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Autore: marea_lunare    25/09/2017    2 recensioni
Vedesti persone venir sbalzate via, grida che si diffusero ad una rapidità disumana, così come il panico che si impossessò di chiunque riuscisse ad udire tutto quel trambusto.
Nessuno dei voi due riuscì a capire cosa stava accadendo al momento, ma quando vedeste tre uomini al volante vestiti tutti allo stesso modo, associaste immediatamente quelle figure allo sgomento che ormai affliggeva ogni singola nazione del mondo: terroristi.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note dell’autrice: [ATTENZIONE: LE NOTE SARANNO PIU’ LUNGHE DEL SOLITO, MA VI PREGO DI LEGGERLE FINO IN FONDO, PERCHE’ SARANNO IMPORTANTI PER COMPRENDERE AL MEGLIO LA LETTURA]
Ciao a tutti. Questa fanfiction è stata particolarmente difficile da scrivere, moralmente soprattutto. Ho pianto durante la composizione della maggior parte delle sequenze che troverete successivamente, perché personalmente considero l'argomento molto delicato. Ero ansiosa mentre scrivevo, perché temevo ciò che avrei potuto sentirmi dire avendo fatto una scelta del genere, oppure perché il terrorismo è diventata una cosa tanto grande da spaventare persino chi non ha mai vissuto (fortunatamente) un attacco terroristico in prima persona. Questa fanfiction parla di uno degli attentati avvenuti a Londra, in particolare quello del 3 giugno, infatti troverete la presenza del camion. Per quanto riguarda il numero delle vittime e dei feriti mi sono documentata su Wikipedia.
Inizialmente avevo lasciato anche gli altri dettagli, ovvero il luogo e l’ora, ma poi li ho cancellati.
Mi sono infatti tornati in mente anche gli altri attentati che si sono svolti tramite la presenza di un veicolo lanciato ad alta velocità lungo le strade, perciò ho pensato che questo mio scritto sarebbe potuto diventare una forma di ecco… messaggio solidale verso ogni singolo paese che ha subito un attacco terroristico di qualsiasi tipo.
Con questo però, non intendo assolutamente sminuire ciò che è accaduto a Londra. Proprio perché voglio, a modo mio, aumentare la consapevolezza di chiunque abbia la bontà di leggermi riguardo questo argomento, ho deciso di utilizzare i nostri personaggi preferiti ed inserirli in un contesto del genere.
Attraverso Sherlock ho poi provato a dare voce a coloro che sono stati testimoni di quegli episodi, che sono rimasti segnati a vita da un simile evento, nonostante siano sopravvissuti. Un piccolo appunto: qui non ho badato quasi per nulla all'OOC, perché sono convinta che qualsiasi persona durante un evento come questo reagirebbe come chiunque altro, socipatico iperattivo o meno, 
Come mi è venuta in mente questa idea: in questi giorni nel posto in cui abito io c’è una fiera che, ogni anno, fa raggruppare moltissime persone tutte nello stesso posto, dalla mattina fino alla sera. Uno di questi giorni stavo passeggiando tra queste bancarelle ed ho notato una cosa che mi ha intristita ed inquietata, ma che mi ha fatto nascere l’idea per questa fanfiction. In ogni singola strada più grande di un vicolo c’era un’auto della protezione civile ad ostruirne il passaggio, così che l’associazione di idee tra gli attentati e i camion è scattata immediatamente. Ho immaginato il clima di terrore che può nascondersi in ogni singola persona del mondo, la sensazione di non essere al sicuro da nessuna parte, nemmeno la propria città, e ho pensato: ma come possono sentirsi coloro che lo hanno visto accadere davanti ai loro occhi? Coloro che hanno veramente perso un loro caro? Quanta impotenza percepiscono nel loro animo davanti ad una cosa così grande e spaventosa, che strappa via vite senza fare alcuna distinzione?
 
Questo è il mio modo per dirmi vicina a chiunque abbia vissuto un’esperienza come questa e chiunque ogni giorno viva nella costante paura che possa essere lui/lei il/la prossima vittima.
Grazie a chiunque avrà letto tutte le note e che avrà letto fino in fondo la storia, perché sarebbe per me davvero molto importante.
Vi voglio bene e vi ringrazio per supportarmi sempre in ogni nuovo scritto.
Buona lettura.
Un abbraccio. 






