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Autore: Lady Aquaria    27/09/2017    1 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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Capitolo 37 principale
37.
It's not right (but it's okay)
 
 
14 maggio.
"Sei sicura di aver preso tutto? Calzini, vestaglia, camicia da notte?" Camus scalò in terza dopo aver svoltato sul lungosenna. Cercò di mascherare il tremore delle mani continuando a stringere il pomello del cambio.
Dal canto suo, Mei fece finta di non notare il suo nervosismo e continuò a frugare nella borsa da viaggio che aveva preparato tempo prima.
"Sì, sì e ancora sì. Ma credo di aver dimenticato qualcosa."
"Oddèi, cosa?! Possiamo ancora tornare indietro, arrivo alla rotonda e..."

"La voglia di entrare in sala operatoria: quella manca, mi spiace." rispose Mei.
La guardò fugacemente.
"Mei!!" la riprese.
"Oh, dai. Quanto sei noioso, permettimi una battuta."
Camus grattò la frizione, attirando su di sé lo sguardo di Mei.
"Hai idea di quanto costa ripararla? Pigialo quel pedale, non gli fai male sai?"
"Carta d'identità? Tessera sanitaria? Stato di famiglia? Il piano per il parto? Le cartelle cliniche e gli esami? Il caricabatterie del cellulare?"
"Miei Dèi, mi stai agitando!" sbottò Mei. Gli mostrò due portadocumenti. "Esami e cartelle sono in questo rosso, se dovessero servirti: ho preso anche il passaporto, in prefettura mi hanno consigliato di portarlo. I documenti per l'anagrafe invece, sono in quello blu, intesi?"
"D'accordo. Mi sembri stanca."
"Lo sono, non ho dormito tutta la notte."
"Così avrai poche energie per il parto."
"Quali energie mi servirebbero, dato che è un cesareo e non devo spingere?"

Stranamente c'era poco traffico quella mattina. Da un lato era una benedizione, dall'altro era strano. Camus tuttavia ci fece poco caso.
"Io invece ho dormito come un sasso stanotte, ed è strano..."
Mei si schiarì la voce, torcendosi le mani poco dopo.
"Ah-hem. Cam, non ti arrabbi, vero, se ti confesso una cosa?"
"Dimmi."
"...hai dormito perché nella tua tazza di assam ho messo la valeriana."
"Tu...cosa?!"
"Hai detto che non ti saresti arrabbiato."
"Sì, ma questo prima di sapere che mi hai drogato!"
"Hey che esagerato, non ti ho drogato, è solo valeriana, mica ti ho riempito di sonnifero! Ieri eri così nervoso che avresti trascorso la notte a rigirarti nel letto... è solo una pianta, non ti preoccupare. Tra l'altro ha avuto effetto, con me non funziona nemmeno più."
"Non mi piacciono certe cose, soprattutto se agisci alle mie spalle."
"Hai recuperato sonno e forze, e oggi sei tu quello che ne ha bisogno. Ti prego, non ti arrabbiare con me. Non oggi."
"La prossima volta avvertimi prima di fare certe cose. Se avessi avuto bisogno d'aiuto, come avrei potuto darti una mano? Pensaci, prima di prendere certe iniziative." Camus posteggiò nel parcheggio riservato dell'ospedale. "Avrei dovuto prendere la tua auto, faresti meno fatica a scendere."
"No, perché fai troppi spostamenti e mi dà fastidio dover risistemare sedile e specchietti prima di usarla."
"Ah sì? Scusa ma non è colpa mia se hai le gambe corte e se devo spostare il sedile per poterla usare: non è comodo guidare abbracciati allo sterzo."
"...ricordati che nella botte piccola c'è il vino buono!"
"Nel tuo caso c'è aceto. Aspetta qui, vado a prendere una sedia a rotelle." le disse, prima di dirigersi all'accettazione della clinica e tornare pochi minuti più tardi senza la cartellina di plastica. "Ti aspettano per un autografo sul foglio di ricovero e poi possiamo salire alla tua stanza. Che c'è?"
Ancora sprofondata nel sedile, Mei guardò l'edificio e deglutì.
"Niente, niente."
"Hai paura?"
"Su quel tavolo operatorio mi apriranno in due come una trota al cartoccio, certo che ho paura." gli rispose, mentre Camus spingeva la carrozzella il più vicino possibile all'auto, per permetterle di sedersi con comodità.
"Esagerata! È solo un taglio." sorrise lui.
"Oh, okay, allora la prossima volta lo farai tu." rispose, facendolo ridacchiare.
"Sai, portare a termine una gravidanza dentro una prostata è un po' difficile, dovrei avere un utero."
Mei sgranò gli occhi.
"Oddèi no."
"Cosa?"
"Ho appena avuto un flash di te in piena crisi mestruale. Oddèi no, già sei insopportabile così, figurati con un utero." replicò. "E poi non si potrebbe fare, a me piace ciò che hai."

Si schiarì la voce, avvampando.
"Dai, tra qualche ora tutto questo sarà finito."
"Ah no amore, tra qualche ora inizierà il bello." lo corresse. "Andiamo, prima che ci ripensi."
 
