Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: whitecoffee    25/09/2017    2 recensioni
❝«Ho sempre pensato che il cuore dell’uomo sia diviso in due metà esatte. Una felice, e l’altra triste. Come se fossero due porte, vicine. Le persone possono entrare e uscire da entrambe, non c’è un ordine prestabilito. Ovviamente, molto dipende dal carattere degli individui e dalle relazioni che vengono instaurate. Mi segui?» Domandò, e lei annuì. «Per TaeHyung, uno di questi usci è sprangato. Non si apre più. Costringendo chiunque a passare solo dalla parte riservata al dolore, non importa il tipo di rapporto che intercorra fra lui e gli altri. Perfino io, sono entrato da quell’unica porta. E mi sono rifiutato di uscirne, sebbene lui avesse più volte provato a sbattermi fuori»❞.
❝Tu devi sopravvivere❞.
- Dove TaeHyung impara che, rischiando, spesso si guadagni più di quanto si possa perdere.
assassin!TaeHyung | artist!JungKook | hitman/mafia!AU | boyxgirl
-
» Storia precedentemente pubblicata sul mio account Wattpad, "taewkward".
» Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=92wl42QGOBA&t=1s
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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X.
Stigma


At this point a sharp realization burned within me: each man has his “function” but none which he can choose himself, define, or perform as he pleases.


 


Now deeper and deeper, the wound gets deeper. It’s like a broken piece of glass that can’t be turned back. Every day, it’s only my heart that hurts deeper.




 


 
숨겨도 감춰도 지워지지 않어
Even if (I try to) hide it, or conceal it, it won’t be erased. (Stigma)
 
 
  

«Vorresti posare per un ritratto?»
Cyane, raggomitolata in un angolo del divano, sollevò lo sguardo dalla tazza di tè caldo che stringeva fra le mani. Erano le dieci di mattina, ed ella aveva ormai trascorso due settimane all’interno dello spazioso appartamento di Gangnam, insieme a TaeHyung e JungKook. Per i primi giorni, la convivenza era stata dura. Adattarsi ai ritmi fuori dal tempo del più grande e creare una routine insieme al giovane di casa non era stata un’impresa facile: la ragazza aveva provato duramente a dare meno fastidio possibile; ad eclissarsi silenziosamente dalla stanza, quando i due proprietari di casa sembrassero avviare una conversazione piuttosto personale. A preparare dei pasti buoni almeno quanto quelli che ella stessa consumasse nella sua vecchia villa, non riuscendoci sempre. A sforzarsi di sorridere, nonostante la voglia di farlo fosse pressoché assente. Tendeva ancora ad addormentarsi piangendo, affogando le proprie lacrime nel silenzio e regalando amare occhiate alla luna. La vasta stanza degli ospiti era ormai divenuta la sua camera, sebbene nessun ninnolo contribuisse a renderla tale. Soltanto qualche libro dall’aspetto non più nuovo albergava di quando in quando sulla scrivania, altrimenti vuota ed immacolata. L’armadio a due ante addossato al muro, era stato riempito di abiti dall’aria squisitamente femminile ed anonima, quanto di più comune ci fosse sul mercato. Confondersi nella massa era ormai facile, grazie al fenomeno delle tendenze nella moda locale.
A Cyane mancavano le sue vecchie magliette vissute, le quali spesso e volentieri esibivano nomi e loghi di bands americane, generalmente sconosciute. Non c’era neanche un capo nero, all’interno del nuovo guardaroba. Quel colore sembrava essere stato messo ingiustamente al bando, quasi in barba alle abitudini della ragazza. Ella sapeva che TaeHyung dovesse aver provveduto a rifornirle l’armadio, probabilmente infondendo un pizzico di gusto personale alla scelta dei capi più venduti nei negozi. Non che le dispiacesse. Egli sembrava preferire indumenti semplici, aggraziati e di classe, facendola somigliare ad una di quelle donnine bon ton dai sorrisi tiepidi in tinte pastello, senza volerlo. Tuttavia, quando era in casa, Cyane preferiva prendere in prestito le slargate t-shirt bianche smesse da JungKook, e qualche pantalone della tuta. Abbinamenti che costituivano il suo outfit quotidiano, ormai.  Ci fosse stato HoSeok, l’avrebbe senza dubbio presa in giro, per quel modo tanto dimesso di apparire.
Pensare al suo caro amico, rappresentava l’aspetto più doloroso di tutti. Superava perfino il senso di mancanza nei riguardi della sua vecchia casa e le consuete abitudini di routine. Non vedere il suo sorriso contagioso, non sentire il leggero peso delle sue dita sulla spalla, che le comunicavano conforto, costituivano il motivo preponderante delle sue lacrime. Tuttavia, ella sperava che prima o poi si sarebbero rivisti. In un modo o nell’altro. D’altronde, era stato lui ad organizzare l’intera impresa, e ad assumere TaeHyung. Doveva fidarsi.
«Cyane».
Ella sollevò lo sguardo, riportandolo sul volto dai tratti dolci di JungKook. E si ricordò della domanda che lui le avesse rivolto pochi minuti prima.
«Posare? Io?» Chiese, incredula, portandosi la tazza alle labbra. Il sapore zuccheroso della bevanda parve riflettere come uno specchio il sorriso che il ragazzo le riservò, annuendo.
«Ho voglia di dipingere qualcosa di diverso da TaeHyung, o me stesso. Visto che non abbiamo nulla di meglio da fare…» commentò, mordendosi il labbro inferiore e sventolando un paio di pennelli in direzione della ragazza. Cyane rifletté per qualche momento. Ignorava che il giovane fosse un artista, o che s’intrattenesse con simili passatempi. Tutte le conoscenze che lei aveva, nel campo della pittura, erano costituite da un gruppo di individui dai capelli colorati nei modi più strani, gli abiti dimessi e qualche macchia di tinta qui e lì su mani e volto. Per non parlare delle loro personalità, del tutto esuberanti o estremamente introverse. Non avrebbe mai potuto immaginare che egli, con un aspetto così poco peculiare, godesse di un tale dono da parte della natura. Pensò che, forse, i suoi metri di giudizio andassero riveduti. Posò la tazza sul tavolino basso e sospirò. Per poi riservare un sorriso a bocca chiusa a JungKook.
«Va bene», acconsentì e il ragazzo esultò sonoramente. Proprio come avrebbe fatto un bambino.