 



Come tutte le cose letali, un attentato non fa distinzioni, non risparmia niente e nessuno     -Song-fic: My Immortal, Evanescence
 

Varchi silenziosamente la porta di casa, solo il cigolio dei cardini accompagna i tuoi passi. 

Ti guardi intorno e vedi i granelli di polvere aleggiare nell’aria. 

Da quanto tempo non pulisci quel dannato appartamento?

Ma non te ne curi. 

Non hai nessuno per cui tenere in ordine, nessuno con cui condividere nulla. 

Non più, almeno. 
 


I'm so tired of being here 
Suppressed by all my childish fears 
And if you have to leave 
I wish that you would just leave 
'Cause your presence still lingers here 
And it won't leave me alone
 
 
Come fossi entrato in chiesa, continui a mantenere un silenzio religioso che ormai incornicia ogni singolo momento della tua vita, a meno che non sia necessario violarlo. 

Appendi il cappotto all’attaccapanni, ti togli la sciarpa dal collo e ti dirigi immediatamente verso il violino. 

Non lasci neanche un momento libero alla tua mente, non le permetti di concentrarsi su quel pensiero che ti assilla da anni, anni che ti stanno facendo diventare matto e che sei certo non riuscirai mai a dimenticare. 

Neanche il tuo palazzo mentale ti dà tregua e apre continuamente cassetti diversi, quegli stessi cassetti che pensavi di aver chiuso a chiave per sempre. 

Vecchie porte si spalancano di nuovo, un forte vento ti travolge, lo puoi quasi sentire sulla pelle. 
 
 
Suoni con l’archetto premuto con forza contro le corde, le dita quasi ti dolgono, chiudi gli occhi pur di non pensare, nonostante tu sappia di non riuscirci. 

Vaghi tra i corridoi della tua mente come un ramingo, correndo di qua e di là sbattendo quei cassetti e quelle maledettissime porte. Forte, con rabbia, con dolore. 

Al vento di ricordi si aggiunge una tempesta di sentimenti che ti corrodono dentro, tanto che riesci a vedere l’intonaco bianco del mind place sgretolarsi e staccarsi. 
 
Cade a terra e raggiunge i tuoi piedi, le tue scarpe nero lucido che sembrano ancora nuove nonostante abbiano compiuto migliaia di passi. 

Senti il panico salire e l’archetto scivola più velocemente sullo strumento, gli occhi si chiudono compulsivamente e senti per l’ennesima volta quell’orribile sensazione che provavi durante un’overdose. 

Quando la droga diventava più del tuo stesso sangue, sentivi di non avere alcuna via di scampo, che nessuno avrebbe potuto aiutarti perché eri solo, come sempre. 

La solitudine e il dolore si mescolavano al sollievo, al torpore datoti da quei granelli di cocaina che ti penetravano la carne insieme all’ago della siringa. 

Ora il torpore è la musica, i granelli di cocaina sono le note, l’ago è l’archetto del violino, la solitudine regna sovrana e il dolore sono quei dannatissimi ricordi. 
 


These wounds won't seem to heal 
This pain is just too real 
There's just too much that 
time cannot erase
 


Quella sera eri con John, stavate passeggiando ed erano poco passate le dieci di sera. 

Decideste di prendervi una pausa dopo la lunga giornata passata, come sempre, a rincorrere i serial killer capaci di compiere i più efferati omicidi. 

Era una serata relativamente tranquilla e silenziosa, i passanti che camminavano lungo il ponte. 

Londra illuminata faceva da sfondo a quelle poche anime riunite in quel luogo e tu ti voltasti a guardare la luna splendere nel cielo. John continuava a parlarti del suo blog che aveva sempre più successo e di quante richieste arrivassero giorno dopo giorno. 

La sua voce era stranamente rilassante in quel momento. 

Ti voltasti per un secondo e vedesti in lontananza un camion bianco procedere lungo il ponte, ma non ci facesti molto caso. 

Era solo un semplice puntino che si stava per aggiungere agli altri su quella strada insieme a te e John. 
 
 
 
“Noioso, John” dicesti interrompendo il flusso dei tuoi pensieri e delle parole che uscivano dalla bocca del tuo compagno. 

“Come?”

