Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh! Arc-V
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Autore: tbhhczerwony    27/09/2017    0 recensioni
【sì, mi piacciono i backstage | yuya's pov】
dal prologo:
Appoggio le mie braccia sul banco e ci poggio sopra la testa, fissando la lavagna multimediale che stava sul muro davanti a me. Non riesco proprio a tenere gli occhi ben aperti, stanotte sono stato sveglio la notte a guardare Psycho-Pass e Terror in Resonance, quelle serie mi prendono fin troppo.
Chiudo gli occhi per qualche secondo e, dopo aver sentito dei passi, li riapro, vedendo dei miei compagni entrare.
«Yuya, già dormi?» ridacchia uno dei ragazzi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Yuya Sakaki
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Backstage'
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Vedendo le loro espressioni, ho intuito che anche loro avevano un po’ d’ansia. Mi sento meno solo, però loro non hanno certo la stessa ansia che ho io. Spero solamente che questo colloquio finisca in fretta e, spero anche di essere bravo nella recitazione del mio copione come prova al regista.
Non appena il produttore torna, mi consegna un foglio con scritta la battuta che dovrò dire il giorno delle riprese del primo episodio. Prendo un respiro profondo e comincio a recitare, sperando che vada tutto bene.

 
01: Il colloquio – Parte 2
 

«Inizia lo spettacolo!» esclamo, e guardo il regista con uno sguardo come per dire “ehi, dimmi che sto facendo giusto”, e lui, intuitivamente, annuisce, così continuo. «Signori e signore e Gong, adesso diamo il via al divertimento con una bella carrellata di simpaticissimi ippopotami! Avanti ragazzi, scatenatevi!» dopo qualche secondo smetto, e guardo un po’ tutti.
Yuzu mi sta guardando con un’occhiata abbastanza sorpresa, non saprei nemmeno io stesso come descriverla. Sora ha un’occhiata da fanboy, mentre il regista ha gli occhi chiusi, sicuramente sta riflettendo. Mi chiedo come sia andato, se la mia interpretazione era giusta.
L’uomo apre gli occhi, mi guarda e annuisce. «Sei tu quello giusto»
Nella mia mente, dopo aver sentito quelle quattro parole, è tutto un “ti prego non svenire, ti prego non svenire, ti preGO NON SVENIRE”. Tiro un sospiro profondo, ridacchiando imbarazzato, «D-dice davvero? Io… non sono sicuro…».
«Tu hai la personalità giusta. Sei il classico ragazzo timido al di fuori, ma quando è nel suo mondo, nel tuo caso la recitazione, tira fuori la sua vera natura»
La descrizione più o meno ci sta, ma io tiro fuori la mia vera natura solo quando vedo cose che mi piacciono, con persone che mi stanno molto care. Anche se, nessuno mi sta caro al momento, li conosco tutti a malapena. Dopo di me, il regista decide di far provare il copione a Yuzu, non so perché lo stia dando solo a lei, molto probabilmente però Sora e Shingo nel primo episodio non appariranno. Sono solo prove, presumo che le riprese le faremo un altro giorno – anche se mi sta già salendo l’ansia, chissà che costume dovrò mettermi, in che modo assurdo dovrò vestirmi per interpretare il protagonista?
Mi metto a rileggere il mio copione. Ci sono scritti i nomi di alcuni personaggi, ma il mio è contrassegnato con “protagonista”, wow, che fantasia, sarà quello il mio nome? Anche se a pensarci bene, tutti i protagonisti hanno il nome che inizia per “Yu” – eccetto Jaden Yuki, lui ha il cognome, che inizia per “Yu” – quindi molto probabilmente lasceranno il mio e interpreterò “me stesso”.
Appena noto che la scheda del copione è fronte retro, mi metto a leggere il riassunto della storia del personaggio che dovrò interpretare. L’unica cosa che ho capito è che è un duellante di intrattenimento, è sempre molto allegro, ma ha una storia triste. Beh, non è affatto niente male, devo ammetterlo. Anche se mi studierò il tutto più tardi, ora non ho tanta voglia di leggere.