 

 
“Are you calling me a sinner?”
 
 

Per quanto poetico e lusinghiero potesse essere posare per un dipinto, era soprattutto ed innegabilmente stancante. Il giovane le aveva chiesto se avesse una particolare posizione da assumere, o se ci fosse un’emozione preponderante nel suo essere. Le uniche risposte che furono balenate nella mente di Cyane, contemplarono le parole “sofferenza” e “disperazione”, ma le parve indelicato farglielo notare. Così, si era semplicemente limitata a stringersi nelle spalle, scuotendo la testa. Allora, il giovane artista si era premuto l’indice sul mento, osservandola con intensità. E poi, si era risolto a tratteggiare il profilo della sua bocca con la matita, sul suo blocco schizzi. Poi, vi avrebbe aggiunto i colori. In mancanza di meglio, sarebbe stato più semplice cominciare dai piccoli particolari. La ragazza si era quindi limitata a fissarlo con le labbra dischiuse, sentendosi vagamente a disagio, non sapendo se potesse respirare, grattarsi il naso o battere le palpebre.
«Rilassati» le disse JungKook, ridendo, notando l’eccessiva rigidità della sua inesperta modella. La quale gli riservò un’occhiata colpevole. «I contorni li ho finiti, adesso devo solo colorarlo. Puoi anche parlare» aggiunse, sistemando il blocco sul tavolino basso e radunando il necessario affinché potesse eseguire le sue campiture. «Questo silenzio comincia ad assordarmi» aggiunse, immergendo la morbida punta di un pennello nel bicchiere mezzo ricolmo d’acqua. Il tintinnio dell’oggetto che sfiorava le pareti di vetro trasparente risuonò limpido nella stanza, quasi sottolineando l’osservazione che il giovane aveva fatto.
Cyane osservò rapita i suoi movimenti, guardandolo mischiare le tinte a dosi considerevoli di acqua, e a stendere generose pennellate sul disegno. I colori erano così stemperati, da sembrare quasi evanescenti. Pareva prediligere le sfumature pastello. Una pittura gentile, proprio come lui. La quale avrebbe probabilmente avuto lo stesso profumo dell’acqua di viole, la fragranza più dolce che ella conoscesse. E il calore dei teneri raggi solari sulla pelle scoperta, nei primi giorni d’estate.
«Eri sempre da solo, prima?» Chiese la ragazza, seguendo con gli occhi la punta del pennello sul foglio di carta. Il giovane riempì la porzione di labbro inferiore con un rosa pesca molto tenue, il quale spiccò sulla superficie immacolata.  JungKook annuì, senza sollevare il capo.
«Ti stai domandando come faccia ad essere così solare, vero?» Indovinò i suoi pensieri, sorridendo furbamente. Cyane spalancò gli occhi e le sue guance si colorarono lievemente di rosa. Era stata così prevedibile?
«Prima di rivedere TaeHyung, frequentavo la Seoul University» esordì, continuando a dipingere con tranquillità. «Prendevo sempre buoni voti ed avevo molti amici, alcuni dei quali perfino miei coinquilini. Tuttavia, ben presto cominciai a stancarmi» ammise. «Non che i docenti non fossero qualificati, o che l’ambiente mi facesse sentire a disagio. Semplicemente, sentivo di avere bisogno di stare un po’ per conto mio, e capire cosa fare della mia vita. Non sono mai stato un tipo con particolari ambizioni. A scuola ero molto bravo e ottenevo puntualmente il massimo. Seguivo il flusso degli eventi, senza assecondare alcun tipo di passione. Vedevo i miei amici giocare a basket, suonare il pianoforte, costruire piccoli chip elettronici. Ognuno di loro, sembrava essere speciale a modo proprio. Mentre io non mi distinguevo in nulla. Semplicemente eccellevo in ogni disciplina, uno dei tanti pesci che nuotano nell’enorme acquario di qualcun altro. Senza colori variopinti, o forme particolari. Un comunissimo pesce rosso» descrisse, sorridendo alle sue stesse parole. «Così, mi sono iscritto al corso di giurisprudenza per pura inerzia, senza