“Ho detto che è noioso, John. Il caso delle fiaccole volanti”

“Io lo trovo interessante. Il cliente dice di vedersi comparire davanti agli occhi di notte delle piccole fiammelle che gli ronzano attorno e poi se ne vanno dopo pochissimo tempo”

“Per caso il cliente ha fatto riferimento alla sua presbiopia?” gli domandasti tu stressato. 

“Presbiopia? Se non ci vedesse bene da vicino, come potrebbe affermare ciò che ha detto?”

“Potrebbe benissimo, John, ed è proprio l’essere presbite che non gli permette di vedere realmente ciò che gli compare davanti agli occhi. Ha detto di abitare in una casa di campagna e che ogni sera, quando vede queste strane ‘fiaccole’ apparirgli davanti agli occhi lui è seduto su una sedia del suo giardino, giusto?”

“Esattamente”

“Quell’uomo vede delle semplicissime lucciole. Non indossa gli occhiali di sera perché li dimentica costantemente al piano superiore della sua casa, perciò quando delle piccole lucciole gli si avvicinano agli occhi, lui dei bagliori lucenti che gli ronzano attorno. Lucciole, John”
 
Lo stupore di John fece crescere un moto di soddisfazione dentro di te, che facesti trapelare attraverso uno dei tuoi soliti sorrisi beffardi. 

“Non ho intenzione di dirti nulla. Non aspettarti nessun “fantastico” o “straordinario”. In passato hai fatto di meglio” rispose il dottore indispettito. 

“Non mi aspetto che tu lo faccia, ma sono certo che tu lo abbia pensato” gli rispondesti tu, e lo sbuffo che uscì dalle sue labbra ti diede la conferma che cercavi. 

Continuasti a sorridere, finché anche John non scoppiò a ridere insieme a te. 

Era incredibile quanto foste capaci di completarvi a vicenda. 
 


When you cried I'd wipe away 
all of your tears 
When you'd scream I'd fight away 
all of your fears 
I held your hand through 
all of these years 
But you still have 
All of me
 


Ad un tratto, però, quell’equilibrio venne brutalmente frantumato da un grido di dolore e paura. 

Vi giraste simultaneamente e tu constatasti con orrore che se non avessi ignorato il veicolo lontano, avresti potuto salvare delle vite. 

Quel camion bianco sfrecciava a tutta velocità lungo il ponte, investendo crudelmente chiunque e qualsiasi cosa si mettesse sul suo cammino. 

Vedesti persone venir sbalzate via, grida che si diffusero ad una rapidità disumana, così come il panico che si impossessò di chiunque riuscisse ad udire tutto quel trambusto. 

Nessuno dei voi due riuscì a capire cosa stava accadendo al momento, ma quando vedeste tre uomini al volante vestiti tutti allo stesso modo, associaste immediatamente quelle figure allo sgomento che ormai affliggeva ogni singola nazione del mondo: terroristi.  

Guardasti John e vedesti il terrore afferrargli gli occhi e la gola con spietata cattiveria, mentre il suo animo cercava di fuggire dalla paura. 

Il camion continuava a procedere velocemente ed ogni secondo si avvicinava di più a voi. 

“John. John!” gridasti tu scuotendo il tuo compagno “Dobbiamo andarcene da qui!”

“Ma i feriti…!” cercò di ribattere John, ma tu non volesti sentir ragioni, lo afferrasti per un braccio ed entrambi cominciaste a correre come mai in vita vostra, il rombo del motore che si avvicinava alle vostre orecchie. 

Il camion però sembrò non far caso a voi, tanto che vi superò. 

Continuò a procedere senza farsi fermare da alcun ostacolo, persona o veicolo che fosse. 

Travolse tutto senza pietà, distrusse vite ed oggetti come se fossero dei semplici fogli di carta straccia da strappare e strappare ancora, fino a farne delle briciole. 

 
 
“No, NO!” gridò John vedendo il mezzo di trasporto continuare dritto per la sua strada. 

Aveva capito cosa sarebbe accaduto e lo vedesti scattare in avanti come se lo volesse fermare. 

Un pub.  

Il camion lo stava puntando come un ragno punta la mosca, la sua preda. 

E mentre John ansimava dietro l’inarrestabile veicolo e tu annaspavi dietro di lui, il rumore di vetri infranti vi ruppe i timpani, così come le ennesime grida che si aggiunsero alle altre.

