto di fronte a lei al tavolo della cucina, le rivolse un’occhiata incerta quando notò che era rimasta immobile con gli occhi fissi sul giornale per qualche secondo, e sentendo la sua voce Delilah si affrettò ad annuire, lasciando il giornale sul tavolo prima di portarsi la tazza alle labbra:

“Sì… ma a quanto pare li hanno presi. È uno è morto.” 
“Suppongo che non sia una gran perdita.” 
“Già.” 

Delilah annuì, appoggiando la tazza di porcellana sul tavolo mentre evitava di guardare sia il giornale che il marito, che sembrò accorgersi subito del suo turbamento:

“Sicura che vada tutto bene?”
“Era… il mio fidanzato.” 

“Come? Quello che è morto?” 

L’ex Grifondoro strabuzzò gli occhi, certo di non averle mai sentito nominare un vecchio fidanzato che aveva scelto quella strada mentre Delilah annuiva, parlando con tono neutro.

“Sì. Era il mio ragazzo, a scuola. Aveva un anno in più rispetto a me e quando si è diplomato pensava di unirsi a loro, cosa che poi ha effettivamente fatto, ovviamente. Quando ho saputo della sua scelta non l’ho più voluto vedere o sentire.” 
“Non me l’hai mai detto… naturalmente è stata la scelta migliore che potessi fare. Non me lo ricordo, a scuola.” 
“Beh, tu sei più grande di lui di due anni, se è per questo non ti ricordi nemmeno di ME ad Hogwarts, e neanche io di te.” 

“Ma come, non ricordi di aver mai visto passare un bel ragazzo con la divisa di Grifondoro addosso per i corridoi?”
“Oh, beh, ne ho visti tanti. Non fare quella faccia Danny, sto scherzando. Perché nessuno capisce mai quando scherzo?” 

La Serpeverde sbuffò con leggera stizza, facendolo sorridere mentre allungava una mano sul tavolo per prendere la sua: 

“Nate dice che hai un pessimo umorismo, in effetti.” 
“Nate dice tantissime cose, se è per questo.” 

Delilah abbozzò un sorriso, ritrovandosi a dover forse quasi ringraziare Chase per aver fatto quella scelta, diversi anni prima: forse, se le cose non fossero andate in quel modo, non avrebbe nemmeno sposato Daniel dopo averlo incontrato al matrimonio di Nathaniel e Anne. 

Forse doveva ringraziare anche Travers, in effetti. 


*


 1997


Sentì bussare alla porta, ma non ebbe nemmeno il tempo di rispondere perché l’anta si aprì subito dopo, mostrando l’alta figura di Nathaniel sulla soglia.

“Ho saputo di tuo zio.” 

Delilah si limitò ad annuire alle parole dell’amico, che esitò sulla soglia prima di avvicinarlesi di qualche passo:

“Mi dispiace.” 
“Anche a noi. Insomma, era un tipo strano, di sicuro tutto il Dipartimento Auror sarebbe pronto a confermarlo, ma infondo era una personalità che sicuramente lasciava il segno.” 

Delilah sfoggiò un piccolo sorriso mentre Nate sedeva di fronte a lei, oltre la scrivania, rivolgendole un’occhiata incerta:

“Penso che chiunque ne abbia sentito parlare parecchio…” 
“Già. Chi non conosce di fama Alastor “Malocchio” Moody?” 

“Nessuna traccia del corpo?” 
“Ho parlato con Kingsley, nessuna.” 

“Mi dispiace, non potrete nemmeno seppellirlo…” 
“Non credo che per lui sarebbe stato un problema, penso che avrebbe bofonchiato qualcosa su come i funerali siano una grande ed inutile dispersione di tempo, denaro ed energie. Era abbastanza cinico.” 

Delilah sorrise appena mentre si stringeva nelle spalle, ripensando a quando lei e sua sorella cercavano in tutti i modi di non sedersi vicino a lui ai pranzi di famiglia… ma ora che era morto era piuttosto sicura che la sua assenza si sarebbe sentita non poco, durante quegli stessi pranzi. 


*


1998


“Come stai?” 

Si sentì davvero stupida nel pronunciare quella domanda, mentre guardava una delle sue amiche più care seduta su una poltrona, voltata leggermente verso una finestra con gli occhi castani fissi sul vetro. 

Era ovvio che non potesse stare bene, dopotutto. 
“Si va avanti.” 

Andromeda parlò senza battere ciglio, con un tono neutro e piatto che le aveva sentito usare ben di rado. Gli occhi verdi di Delilah, ancora in piedi sulla soglia del salotto, si spostarono dall’amica per posarsi sulla culla dove un bambino di poche settimane stava sonnecchiando. 

La strega si avvicinò alla culla, rivolgendo un caldo sorriso al piccolo Teddy e cercando di non ridere di fronte al suo ciuffo di capelli indaco. Non poté fare a meno di pensare a quando, molti anni prima, aveva visto per la prima volta Ninfadora, anche lei con capelli di un colore piuttosto improbabile. 

