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Autore: Le_sorelle_Laclos    29/09/2017    6 recensioni
Forse, se Josephine non avesse sostenuto sua sorella Oscar, insegnandole ad ascoltare il proprio cuore e spingendola di fatto ad accettare l'amore di André, non sarebbe successo nulla di irreparabile alla famiglia Jarjayes. Ma Josephine non è pentita di ciò che ha fatto, tutt'altro: il destino della sorella minore non poteva che essere fuori da ogni schema, come sempre da quando è nata. Ma per quanto riguarda il destino della stessa Josephine? Esiste davvero anche per lei quella felicità completa che Oscar le scrive di aver trovato? E come si può sperare in un futuro felice, quando, già all'inizio del 1787, la Francia sembra destinata a scivolare inesorabilmente verso il baratro?
Dopo le Le amicizie pericolose, continua lo scambio epistolare tra Oscar "Françoise" Grandier e Josephine de Jarjayes de Liancourt.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes, Sorelle Jarjeyes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cara Sorella...'
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30. Oscar


Parigi, 25 giugno 1787


Mia cara Josephine,

non ci è stato possibile salutarti ieri sera per causa mia: un fastidioso malessere ha fatto sì che tornassimo al nostro alloggio (come ti accennavo ieri, abbiamo preso in affitto un piccolo appartamento, del quale si prende cura durante il giorno la sorella di François, il tuo preferito tra i miei soldati, dietro compenso).
No, non preoccuparti, non era niente di grave; soltanto un lieve capogiro, sparito molto in fretta. Colpa del tuo ricevimento, temo: v’era tanta e tanta gente, in quel benedetto tuo palazzo. Resto sempre molto sorpresa dal fatto che tu possa trarre divertimento dalla confusione, laddove io non faccio altro che rifuggirla per respirare un poco.

Devo comunque concederti che tu avessi ragione su un punto. Gli abiti.
Mi spiego subito. Ho indossato quello che desideravo, per amore di comodità ma, soprattutto, perché solo in abiti maschili mi sento me stessa; sono troppo disabituata alla cipria, alle scarpe scomode, alle scollature impudiche, e i miei capelli non tollerano costrizioni.
Qualcuno tra gli invitati, sì, mi ha seguita con lo sguardo, né più né meno di quando ero a Corte, e suscitavo già i pettegolezzi generali – qualcosa cui ho fatto l’abitudine così presto da farmi scivolare tutto addosso, voci sguardi malizia.
Ma quello che voglio dirti, tanto per dartela vinta una volta, è che è vero: André… André ha mal tollerato alcuni di quegli sguardi a me rivolti. E sebbene io non sia tale da aver bisogno di protezione né tantomeno dare piede libero ai complimenti, e ancora di più, sebbene sia impossibile che André pensi che io possa preferire le attenzioni di qualcun altro alle sue, c’era qualcosa, nel suo modo di starmi vicino, di ansioso. È stato molto più sollecito del solito a riconoscere il mio malessere, ed è stato lui a proporre che andassimo via, te lo giuro. E nemmeno quando siamo stati lontano dalla confusione, al riparo e in casa nostra, ha cambiato atteggiamento. Aveva bisogno che ci ritrovassimo soli, tanto e forse più di quanto io credessi.
E dire che aveva imbastito un interessante discorso con il tuo M. Roucher, alla fine del quale credo stessero perfino accordandosi per un lavoro editoriale; tuttavia, appena ha notato un uomo, credo un conte, avvicinarsi a me con il chiaro intento di attaccare discorso, è stato lesto a troncare ogni parola e mi si è avvicinato per chiedermi se stessi bene. Ero frastornata, come ho già detto, e silenziosa da qualche tempo per un lieve capogiro; così ho colto l’occasione e siamo tornati alla nostra intimità senza troppi indugi.

L’unico è stato quello di cercarti, ma nemmeno Roucher è stato in grado di dirci dove fossi in quel momento. Ho immaginato che tu fossi impegnata in faccende organizzative, che tra i servitori vi fossero stati problemi, che ci fosse bisogno di te altrove; così, confidando nella nostra informalità, ho lasciato detto semplicemente al tuo maggiordomo di porgerti i nostri saluti.
Sapevo, tanto, che oggi pomeriggio ti avrei trovata ad Auteuil, perché così ci aveva detto Roucher.

E invece non è stato così. Il tuo filosofo era a un tavolo a discutere con altre persone, di cui due dame; mi ha parlato di una tua indisposizione. È così? Non stai bene? Gradiresti che venissimo a farti visita in serata?


Oscar


P.S.: André mi prega di farti i complimenti per la deliziosa festa, la cui organizzazione impeccabile l’ha resa oltremodo piacevole. Confessa: come fratello è ben più gradevole di me.


   
 
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