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Autore: Mary P_Stark    27/09/2017    4 recensioni
Inghilterra - 1830
Il regno viene scosso dalla morte di re Giorgio IV e, più nel personale, per l'improvvisa malattia di Whilelmina, la madre di Christofer Spencer. Questo richiama a casa tutta la famiglia che, in quel momento, si trovava a Londra per la sessione estiva in Parlamento. Al gruppo si unisce un amico di Maximilian, Samuel Westwood, molto affezionato alla nonna di Max. Questo rientro anticipato a York consente alla coppia di amici - oltre che rassicurarsi sulle condizioni di Whilelmina - di conoscere una coppia di sorelle, Cynthia e Sophie, che colpiranno in modo travolgente i due giovani.
Ne seguiranno sorprese a non finire, un inseguimento rocambolesco e un finale inaspettato, che metterà di fronte Max a una verità che, fino a quel momento, aveva rifuggito come la peste. (3^ parte della trilogia Legacy - riferimenti alla storia nei racconti precedenti) SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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3.
 
 

 
 
Se non fosse stato per l’argomento, tutt’altro che divertente, sarebbe stato uno spasso ammirare gli azzimati nobiluomini di York di passaggio nella piazza centrale della città.

I loro sguardi disgustati, così come le loro espressioni inorridite, facevano da contraltare alla rabbia giustificata del popolo.

Era sempre più frequente, ormai, trovare comizi a ogni angolo di strada, così come operai in sciopero o uomini a braccia incrociate di fronte ai magazzini ove lavoravano.

Da quando i Combination Acts erano passati anche alla Camera dei Lord, divenendo legge dello Stato, il mondo si era quasi ribaltato, per le classi altolocate inglesi.

Non che ai nuovi ricchi andasse meglio, visto che erano le principali vittime - per così dire - degli scioperi.

Era infatti raro che le servitù presso i palazzi dei nobili titolati, si mettessero nettamente contro i loro padroni di una vita.

Molti di loro, infatti, erano nati nelle stesse case in cui avevano prestato servizio.

Quanto agli operai, invece, era fatto assai più comune… e temuto.

Non presso i lanifici Whitmore di York, comunque.

Da quel che Max sapeva – essendo i terreni degli stabilimenti di proprietà degli Spencer – l’attuale proprietario non aveva avuto problemi simili, da quando vi si era stabilito.

Personalmente, non aveva mai incontrato Ferdinand Whitmore ma, da quel che gli aveva detto il padre, sapeva del suo naso per gli affari e della sua attenzione per i particolari.

Anche Myriam e sua madre si erano dichiarate sorprese quando, durante una loro visita – al fine di essere d’aiuto con eventuali feriti – avevano trovato tutto in ordine e sì, pulito.

Visti i precedenti proprietari, che Christofer aveva cacciato a intervalli regolari di due anni – il termine minimo di ogni contratto – ciò aveva sorpreso tutti.

Nessuno di loro sapeva se la causa di un tale ordine fosse da imputare al senso d’onore dell’uomo, o a mero calcolo finanziario, ma tant’era.

I dipendenti dei lanifici Whitmore conducevano una vita al di sopra degli standard dell’epoca, e nessuno sembrava avere lagnanze riguardanti il titolare.

Quando l’ultimo oratore fu sceso dal palco, e le persone iniziarono a disperdersi dalla piazza, Samuel riportò al presente Max e, stiracchiandosi, disse: “Beh, se non altro, questi ultimi sapevano parlare decentemente.”

Max gli sorrise bonario, replicando: “Non tutti possono contare su un grado di studio pari al nostro.”

“Non intendevo dire questo…” sottolineò per contro Samuel, dandogli di gomito. “… quanto, piuttosto, al senso delle loro parole. So benissimo da solo che la stragrande maggioranza di loro non sa né leggere né scrivere.”

“Il che è deplorevole per partito preso” sbuffò Max, avviandosi con calma verso la propria cavalcatura.

“Verissimo, amico mio, ma mi pare che voi Spencer, negli orfanotrofi che avete aperto, stiate facendo la differenza, no?” gli rammentò Samuel, sorridendogli.

