Ringrazio
anche solo chi legge.
Scritta
sentendo:
https://www.youtube.com/watch?v=F5vTYKONznU&feature=youtu.be.
★ Iniziativa:
Questa storia partecipa
alla challenge “Prosthetic Kink Contest!” a cura di
Fanwriter.it!
★ Fandom:
Il re leone.
★ Numero
Parole: 659.
★ Prompt
brevi: 8. Sfregio.
Sul
viso i segni della malvagità
Scar
si guardò allo specchio e si accarezzò la
guancia, osservò la cicatrice all’altezza
dell’occhio e avvertì una fitta al
petto.
<
Non sarò mai più come gli altri… mi
guarderanno
sempre come uno diverso, un poco di buono. Sono la vergogna della mia
famiglia,
come se quello che sono già non bastasse >
pensò.
La
porta si aprì e Scar si strinse la cravatta.
“Ti
stai ancora preparando, fratellino?” chiese
Mufasa. Raggiunse il fratello e lo abbracciò, Scar gemette.
Mufasa gli
scompigliò i capelli e lo fece ondeggiare.
“La-lasciami…”
mugolò Scar.
Mufasa
gli sorrise.
“Certo
che quella cicatrice in faccia ti dona” disse.
Scar
gli appoggiò le mani sul petto muscoloso e cercò
di allontanarlo, avvertì una fitta al polso e gemette,
abbassando le braccia.
“Non
è vero. È uno sfregio che nostro padre mi ha
fatto per ricordare che sono un figlio illegittimo. Come se avermi dato
quest’orribile
nome di battesimo non fosse abbastanza” ringhiò.
Mufasa
socchiuse gli occhi e strinse le labbra. Gli
afferrò il mento e gli sollevò il capo,
guardandolo in viso.
Un
robot di metallo bianco raggiunse la porta,
avanzando su delle ruote cinghiate, e la chiuse.
“Devi
indossarlo con orgoglio” disse secco Mufasa.
Le
gote scure di Scar divennero vermiglie e deglutì
rumorosamente, il suo battito cardiaco aumentò.
“Perché
è la prova che nostro padre è un
traditore?”
domandò Scar con voce tremante.
“Perché
è la prova che tu non ti sei arreso. Lui cerca
di farti fuggire da questa dimora. Ti tratta peggio di uno scendiletto
perché
spera di vederti andar via, rinunciando a quello che è tuo
di diritto. Rimarrò
al tuo fianco, dovranno divedere anche con te i beni della nostra
famiglia.
Tu
sei, a tutti gli effetti, mio fratello” ribatté
Mufasa.
Scar
indietreggiò e andò a sbattere contro lo
specchio, mugolò e cadde in avanti.
Mufasa
lo abbracciò e Scar gemette, sentendo le
braccia possenti del più grande abbracciarlo.
“Non
ho bisogno della tua protezione. Nostro padre ti
adora, i nostri dipendenti ti adorano. Sarai tu a ereditare la
‘Valle dei re’”
mormorò Scar con voce rauca.
<
Ti odio così tanto. Perché tu sei perfetto e io
non valgo nemmeno la metà di te. Tutta la mia vita
l’ho vissuta nella tua ombra
> pensò. Le sue iridi color smeraldo erano liquide.
Mufasa
si staccò da lui e gli passò la mano tra i
lunghi capelli, la sua pelle era più scura di quella del
fratello e faceva
contrasto con i suoi arruffati capelli rossi e la sua barba fulva.
“La
‘Valle dei re’ è la nostra ditta. Magari
sarò io a
guidarla un giorno, ma ti vorrò al mio fianco. Vorrei
potermi fidare di te,
renderti il mio più fidato consigliere. Dividere con te le
mie ricchezze” disse
gentilmente.
“Lo
sappiamo tutti che nostro padre vuole che tu
divida tutto con Sarabi, la tua promessa sposa”
ribatté Scar gelido, dandogli
le spalle.
“Sei
geloso di lei? Vorresti che fosse la tua sposa?”
chiese Mufasa, appoggiandogli una mano sulla spalla.
“Ha
dieci anni più di te e tredici più di me. Pensi
davvero che mi possa piacere? Inoltre lei, come tutti gli altri, vede
in questo
‘sfregio’ il segno dei miei bassi natali. Anzi,
pensa significhi direttamente
che sono malvagio” gemette Scar. Cercò di
togliergli la mano dalla spalla, ma
Mufasa lo fece voltare.
Scar
deglutì rumorosamente.
<
In realtà, ti odio perché ti amo, maledetto. Tu
sei così buono ed io sono… cattivo per nascita
> pensò.
“Quello
sfregio nostro padre te l’ha fatto con il suo
anello laser, poteva renderti cieco. Se c’è un
cattivo, qui, è lui” ribatté
Mufasa.
“Perciò
non mi considereresti malvagio qualsiasi cosa
io facessi?” chiese Scar.
Mufasa
annuì.
Scar
chiuse gli occhi, si alzò sulle punte delle sue
scarpe di vernice e lo baciò. Mufasa ricambiò il
bacio con vigore,
arrossandogli le labbra.
L’ologramma
alla finestra che mostrava una giornata di
pioggia lasciò il posto all’ologramma di una
bollente savana.