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Autore: Luana89    26/09/2017    1 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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I piedi si mossero sotto le coperte scontrandosi con le gambe di Christopher ancora dormiente, e nudo, accanto a se. Nicholas si girò fissando quel viso dai lineamenti adesso addolciti a causa del sonno, avevano passato l’ennesima notte insieme, e più la loro intimità cresceva più si sentiva invischiato e coinvolto nei suoi confronti. Le dita accarezzarono le sopracciglia perfette del fratellastro, le ricordava in posizione imbronciata la prima volta in cui le aveva viste, di fronte la scuola, adesso erano serene come le labbra schiuse, il respiro calmo e tranquillo. Si avvicinò ancora scoccandogli un bacio leggero sulla bocca, lo vide muoversi appena e stiracchiarsi con un borbottio sordo.
«E già mattina?» La voce impastata dal sonno mentre giaceva in posizione supina fissando Nicholas con occhi socchiusi, sorrise appena passandogli una mano tra i capelli chiari e spettinati.
«Mancano dieci giorni al Natale.» Non c’era un reale motivo per quell’ammissione, personalmente adorava le feste anche se dopo la morte del padre erano divenute piuttosto malinconiche. Christopher sembrò divenire improvvisamente attento mentre lo scrutava con quelle pozze color ghiaccio, così fredde e inquietanti alle volte.
«Che regalo vorresti?» La voce sinceramente incuriosita lasciò l’altro piuttosto perplesso, non aveva pensato sicuramente all’idea di un regalo.
«A dirla tutta non ne ho idea, non so che regalo vorrei.» Scrollò le spalle sorridendo divertito, Christopher si sporse catturandogli le labbra tra le proprie, prima che se ne rendesse conto quel bacio era già divenuto qualcosa di più. Se lo ritrovò sopra di se, sentì le mano scivolare sotto le coperte, toccando i punti che l’altro sapeva fossero più sensibili. Ansimò inarcando la schiena, lasciando scie rossastre sulla schiena nuda di Christopher. Un rumore improvviso lo fece sobbalzare, si irrigidì fissandolo.
«Che giorno è oggi..»
«Quattordici?» Nell’istante in cui lo disse la risposta arrivò chiara anche alla sua mente, i loro genitori erano appena ritornati dalla luna di miele. Nicholas se lo scrollò di dosso alzandosi in fretta e furia sotto lo sguardo pigro e tranquillo del fratellastro che rimase comodamente disteso a fissare il corpo nudo che raccattava i propri abiti. Nicholas si fiondò alla porta l’aprì e uscì richiudendola con un tonfo. Christopher ebbe il tempo di chiudere gli occhi prima di sentirla nuovamente riaprire, quel viso bello e dai lineamenti dolci sbucò da oltre lo stipite.
«So cosa voglio. Il regalo, intendo.»
«Ah si? E cosa?» Si alzò a sedere, il lenzuolo copriva solo le sue cosce.
«Te. Cioè un appuntamento.. con te.» Fissò il sorriso di Nicholas e una risata gli sfuggì involontaria. Stava già annuendo prima ancora di averlo elaborato mentre lo vedeva sparire, stavolta senza più possibilità di ritorno. E questo gli dispiacque. Talmente tanto da turbarlo.
 
 
«Rebecca e Jeremy stanno insieme, non posso crederci.»
«Chi è Jeremy?» Nicholas fulminò Christopher con un’occhiata che a sua volta sbuffò fuori una risatina. «Oh, rosso malpelo, ma certo.» Ingoiò il boccone masticando tranquillamente, Evan accanto a lui non sembrava particolarmente colpito dalla cosa.
«Il fatto che esista ancora gente in grado di innamorarsi di mia sorella mi rende quasi stupito.» Sollevò appena gli occhiali da vista fissando il cibo con aria critica.
«A me stupisce che ci siano donne in grado di volere John.» Nicholas lo fissò nuovamente male beccandosi una strizzatina d’occhio che non servì a rabbonirlo, ma in compenso attorcigliò le sue budella.