“E’ ancora troppo poco, Sam” sospirò il giovane, prima di aggrottare la fronte e borbottare: “Ma che diavolo…?”

Samuel perse di colpo il suo sorriso, nel notare l’ansia sul volto dell’amico e,  seguendone lo sguardo, si accigliò immediatamente e sbottò: “Ma come si permettono!?”

A pochi passi da loro, circondate da tre uomini ben vestiti e a cavallo dei loro destrieri, due fanciulle stavano tentando invano di sfuggire alle attenzioni indesiderate del trio.

Avanzando a spron battuto, seguito a ruota da Samuel, Maximilian si fermò a un passo dalla cavalcatura più vicina e, con tono lapidario quanto gelido, ringhiò: “Lord Pennington, vi prego di scostarvi. State importunando le signorine, con la vostra fastidiosa quanto inopportuna presenza.”

Nell’avvertire una voce alle sue spalle, l’uomo interpellato sorrise al giovane Spencer con aria strafottente ed esclamò: “Oh, ma guarda chi si vede! Il figlioletto di Harford! Non avevo dubbi che saresti venuto ad ascoltare i tuoi sudici amici lustrascarpe!”

Gli altri due uomini risero di quella che, agli occhi di Pennington, avrebbe dovuto essere una battuta, ma che non fece sorridere affatto Max, o Samuel.

Senza dare adito di averlo udito, Maximilian scansò il fianco del cavallo con una gomitata e, oltrepassato quel muro animale, raggiunse infine le due giovani.

Ciò fatto, sorrise brevemente loro e si pose infine tra le fanciulle e i cavalieri, fissandoli con espressione di sfida.

Trattenendo il cavallo indispettito per le redini, Charles Pennington sollevò il frustino per calarlo sul viso di Max, ma Samuel lo bloccò prima che lo toccasse, ringhiando: “Non pensateci neppure, lord Pennington. Non se volete tornare a casa integro.”

“Ha parlato il principino… fate la voce grossa soltanto perché vostro padre è più ricco di Creso, ma non pensate mai di essere migliore di me, per questo” sbottò Pennington, ritirando la mano prima di lanciare un’occhiata sdegnosa a Spencer e, infine, andarsene con i suoi colleghi.

Samuel e Max rimasero in silenzio finché non si furono allontanati, i loro corpi a proteggere le due donzelle da eventuali nuovi tentativi di approccio.

Quando si ritennero soddisfatti, infine, i due si volsero per controllare le condizioni delle ragazze e, sorridendo, Maximilian si esibì in un frivolo inchino, asserendo: “Ed ecco a voi la stupidità maschile, mie signore. Spero non vi siate spaventate troppo.”

“Il vostro tempestivo intervento, ha scongiurato questo pericolo” esordì la più piccola delle due, sorridendo ampiamente e ammiccando coi profondi occhi azzurro cielo.

“Lieti di essere stati d’aiuto, milady…” intervenne allora Samuel, inchinandosi a sua volta.

“Oh… nessuna lady. Non siamo nobili di nascita” sottolineò timidamente la seconda, ben più alta della prima, arrossendo leggermente.

La compagna la fulminò per un attimo con lo sguardo, ma fu lesta ad aggiungere: “Siamo le umili figlie di Ferdinand Whitmore, …forse lo conoscete.”

Max sollevò un sopracciglio con evidente sorpresa e, assentendo, dichiarò: “Oh, conosco molto bene vostro padre, miss Whitmore, quanto meno di nome, oltre che di fama. Mio padre è in affari con lui. Sono Maximilian Gregory Spencer, lieto di fare finalmente la vostra conoscenza.”

“E’ un onore conoscervi, lord Spencer. Io sono Cynthia, e questa è mia sorella Sophie” asserì la ragazza minuta, esibendosi in una riverenza prima di sorridere a Samuel e aggiungere: “E voi, figlio di Creso?”