«Ricordatevi sempre di presentarvi alle prove e, per comunicare con gli altri fate in modo di crearvi un gruppo chat, magari su Whatsapp»
Oh, no, ne ho già troppi di gruppi. Prima quello con mio cugino e il suo ragazzo, poi quello di famiglia dove ci siamo praticamente io, i miei genitori e altri membri della famiglia, il gruppo di classe e altri fatti completamente a caso con amici di classe e non. Credo che dovrò eliminarmi un po’ di questi gruppi, prima di unirmi a quello del set di Yu-Gi-Oh.
«Aspettate, io non ho un telefono! Ne ho uno molto vecchio, non ha nemmeno internet…»
È davvero strano, eppure tanti bambini della sua età lo tengono. Hanno sempre un iPhone nuovo di zecca in mano, ma chissà, magari i suoi genitori lo stanno istruendo bene, in confronto agli altri che viziano i figli.
«Come ti chiami?» gli domanda il regista.
«Il mio nome è Shingetsu Sora».
«Ah, ho capito chi sei, il figlio di Shingetsu Rei e Kamishiro Rio, vero?».
Ora capisco perché mi sembrava di aver già sentito il suo cognome! Sapevo che Rio e Rei avevano un figlio, ma non immaginavo fosse proprio Sora.
«Sapevo di averti già conosciuto da qualche parte!» esclama Yuzu, «Ma non c’era nessuna foto tua nei siti, di conseguenza non sapevo quale potesse essere il volto del figlio di Kamishiro e Shingetsu, è un vero onore conoscerti!».
«Ma no… così mi metti in imbarazzo… come se fossi una persona sacra…» risponde invece lui, imbarazzato.
Beh, effettivamente è figlio di due attori diventati ormai famosi, non sarà una persona sacra, ma diventerà famoso ben presto anche lui, grazie a loro. Anche i miei genitori sono abbastanza famosi, non universalmente, ma lo sono, e sono ben voluti da tutti.
Dopo la fine del colloquio, ci dicono di nuovo la data del secondo, a quanto pare sarà dopodomani. Ah, che belli i momenti liberi, vero? Dato che avevo già fatto un po’ di conversazione, mi fermo a parlare con Yuzu, chissà, magari potrei diventare suo amico— o qualcosa di più, un giorno o l’altro.
«Ehilà!» le dico, cercando di essere più normale possibile.
«Oh, ciao» mi risponde, voltandosi verso di me e fermando la sua camminata, «Hai fatto un ottimo lavoro con il tuo provino, anche se forse non posso dire lo stesso di me, ero un po’ in timore…».
«Ma no, sei stata favol— uhm, sei stata grande invece! Secondo me è solo la prima volta ad averti messo un po’ di timore, ma poi ti ci abituerai».
«Tu eri così fluido e spontaneo… sembri proprio uscito da una scuola di recitazione, sei davvero molto bravo».
Arrossisco ai suoi complimenti, non immaginavo che me li facesse, tantomeno mi immaginavo di riceverli proprio da lei.
«T-ti ringrazio… sono stati i miei genitori a influenzarmi questa “mania”».
«Davvero, quindi i tuoi genitori sono attori?» io annuisco, «Ma è stupendo! Mio zio è un attore e una volta era un direttore d’orchestra, magari lo conoscono, chissà».
Scusa? Se i miei genitori conoscessero davvero suo zio, perché non mi avevano presentato prima questo ben di Dio? Scuoto leggermente la testa e le sorrido, accennando una risatina, «Ah, sì, potrebbe essere, già!».
Yuzu ridacchia, successivamente mi sorride, «è stato un vero piacere conoscerti. Oh, mi dai il tuo numero, così ti riconosco nel gruppo in un altro momento?».
Meno male che non gliel’ho chiesto io il suo numero, chissà per quale ragazzo mi avrebbe preso. Le do il mio numero, e successivamente lei fa lo stesso con me. Solo dopo che io e lei ci salutiamo, noto che Sora era tutto il tempo a fissarci.
«E tu che hai da guardare?» domando, con un’espressione contrariata.