In camera, rimasta sola qualche istante mentre Camus scambiava qualche parola con i medici, Mei aprì il sottile portafoto che portava sempre con sé e guardò sua madre, che accanto a suo padre, le sorrideva dalla fotografia. La strinse al petto, cercando di trarne forza.
"Restami vicina, mamma. Ti prego."
"Dunque, tra qualche minuto arriverà la tua dottoressa e ti visiterà, quindi ti faranno un'ecografia e il monitoraggio dei bambini. Qui c'è la chiave dell'armadietto e adesso ti darò una mano a spogliarti." Camus la interruppe, posando la camiciola dell'ospedale sul letto, quindi tirò fuori i calzini dalla borsa che Mei si era portata appresso e l'aiutò a spogliarsi. "Le ciabatte ancora non ti servono, ma te le sistemo qui, okay? Ho già consegnato in nursery la borsa con i vestiti richiesti per i bambini e non appena arriverà l'anestesista, ti porteranno in sala operatoria. Oh guarda: si vede l'Osservatorio dalla tua finestra: camera con vista, non sei contenta? Certo, non è la Tour Eiffel che ami tanto ma... che c'è?"
Mei sembrava sul punto di piangere.
"Non sono pronta. Una volta fuori non saranno più al sicuro." mormorò.
"Tesoro, il mondo non è tutto rose e fiori, ma non possono certo rimanere qui dentro per sempre. Andrà tutto bene, coraggio, ancora qualche piccolo sforzo e presto stringeremo i nostri bambini."
"Ho paura."
Camus si chinò per abbracciarla.
"Ne avrei anch'io al posto tuo." le rispose. "Ma sei la donna più forte che conosco, supereremo anche questo. Pensa ai lati positivi: la pancia sparirà insieme al mal di schiena, alle corse in bagno, agli ormoni impazziti... potrai tornare al lavoro che ti piace tanto..."
Mei si guardò fugacemente intorno.

"...potremo tornare a fare sesso, perché insieme al sushi, al Roquefort e al prosciutto crudo è la cosa che mi manca di più." sussurrò. "Sono a digiuno da gennaio e la bestia ha fame."
"Come, prego?"
"...sai, gli animali, quando escono dal letargo invernale, escono dalla tana e si mettono alla ricerca di cibo perché le scorte fatte in vista del lungo sonno sono esaurite e d'improvviso sentono un ruggito provenire dallo stomaco. La mia bestia..."
"Aspetta, è un termine astruso per indicare la tua... oddio."
"Ma no, che ti salta in mente...? È un discorso più ampio! Si sta risvegliando e presto avrà fame: ma non ha più bisogno della sola verdura o dello yogurt magro con i quali si è nutrita da gennaio in poi, ha voglia d'altro."
"Mei-Yin ShuFang. Siamo in un ospedale, potrebbero sentirci!"

"Oh, suvvia, saresti l'unico qui dentro a scandalizzarti: ma capisco anche il tuo punto di vista, del resto una volta fuori queste tre piccole canaglie, il mio corpo flaccido impiegherà un po' a rimettersi in forma."
Le rivolse uno sguardo serio.

"Il tuo corpo mi piace anche così, smettila di dire sciocchezze. Il fatto è che la ferita del cesareo impiegherà un po' a rimarginarsi e non possiamo fare tutto di fretta."
"Il fatto è che noi scorpioni siamo passionali, abbiamo bisogno di fare sesso. E sia, allora vorrà dire che ti concederò il privilegio di stare sopra e fare tutto il lavoro."
"Oh, grazie mille."
Sorrise, prendendogli una mano.
"Dai, sto cercando di essere meno dura e acida, dammi una mano."
"Lo so e lo apprezzo, questa Mei meno dura mi sta piacendo ma... non mi rendi le cose facili, non sono fatto di granito, sai?"
"Sia resa lode ad Athena!"
"Vuoi una coperta? Hai le gambe gelide." cambiò discorso Camus, cercando di tenere a bada l'imbarazzo.
"A dire il vero loro sono a posto, sono le tue mani ad essere fredde: ma ti sarei grata se mi infilassi i calzini. Uh, prima che mi dimentico: nell'armadio, nascosto sotto i karategi, c'è un pacchetto blu."
Annuì, mentre faceva quanto gli aveva appena chiesto.
"Ti serve con urgenza? Te lo devo portare?"
"No, stavo per dirti che è per te."
Corrugò la fronte, scoccandole un'occhiata interrogativa.
"Il mio compleanno è già passato e non festeggio l'onomastico, che per inciso è stato il 26 aprile."
"Deve per forza esserci un'occasione in particolare per ricevere un dono? Beh, se proprio vogliamo trovarne una... ecco, ci siamo conosciuti a maggio, nove anni fa." lo interruppe.
"Era di maggio? Sicura? Io ricordo giugno."
Mei inarcò un sopracciglio, a metà tra il sorpreso e il contrariato.