Il giovane Westwood scoppiò a ridere, a quel commento e, ammiccando divertito, asserì: “Non ascoltate le panzane di lord Pennington. Io sono Samuel Westwood, molto piacere miss Cynthia e miss Sophie Withmore.”

Sophie si esibì in una riverenza più compita e mormorò un ringraziamento mentre Cynthia, più spregiudicata, dichiarò: “Non so cosa avremmo fatto, senza il vostro fortunoso intervento. E io che pensavo che, qui a York, avremmo trovato compagnia più educata di quella londinese…”

“Non giudicate la nostra ridente cittadina a causa di pochi esemplari” la pregò Max, offrendo galantemente il braccio a Sophie, mentre Samuel si era già premurato di offrirlo a Cynthia. “Non siamo tutti così scelleratamente idioti.”

Cynthia si esibì in un risolino mentre Sophie, limitandosi a un sorriso contenuto, mormorò in risposta: “Sono sicura che Cynthia non intendeva parlare di voi, milord.”

“Oh, no di certo” assentì convinta la sorella, tributando a Samuel un sorriso estasiato.

“Credo che dovremmo fare loro da cavalieri fino al raggiungimento della casa delle gentili fanciulle. Che ne dici, Max? Non sia mai che incontrino ancora qualche scaltro perdigiorno, pronto a guastare la loro giornata” propose a quel punto Samuel, del tutto perso nello sguardo ceruleo di Cynthia.

Tra sé, il giovane Spencer si domandò fuggevolmente se non fosse il caso di strappare Samuel dal braccio dell’affascinante figlia di Whitmore ma, non volendo essere cafone, si limitò a dire: “Naturalmente, amico mio. Mi sembra il minimo.”

Sophie sgranò leggermente gli occhi, di un curioso color azzurro che spaziava verso il color argento e, lanciata un’occhiata al proprio cavaliere, esalò: “Oh, ma… non dovete affatto disturbarvi! Davvero. Io e Cynthia siamo assolutamente certe che non verremo più disturbate da quei cavalieri. Né da nessun altro, se è per questo.”

Ancora, Cynthia lanciò un’occhiata disgustata alla sorella, ma si ritenne in dovere di dire: “Credo che mia sorella abbia ragione. Non penso che quei nobiluomini abbiano ancora memoria di noi, dopotutto.”

“Dissento totalmente” sbottò gentilmente Samuel, scuotendo il capo. “Conoscendo di quale risma siano quegli uomini, che sono tutt’altro che nobili, se non per il sangue che scorre nelle loro vene, mi ritengo in dovere di scortarvi. Maximilian?”

“Naturalmente. Non me la sento di fidarmi appieno della cricca di lord Pennington, perciò vi scorteremo. Avete una carrozza da raggiungere, o siete venute a piedi?”

“Sophie ama camminare” sottolineò Cynthia con un sorrisino tutto fossette.

Max sorrise a una imbarazzatissima Sophie e, ammiccando, mormorò: “Andreste d’accordo con mia sorella maggiore, Elizabeth. Lei ama cavalcare tanto quanto ama passeggiare per la brughiera scozzese.”

Prima ancora che Sophie potesse aprire bocca, Cynthia se ne uscì con una battuta, asserendo: “Personalmente, credo che sia controproducente, per una ragazza, camminare troppo, e troppo spesso. Si rischia di prendere il sole e, Dio non voglia, di mettere su più muscoli di una cameriera, oltre a delle improponibili efelidi sul naso!”

Ciò detto, sorrise simpaticamente alla sorella, che si limitò a un sorriso comprensivo – come se fosse abituata a certe battute – mentre Samuel, ridendo spassosamente, esalò: “Allora, la mia abbronzatura vi sembrerà offensiva, miss Whitmore.”

“Niente affatto, lord Westwood. Voi siete un uomo. Potete abbronzarvi e, anzi, prediligo gli uomini con un po’ di colore sulle gote, perché danno l’idea di non essere rimasti per anni con il naso nei libri, o chiusi dentro un palazzo, senza mai vedere la luce.”

“Molto bene, non rientro nel genere da voi descritto” sottolineò Samuel, facendo ridere sommessamente la sua accompagnatrice.