avere il sogno di diventare giudice, né avvocato» spiegò. «Per carità, la legge è un aspetto affascinante della vita dell’uomo. Fa capire che non siamo in grado nemmeno di rapportarci gli uni gli altri, senza bisogno di regole. E che siamo tutti parte di un sistema talmente immenso, che non basterebbero tutti i libri del mondo per racchiuderlo» disse. «Poi, ho incontrato TaeHyung. Ci conoscevamo da quando eravamo dei bambini ancora incapaci di stare in piedi da soli. Abbiamo trascorso la nostra intera infanzia insieme, separandoci per le superiori. Così, ci siamo persi di vista per diversi anni. Potrai ben immaginare come mi sia sentito, nel rivederlo in quello stato. Era completamente solo, in un vicoletto di Daegu. Seduto sul marciapiede, con le spalle al muro e lo sguardo vuoto, fisso davanti a sé. Talmente distrutto da non sapere nemmeno dove si trovasse».
«E cosa è successo?» Chiese Cyane, desiderosa di conoscere il seguito della storia. Lo vide indugiare per qualche istante con il pennello nel bicchiere, probabilmente richiamando alla memoria eventi non esattamente piacevoli.
«Era appena morto un suo caro amico. E così, ho cercato di stargli vicino. Lui… non ha mai avuto una vita facile, penso che tu possa capirlo anche da sola» e sollevò lo sguardo per la prima volta, rivolgendole un’occhiata eloquente. La giovane annuì. «Ho sempre pensato che il cuore dell’uomo sia diviso in due metà esatte. Una felice, e l’altra triste. Come se fossero due porte, vicine. Le persone possono entrare e uscire da entrambe, non c’è un ordine prestabilito. Ovviamente, molto dipende dal carattere degli individui e dalle relazioni che vengono instaurate. Mi segui?» Domandò, e lei annuì. «Per TaeHyung, uno di questi usci è sprangato. Non si apre più. Costringendo chiunque a passare solo dalla parte riservata al dolore, non importa il tipo di rapporto che intercorra fra lui e gli altri. Perfino io, sono entrato da quell’unica porta. E mi sono rifiutato di uscirne, sebbene lui avesse più volte provato a sbattermi fuori».
«Perché?»
«Ognuno di noi nasce con un numero prestabilito di gioie e sofferenze. Un po’ come la distribuzione divina di qualità e talenti, c’è chi ne ha molti e chi nessuno. Tornando a ciò che stavo dicendo… in alcuni casi, uno dei due aspetti è preponderante sull’altro. A TaeHyung, sembra essere stata elargita una dose formato famiglia di angosce. E così, pare che abbia dimenticato come si faccia ad essere felici. Sono convinto che, spesso, si chieda anche se una simile condizione sia possibile, per l’essere umano. Schopenhauer sosteneva che la vita fosse un pendolo oscillante fra noia e dolore. Un’osservazione molto utile a descrivere come il mio migliore amico veda la propria esistenza».
Cyane metabolizzò le sue parole, che ebbero il potere di calzare a pennello sulla gelida figura del giovane che le aveva salvato la vita. Immaginò il suo cuore. Con una porta chiusa a chiave, inservibile, il cui legno era ormai vecchio e consunto, pieno di tagli, graffi e segni del tempo. L’uscio di una casa in rovina, tutt’altro che invitante, in piedi per miracolo. Il quale instillava, in chi la guardasse, la voglia di chiedersi se avesse mai visto tempi migliori. Momenti felici. Se, attraverso di esso, fossero mai corsi dei bambini ridendo. Se degli innamorati si fossero scambiati un tenero bacio nei suoi pressi. Se degli amici avessero ricordato un passato piacevole insieme, con le dita sulle maniglie. Fantasmi evanescenti di attimi ormai svaniti.
E poi, lo sguardo cadeva sull’altra porta. Dai vetri ghiacciati e perennemente aperta. Insensibile. Sfacciata. Priva di qualunque evocazione emotiva. Due facce della stessa medaglia, simulacri della costrizione. Freddi come le dita delle mani d’inverno, duri quanto l’acciaio affilato di una spada. E soli. Come l’unica stella alpina sul ciglio del burrone. O gli occhi di Kim TaeHyung.