"....mi stai deludendo, Monsieur LaRochelle." borbottò, interrompendo il discorso all'arrivo dell'infermiere.
Durante il monitoraggio Camus rimase fuori dalla stanza per firmare qualche documento e permetterle di tranquillizzarsi un po' in vista dell'operazione.
"Buongiorno, paparino."
"Non sono ancora nati." sorrise, in risposta a Milo. "La opereranno a breve e intanto la stanno visitando e mi han chiesto di uscire dalla stanza. Non ti disturbo,vero?"
"Figurati, qui abbiamo beccato due buontemponi con dei documenti falsi e stiamo aspettando che la polizia li venga a prendere: ho ancora qualche minuto libero. Mei come sta?"

"Ha paura, ma se la caverà benone come ha sempre fatto."
"Dici così perché non sei tu a dover subire un cesareo. E tu invece? Come stai?"
"Ho una paura pazzesca addosso, mi tremano le mani, ma cerco di non darlo a vedere a Mei o va a finire che si agita. Ascolta, ti darebbe fastidio tenere Lixue per un paio di giorni? Io trascorrerò la notte qui in ospedale e preferisco affidarla a te piuttosto che a mio cognato: ti ho lasciato una delega sul tavolo della cucina, ti servirà per prenderla all'uscita da scuola."
"Nessun problema, sai che l'adoro. Uh, devo lasciarti, è arrivata la polizia. Avvertimi quando sono nati, okay? Ciao."
Milo chiuse la chiamata in fretta, senza dargli il tempo di rispondere, ma Camus non se la prese. Quando vide l'infermiera spingere il lettino di Mei fuori dalla stanza per portarla in sala preoperatoria, spense il cellulare e lo ripose senza altri indugi.
"Quasi mi dimenticavo... Lixue dopodomani avrà una verifica, perciò dovrà ripassare per bene. E mi raccomando i denti, li deve strofinare almeno tre minuti per ogni arcata, intesi? C'è una clessidra sulla mensolina del bagno, di solito usiamo quella. I suoi denti sono quasi tutti definitivi, se non li strofina bene saranno dolori."

"Lo so."
"Ah, farà un po' di storie per il collutorio, ma lo deve usare ogni volta che si lava i denti, soprattutto la sera prima di dormire: è quello ai frutti rossi, mi raccomando, non ti confondere con il nostro, non è indicato per i bambini della sua età."
"Sì, lo so."
"Domattina, prima di accompagnarla a scuola, dalle una mano con i capelli: è capace di intrecciarli e si arrabbia se l'aiuto, ma..."
"Mei, so prendermi cura di nostra figlia, stai tranquilla!"
"So che sei capace, ma è più forte di me. Uno di questi giorni potresti portarla al cinema, so che voleva andare a vedere John Carter. E per una volta hai il permesso di portarla al McDonald, non deve sentirsi trascurata o messa in secondo piano."
"Non preoccuparti di noi a casa, pensa a te stessa e ai bambini." concluse Camus. "Ci vediamo tra poco."
"Come sarebbe? Non vorrai mica assistere al parto?!"
"Sì, e niente di ciò che mi dirai potrà farmi cambiare idea."
"Ma all'ecografia..."
"Niente storie."

"E va bene." capitolò Mei, infine.
 
**
 
"Auguri, paparino!"
Camus rispose all'abbraccio di Milo, sulle labbra un sorriso da trentadue denti.
"Allora, come state?"
"Adesso molto meglio."
Milo ridacchiò appena, facendo corrugare la fronte dell'amico.
"Non l'avrei mai detto, ma siete proprio dei genitori calmi... avete chiamato e avete annunciato la nascita dei bimbi senza tutto il dramma del dietro le quinte..."

"Oh. A dirla tutta il dramma c'è stato, beh... diciamo mezzo dramma. Uscita dalla sala operatoria Mei era sedata e ha dormito tranquilla tutta la notte, io invece, come puoi vedere, avrò dormito sì e no un paio d'ore per paura di una seconda emorragia."
"E ora come sta?"

"Conta che oggi per pranzo ha preteso una demi baguette con fichi, crudo e Roquefort e che sta già scalpitando per essere dimessa. Per fortuna qui i medici sono inflessibili: hanno detto quattro giorni di degenza, e quattro saranno."
"Allora sta benone." ridacchiò Milo. "E i cuccioli?"
"Per loro è diverso, la degenza durerà molto più a lungo: sono dentro le incubatrici e uno di loro ha un po' d'ittero neonatale però tutto sommato, va bene. Sono un po' sottopeso, ma sono vivi e sani."
"Ottimo. Si possono già vedere?"
"Sì, Mei è in nursery, si è appropriata della sedia a rotelle e protesta quando il medico insiste affinché si rimetta a letto. La conosci, è una combattente nata."