Maximilian scosse debolmente il capo, già presagendo una prossima cotta dell’amico ma, ciò che lo sorprese, fu Sophie, che sospirò e scosse a sua volta la testa di neri capelli, coperti da una cuffietta di pizzo bianco.

Rallentando un poco l’andatura per concedersi un po’ di privacy dal cicaleggio della coppia che li precedeva sul marciapiede, Max mormorò: “Qualcosa non va, miss Sophie?”

“Oh, no, niente affatto, milord, solo… beh…” replicò la giovane, non sapendo bene come esprimersi.

“Dite pure. Penso di avere le spalle abbastanza robuste per sopportare quasi qualsiasi cosa” si premurò di dirle Max, sorridendole. “Efelidi sul naso comprese.”

Sophie si toccò il proprio, dove Maximilian aveva notato le tanto incriminate efelidi, personalmente trovandole deliziose, sul viso di una ragazza.

Arrossendo un poco, sorrise e mormorò: “Mi preoccupo per il vostro amico. Cynthia tende a essere molto espansiva, come avrete sicuramente notato ma, ben di rado, concede veramente tutta se stessa, ai propri interlocutori. Non mi fraintendete, è una cara ragazza, ma ama essere al centro dell’attenzione, e non vorrei che il vostro amico scambiasse le sue… civetterie per qualcosa che non c’è.”

“Ne terrò debito conto, grazie. E non vi turbate, non penso che vostra sorella sia cattiva. Conosco altre damigelle con altrettanta verve, e non sono affatto cattive ragazze” la rincuorò Max, pensando con un sorriso alla briosa sorella e alle sorelline di Violet.

Sarah e Lorainne erano brio puro, soprattutto se paragonate alla pacata e tranquilla Violet.

Ricordava ancora quando, tre anni addietro, lo avevano perseguitato per settimane, cercando inutilmente di baciarlo per puro dispetto.

A nulla erano valsi i richiami dei genitori; quelle due piccole pesti lo avevano ricorso per tutta la casa della sorella, ad Aberdeen.

E tutto perché Violet si era fidanzata con Andrew.

Dopo aver attraversato il ponte sul fiume Ouse, che divideva in due la cittadina di York, Sophie mormorò: “Ecco, casa nostra è quel palazzo a quattro piani, in mattoni rossi. Potete anche lasciarci qui, davvero. Siamo al sicuro, ora.”

Maximilian si chiese curiosamente come mai Sophie fosse così ansiosa di sbarazzarsi di loro, ma non dovette impiegare molto per scoprirlo.

Incurante della dolce richiesta di Sophie, Samuel tirò diritto, scortando fino alla porta d’ingresso del palazzo la frizzante Cynthia, che sembrava decisa a non lasciarlo andare.

Lì, la giovane prese nella mano destra il battiporta a forma di testa di leone, dopodiché batté un paio di volte contro il portone in quercia.

Neppure tre secondi dopo, un domestico in livrea aprì la porta e, con un inchino, mormorò ossequioso: “Signorina Cynthia, bentornata. Signorina Sophie… siete state accompagnate? Va tutto bene?”

Cynthia sorrise al premuroso e anziano maggiordomo e, poggiandogli una mano sull’avambraccio, asserì: “Non temete, William, questi due nobili signori sono stati così gentili da scortarci fino a casa proprio per evitare che potesse capitarci qualcosa.”

Il volto raggrinzito dell’uomo si rasserenò immediatamente e, nello scostarsi per permettere loro di entrare, dichiarò calorosamente: “Vi ringrazio sentitamente. Mi si spezzerebbe il cuore se succedesse qualcosa alle mie padroncine.”

Sophie lo tributò di un sorriso e uno sguardo carichi di affetto, e così pure Cynthia ma, a interrompere quel momento di tranquillità, pensò una donna sopraggiunta dalle scale principali.

Giungendo quasi trafelata e col volto cinereo quanto preoccupato, la donna si fermò sull’ultimo gradino della scala, osservando William come se attendesse il suo arrivo.