Guardasti per un momento indietro e vedesti il ponte sporco di sangue: sangue di persone innocenti. 

Sentivi persone piangere, gridare, scappare o implorare aiuto. 

Tutto era un incomprensibile insieme di sangue, lacrime, adrenalina e terrore che ti facevano sentire le gambe pesanti, che sembravano rallentarti nei movimenti. 

Quando il pub venne distrutto, il sangue delle persone macchiò i tavolini e il muso del camion, mescolandosi a quello delle vittime precedenti. 
 
“Dobbiamo fare qualcosa, Sherlock! Dobbiamo aiutare i feriti!” ti urlò John mentre continuava a correre, poche centinaia di metri che vi separavano dai resti del locale. 

Tu lo inseguisti senza proferir parola, ma non sapevi che gli attentatori non avevano ancora finito.
 


You used to captivate me 
By your resonating light 
Now I'm bound by the life 
you left behind 
Your face it haunts 
My once pleasant dreams 
Your voice it chased away 
All the sanity in me
 


Tutti e tre scesero armati di coltello. 

Iniziarono ad afferrare e ferire ogni singolo passante, quei pochi rimasti sulla strada che ancora non erano riusciti a fuggire. 

Grida, grida e ancora grida, solo questo riuscivi a sentire. 

Quando raggiungeste le vicinanze del pub, vedeste circa una quindicina di persone che si agitavano a terra, doloranti e piangenti. 

Donne, uomini, anziani, senza nessuna distinzione.

John corse vicino ad un ragazzo con una brutta ferita allo stomaco, mentre tu prendesti tra le braccia una ragazza con un profondo solco nella gamba da non permetterle nemmeno di camminare. 

Le sirene della polizia e delle ambulanze risuonarono nei vostri padiglioni auricolari come la unica e certa salvezza, mentre continuavate a tentare di allontanare più feriti possibili, mentre gli attentatori sembravano non darsi pace. 
 


These wounds won't seem to heal 
This pain is just too real 
There's just too much that 
time cannot erase
 
 

Tu avevi portato in salvo l’ennesimo ferito, quando vedesti John fermarsi a guardare due persone di fronte all’entrata del pub e il terrore tornò a formarsi sul suo volto. 

Una mamma e una bimba erano accasciate di fronte a quella porta, seminascoste agli occhi degli assassini, ma la bambina non la smetteva di piangere. 

La madre era ferita ad un piede e piangeva anche lei, mentre la figlia le stava avvinghiata, non riuscendo a soffocare i singhiozzi. La donna le faceva segno di tacere, di stare in silenzio, indicandole i fari blu della polizia in avvicinamento dal ponte per provare a tranquillizzarla. 

Ma uno dei tre uomini sentì un singhiozzo della bambina e tornò sui suoi passi, puntando il veicolo. 

Quando fu davanti al retro del camion, John scattò in avanti. 

“JOHN!” gridasti in mezzo al rumore generale, ma lui non ti ascoltò. 

Corse verso l’attentatore e gli si gettò addosso, mentre quello già aveva alzato il coltello per colpire la bambina che urlava disperata, sua madre la stringeva forte tra le braccia. 

Il tuo compagno lo afferrò per il collo e lo tirò indietro, buttandolo a terra e riempiendolo di pugni e calci. 

Quando gli altri due sentirono le invocazioni di aiuto del loro complice, corsero anche loro verso la vettura, così come facesti tu, conscio che John non ce l’avrebbe fatta da solo. 

Saltasti addosso ad uno di loro e lo gettasti a terra, stordendolo. 

L’altro si avviò verso John e tu tentasti di bloccarlo, ma l’uomo che avevi lasciato a terra ti afferrò la caviglia e ti fece cadere in avanti, facendoti sbattere la testa contro il cemento della strada. 

Quando alzasti lo sguardo sentisti il sapore del sangue arrivarti alla bocca. 
 
 

Fu in quel momento che accadde. 

In quel momento che vedesti morire John davanti ai tuoi occhi. 

Gridasti il suo nome e lui alzò lo sguardo dall’uomo che aveva tramortito. 

Il complice ancora in piedi si spinse in avanti e lo trafisse, conficcandogli la lama in mezzo al petto. 