Alla St.Jules persino il cibo della mensa era superbo, ormai si era quasi abituato all’ambiente, nessuno lo infastidiva consapevole della propria parentela, i corsi erano duri ma decisamente migliori di quelli frequentati fino a quel momento.
«Harvard è la mia meta da quando ero un moccioso.» Non seppe bene perché lo disse, cambiando drasticamente il percorso del dibattito.
«Consolati, non sei il solo qui, vero baccello?» Christopher fissò Evan che si esibì in una delle sue migliori smorfie.
«Tu no?» Nicholas sembrò stupito, era sicuro che il fratellastro sognasse la carriera medica tanto quanto lui ed Evan.
«No. Non ambisco ad Harvard anche se ne farò domanda.»
«Lui punta alla Johns Hopkins.» Il tono di Evan non conteneva ilarità, anzi sembrava quasi malinconico all’idea di separare la propria strada da quella del migliore amico, e Nicholas sentì immediata empatia per lui. Per tutto quel tempo era stato fermamente convinto di proseguire il proprio cammino fianco a fianco con Christopher, perché non si era mai prodigato a chiedergli nulla? Si rese conto di aver instaurato sino a quel momento una mera relazione sessuale, senza profondità o spessore. Gli passò la fame in quel momento, allontanò il piatto alzandosi dal tavolo per mollare gli altri due. Sentì i suoi penetranti occhi color del ghiaccio seguirlo lungo tutta la strada.
Sciacquò le mani fissandosi allo specchio, aveva occhiaie appena accennate sotto gli occhi sintomo di un riposo sconsiderato e poco rilassante. Ormai sputava metaforicamente sangue sui libri e quando li mollava correva (e non metaforicamente) da Christopher per lunghe notti d’amore. La conversazione avuta al tavolo tornò a dargli la nausea e fu sovrastata solo da una voce alle sue spalle.
«Guarda chi abbiamo qui.» Lucas sorrideva in compagnia di Robert una specie di braccio destro che lo seguiva ovunque, come un cane da guardia.
«E’ un bene tu lo sappia, vuol dire che la tua vista funziona ancora.» Sorrise attraverso il riflesso strappando della carta con la quale iniziò ad asciugarsi le mani, voltandosi verso i due che adesso non sembravano più così divertiti.
«Lascia che ti dia un consiglio, proteggerti dietro Underwood servirà a poco, quando si sarà stancato ti getterà in pasto a noi come l’ultimo degli scarti.» Lucas mosse un passo avanti pronunciando quella specie di sentenza.
«Lascia che ti spieghi una cosa: io non mi nascondo dietro nessuno. Non ho bisogno di Christopher, ce la faccio benissimo da me.» Robert ghignò palesemente scettico su quell’affermazione e fu verso di lui che Nicholas si diresse.
«Hai qualche problema con me?» Il ragazzo era basso e tarchiato, dalla corporatura massiccia e per nulla elegante.
«Ho molti problemi con te Robert, odio chi mi sghignazza in faccia.» Forse pensavano fosse uno stupido ragazzino debole e malaticcio, a dispetto della sua costituzione ben messa, che non sapeva difendersi da solo. Beh gli avrebbe dimostrato che così non era, e forse la prossima volta ci avrebbero pensato un po’ prima di provocarlo. Uno spintone abbastanza irruente gli fece perdere l’equilibrio, si girò fissando Lucas con le braccia ancora tese e la risata crescente sulle labbra, sorrise di rimando e il calcio che gli assestò al basso ventre arrivò inaspettato un po’ a tutti. Lucas cadde con un lamento e un’imprecazione fissando Nicholas con odio e poi Robert quasi a volergli dare un implicito ordine. Nicholas vide il ragazzo avventarsi contro di lui e fu pronto a reagire schivando il cazzotto che se ben piantato gli avrebbe come minimo slogato la mascella. Barcollò appena e l’altro ne approfittò per colpirlo di nuovo e stavolta con successo. Leccò il labbro pulsante che sicuramente sanguinava.