"Mi sarei stupito del contrario, a dire il vero." sorrise Milo.
Camus lo accompagnò in terapia intensiva neonatale dove, dietro un vetro, erano allineate diverse incubatrici. Accanto a due di esse, videro Mei in camicia da notte e vestaglia, seduta sulla sedia a rotelle.
"Sono tutt'e tre femmine?"
"Due maschi, quelli accanto a Mei, e la femmina che però è là in fondo, dentro quell'incubatrice con le lampade verdi: se ha ereditato anche un solo centesimo della tempra di sua madre, ne uscirà presto." sorrise Camus, con orgoglio. Bussò delicatamente sul vetro richiamando l'attenzione della moglie, che uscì poco dopo.
"Vedrai che bicipiti mi verranno, a furia di spingere questa dannata carrozzella. Milo! Come stai?"
"Kalimera, orea mou." la salutò Milo, chinandosi per abbracciarla.
"Bella non direi, sono in uno stato pietoso e puzzo di ospedale e del suo orrendo shampoo al sandalo."
"Ho confuso i flaconi: errore mio, chiedo venia." si scusò Camus.
"Ti trovo benissimo, invece: non hai affatto l'aria di una donna che ha appena partorito."
"Avessi partorito naturalmente sarei stata in condizioni decisamente peggiori." replicò Mei, soprapensiero. Notando il repentino cambio d'espressione di Milo, si affrettò a correggere il tiro. "Non che prima fossi meglio di adesso. A casa tutto bene?"
"Tra poco tocca a noi e... per Athena, preferisco non pensarci." replicò Milo, atterrito.
"Se la sta facendo addosso." bisbigliò Camus, divertito, attirando l'occhiataccia dell'amico.
"Ti risparmio solo perché sei appena diventato papà."
"No, lo risparmi perché altrimenti dovresti vedertela con me." lo corresse Mei.

"In qualche modo riesci sempre a salvare le penne... quindi ora che sapete il sesso dei pargoli, non vi rimane che scegliere il terzo nome, dopo Joséphine e Alexandre." osservò Milo.
"In verità l'abbiamo già scelto: li ho registrati stamattina perché non potevamo tirarla troppo per le lunghe."
"Nome francese o cinese?"
Scambiando un'occhiata con Mei, che annuì, Camus sorrise.
"Milo."
"Sì?"
"Dicevo... Milo."
"Riesco ad ascoltarti anche se non ti guardo, sai?"
"Il bambino si chiama Milo. Josie porta i nomi delle nonne, Alex porta il nome di mio padre e il secondo nome di Hyoga e il terzo porta il tuo nome e quello di suo nonno materno. L'abbiamo chiamato così in tuo onore." spiegò Camus. "Come ti ho già detto la femminuccia è prenotata, Hyoga se n'è innamorato al primo sguardo, perciò, magari, pensavamo che potresti essere il padrino del tuo omonimo. Lo presenterai alle Anfidromie insieme a Shaina."
Milo parve metterci un istante per comprendere la portata di quella risposta: passò rapido lo sguardo da loro due ai bambini, gli occhi sgranati.
"Voi… cosa…?"
Camus indicò le tre incubatrici con un cenno.
"Joséphine Letizia, Alexandre Jurij e Milo Wei-He."
L'altro si portò le mani alla bocca, lo sguardo fisso sui tre bambini.
"Avete chiamato vostro figlio come me?" sussurrò.
"Naturalmente, che domande. Essendo figlio unico, a chi altri avrei potuto prendere il nome in prestito? Certo non potevo chiamarlo Shiryu." ribatté Camus. "Senza offesa, tesoro."
"Figurati..."
"Ma siete pazzi? "
Si guardarono, colti di sorpresa.
"E adesso?" mormorò Mei, mentre Milo li ignorava in favore dei bambini.
Milo la interruppe.
"No... non pensate che non sia contento del vostro omaggio, per me è un onore... è che questo vi crescerà su indemoniato!"
Camus tornò a guardare Mei.
"Accidenti, a questo non avevo proprio pensato."
"Oh, ma finitela, tutti e due. Crescerà come deve crescere, il nome c'entra poco."   
"I bambini frutto di etnie diverse sono bellissimi. I vostri mi ricordano quelli di Bruce Lee e sua moglie."
"Sperando non facciano la stessa fine." commentò Camus, allontanandosi dal vetro della nursery.
"A dire il vero dei due figli di Bruce Lee, solo il maggiore è morto." precisò Mei.
"Brandon, se non sbaglio." annuì Milo.
"Sì. Quant'era bello quel ragazzo, mamma mia..."
"Coraggio, torniamo in camera, è finito l'orario di visita." interloquì Camus.
"Comunque parola mia, il mio omonimo ti ha rubato la faccia! E quei capelli neri, poi... ha preso i tuoi caratteri!"
"Shiryu, dopo averlo visto, dice che assomiglia parecchio a una sua vecchia foto da neonato... quindi credo abbia preso i caratteri e i geni di mio padre e di mio fratello, più che i miei." si schermì Mei.
"Povero figlio mio." brontolò Camus. "Per i suoi diciotto anni gli regalerò una plastica facciale."
"Hai detto qualcosa?" Mei si voltò e inarcò un sopracciglio mentre Milo, dietro di lei, soffocava una risatina.
"No."
"Ecco, bravo. Continua così."
"Poteva andare peggio, avrebbe potuto ereditare il tuo naso." interloquì Milo.
"Il mio naso è perfetto."
"Oh ma dai. Quando svolti un angolo arriva prima il naso di te."
Mei si rigirò verso Milo.
"Questa era carina!" si complimentò, battendo il cinque con l'amico.