Sora si mette a ridacchiare, «Stai attento, amico mio, so che te la sei prenotata.» e si avvicina a me, con un sorriso ebete, «Ma se non te la prendi tu… ci proverò io».
Mi metto a ridere, e lui mi guarda con un’espressione quasi scioccata. Chissà come ci si sente a essere lui in questo momento. «Scusa, ma hai dieci anni, non puoi stare con lei che ne ha quattordici» e mi asciugo la lacrima che mi scende dall’occhio destro, mentre cerco di smettere di ridere.
Lui mi guarda di nuovo con un sorrisetto beffardo e si mette a ridacchiare, «Sai qual è il mio sogno più grande, oltre essere un attore di successo?».
«Spara».
Sono proprio curioso di sapere qual è, il suo sogno più grande. Sora prende un profondo respiro, al che, sorride di nuovo e si prepara a parlare.
«Il mio sogno è sposarmi con una ragazza più grande di me, e il suo seno diventerà il mio cuscino quando dormirò con lei!».
Rimango sbigottito dalle sue parole. È di sicuro la cosa più strana e perversa che abbia mai sentito dire da un bambino di dieci anni. Scuoto leggermente la testa e mi convinco di aver capito male, poi lo indico, e lo guardo con un’espressione confusa.
«Puoi ripetere, per favore?».
E mi ripete la stessa cosa che aveva detto prima. No, non ho capito male, ho capito benissimo, invece! Mi do delle pacche sulle guance e cerco di riprendermi, poi sospiro.
«Tu sei un pervertito, lo sai?» gli dico.
«No, la mamma mi ha sempre abbracciato con i suoi morbidi cuscini, è una cosa normalissima!».
O Rio lo vizia talmente tanto da farlo diventare perverso, o è semplicemente tanto viziato dalla madre che vuole coccole da qualsiasi ragazza che respiri. Una delle due deve essere, ma per il momento sono troppo sconvolto per saperlo, quindi non gli chiedo altro.
«La nonna però dice che ho problemi, litiga sempre con mamma» okay, questo mi incuriosisce.
«Che vuoi dire?».
«Io adoro le attenzioni che mi dà mamma, le richiedo io stesso, ma secondo nonna ho dei problemi e ho bisogno di uno psicologo, secondo lei i bambini di dieci anni sono abbastanza grandi da non “subire” più le coccole della figura materna».
No, no, no, questo non è vero! Anche io a dieci anni richiedevo un po’ d’attenzioni a mia madre, certo, non come fa lui, però lo facevo. In fondo è un bambino, senza il supporto dei genitori, cosa farebbe? Credo che sua nonna sia troppo dura con lui.
«Mi dispiace molto, in questo caso non sono d’accordo con tua nonna, puoi farti dare tutte le attenzioni che vuoi da tua madre… beh, moderate, ovviamente…».
Un giorno anche lui diventerà adolescente, magari capirà l’imbarazzo che si prova a volte quando la madre coccola il figlio davanti agli altri. Mia madre lo fa ancora, ma ovviamente sa che mi imbarazzo facilmente.
«Tu sì che mi capisci, Yuya. Ad ogni modo, posso fare la strada con te oggi? Dove devi andare?».
«Ehm… a casa…?»
«Sì, ma è molto lontana da qui?».
«Figurati, ho preso un bus».
Lui mi indica un po’ alla… sapete quei meme americani in cui qualche attore famoso indica lo schermo? Ecco. «Fammi indovinare, hai preso il quattro, vero?»
Io, imitandolo, gli rispondo ridacchiando «Sì, perché?» e ci mettiamo a ridere.
«L’ho preso anche io per venire qui, forse facciamo la stessa strada».
Possiamo scoprirlo solo andando via insieme. Yuzu se n’è andata via proprio poco fa, quindi non credo che scoprirò mai se è mia vicina di casa o no. Così, dopo poco, mi incammino verso la fermata dell’autobus insieme a Sora che, tutto contento, mi segue.
«Lo sai che è la prima volta che esco da solo e con un amico?» mi domanda, non cancellando il sorriso dal suo volto.