«Hai fatto una cosa stupida.» Si avventò su Robert gettandolo a terra, salendogli a cavalcioni, iniziando a colpirlo con forza. Solo la stretta improvvisa quanto ferrea sul colletto della camicia lo fece bloccare, e quasi strozzare, si sentì trascinato e infine sbattuto contro la porta di uno dei bagni. Fissò Lucas con un cipiglio rabbioso, aveva gli occhi del codardo doveva aspettarselo un attacco alle spalle.
«Sei fottuto.» Nicholas sorrise dicendolo fissando oltre le spalle di Lucas che non ebbe il tempo di girarsi prima che delle dita si serrassero tra i suoi capelli biondicci sbattendogli con violenza la fronte sul muro. Si accasciò tenendosi il naso accorgendosi solo in quel momento della presenza di Christopher ed Evan.
«Io ti avevo avvisato, ma tu continui a non prendermi seriamente quando dico che odio si tocchino le mie cose.» Robert provò a rialzarsi ma Evan lo bloccò sul pavimento lercio mettendogli il piede sopra il petto, pestandolo dolorosamente, caricando tutto il peso del proprio corpo sulla gamba rischiando di asfissiare l’altro. Gli occhi di Lucas sfrecciarono alla porta cercando un modo per scappare.
«Vuoi andar via?» Christopher accortosi dello sguardo altrui iniziò a canzonarlo e schiaffeggiarlo con un sorriso mesto. 
«Se arriva il professore saremo nei guai tutti.» Fu Nicholas stavolta a parlare piazzandosi accanto al fratellastro che lo degnò di un’occhiata superficiale prima di mollare il proprio giocattolo e andar via quasi riluttante, seguito a ruota da lui e Evan.
«Non finisce qui Underwood.» Lucas ringhiò con rabbia quelle parole che però non fecero tornare indietro il proprio nemico.
 
 
 
La neve ricopriva le strade come un manto candido, il traffico ingorgato e caotico come sempre reso più bello, e quasi magico, dalle decorazioni natalizie a ogni angolo di strada. Erano tutti lì, a ripararsi dal freddo in una famosa caffetteria di Manhattan. Vedere Christopher insieme a Thomas e Jeremy in atteggiamenti amichevoli era quasi più sconcertante di qualsiasi colpo di scena in un qualsiasi film alla tv. Eppure quel gruppo scalcinato, e senza apparenti punti in comune, continuava a frequentarsi e stringersi ancora di più. Evan e Thomas avevano ormai intrapreso una vera e propria relazione che sembrava destinata a durare, aveva qualche dubbio su Jeremy e Rebecca che però al momento sembravano i più innamorati del gruppo. Nicholas bevve la propria cioccolata calda guardando oltre la grande vetrata, doveva dire alla madre la verità. Doveva confessarle di essere omosessuale e accettare le conseguenze, era stanco di vivere come un bambino impaurito, era stanco di sentirsi insicuro dell’amore naturale che la madre provava per lui. Si alzò con un sospiro dirigendosi verso il bancone con la tazza adesso vuota, pronto a ordinare un’altra cioccolata. Si sedette su uno dei tanti sgabelli liberi nell’attesa e Rebecca gli fu subito accanto, indossava un maglione rosso aderente che metteva in evidenza le sue forme perfette, incredibile come il loro bacio ormai gli sembrasse appartenere a una vita fa.
«Cosa turba il mio piccolo principino?» Nicholas le scoccò un’occhiata abbastanza eloquente su quell’epiteto per nulla carino a suo dire. Guardò verso il tavolo, le teste more di Chris e Evan congiunte, bisbigliavano qualcosa tra loro con aria complice e Rebecca seguì il suo sguardo. «Quindi è questo? Sei geloso della loro amicizia?»
«Ma no, certo che no. E’ solo che lui sa molte più cose di me su Christopher, vorrei si fidasse almeno la metà di quanto si fida di lui.» Scrollò debolmente le spalle grattando l’unghia contro la superficie liscia del bancone.