"Ah sì? Vogliamo ridere ancora un po', che dici? D'accordo. Milo, tu non hai idea della risata che ci ha fatto fare ieri. L'infermiera mi fa preparare tutto quanto con camice, sovrascarpe, mascherina e cuffietta, entro in sala operatoria per starle vicino, e lei mi scambia per un medico: oh, salve, dottore!! Che occhi, mi ricordano moltissimo quelli di mio marito! Le dispiacerebbe sedersi accanto a me?"
Stavolta Milo non soffocò la risata.
"Al che mi siedo accanto a lei, abbasso la mascherina e le dico: forse perché sono proprio quelli di tuo marito, dato che il chirurgo è dietro il telo. Pure il dottore ha riso."
"Sei ingiusto, ero sotto anestesia." protestò Mei. "La prossima volta che ci finirai tu, ti prenderò in giro a vita. Parla quello che in ospedale per una banale appendicectomia ha fatto il lagnoso per due giorni: mi sento come un pulcino spiumato e l'infermiera mi ha tagliato col rasoio, bu-uuuh."
Di fronte a quelle schermaglie, Milo si trovò a sorridere, pensando ai momenti di tensione che avevano vissuto poche settimane prima, al Santuario. Quell'ansia, in quel momento, pareva essere del tutto sparita.

 
Le settimane che seguirono la dimissione di Mei dall'ospedale servirono loro per sistemare casa in attesa dei bimbi, ancora in incubatrice, e per abituarsi all'idea di averli tutti insieme, di colpo, nelle loro vite.
O meglio.
Per permettere a Camus di abituarsi, perché per quanto a parole fosse supersicuro di sapersi destreggiare, Mei era del parere che avrebbe faticato ad abituarsi ai ritmi dei neonati.

Che fosse un ottimo padre lo sapeva, che sapesse come tirar su dei bambini era ovvio, ma sarebbe stato capace di avere a che fare con tre neonati?
Tempo una settimana e gli verranno i capelli bianchi, aveva pronosticato Shiryu.

Ferma sulla porta del bagno mentre l'interessato era sotto la doccia inconsapevole della sua presenza, Mei scosse la testa.
Staremo a vedere....
"...io vado, ci vediamo dopo." esordì.
Camus allentò la pressione dell'acqua e si sporse dal box doccia.
"Oppure, potresti unirti a me." le rispose, inducendola ad avvicinarsi.

"Non mi accontento di una cosa veloce." rispose, lanciando un'occhiata all'interno. "E comunque, ho un appuntamento."
Camus fece spallucce.
"Mal per te, non sai che ti perdi!"
"Non ho detto no a priori, quando la dottoressa mi darà l'ok, recupererò tutto con gli interessi."
Lui sorrise.
"Prima o poi dovrai dirmi che cosa vai a fare al Santuario senza di me."
"...quando sarà il momento, Camus." rispose, criptica.
"No, seriamente. Va tutto bene?"
"Certo. Te lo direi se fosse il contrario."
"Sei sicura?"
"Per tutti gli Dèi, Camus, non ho una storia segreta con Shion." rispose Mei, maledicendosi per essersi fatta sfuggire quell'informazione. Camus avrebbe dovuto sapere tutto a tempo debito.
"Il tuo appuntamento è con Shion?!" Camus sgranò gli occhi. "E perché ti vedi con lui?"
"...per le Anfidromie. Ricordi, me ne avevi parlato in ospedale, dopo il parto." fu la svelta replica di Mei. "È arrivato Hyoga, vado davvero."
"...ma..." protestò, uscendo di corsa dalla doccia. "Hey! Non te la caverai così facilmente, ne parleremo a cena!"
 
"Benvenuta, Mei. Entra pure." la accolse Shion, intravedendola sulla porta della biblioteca.
"Senza volerlo ho rivelato a Camus che i miei ultimi appuntamenti al Santuario sono stati con voi." esordì Mei, ridacchiando. "Spero non gli salti in testa la brillante idea di seguirmi come fece durante il capodanno cinese o rovinerà i piani che sto imbastendo per il due settembre."
"Dovesse chiedermi qualcosa, lo depisterò con le Anfidromie." sorrise Shion di rimando.
"A tal proposito... in teoria dovrei parlarvi anche di questo. Camus me ne ha parlato durante la degenza, mi ha spiegato in cosa consistono e l'importanza che alcuni riti ricalcano in questo ambiente."

Shion mise un segnalibro al tomo aperto sul grande tavolo sotto il lucernario.
"Il rito più importante in uso qui al Santuario è la Consacrazione, a onor del vero. E sono solo una parte delle Anfidromie: così come per un cristiano è importante battezzare i propri figli, qui al Santuario è importante che i figli dei Saints crescano abbracciando il culto della nostra Dea."
"Sì, Camus ha più volte insistito su questo aspetto, con la sola differenza che un cristiano può scegliere se battezzare o no, non è obbligatorio per legge. Chi vi dice che io, o Shunrei, oppure... Saraswati non preferiremmo crescere i nostri figli con il culto di altre divinità? Lixue è cresciuta abbracciando le idee di entrambi, è abituata a rivolgersi ad Athena come a Kwan-Yin: una volta consacrata dovrà abbandonare quest'abitudine?"

