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Autore: Sospiri_amore    25/09/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Non credo tu capusca




Dicono che certe occasioni capitino una volta nella vita e che una persona dovrebbe approfittatene. Ma che senso ha trarne vantaggio da soli senza avere vicino le persone a cui vuoi bene? Non sarebbe un tradimento?

 

Il rettore osserva il nostro gruppo, credo non si aspettasse tante persone, probabilmente pensava di dover chiacchierare con una ragazzina sola. Ha un sorriso enigmatico stampato sul volto, scruta gli sguardi decisi di tutti noi e cerca di interpretare il nostro pensiero, anche se penso sia chiaro che se ci troviamo lì è solo per avere una possibilità in più di essere ammessi a Yale. 

 

Kate se ne sta in disparte ad osservare la scena, se avesse la macchina fotografica potrebbe immortalare alla perfezione questo momento: strette di mano, presentazioni e chiacchiere, molte chiacchiere. Jonathan pare a suo agio, credo che questo sia la realizzazione del suo sogno più grande; Lucas e Adrian completano le frasi l'uno dell'altro proprio come farebbero due buoni amici; Rebecca sta misurando e controllando la sua esuberanza, pare più tranquilla e solare del solito; Stephanie parla con grazia e compostezza.

 

Io cerco di controllare il battito del mio cuore, nascondere le mani sudate e trattenere il tremolio che pervade tutto il mio corpo.

Credo di essere vicina allo svenimento.

 

Una mano mi si appoggia sulla spalla, è James. Con delicatezza, ma anche decisione mi avvicina al rettore presentandomi come si deve. Se ne sta appiccicato a me chiacchierando e intervenendo nelle discussioni provando a coinvolgermi. L'unica cosa che riesco a dire sono un paio di battute, raccontare qualche aneddoto sulla mia vita in Italia e di come sia rimasta sconvolta dal Trinity, delle lotte di potere e di come abbia vissuto gli alti e i bassi nel microcosmo scolastico. Leggerezza, ironia e niente drammi. Non ho fatto altro che dire la verità, niente di esaltante, lo so, la cruda e semplice realtà dei fatti.

 

Il rettore sghignazza.

 

James mi stringe forte e mi bacia il capo, poi inizia a raccontare di suo padre e del suo desiderio di diventare un avvocato come lui. Rebecca mi prende per mano, vuole far sapere al rettore che la sfida di reginetta di fine anno sarà tra due amiche. Adrian, Lucas e Jo parlano di politica, di come siano interessati sulla sorte dello stato e delle recenti elezioni.

 

Il rettore annuisce compiaciuto.

 

Chiacchiere.

Come se fossimo ad una cena. 

Come se fossimo tra amici.

Come se ci conoscessimo da sempre.

 

Eppure.

 

Non riesco ad essere tranquilla. Il calore di James, i sorrisi di Rebecca e la quiete di Kate non riescono a tranquillizzarmi. Sento un peso, un fastidio intorno allo stomaco, come se avessi una corda grezza che mi trascinasse verso il basso. Mi sembra di affondare lentamente. Ogni minuto che passa scendo di un millimetro, sprofondo in un vuoto che credevo di aver dimenticato.

 

Chiacchiero e non ascolto.

Sorrido e non provo niente.

 

Non mi interessa nemmeno stare lì, non mi importa compiacere nessuno. Non voglio fingere e non voglio l'approvazione di uno sconosciuto. Possibile che la cosa che più desideravo si sia trasformata nel nulla più assoluto? Volevo Yale, ma adesso mi pare nebbia. Volevo il college, ma adesso vorrei essere altrove.

Kate si avvicina silenziosamente, mi raggiunge da dietro: «Che succede? Sembri una mummia. Le battutine di prima erano simpatiche, come mai sei così diventata improvvisamente così moscia?», mi sussurra così piano che faccio fatica a udirla.

Alzo le spalle.

Gli occhi mi si riempiono di lacrime. 

 

Nessuno lo nota.

 

James spiega al rettore come abbia seguito e appoggiato la carriera del padre. Adrian racconta una storia capitatagli con suo zio durante la campagna dei Repubblicani a Boston. 

 

Io mi sento male.

 

Jo dice al rettore come abbia improntato la sua vita a raggiungere determinati obbiettivi, mentre Stephanie racconta la vita a New Heaven mostrando i pro e i contro della provincia. 

 

Io voglio solo accasciarmi in un angolo.

 

Lucas parla del lavoro di suo padre, di come i sacrifici di quest'ultimo gli abbiano insegnato molto. Rebecca spiega l'importanza dell'apparire e dell'essere, come al giorno d'oggi il lato estetico influenzi le scelte quotidiane.