Poi lo trafisse ancora, stavolta mirando al cuore. 

Con quella coltellata, vedesti la vita svanire dagli occhi di John. 

Non emise neanche un gemito di dolore. 

Semplicemente si accasciò su un fianco mentre il sangue zampillava dal suo petto come un fiume in piena.

Eri bloccato, statico, come se fossi morto anche tu con quel fendente. 
 
 

When you cried I'd wipe away 
all of your tears 
When you'd scream I'd fight away 
all of your fears 
I held your hand through 
all of these years 
But you still have 
All of me
 
 
 
“FERMI, NON MUOVETEVI! GETTATE LE ARMI E ALZATE LE BRACCIA, METTETELE BENE IN VISTA!” 

La voce di Lestrade ti suonò familiare, ma non la riconoscesti all’inizio. 

Continuavi a fissare il cadavere di John come fosse qualcosa di estraneo. 

Stava subentrando lo shock. 

Gli attentatori non accennarono a gettare le armi, anzi. 

L’assassino di John si lanciò proprio contro l’ispettore che aveva la pistola sfoderata, il quale fece partire un colpo mirato, colpendo l’uomo alla fronte e facendolo cadere a faccia in avanti. 

Vedendoti distratto, il tuo aggressore ti conficcò la lama nella gamba e urlasti dal dolore, così un altro poliziotto sparò anche a lui. 

Infine, il terzo si alzò barcollando, recitando il suo motto come una litania. 

Due colpi: uno al petto, uno allo stomaco. 

Barcollò qualche secondo, poi cadde di schiena, occhi e bocca aperti. 
 

Le persone intorno a te continuavano a piangere e a gridare. 

Ti trascinasti sui gomiti vicino a John e lo scuotesti, chiamandolo. 

“John, John, John” 

Continuamente.

Imploravi e piangevi. 

Non sapevi nemmeno da dove provenissero quelle lacrime, ma le facesti scendere una ad una. 

John non rispondeva. 

Aveva gli occhi semiaperti così come la bocca. 

Tu continuavi a sperare che quelle labbra pronunciassero il tuo nome per dirti che andava tutto bene, ma non sarebbe mai più stato così.

“Sherlock!” ti chiamò Lestrade raggiungendoti. 

“Cristo…John!” esclamò poi quando vide il dottore. 

Tu alzasti lo sguardo su di lui e il DI spalancò gli occhi. 

Immediatamente dei paramedici vi raggiunsero e si accertarono delle condizioni di John, confermandoti ciò che già sapevi quando quella dannata lama era stata conficcata nel cuore del tuo compagno. 

“Lo hanno ucciso, Greg. Lo hanno ucciso” dicesti tu abbandonandoti completamente. 

Il corpo di John venne coperto con un lenzuolo bianco mentre gli altri dottori e infermieri soccorsero i feriti, portando nelle ambulanze i più gravi o curando sul posto i fortunati che avevano riportato solo delle contusioni o tagli più superficiali. 

“Lo hanno ucciso, Greg, lo hanno ucciso” ripetevi fissando l’ispettore, come se non avessi il coraggio di osservare quel candido telo che nascondeva l’unica persona che per te fosse mai stata veramente importante. 

“Sherlock, calmati. Ti prego, Sherlock, cerca di calmarti” ti disse Lestrade guardandoti terrorizzato. 

Non ti aveva mai visto in quelle condizioni. 
 
Osservasti i cadaveri dei tre terroristi ricoperti di sangue ed una furia cieca ti salì dentro. 

“LO HANNO UCCISO!” urlasti digrignando i denti e alzandoti, dirigendoti verso uno dei tre corpi, pronto a colpirlo. 

“SHERLOCK, FERMATI!” ti disse Gregory afferrandoti e stringendoti a sé con forza. 

Tu continuavi ad urlare, mentre lui ti teneva fermo. 

All’improvviso le gambe ti cedettero di nuovo e Gregory si inginocchiò insieme a te. 

Affondasti il viso nella sua spalla e cominciasti a piangere con disperazione, mentre il DI rimaneva fermo al suo posto, senza osare nemmeno spostarsi di un millimetro. 

“Lo hanno ucciso, lo hanno ucciso” mugolavi nel tessuto del suo cappotto, afferrandoti lo stomaco con entrambe le braccia. 