"Affatto. Se le divinità alle quali tu o la consorte di Shaka vi rivolgete sono inoffensive e non hanno propositi bellicosi nei confronti di Athena, potete proseguire nel vostro credo religioso, e i vostri figli ugualmente. Gold Saints a parte, tanti qui osservano religioni diverse, purché non interferiscano in alcun modo con Athena."
Mei trasse un lungo sospiro prima di proseguire.
"Se io dovessi...come dire... passare dalla vostra parte e, per usare le parole di Camus, pormi sotto l'ala protettrice di Athena, sarei costretta a rinunciare al taoismo? E come funzionerebbe il passaggio?"

Shion la guardò qualche istante, per capire se era una domanda seria o una domanda posta con ironia: a dispetto dei suoi pensieri, Mei era seria.
"Per quanto mi riguarda, considero taoismo, buddismo e confucianesimo dottrine mistico - filosofiche, perciò non andresti incontro a particolari rinunce. Chi si accinge a essere consacrato deve seguire una sorta di preparazione, quindi una volta istruito a dovere, termina il suo percorso formativo con un bagno rituale. Permettimi una domanda, Mei. Per quale motivo mi hai posto una domanda simile?"
"Desolata, non posso e non voglio farne parola." rispose Mei.
"Riguarda il probabile Cosmo che i tuoi figli potrebbero sviluppare?"
Mei non rispose, preferendo tacere.
"Oh, d'accordo. Avrai sicuramente le tue ragioni. Confido nel fatto che, essendo cresciuta con Dohko, nel quale ripongo una fiducia non quantificabile a parole, ed essendo sposata con Camus, per il quale nutro una profonda stima, la tua conoscenza del Santuario sia di gran lunga superiore a quella di un neofito che si accinge ad essere formato." convenne Shion. "Tuttavia, devo metterti a conoscenza di alcuni altri dettagli. Le leggi che regolano questo mondo vanno al di là della comune cortesia o dell'educazione impartita e agli occhi della gente comune, sono molto severe... gli abitanti di Rodorio le conoscono, per questo affermo che ai loro occhi sono inflessibili. E beh, non hanno tutti i torti, perché lo sono: molte le ho stilate io stesso, nel corso degli anni. Nel caso specifico dei Gold Saints sono molto più restrittive rispetto ai Saints di rango inferiore, e vanno a toccare anche la sfera privata."
Mei lo guardò sfogliare il libro e aprirlo a una certa pagina.
"Fino a che punto?"
"Se la tua domanda riguarda quel che credo io, puoi star certa che non si sfocia nella sfera intima, non esistono leggi che regolano quante volte un Saint può congiungersi con una donna o con chiunque egli o ella voglia, ma alcune regolano la scelta del coniuge e l'educazione religiosa dei figli."
"Come, prego?"
Shion girò il libro verso di lei, invitandola a leggere.
Il primo paragrafo era dedicato soprattutto alle leggi che regolavano la vita al Santuario, i comportamenti che un Saint doveva adottare in pubblico e con i parigrado, e nello specifico dei ranghi inferiori, come ci si doveva porre nei confronti dei ranghi superiori. Molte le conosceva già, Camus, negli anni, le aveva più volte raccontato delle norme severe alle quali doveva sottostare. Saltò un paio di paragrafi, decidendo di leggere subito ciò che le interessava.
"...è concesso prendere moglie, a patto però che la Sposa non faccia parte, direttamente o indirettamente, di una schiera palesemente nemica. Le unioni tra Saints –di qualsivoglia grado- e membri appartenenti a classi nemiche sono proibite per legge... alle Spose dei Gold Saints è concesso il libero passaggio in tutte le aree comuni del Santuario, a eccezione dell'Altare di Athena, alla Statua dietro di esso e alla Sala d'Oro, luoghi per i quali esse necessitano di un accompagnatore."
"...tempo fa era proibito anche l'unione tra Saints di diverso rango, ma poi decisi di abrogare quella legge classista. Altrimenti, Milo e Aiolia non potrebbero stare con le loro dolci metà."
"E Freya?"
"Cosa?"
"Freya, dico. Vi ricordo che sua sorella maggiore ha fatto parte dei nemici di Athena, anche se indirettamente, a causa di Poseidone."
"Indirettamente, appunto. Hilda era stata plagiata, Odino e il popolo di Asgard hanno sempre mantenuto una certa amicizia con Athena e il Santuario. Camus ha comunque garantito per lei." 
"Oh. Ed è così che si stabilisce se una donna è idonea o no?" 