 

Io non so che dire.

Sono tutti così bravi a esprimere quello che pensano, quello che provano, che mi chiedo cosa ci faccia in mezzo a loro. I minuti passano ed io vorrei non essere lì.

 

Il rettore allunga la mano, tutti la stringono.

Ci saluta.

Va via.

Passano pochi secondi e scoppia l'euforia. Lucas, Adrian, Stephanie, James, Jonathan e Rebecca si abbracciano l'un l'altro, poi vengono da me riempiendomi di domande.

 

Come mai?

Perché era qui?

Come facevi a saperlo?

 

Dico bugie, forse. Non so. Non posso certo spiegare che il professor Martin voleva che solo io lo incontrassi. Cosa potrebbero pensare? 

Dico loro che l'ho visto per caso e l'ho seguito. Tutto qui. Credo. Non mi ricordo bene, sono molto confusa, mi manca l'aria e la testa mi gira.

 

Sei un mito.

Grazie Elena.

Ci hai salvato.

 

Non so chi dica cosa. Non sono collegata, è come se il mio corpo e il mio cervello fossero staccati. Spingo con forza i polpastrelli sulle unghie del pollice e non sento nulla, non provo dolore. Non sento niente.

Kate mi prende per mano mentre gli altri festeggiano per la fortuna avuta, incontrare il rettore di Yale e riuscire a parlargli con tranquillità non è una cosa che capita tutti i giorni. Per loro è una festa, per me no. Uso la mia amica come fosse una stampella, mi appoggio a lei per raggiungere la sala principale.

 

«Elena. Elena, che hai? Sei pallida». Kate è preoccupata, la sua voce trema un po'.

«Non mi sento bene, credo di aver bisogno di un po' d'aria fresca. Mi puoi portare sulla terrazza sul retro? Lì non c'è mai nessuno, voglio stare un po' da sola», le dico con voce flebile.

«Va bene. Terrò lontani tutti, vedrai che mi invento qualcosa». Kate riesce a mescolarsi alla folla che riempie la sala. L'orchestra suona sapientemente pezzi che la gente balla elegantemente, il profumo dei fiori e dell'ottimo cibo riempie l'aria carica di energia. 

 

Tutti sono sereni e felici.

Io mi sento un catorcio, stono in mezzo a tutti quei visi sorridenti.

 

La terrazza sul retro è sguarnita, non ci sono decorazioni, luci o fiori. Sovrapposte una sull'altra ci sono diverse casse di legno che contenevano bottiglie di champagne, un paio di sacchi dell'immondizia e alcune sedie impilate. Kate mi fa sedere su una sedia, mi abbraccia poi corre alla festa per cercare di tenere lontano gli altri, non riuscirei a parlare con nessuno di loro.

 

Affogo.

Sento il vuoto arrivare alla gola e stritolarmi.

Una crepa.

Milioni di frammenti.

Schegge di ghiaccio che si infilzano nella carne.

Schegge azzurre, più azzurre del cielo in primavera.

Nik.

Nik mi odia.

Lo so.

 

Passi.

Passi.

 

«Non sei a festeggiare? Hai conosciuto l'uomo più importante di Yale, hai avuto la possibilità di parlargli, di farti conoscere, perché non stai brindando?». La voce di Nik è secca, fredda.

Le mani accolgono la mia testa diventata improvvisamente pesante. Non riesco a guardarlo, non riesco proprio.

«Ah già... che stupido... hai giocato la tua possibilità di andare a Yale perché hai chiamato i tuoi amici a parlare con il rettore, gli stessi amici che per due anni ti hanno umiliata, delusa, raccontato bugie. Certo, come no. Ha senso la tua scelta». Nik se ne sta con le mani in tasca, cammina avanti e indietro nervoso.

«C-cosa avrei dovuto fare?», dico con voce roca e stonata.

«Pensare a te stessa. Lottare per raggiungere i tuoi sogni. Vincere contro il Trinity e le idee folli che inculca in testa ai ragazzi. Dovevi essere l'eccezione, invece ti sei trasformata, sei uguali agli altri. Sì, sei identica a tutto quello che dicevi di odiare, sei uguale a quello che non ti assomiglia per niente. O meglio, non ti assomigliava, visto che non ti riconosco più. Come hai potuto umiliarmi in questo modo? Come ti sei permessa? Credi che al rettore sia piaciuto che un gruppo di adolescenti arroganti, pomposi e montati l'abbiano trattenuto in scacco per tutto quel tempo? Lui voleva conoscere te perché io gli avevo detto che eri diversa, io avevo speso lodi nei tuoi confronti. Ai tuoi amici basta il loro cognome, basta essere loro stessi e vivere la vita per cui sono destinati». Nik è a pochi passi da me, gesticola molto. I suoi occhi sono carichi di rabbia.