«Tuttavia, nessun essere vivente è fatto per vivere nell’oscurità» riprese JungKook, d’un tratto. «Le piante, per esempio, hanno bisogno del sole per la loro fotosintesi, di modo da poter rigenerare le proprie cellule e permettere all’organismo di rinnovarsi. Perfino i pesci, necessitano di illuminazione. Hai mai fatto caso che, negli acquari, ci sono sempre delle luci? Beh, gli esseri umani non fanno eccezione. E nemmeno TaeHyung. Prometeo sfidò gli dei, pur di prendere il fuoco e poter condividere il suo bagliore con chi gli fosse accanto».
«Sei davvero sveglio, per la tua età» notò Cyane, facendo caso alle frequenti citazioni colte del giovane. Ella vide un sorriso impacciato dipingersi sulle sue labbra, e una tenue sfumatura rosata scacciare via il biancore latteo delle guance.
«Non sono poi così giovane, ho già diciannove anni. E poi, da quando vivo qui, ho molto tempo da dedicare a me stesso. E questo mi ha dato la possibilità di scoprire che anch’io ho delle inclinazioni particolari» ammise. «Mi piace leggere e sono perfino bravo a dipingere. Azioni che, prima, non avrei mai potuto associare al mio carattere. Un pesce rosso non può distinguersi dalla massa» e le scoccò un amichevole occhiolino, tornando a rifinire il suo acquerello. La giovane era assolutamente affascinata, da lui. Pareva molto più maturo della sua età. Parlava con la saggezza di adulto con molta esperienza, ma sorrideva con la stessa innocenza di un bambino. Immanuel Kant nel corpo di Huckleberry Finn. Ella desiderò conoscerlo meglio. Non le capitava di avere accanto una persona così positiva, dai tempi di HoSeok. S’incupì, improvvisamente.
«Richiudi quella porta» le disse JungKook, strappandola dalla sua dimensione di oscurità personale. Batté le palpebre, sollevando un sopracciglio.
«Come?»
«Stavi aprendo l’uscio del dolore, proprio come fa TaeHyung tutti i giorni. Se ti abituerai, ti dimenticherai di richiuderlo. E chiunque comincerà a passarci attraverso, scambiandolo per l’unica entrata libera. Fossilizzando l’altra sui suoi stessi cardini, e costringendoti a vedere la vita come professava Schopenhauer» spiegò, con calma impassibile. La ragazza lo guardò, senza parole.
«Sei incredibile» commentò lei, strappandogli un sorriso a bocca chiusa.
«Mi sforzo solamente di tenere sempre aperta l’altra porta. Devo compensare anche per chi non può farlo» rispose, riferendosi al suo amico. «E tu, che sei proprio nel mezzo, avrai da lavorare il doppio».
«In che senso?»
«Dovrai insegnare ad entrambi che le due metà sono complementari. E che non si può vivere soltanto con una porzione di cuore».
Il ragazzo allontanò la mano dal foglio, osservandolo con occhio critico. Evidentemente, doveva corrispondere ai suoi canoni di completezza, poiché annuì soddisfatto e radunò gli strumenti ormai sporchi s’un lato del tavolo. Si alzò, facendo attenzione a non rovesciare l’acqua nel bicchiere e si diresse in cucina. Cyane lo sentì armeggiare con il lavello, avvertendo lo sciacquio del flusso di acqua corrente, e il tintinnio del vetro. Si sporse dal divano, guardando il foglio ormai non più candido. La metà inferiore di un volto di donna invadeva tutto lo spazio disponibile, danzando con lo sguardo dell’osservatore, esibendo i suoi meravigliosi toni pastello come un’armonica composizione di Händel. L’esplosione di tinte della primavera, malinconiche come il vento d’autunno. Quel disegno non esprimeva né gioia, né tristezza. Era qualcosa d’indefinibile, come se il vero significato fosse proprio lì sotto i suoi occhi, ma continuasse a sfuggirle. Eppure, pareva tutt’altro che criptico. Proprio come JungKook.


 

   
 
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