"Vengono avviate accurate indagini sul suo conto." rispose Shion, pratico. "Saraswati, prima di poter sposare Shaka e prima di poter accedere al Santuario, è stata esaminata con cura, e la stessa cosa avverrà con Iris, la fidanzata di Aphrodite. Tu e Shunrei, data la natura della vostra stretta relazione con tre Saints, avete subito un controllo decisamente meno invasivo della moglie di Shaka."
"Devo ritenermi fortunata?"
"Quando ben tre Gold Saints garantiscono per una persona giurando sul proprio onore, ogni indagine risulta superflua." replicò Shion. "Tornando alla questione dei figli, tutti coloro nati sotto l'ala protettiva di Athena hanno l'obbligo di seguirne il culto, devono essere presentati alla Dea per ricevere la sua benedizione ed essere a lei consacrati, senza eccezioni. Insieme ai vostri figli, saranno presentati anche tua nipote, la figlia di Shaka e il figlio di Milo: le Anfidromie sono eventi più unici che rari qui al Santuario, dato che in passato le occasioni per festeggiare la nascita di una nuova vita erano sporadiche. All'epoca si usava festeggiare i neonati a pochi giorni dalla nascita, come sai la mortalità infantile allora era altissima. Ma direi che al giorno d'oggi non ci sono particolari problemi e che quindi possiamo essere più generosi col tempo. Aspetteremo la nascita di Nikos e poi procederemo con i festeggiamenti. Per quanto riguarda la tua ipotetica consacrazione, sappi che lo farà anche Saraswati. Tu pensaci, poi mi dirai."
Nel frattempo, in palestra, Hyoga stava facendo passare il tempo con l'arrampicata. Non era uno dei suoi sport preferiti, a volte le vertigini gli giocavano brutti scherzi, ma, aveva notato, era un ottimo modo per scaricare la tensione.         
"Come sarebbe, ha incaricato te di dargli una mano?"
Shiryu inarcò un sopracciglio, con disappunto.
"Potrei dire la stessa cosa su te e mia sorella." replicò.
Hyoga prese altra magnesite dal sacchetto legato in vita e mugugnò nel raggiungere una presa difficile.
"Nel nostro caso è diverso."
"Non proprio." lo corresse Shiryu. "Ti devo ricordare che quella volta, a casa, il suo sai ti ha mancato per un soffio?"

"Le divergenze tra me e tua sorella si sono appianate, quelle tra Camus e te, no." Hyoga sorvolò sull'ultima affermazione.
"Diciamo che sono stato interpellato per via delle mie conoscenze."
"E quali conoscenze avrebbero indotto Camus a ricorrere a te?" domandò Hyoga, spostandosi di mezzo metro sulla parete.
"Beh, io parlo cinese e conosco i dettagli di un matrimonio tradizionale... lui, no."
Hyoga perse il sorrisetto sardonico che aveva mantenuto fino al minuto precedente.
"Aspetta un minuto: Camus vuole organizzare una cerimonia cinese?!"
Shiryu ridacchiò.
"Sì."
"Ma... tradizionale nel vero e proprio senso della parola?"

"Con gli hanfu e tutto il resto...sarà uno spettacolo vederlo abbigliato come me... con quei capelli rossi, poi..."
"Oh mannaggia. Questo potrebbe essere un problema."
"Ma no, basterà evitare il colore rosso e tutto filerà liscio..." minimizzò Shiryu.
"Il problema è che Mei sta organizzando un matrimonio russo, a Kobotec, per la mattina del due settembre!" scandì bene Hyoga.
Shiryu ci rifletté su un istante.
"Sì, potrebbe essere un bel problema." convenne. "Vedrò di inventarmi qualcosa."
Tre metri e mezzo più in basso, Seiya sbuffò.
"Hey, voi due, intendete darvi da fare o preferite restare sospesi a mezz'aria mentre chiacchierate? Shiryu, non sei una piuma." protestò.
"Ma quanto sei cafone." lo rimproverò Shun, che, dal canto suo, stava assicurando Hyoga, in bilico come Shiryu sulla parete. "Tranquilli ragazzi, fate con calma, non c'è fretta."
"Macché..." sospirò Hyoga. "Shun, sto per scendere."
Salutati gli amici, Hyoga e Shiryu si diressero all'undicesima casa, certi di trovare Mei di ritorno dall'incontro con Shion.
"A proposito, essendo in argomento... mancano appena due settimane al tuo matrimonio... come ti senti?"
Nel panico.

"Stanco." preferì rispondere. "È già tutto organizzato, ogni dettaglio è al suo posto e sono pronto, ma..."
"Vorresti scappare."
"Sì. Vorrei prendere Freya e fuggire via, sposarmi senza teste coronate, stupide bomboniere,  castelli, cena da quindici portate e gran balli." ammise Hyoga. "Sarei disposto a sposarmi a Las Vegas con il sosia di Presley come officiante, piuttosto."

"E allora fallo." commentò Shiryu, serio. "Torna a casa e partite, subito, senza pensarci troppo su."
"Come se potessi farlo..."
"Puoi, non sei loro prigioniero. Se permetti a Hilda ti tenerti testa adesso, finirai col permetterle di metter bocca a tutto ciò che potrebbe riservarti il futuro. Finirai con il trasferirti a palazzo, a diventare un bamboccio alla completa mercé di sua maestà."

"Mi sembra di sentir parlare Camus."
"Perché abbiamo ragione." disse Shiryu, senza fare battute di alcun genere ai danni del cognato. "E Freya come la pensa? Lei è contenta del circo mediatico imbastito da sua sorella?"
Hyoga scosse la testa.
"No." rispose in un soffio. "Ma credo voglia vivere quel giorno al posto di Hilda, farle vivere una cerimonia come quella che avrebbe voluto con il suo defunto fidanzato."