«Jo non aveva una lettera di presentazione, Adrian, Lucas, Rebecca e a Stephanie non avevano ottime referenze e...», ma vengo interrotta.

«Se Jonathan avesse avuto bisogno di aiuto perché non è venuto da me? Io non ne sapevo nulla e poi dubito che con la sua media scolastica avrebbe avuto grossi problemi. Per quanto riguarda gli altri forse non avevano referenze ottime, ma molto meglio della maggioranza delle persone che vorrebbero frequentare Yale. Sono la nobiltà di New Heaven, loro possono avere tutto. Tutto. Senza dimenticare la gara di Dibattito, quella è una vetrina più potente di qualsiasi lettera di presentazione possibile».

Tremo. Non so che dire: «Penso di averlo fatto per cercare di dare loro una mano, non credo tu capisca come tutti loro mi abbiano aiutato nell'ultimo periodo con gli esami della Marquez e tutto il resto. Mi sono stati vicini e... e... mi sembrava di tradurli».

Nik è a pochi centimetri dal mio volto, ha gli occhi lucidi e la pupilla nera talmente dilatata che l'azzurro non si vede quasi più: «Non credo tu capisca? Hai il coraggio di dirmi Non credo tu capisca? Hai preferito aiutare le persone che ti hanno fatto più soffrire in tutta la tua vita piuttosto che me. Ti ho sempre appoggiata e spinta a dare il massimo, ti ho sollevata quando James ti ha mollata, quando tutti ti davano contro. Sempre. Eppure tu hai preferito loro che alla mia sincera amicizia. Non credere di incantarmi con quelle lacrime, non ci casco più. Sei tu che vuoi star male, sei tu che cerchi il dolore. È talmente ovvio che hai ragionato solo per avere l'approvazione di James, per riaverlo al tuo fianco. Oggi quando siete entrati alla festa sembravate due fidanzatini, pronti a mettervi in mostra per i fotografi. Facevi le prove per quando diventerai la Signora McArthur?».

«Non essere crudele. Non ho mai fatto nulla per lui, solo per lui. Ho pensato fosse la cosa giusta e basta», gli urlo in faccia mentre le lacrime mi sciolgono il trucco.

«Non lo riavrai mai. James è un McArthur, quelli come lui non amano gli scarti», mi dice con tutta la cattiveria che ha in corpo.

 

Scarti?

Sono uno scarto?

No.

Questo non posso sopportarlo.

 

«Non osare rivolgermi mai più la parola, non provare a cercarmi o essermi amico. Non ho bisogno di te e delle tue certezze. Se il mondo che ti circonda ti fa così schifo perché ne fai ancora parte? Se il Trinity e il mondo dell'avvocatura è pieno di squali forse è così perché tu ne sei un degno rappresentante. Sei il primo che nota i miei cambiamenti, il primo che dice che sono abbagliata e accecata. Dici che io sono diversa. E tu? Tu che menti a tutti? Sappi caro mio che il primo a cui menti sei te stesso. Dici di odiare quello che fai e il mondo che ti circonda eppure godi quando prepari una causa, ti diverti quando affronti un altro avvocato. Ti ho visto quest'estate, ti piace quello che fai, sei bravo perché sei più spietato degli altri avvocati. Se cerchi una redenzione della tua anima tramite me, sappi che io ho una testa e un cuore autonomi dal tuo. Non puoi comandarli, non puoi intrappolarli nelle tue regole. Non puoi decidere per me e sperare che la tua vita migliori». Non abbasso lo sguardo. No. Mi ha trattata troppo male, mi ha umiliata, offesa. Non aveva nessun diritto di dirmi quelle cose.

«Sai cosa ti dico, piccola arrogante saputella. Arrangiati. Vivi la tua vita come credi. Nel momento in cui affonderai non venire a piangere da me. Non ti chiamerò. Non ti cercherò. Sei solo una studentessa come le altre e come tale ti tratterò». Nik si volta allontanandosi a grandi passi da me:«Se non lo avessi capito questo è un addio. Un addio vero. Definitivo. Le auguro una buona vita Elena Voli», mi dice con un inchino, poi se ne va.

 

Con la faccia sporca di trucco, le gambe che tremano e molta stanchezza mi accascio sulla sedia vicino a me. 

Non penso a niente.

Non voglio niente.

Aspetto.

Aspetto di sapere cosa fare adesso che un pezzo del mio cuore si è disintegrato.

 

   
 
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