“Ciao Teddy…” 

La donna sorrise, allungando una mano per sfiorare con delicatezza il viso del bambino, che continuò a dormire della grossa, completamente incurante di quello che sua nonna stava passando e di aver perso entrambi i genitori senza aver avuto nemmeno il tempo per conoscerli. 

Delilah distolse lo sguardo dal bambino per tornare a concentrarsi sull’amica, che si voltò verso di lei e le fece cenno di sedersi prima di parlare di nuovo:

“Come stanno Emma e Anthony?” 
“Bene.” 

Grazie al cielo li aveva ancora


Cercava di stare vicino alla sua amica in tutti i modi da quel 2 Maggio e anche lei sentiva parecchio la mancanza di Ted e di Ninfadora… ma per fortuna non poteva immedesimarsi in Andromeda, lei non aveva perso i figli e neanche suo marito. 

La donna posò lo sguardo sulla culla dove il nipotino dormiva, continuando a tormentarsi le mani mentre parlava con un filo di voce:

“Ho rinunciato alla mia famiglia quando avevo 18 anni, e ora ho perso quella che mi sono costruita, mi resta soltanto lui.” 
“Lo so. E non smetterò mai di dire quanto sia stato ingiusto, ma non sei totalmente sola, ok? Se hai bisogno, la mia porta è sempre aperta per te.” 


*


Mentre risaliva il pendio erboso continuava a chiedersi perché lo stesse facendo e soprattutto se fosse la scelta giusta. 
Dopotutto non lo aveva visto per anni, se non nelle foto di qualche articolo sulla Gazzetta del Profeta… a volte aveva persino stentato a riconoscerlo. 

Eppure quel sabato mattina era lì, stava andando a fare visita alla tomba di un fratello che non vedeva da anni, che i suoi genitori avevano praticamente dimenticato, che a volte lui stesso aveva cercato di eliminare dai suoi ricordi ma senza grandi successi: Robert, in un modo o nell’altro, continuava a restare lì, nella sua testa.


Non c’era praticamente nessuno intorno a lui, fatta eccezione per una donna che non tardò a riconoscere, in piedi davanti a quella che doveva essere sicuramente la lapide di Robert. 

Nathaniel si avvicinò a sua sorella, che sentendo i suoi passi alzò lo sguardo per poi sorridergli debolmente:
“Ciao Nate.” 
“Ciao… non mi aspettavo di vederti qui.” 

“A dire il vero neanche io. Non ero neanche sicura di voler venire, ma a quanto pare alla fine abbiamo ceduto entrambi.” 
Il pozionista si fermò accanto alla sorella minore, mettendole un braccio sulle spalle mentre Esme appoggiava il capo sulla sua spalla, come faceva sempre quando era piccola. 


Per qualche istante nessuno dei due disse niente, gli occhi fissi sulla lapide che avevano davanti, conficcata nel terreno in malo modo, quasi come se la persona sepolta non meritasse nessun riguardo. E probabilmente era davvero così. 


“Sai, stento a ricordarlo. Per te è diverso, certo, ma io ero piccola quando è andato via di casa… infondo è quasi come se non l’avessi mai conosciuto.” 
“Ti voleva molto bene, però. Forse più di quanto ne volesse ai nostri genitori.” 

“Sì, beh… non ci ha comunque pensato due volte ad abbandonare anche me. Mi chiedo ancora che cosa gli sia passato per la testa.” 
“È cambiato da così a così, da un giorno all’altro… sembrava che gli avessero fatto davvero il lavaggio del cervello.” 


“Beh, a questo punto immagino che non lo sapremo mai con precisione.” 
Esme sollevò lo sguardo per poter guardare il fratello in faccia, parlando nuovamente:

“Forse dovremmo andare a trovare mamma e papà. Non li vediamo molto spesso, di recente.” 
“Forse hai ragione, credo che alla mamma farebbe piacere. Continua a non volerne parlare, ma so che la morte di Robert l’ha toccata… andiamo, piccoletta.” 

“Ho 35 anni Nate, falla finita.”


Nathaniel sorrise alle parole e all’occhiata truce che la sorella gli rivolse mentre, tenendole sempre un braccio intorno alle spalle, si allontanava insieme a lei dalla tomba di quello che, almeno un tempo, era stato suo fratello.










……………………………………….......................................................
Angolo Autrice:


Buonasera mie care… allora, temo di dovervi comunicare che questa è l’ultima OS della storia. 
Ovviamente ne avrei scritta una anche per Astrea e Sam, ma vi lascio immaginare il motivo della decisione di non farlo. 

Perciò, a questo punto, di nuovo grazie a tutte per aver partecipato e in particolare a chi mi ha “seguito” in questa storia da Magisterium o da History, alcune da entrambe. 
E grazie anche a te Phebe, perché so che ci sei.
Qualcuno mi ha chiesto se ho intenzione di scrivere il “quarto atto” e posso affermare che sì, molto probabilmente ci sarà, anche se forse non come lo immaginate e dovrete aspettare penso un mese o un mese e mezzo in quanto ora come ora ho altro per le mani.

Per chi partecipa a Secrets: dovrei aggiornare anche lì entro un paio di giorni al massimo, quanto alle altre, ovviamente spero di risentirvi :) 


Signorina Granger
 





   
 
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