"Ma il matrimonio è il vostro, non il suo." obiettò Shiryu.
"Non... non so cosa dire, o cosa fare."
"Sei ancora in tempo a fermare tutto. Meglio adesso che il fatidico giorno, magari in chiesa, davanti a tutti gli invitati." commentò Shiryu, pratico. "Sembra che tu stia per andare al patibolo. Non puoi certo sposarti in questo stato."
"Shhhh." lo zittì Hyoga, prima di entrare all'undicesima casa. "Ne parleremo più avanti."
 
*

"Non ricordavo fossero così enormi le pizze." commentò Camus, guardando la propria capricciosa sul piatto, più piccolo rispetto alla pizza.
"Da quanto tempo non ne mangi una?"
"Da troppo."

"Questo perché non hai mai mangiato una pizza napoletana, a Napoli, in una pizzeria locale che si affaccia sulla costiera." ridacchiò Mei, divertita. "Comunque se non riesci a finirla, ti do' volentieri una mano: ho una fame tale che potrei mangiarne tre di queste."
"Esagerata." replicò lui, guardandola addentare, famelica, un quarto della sua. Qualche minuto dopo, Mei iniziò a canticchiare a bassa voce, seguendo una famosa canzone italiana trasmessa nel locale, con un sorriso che si estendeva agli occhi. "Dovremmo venire più spesso qui."
"Mh?"
"Questo posto ti mette allegria, da quando siamo qui hai una luce particolarmente bella negli occhi."

"Tutto questo mi ricorda mia madre, le nostre giornate italiane durante le stagioni teatrali, i suoi vinili..." spiegò lei, riprendendo poi il filo della canzone. D'un tratto prese la sua mano, stringendola. "Nel blu degli occhi tuoi blu, felice di stare quaggiù, con te."
"..." Camus sorrise, arrossendo appena.
"Modugno... nel blu dipinto di blu, mai sentita? Dai, è famosissima, la conoscono persino in Antartide..."
"Sì che la conosco. Pensavo che mi mancheranno un po' questi momenti, perché da domani  saremo invasi da pannolini sporchi e bavaglini pieni di pappa."
"Per la pappa è ancora presto, ma i pannolini, quelli ce ne saranno in grande abbondanza."

"Però non vedo l'ora di stringerli, non posso più sopportare di vederli solo attraverso un vetro."
"E lo dici a me?" domandò Mei. "Da quando sono nati ho visto solo incubatrici e macchinari... sono impaziente di avere i miei bimbi a casa!"
"Anche Hyoga è impaziente, ha già mostrato la foto di Josie a tutti e acquistato una montagna di giochini."

"A proposito, ho come la sensazione che stia nascondendo qualcosa."
"In che senso?"

Mei sospirò.
"So che è sbagliato impicciarmi dei fatti altrui, ma l'altra mattina mi ha chiesto di fare un paio di commissioni per lui e una volta a casa, nel portare nella sua stanza i vestiti ritirati dalla lavanderia, ho visto una cartella medica e dei farmaci strani che, stando a quanto letto su internet e a quanto mi ha confermato Aphrodite, servono nella cura di alcune serie patologie a carico dell'apparato digerente." spiegò, facendogli vedere alcune foto sul cellulare. "Cinque giorni fa ha anche subito una gastroscopia... suppongo con esito positivo dato che il referto allegato non indica ulcerazioni in atto."
Camus fece scorrere le foto, sul viso un'espressione di ghiaccio.
"Non so... lo vedo molto deperito, deve anche aver perso peso perché mio fratello dice che si vedono le costole." proseguì Mei. "Insomma, posso capire avere un po' d'ansia o agitazione, ma così è troppo, non credi? Dovremmo pensare a che cosa fare per..."
"No." la interruppe Camus. "Non voglio pensarci adesso. Voglio solo godermi questa pizza, insieme a mia moglie, la sera prima delle dimissioni dei nostri figli dalla terapia intensiva. Punto. E non guardarmi così, per cortesia, ho già in mente la strigliata che dovrò fargli."
"Ecco, ora ti riconosco. Cominciavo a preoccuparmi."
Lui seguitò a mangiare, silenzioso.
"Dai, non fare così. Troveremo un modo per aiutarlo." sorrise Mei, cercando di essere positiva. "Credo che prenderò il dolce al limone, la descrizione sul menù mi ispira parecchio. Oppure questo, ha un nome che promette bene: trionfo all'arancia. "
Mentre Mei consultava il menù dei dolci, la sua mente cominciò a elaborare un piano.

"Il solo modo per aiutare Hyoga consiste nel cancellare quel matrimonio."
 
***
 
Lady Aquaria's corner
'sera! Mi rendo perfettamente conto del ritardo col quale pubblico, ma tempo e salute non sono stati per niente clementi con me nelle ultime settimane.

Il titolo fa riferimento a una canzone di Whitney Houston.
Al di là di tutto, come sempre, ringrazio quelle poche anime pie che leggono e recensiscono, alla prossima!

Lady Aquaria
   
 
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