«I nostri genitori ebbero un incidente, io ed Evan avevamo sette anni. Mia madre morì sul colpo, mio padre invece no.. grazie  a Scott. Lo operò ma rimase in uno stato vegetativo, questo però diede a Evan più tempo per stare con lui, lo vegliava notte e giorno sai?» Lo sguardo felino di Rebecca si addolcì di colpo. «Amava nostro padre, erano come un’anima scissa in due corpi, mentre io ero sempre stata più affezionata a mia madre. Per Evan quei pochi giorni valsero una vita intera, e fu lì che incontrammo Chris.» Sorrise a quel ricordo e Nicholas provò quasi nostalgia per degli anni che neppure aveva vissuto. «Christopher ha una personalità dominante, ed era così sin da bambino, anche se forse meno cinico e crudele..» gli occhi si incupirono appena. «Si amalgama alla perfezione con quella più burbera e silenziosa di Evan.» Scrollò le spalle tornando a sorridere, il cameriere consegnò loro due tazze fumanti di cioccolata e con queste tornarono al tavolo.
Christopher fissò Nicholas sedersi di fronte a lui, seguiva quasi involontariamente ogni suo movimento, lo aveva visto alzarsi, parlare con Rebecca, fissarlo, ogni suo più piccolo cambio d’umore o espressione immediatamente notato e incamerato. La sua mente era da sempre troppo vasta, memorizzare le cose era come un gioco per bambini, eppure non si era mai impegnato così tanto. Quando aveva detto a Nicholas di vederlo davvero non aveva mentito.
«Andiamo?» Il fratellastro con il cucchiaino ancora tra le labbra lo fissò.
«Dove?»
«Un po’ qui, un po’ lì.» La mano fendette elegantemente l’aria mentre si alzava imponendogli quasi di seguirlo. Nicholas dal canto suo non se lo fece ripetere due volte seguendolo fuori, l’aria fredda punse il suo naso e le sue guance, seppellì le labbra contro la spessa sciarpa camminando lungo il marciapiede innevato accanto a Christopher.
«Perché siamo andati via?» Si rivolse all’altro che camminava ancora in silenzio.
«Perché sei l’unico viso che non mi annoia mai
«Che tradotto dalla tua lingua cinica e bastarda, sarebbe: volevo stare solo con te.» Sorrise trionfante verso Christopher che lo gratificò di un’occhiata carica di divertimento.
«Stai imparando vedo.» Enigmatico come sempre, non la dava mai vinta.
«Cosa?»
«A vedere e non guardare, Nicholas McClair.»
 
 
«Hai presentato domanda solo per Harvard?» Thomas fissò Evan concentrato a imbucare una palla, la stecca colpì quella bianca con precisione quasi maniacale e il tiro andò a segno.
«No. Anche Stanford, e la Johns Hopkins.» Lo guardò con un mezzo sorrisino ambiguo e la reazione del fidanzato fu quella prevista.
«Oh certo, sia mai tu possa separarti da Christopher. Ho fatto domanda a Yale, non l’hai neppure presa in considerazione.» Si chinò rabbiosamente verso il tavolo pronto a tirare.
«A Yale non c’è la facoltà di medicina. Sai, se tu non fossi così preso dalla tua stupida e infantile gelosia, capiresti ciò che voglio, ciò che è davvero importante per me.» Thomas fallì il colpo e fissò Evan, la rabbia sparita dai suoi occhi verdi sostituita da una lieve traccia di colpevolezza.
«Non voglio separarmi da te.»
«No, non è questo.» Si chinò chiudendo un occhio come a voler prendere la mira. «Tu non sei sicuro di noi, pensi che la distanza distruggerà il rapporto, pensi che io ti tradirò.» Tirò con violenza, la palla andò in buca ma il pallino venne sbalzato fuori colpendo quasi Thomas per poi rimbombare fragorosamente a terra.
«Non succederà?» Strinse il pugno, le sue insicurezze da sempre ostacolo nei rapporti, prima l’ex fidanzato, poi i genitori e adesso anche Evan. L’unico che avesse sul serio contato qualcosa, non come Christopher che l’aveva ammaliato e conquistato ma solo fisicamente e mai emotivamente.