Subito, il maggiordomo la raggiunse e lei, afferrando il suo braccio come se ne andasse della sua vita, esalò: “Oh, cielo, grazie, William! Cosa farei se non ci foste voi?”

“Sempre al vostro servizio, Mrs Whitmore” mormorò l’uomo, accennando un movimento col capo.

La donna si fece scortare dal quartetto e, in quei brevi passi, ammirò con attenzione i due baldi giovani al fianco delle figlie, soppesandoli e apprezzando ciò che vide.

Sfiorandosi poi la fronte col dorso della mano, neanche fosse in procinto di svenire, la donna esordì dicendo: “Scusate se mi vedete così in ansia ma, per un attimo, ho temuto il peggio, quando ho scorto per puro caso le mie figliole giungere accompagnate fino a casa. Vedendovi sane e salve, però, posso tirare un sospiro di sollievo.”

Cynthia fissò la madre con aperta riprovazione e, sorridendo a Samuel, asserì con ironia: “Nostra madre tende sempre a preoccuparsi per noi, come se avessimo ancora cinque anni. Perdonatela. E’ molto apprensiva.”

“Con due figliole così belle, sfido qualsiasi madre a non essere preoccupata almeno un poco” dichiarò baldanzosamente Samuel, sorridendo affascinante a Mrs Whitmore, che si lasciò andare a un sorriso modesto.
Nascosta dalla figura di Samuel, Sophie mormorò: “Per l’appunto…”

Maximilian sorrise appena a quel commento sussurrato e, mentre osservava l’esibizione di Cynthia, contrapposta alle paure della madre, notò come Sophie, invece, trovasse tutto ciò assai esasperante.

Insofferente di fronte a quello spettacolo, osservò spiacente Maximilian e mormorò: “Mi spiace… non ho potuto mettervi in guardia anche da mia madre. Lei e Cynthia si accapigliano spesso, perché hanno idee diametralmente agli antipodi.”

“Ho… notato” si limitò a dire Max, trattenendosi a stento dal ridere.

Non voleva in alcun modo mettere in imbarazzo Sophie.

“L’una vorrebbe molte più libertà di quanto, la seconda, vorrebbe concederle, e questo scatena ansie in quest’ultima, e arrabbiature in mia sorella” sospirò Sophie, come se quello spettacolo fosse all’ordine del giorno.

La danza di civetterie di Cynthia si protrasse a lungo, tanto che Sophie e Max ebbero tutto il tempo di allontanarsi dal quartetto senza essere minimamente notati.

Affacciandosi a una delle finestre che davano sulla strada, Sophie osservò da lontano madre e sorella e mormorò: “E dire che mio padre l’ha redarguita spesse volte. Pare non si renda conto di apparire sciocca, comportandosi così.”

“Mr Whitmore trova che vostra sorella sia un po’… frivola, se mi passate il termine?” indagò cortesemente Max, dubbioso.

Sophie si esibì in uno dei suoi rari sorrisi, smentendo le paure di Maximilian almeno in parte.

“Non fraintendetemi, lord Spencer… mio padre è un uomo molto impegnato a fare il tutto e per tutto, così da dare ogni comodità e agio alla famiglia ma, a causa di questo, è spesso assente da casa. Beh, questo alimenta le ansie di mia madre, quando lui non c’è, perché ha paura di non essere in grado di affrontare due figlie come noi.”

“Così belle da dare ansie alla propria madre” citò Maximilian, vedendola sorridere di nuovo nell’annuire.

“Spesso e volentieri, è solita avere anche dei crolli depressivi, quando mia sorella esagera, perciò non me la sento proprio di dirle qualcosa… anche quando non v’è motivo di essere preoccupati” mormorò Sophie, sorridendo con affetto all’indirizzo della madre.

“Vostra sorella, dunque, soffre la mancanza del padre? Per questo è così esuberante?”

“Cynthia è… Cynthia” tentennò Sophie, non sapendo bene come rispondere.