«C’è sempre una prima volta» gli dico, ricambiando il sorriso.
Ci sediamo insieme nella panchina, e a fianco a noi si siede una ragazza dai capelli blu e gli occhi verdi, troppo impegnata a guardare dentro la sua borsa per notare che Sora la sta fissando intensamente. Il suo telefono squilla, così lei risponde.
«Amore?».
E lì vedo il bambino intristirsi e abbassare lo sguardo, così gli do delle leggere pacche sulla spalla.
«Un giorno arriverà anche per te quel momento, tranquillo» gli dico, sospirando appena. Chissà se quel momento sarebbe arrivato anche per me.
«Sì, purtroppo non ho fatto in tempo ad andare al colloquio di ARC-V, quindi sto tornando a casa…».
Appena la sentiamo pronunciare “ARC-V” ci mettiamo a guardarla, e lei ci rivolge uno sguardo stranito. Naturale, vogliamo assolutamente sapere perché doveva esserci anche lei, ed è anche naturale il suo sguardo rivolto a noi.
«T-ti richiamo dopo, okay?» e ripone il suo telefono dentro la borsa, «Che avete da guardare in quel modo?».
«Non abbiamo origliato nulla, ma mentre parlavi hai detto “ARC-V”, giusto?» domando io.
«Sì, perché?».
«Beh, noi due siamo due personaggi parte del cast— ci dispiace che tu non sia potuta venire in tempo al colloquio».
Lei addolcisce leggermente lo sguardo, mettendosi una mano al petto e voltandosi completamente verso di noi. «Scusatemi, non ne avevo proprio idea»
«Non preoccuparti. Io sono Sakaki Yuya, e lui è Shingetsu Sora, piacere di conoscerti».
«Io sono Serene- …Serena. Solo Serena, piacere» e ridacchia imbarazzata. Sicuramente non vuole dire il suo nome intero, però chissà da dove proviene per avere un nome quasi europeo – anche se ormai suppongo esista ovunque.
«Ad ogni modo se vuoi ti accompagniamo agli studi, credo siano ancora aperti per registrarti, facciamo appena in tempo per prendere il bus» le propongo, e lei mi accenna un sorriso.
«Sì, può andare, tanto il mio non arriva prima di mezzogiorno».
Mezzogiorno? Adesso sono le undici, è qui solo perché crede di essersi persa il colloquio? Poco dopo l’accompagniamo e si fa registrare. In quel momento capiamo tutti perché non vuole farsi chiamare con il nome intero.
«Quindi il tuo nome è… Serenella Foster?» domanda il regista, «Sì, in effetti ricordavo di averti chiamato».
«Gradirei essere chiamata solamente Serena, grazie.»
Ci credete che non ho mai sentito un nome così strano in vita mia? Non dico “strano” in senso negativo, anzi, potrebbe anche suonare bene, ma mi chiedo perché i suoi genitori le abbiano dato un nome che non le piace – anche se, i neonati non sanno mai come i genitori li chiamano, alla nascita. Non che Yuya mi piaccia tanto, diciamo che mi va bene e basta.
«A me piace come suona Serenella!» ed ecco Sora che se ne esce con una delle sue.
«Sì…» ridacchia lei, «Potrà anche piacerti, ma non piace a me».
Presumo che questa ragazza non sia esattamente una simpaticona. Ma ad ogni modo, dopo una piccola prova di recitazione, torniamo alla fermata del bus, e non appena arriva il nostro, salutiamo Serena. Io e Sora ovviamente ci sediamo vicini, ci mettiamo in uno degli ultimi sedili a fianco al finestrino, inutile dire che si è seduto lui nel mio posto preferito – sì, quello accanto al finestrino.
Visto che sono ancora in piedi decido di mettermi nel sedile di fronte a lui, anche se non so quanto sia buona l’idea di essere seduto e vedere l’autobus che va al contrario anziché la stessa direzione che prende realmente. Spero solo di non vomitare.
«Anche a te piace stare vicino al finestrino, eh?» mi dice, ridendo. Io ridacchio e annuisco, poi mi metto a guardare fuori.
   
 
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