«Dimmelo tu Reed, succederà?» Si poggiò alla stecca come fosse un bastone e lui un vecchio centenario, lo sguardo restò fermo. «Forse dovremmo lasciar perdere prima di andare al college.»
«No. Non è ciò che voglio e lo sai, forse dovresti smetterla di usare una nostra ipotetica rottura come arma di ricatto continua.» Le iridi verdi luccicarono di rabbia.
«Io non la uso come arma di ricatto.»
«Ah no? E come cosa?» Thomas sorrise per nulla gioioso.
«La uso come arma per proteggere me stesso, da te. Da quello che provo, dal potere che hai su di me. Ho pensato di rivedere le mie ambizioni, ho pensato che magari potevo scegliere altro e non medicina ..seguire te a Yale, mi prenderebbero quasi sicuramente.» Si stoppò come se volesse riprendere fiato, e anche qualcos'altro. «Ma perché dovrei? Che amore è se non supera distanze e tempo?» Il silenzio regnò tra loro per qualche istante, troppo grave e pesante per poter essere sopportato a lungo.
«Non voglio perderti.» La voce appena un sussurro.
«E non mi perderai..» Evan si avvicinò a lui, un sorriso triste curvò le sue labbra. «E se dovesse succedere, avremmo avuto la risposta alla nostra domanda di oggi.»
 
 
«Ho una bellissima storia per voi, miei adorabili fiorellini.» Christopher si sedette accavallando le gambe, gli occhi del gruppetto si fissarono su di lui aspettando che continuasse. «Alcune voci celestiali mi hanno riportato un grandioso avvenimento.»
«Piantala di fare il cantastorie, e parla.» Thomas acido come al solito lo esortò con un cenno secco della mano, Evan dal canto suo continuava a sfogliare il proprio libro, Jeremy e Rebecca i più interessati si sporsero verso di lui come a volergli intimare di proseguire e Nicholas mandò giù il biscotto preparato da Maria.
«Oh Reed, ciò che sto per dirti ti lascerà di stucco.» La voce melodiosa di Christopher non sembrò scalfirsi, anzi. «A quanto pare uno studente modello della Stuyvesant High School ha invitato il proprio fidanzato durante la pausa pranzo.» Thomas assottigliò lo guardo, era evidente parlasse di lui. «I due si sono appartati nella palestra della scuola, sapete come funziona.. giovani e focosi.» Stavolta Evan chiuse il libro con un tonfo fissando il migliore amico.
«Ti interessano le mie scopate con Thomas?» Jeremy si strozzò con la propria saliva, Nicholas dal canto suo si ritrasse quasi spaventato dal tono. 
«Non molto, quindi avete scopato? I miei cantastorie parlavano di banali bacetti, devo addestrarli meglio.»
«No.» Lo dissero all’unisono ma con tonalità diverse per poi fissarsi complici. «Arriva al dunque.» Stavolta fu solo Evan a parlare.
«Beh, a quanto pare entro il fine settimana sarete famosi, vi ha beccato quel coglione che scrive per il giornale della scuola, ci sono delle foto..» sorrise ambiguamente sfregando tra loro pollice e indice, gli occhi indolenti e quasi annoiati osservarono lo sbigottimento generale.
«Questo potrebbe essere un problema.» Jeremy fissò tutti con la fronte aggrottata.
«Tu non scopi piccolo Joshua, non sei nei guai.»
«La potresti piantare una buona volta? Nicholas diglielo anche tu.» Il rosso chiese sostegno al migliore amico che dal canto suo scrollò il capo ancora troppo sbigottito.
«Beh, ce le riprenderemo.» Rebecca fissò Christopher con occhi taglienti.
«Hai parlato al plurale o sbaglio biscottino?» Il ragazzo si finse sorpreso, l’amica lo conosceva troppo bene per cascarci.