Preferendo non indagare oltre per non mettere in imbarazzo la ragazza, Max le domandò: “Posso chiedervi se siete state interrotte durante le vostre compere? Forse, potrei offrirmi di accompagnarvi domani, in giro per negozi, per sopperire alla vostra spiacevole avventura.”

Sophie lo guardò con un leggero rossore alle gote e, lappandosi le labbra nervosamente, mormorò: “Beh, ecco… non so se… sicuramente, avrete impegni più pressanti e interessanti, piuttosto che accompagnare due ragazze in giro per negozi o per biblioteche.”

“In questi giorni, mia sorella si trova a Green Manor, e ha dichiarato di voler visitare la biblioteca in cui si è sempre rifornita da ragazzina. Sareste un’ottima compagnia per entrambi, se voleste unirvi a noi. E, naturalmente, vostra sorella sarebbe invitata a sua volta” le propose Maximilian, inventandosi lì per lì una scusa.

In realtà, Elizabeth aveva già una libreria fornitissima, a casa, ma era certo che, chiedendole quel favore, l’avrebbe accontentato volentieri.

Anzi, forse, avrebbe riso fino a scoppiare, sapendo che v’era di mezzo una fanciulla, nel favore che stava per chiederle.

“Beh, se la mettete così, sarei onorata di accompagnare vostra sorella” sussurrò Sophie, arrossendo ancor di più sotto lo sguardo speranzoso di Max.

Volgendo poi lo sguardo in direzione della madre e della sorella, Sophie disse con tono un po’ più sicuro: “Cynthia, lord Spencer ci ha invitate a unirci a sua sorella per una visita per negozi, domani.”

Samuel sorrise grato all’amico e Cynthia, letteralmente raggiante, esalò: “Oh, sarà un autentico piacere, tener compagnia a lady Chadwick. Grazie, lord Spencer. Naturalmente, vi unirete a noi, vero, lord Westwood?”

“Dovessi giungere in ginocchio, miss Whitmore, ma sarò presente” le promise Samuel.

Adelaide Whitmore, la madre delle due ragazze, sgranò gli occhi nel sentir nominare gli Spencer e, guardando sorpresa Maximilian, esalò: “Oh, caro… siete il figlio minore di lord Spencer, per caso?”

“Sì, Mrs Whitmore. Se non erro, voi avete conosciuto mio fratello maggiore, Andrew.”

“Oh, sì, che caro ragazzo. E con una moglie davvero stupenda! So che attendono un figlio. Mi sono ripromessa di regalare a lady Spencer un intero assortimento di sete cinesi, non appena sarà madre, così potrà far confezionare dei nuovissimi abiti per il pargolo” sorrise la donna, già eccitata al solo pensiero.

“Sono sicuro che Violet apprezzerà moltissimo” asserì per pura cortesia Max, preferendo non accennare al fatto che l’amica andava d’accordo con la moda tanto quanto cane e gatto si amavano.
 
***

Sorseggiando del buon Porto, seduti comodamente nel salottino della musica, Max sorrise a Samuel, impegnato ad ascoltare suonare Elizabeth, e chiosò: “Perché ho l’impressione che, da domani, saremo sempre a York?”

Imperturbabile, il giovane si sistemò una ciocca dei morbidi capelli biondi e replicò con una flemma olimpica: “Non so di cosa tu stia parlando.”

Lizzie ammiccò all’indirizzo dell’amico di famiglia e lui, per tutta risposta, rise sommessamente.

Alexander, a quel punto, seduto accanto a Lizzie sullo sgabello del pianoforte, intervenne per un’interpretazione a quattro mani e mormorò: “Cosa non vi siete detti, voi due?”

Procedendo in quella interpretazione perfetta di un brano di Chopin, Elizabeth sorrise melliflua al marito e replicò: “Io e Sam? Ma assolutamente nulla, caro.”

“Posso trovare interessanti anch’io i pettegolezzi, sai? Ogni tanto, con una cadenza non più che mensile, ma talvolta li apprezzo a mia volta” sottolineò il marito, sorridendole furbo.