Quella sera vi furono otto vittime e quarantotto feriti. 
 
 
 
Da quel giorno, niente era stato più come prima. 

Per lungo tempo ti rifiutasti di vedere chiunque, che fosse Molly o Mycroft. 

Smettesti di mangiare e di fumare, di risolvere casi o di aggiornare il tuo blog. 

Divenisti un’ameba, abbandonandoti alla sofferenza che ti corrodeva l’anima ma che mai avevi il coraggio di sfogare. 

Eppure una sera avevi ripreso a suonare. 

Avevi osservato il tuo strumento appoggiato sul tavolino in mezzo alle scartoffie, impolverato e lasciato a se stesso, esattamente come te. 

Avevi sentito il tormento degli ultimi mesi invaderti e torturarti come mai prima d’ora. 

Meccanicamente ti eri alzato e lo avevi preso con mani tremanti. 

Avevi indugiato lo sguardo sul chiaro legno lucido per un po’, cominciando poi a suonare un pezzo di Bach. 

Malinconico, triste, sofferente. 

Ogni singola nota ti feriva come quella lama nella gamba. 

Immaginavi John seduto sulla poltrona a guardarti, a cullarsi in quella melodia insieme a te. 

Riscopristi la musica come fosse la prima volta, fino a passare intere giornate intento a suonare, chiudendo a chiave la porta del tuo appartamento senza permettere mai a nessuno di entrare. 

C’era John lì con te. 

Come in quel momento. 
 
 
 
“Sherlock” 
 


I've tried so hard to tell myself 
that you're gone 
But though you're still with me 
I've been alone all along
 
 

Apri gli occhi all’improvviso, ansimando. 

Senti le guance bagnate di lacrime amare, ne percepisci il sapore salato sulle labbra. 

Guardi l’archetto e il violino. 

Le corde si sono spezzate. 

Immagini quei filamenti come la vita di John e delle altre vittime, spezzate all’improvviso e senza nessuna pietà da chi non ne aveva alcun diritto. 

Serri la mascella e con un grido lanci tutto verso lo specchio della sala, rompendolo in mille pezzi. 

Afferri i resti dello strumento e li sbatti sulla scrivania, sul camino, ovunque ti capiti a tiro. 

Le tue urla si mescolano nei tuoi ricordi a quelle delle persone presenti quella fatidica sera.

Senti la testa implodere, delle violente fitte ti arrivano alle tempie e colpiscono il resto del tuo corpo come dei dardi, come se avessi le convulsioni. 

Non puoi più fermarli. 

I flashback appaiono di fronte ai tuoi occhi: li stai rivivendo per la millesima volta. 

Dopo anni li senti ancora freschi, come ti fossero appena stati incisi sulla carne. 

Lanci un grido straziante e appoggi le braccia sul piccolo tavolo di fronte al divano, lasciando sussultare le tue spalle come se un piccolo terremoto ti corresse lungo la schiena. 

Senti le dita bagnarsi della tua angoscia e tremi sia dentro che fuori. 

Il tuo animo è devastato, ti senti solo, perso, afflitto. 

Tutte emozioni che non ti avevano mai travolto con una furia simile, che ti hanno lasciato spiazzato ed esausto, praticamente distrutto. 
 


When you cried I'd wipe away 
all of your tears 
When you'd scream I'd fight away 
all of your fears 
I held your hand through 
all of these years 
But you still have 
All of me, me, me
 
 
 
Dopo pochi attimi senti la maniglia dell’ingresso abbassarsi.

Capisci che la signora Hudson ha una copia delle chiavi del piano superiore, del tuo appartamento. 

La guardi aprire con lentezza la porta, spostarla giusto per avere un piccolo spiraglio sull’abitacolo. 

Ti osserva spaventata e compassionevole. 

“Sherlock…” bisbiglia entrando piano nella stanza. 

Tu la guardi ansimando, con gli occhi rossi, continuando a piangere e a tremare. 

Lei lancia un’occhiata alla coperta accartocciata sul divano, sicuramente perché ti ha visto sussultare. 

Vedi tutta la bellezza e la forza nascoste in quella donna anziana così amorevole. 

Lei ti guarda di nuovo con le lacrime agli occhi, perché il tuo dolore è anche il suo. 

“La prego, mi aiuti” sussurri con voce tremante. 
   
 
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