«Se mio nonno lo scopre, beh… ad Harvard hanno prigioni?» Fissò il gemello che dal canto suo non sembrava molto preoccupato, a differenza di Thomas memore già una volta delle conseguenze. I suoi genitori stavolta dove l’avrebbero spedito?
«Cosa suggerisci, esattamente?» Nicholas fissò la ragazza che al momento aveva occhi solo per Christopher.
«E’ molto semplice.. entreremo a scuola stanotte, e fotteremo quei maledetti rullini.» Il silenzio generale accolse quel piano, Christopher sollevò in aria le iridi come se stesse pregando o contemplando il tetto della propria camera.
«Ottimo, mi mancavano le celle della prigione.» Jeremy concluse così tra gli sguardi sconsolati e divertiti del gruppo.
 
 
«Potresti muovere il culo?» Thomas spintonò Nicholas davanti a lui che imbambolato nel corridoio buio della scuola intralciava il passaggio degli altri. Saltarono Christopher ed Evan subito dopo, lasciando Jeremy e Rebecca fuori a far da sentinelle.
«Okay, tutto molto bello e scenografico, adesso mi dite dove si trova l’aula di giornalismo?» Nicholas lo fissò per un istante indicandogli poi le scale alla fine del corridoio, i piedi dei quattro ragazzi si muovevano con cautela mentre gli occhi non smettevano di scandagliare le mura come se da un momento all’altro potesse apparire la guardia notturna come un fantasma. Christopher a capo del gruppo sembrava l’unico divertito, probabilmente perché in gioco non c’era la sua reputazione anche se Nicholas dubitava fortemente gliene sarebbe importato un granché.
«Hai paura?» La sua voce gli arrivò come un sussurro all’orecchio facendolo tremare, deglutì scuotendo il capo e l’altro rise divertito da quella penosa bugia.
«Mi indisponi, mi auguro tu lo sappia.» Biascicò quelle parole a denti stretti poco prima di sentirsi afferrare la mano, le loro dita si intrecciarono e Nicholas si ritrovò a fissarle tutto il tempo. Era forse un modo per rassicurarlo?
«Eccola.» La voce profonda di Thomas spezzò l’incantesimo costringendo tutti a ritornare alla realtà.
«Chris, muoviti e non prendertela comoda come tuo solito.» Evan indicò la serratura al migliore amico che uscì una piccola forcina dalla tasca dei jeans iniziando a trafficare con calma.
«Pure scassinatore? Mi mancava questa.» Nicholas lo punzecchiò ottenendo in cambio una breve occhiata divertita e la porta come per magia si aprì. La chiusero con cautela accendendo le torce dei telefoni, le luci della stanza erano troppo evidenti e avrebbero attirato l’attenzione. Evan cercò il proprio rendendosi conto di non averlo con se, che lo avesse dimenticato a casa? O a scuola quella mattina? Sospirò frustrato avvicinandosi all'amico. Thomas e Nicholas sapevano bene come muoversi, e furono proprio loro a cercare tra i negativi trovando infine quelli incriminati. Il biondino li passò all’amico che li mise in tasca mentre gli altri due trafficavano coi pc, cancellando le bozze dell’articolo e le relative foto nelle cartelle. Il cellulare vibrò facendo sobbalzare Nicholas, lesse il numero e rispose con voce strozzata.
«Jeremy.. ok.» Improvvisamente pallido scosse Christopher attirando la sua attenzione. «La guardia è qui, dobbiamo andarcene.» Spensero tutto tornando in corridoio, i passi della sentinella sembravano provenire da destra e quindi si diressero dalla parte opposta forzandosi a non correre per non essere sentiti. Scesero le scale ma una luce forte abbagliò il muro accanto a loro.
«Chi c’è lì?» Christopher fissò gli altri tre afferrando la mano di Nicholas.
«Bene biscottini, adesso ci dividiamo e ..mi auguro siate abbastanza veloci.» Non aggiunse altro mentre tenendo ancora per mano l’altro si scapicollava lungo il corridoio senza più curarsi del rumore. Alle sue spalle il respiro ansante di Nicholas e le urla della guardia. 