Lizzie, allora, si appoggiò col capo alla spalla del marito, sempre continuando a suonare e, dolcemente, disse: “Samuel, sii così cortese e parla anche in presenza di Alexander. Terrà la bocca chiusa, promesso.”

“Come desideri, Elizabeth. So che mi posso fidare del tuo discernimento” dichiarò a quel punto Samuel, facendo sgranare gli occhi a Max e ridere Alexander.

“Cioè, no, scusa… perché te l’ha detto Lizzie, ora hai intenzione di parlare di ciò che abbiamo fatto oggi?” esalò Maximilian, fissando l’amico con aria esterrefatta.

Non c’erano davvero speranze, per lui, se ogni donna che vedeva aveva un simile effetto sul suo intelletto.

Senza minimamente scomporsi, Samuel asserì: “Max, dovresti sapere che, quando io ed Elizabeth ci troviamo, spettegoliamo su tutto. Non dovrebbe essere una novità, per te.”

In effetti, questo era vero.

Le rare volte in cui i due si incrociavano, defilavano per un paio d’ore almeno e, ogni volta, Lizzie si faceva raccontare le ultime storie di Londra e dintorni.

Tendenzialmente, sua sorella non era una donna che si occupava molto delle dicerie di corridoio ma, quando vedeva Samuel, scattava in lei questa vena pettegola, e non c’era verso di fermarla.

Quanto poi desse credito alle storie raccontate da Samuel, non era dato sapere, ma tant’era.

Sospirando, Max scosse perciò il capo e borbottò esasperato: “Hai lo stesso autocontrollo di un criceto, quando ricevi ordini da una donna.”

“Non lo nego. Mi piace renderle felici, sempre e comunque” assentì Samuel, sorridendo spontaneamente a Lizzie.

Alexander fece finta di niente – sapeva che non doveva temere nulla da entrambi – e la donna, scrollando leggermente le spalle, celiò: “Non prendertela con Samuel, Max. Lui è solo un adorabile dandy dal cuore generoso e tenerissimo.”

“Vero. Fin troppo generoso, a volte” sospirò Max, pur sorridendo alla sorella.

Era purtroppo una verità assodata; Samuel sapeva essere sciocco e vanesio, quando c’era di mezzo una donna da accontentare nei suoi vezzi, ma Max gli voleva bene lo stesso.

Non avrebbe potuto trovare in tutto il regno un amico altrettanto fidato, su questo ne era sicuro.

Samuel si sarebbe gettato nel fuoco, per lui, o avrebbe preso una pallottola al suo posto, se l’occasione l’avesse richiesto.

Lui era così. Generoso nei sentimenti in maniera fin troppo eccessiva.

Maximilian gli stava così addosso proprio per questo; non voleva che qualcuno si approfittasse della sua ingenuità.

Con un sorriso, perciò, ascoltò il racconto dell’amico e parlò delle due giovani che avevano salvato quel pomeriggio.

Elizabeth assentì per tutto il tempo, si dichiarò disgustata da Pennington al pari di Alexander e, quando sentirono parlare di Mrs Withmore, entrambi sorrisero.

“Non ho avuto il piacere di incontrarla, onestamente, ma so da fonti certe che è una donna assai carina. Un po’ ansiosa, forse, ma molto educata e simpatica.”

“Concordo con te, Elizabeth. L’ho trovata anche molto ospitale e cortese. Niente affatto spiacevole. Sarà un piacere approfondire l'amicizia con la famiglia Withmore” aggiunse Samuel, assentendo.

Maximilian sorrise, di fronte all’entusiasmo manifesto dell’amico ma, dopotutto, anche lui voleva rivedere Sophie e conoscerla meglio.

Che male c’era ad ammetterlo, almeno tra sé e sé? 







Note: facciamo finalmente la conoscenza di due nuovi personaggi; Cynthia e Sophie. Samuel e Max sembrano interessati a conoscerle e se, da una parte, Cynthia sembra altrettanto interessata ad approfondire la cosa, Sophie è più restia a lasciarsi andare.
Che succederà? E, soprattutto, riuscirà Max a tenere Sam fuori dai guai?
  
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