La porta si aprì conducendoli all’ingresso secondario, si fermarono pochi istanti giusto per riprendere fiato prima di lanciarsi nuovamente nella fuga, gli altri erano ormai un lontano ricordo e Nicholas si augurò che Thomas ed Evan fossero riusciti a scappare senza intoppi insieme a Jeremy e Rebecca.
 
«Credo di non sentirmi più le gambe.» Si lasciò cadere sulla poltrona della propria camera fissando Christopher.
«E le palle? Non le hai perse per strada per la troppa paura?» Nicholas lo incenerì con un’occhiata alzandosi per gettarsi di peso sul proprio letto, a pancia in su.
«Un giorno mi dirai chi ti ha detto di quelle foto?» Sollevò appena il viso notando che l’altro aveva tolto la maglia restando a petto nudo, provò a non distrarsi nonostante la saliva si seccò immediatamente sulla lingua.
«Ho parecchi amici in quello squallido liceo.» Scrollò le spalle con la solita altezzosità salendo sopra il letto, sovrastando l’altro che dal canto suo continuava a fissarlo come affascinato. «Ho pensato al regalo che vuoi, che ne dici di cenare qui con la famiglia e poi uscire solo noi due, ovviamente.» Nicholas annuì, non pensava lo avrebbe preso sul serio in quelle circostanze eppure così sembrava. Le dita di Christopher iniziarono a sbottonargli i jeans, trattenne il respiro mentre li sentiva scivolare via lasciandolo solo con i boxer.
«I nostri genitori sono a casa.» Nonostante il tono d’avvertimento si sporse verso le sue labbra che lo ricompensarono con un bacio. 
«Allora dovrai essere molto silenzioso, Nicholas.» Sorrise malizioso mentre la lingua iniziava il suo lento percorso, partendo dalle clavicole e sempre più giù.
Nicholas chiuse gli occhi ritrovandosi naufrago di un piacere che pensava lo avesse reso schiavo e dipendente, la stanchezza della corsa ormai un lontano ricordo mentre affondava le dita tra i capelli neri dell’altro, sollevando il bacino come a invogliarlo a continuare. Ansimò a voce bassa, violentando se stesso per non urlare eccitato, il ricordo di ciò che avrebbe voluto confessare alla madre ormai offuscato come se tra lui e il resto del mondo ci fosse una cortina fumosa invalicabile.
«Hai ancora paura, McClair?» Sentì a stento quelle parole, non sapeva neppure se l’altro le avesse pronunciate davvero. Si ritrovò a schiudere le labbra in un sorriso addolorato ed eccitato al tempo stesso.
«Ho più paura di prima.»
 
 
Dall’altra parte della città una mano tesa afferrò una piccola scheda di memoria, gli occhi color nocciola si illuminarono di sadico divertimento.
«Come sapevi che Evan aveva quel video al cellulare?» Il ragazzo di fronte a lui scrollò le spalle.
«Christopher ha parecchi studenti che a scuola ‘’ascoltano’’ i pettegolezzi per riferirli a lui, basta farsene amico uno per sapere quanto serve.»
«E come lo hai preso e riportato a quel bastardo di Cooper?» Inarcò un sopracciglio inchiodando l’altro con sguardo inquisitore.
«Diciamo che stasera erano abbastanza impegnati, Evan non avrebbe notato la mancanza del suo cellulare, l'ho preso stamattina a scuola e l’ho rimesso a posto in tempo poco fa.» Sorrise divertito e compiaciuto, far dire a Christopher di quelle foto era stato un diversivo magistrale. Presentarsi in casa di Evan ancora più semplice, il nonno era una persona parecchio cordiale, e mentre lui riponeva il cellulare nella stanza il legittimo proprietario correva dall’altro capo della città.
«Ottimo, bravo Robert. Adesso vedremo quanto sa fare lo sbruffone Underwood con i coglioni strizzati in gabbia.» Robert fissò Lucas e una risatina divertita si levò nella stanza.
 

 
  
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