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Autore: Arsax    01/10/2017    1 recensioni
Sequel di "The Bloody and Dark Princess"
Non potevo credere di averlo fatto. Non ci riuscivo. Non volevo. Sapevo di essere un mostro e le mie mani erano sporche del sangue di diverse persone già a venticinque anni, ma mai avrei pensato che la mia prossima vittima sarebbe stata lei.
Mi guardava con quegli occhi azzurri, sbarrati dalla sorpresa tanto quanto i miei. Volevo poter tornare indietro nel tempo e non compiere quel gesto, per impedire che si arrivasse a quel punto.
Avevo già perso la donna più importante della mia vita a soli sei anni e non volevo perdere anche lei.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4


Riservai una cura maniacale al mio aspetto. Volevo essere perfetto per lei, per il nostro terzo incontro.
L'autista mi accompagnò fino al castello Vidrean che, da quel che mi avevano detto alcuni dei miei parenti, sapevo essere in bancarotta, ma rimasi sorpreso quando vidi che Serena era riuscita a rimettere quasi a posto le finanze dei Vidrean.
Quando mi presentai al portone d'ingresso, due servitori mi aprirono la porta e mi invitarono ad entrare.
-Principe Stefan, non aspettavamo una vostra visita.- disse uno dei domestici visibilmente sorpreso di vedermi lì, mentre cercava di non farsi scoprire a osservare il segno rosso sulla mia guancia.
-Sono venuto per vedere la principessa Serena. Vai a chiamarla, aspetterò qui.- ordinai senza scompormi.
I due servitori si guardarono interrogativi, ma entrambi si congedarono e mi lasciarono in attesa. Mi persi a guardare i quadri degli antenati di Serena, fino a quando non la sentii avvicinarsi a passo di carica. Quando girò l'angolo dovetti trattenere a stento una smorfia. Indossava i pantaloni di una tuta, un top, aveva i capelli spettinati ed era completamente sudata. Il suo sguardo trasudava irritazione e rabbia.
Si fermò a un paio di metri da me, incrociò le braccia e si poggiò con una spalla al muro, tra due quadri dei suoi antenati. Provavo emozioni contrastanti a vederla in quello stato. Meraviglia e disgusto.
-Ma siete sudata?- chiesi guardandola schifato.
“Sei un genio. Non è proprio l'inizio adatto per delle scuse.” mi rimproverai mentalmente.
-No, mi piace fare la doccia vestita. Dovresti provare qualche volta.- rispose sarcastica.
La guardai confuso. Mi stava prendendo in giro?
-Allora, che sei venuto a fare?- aggiunse.
-Sono venuto a scusarmi per il mio comportamento...
-Da stronzo?- mi interruppe e dovetti raccogliere tutto il mio autocontrollo per non offendermi, anche perché me l'ero meritato.
-Inadeguato.- la corressi con gentilezza. -Non dovevo comportarmi così e vi chiedo scusa.
-Tanto ti sei rivelato per quello che sei veramente. Vuoi solo il potere, ma cosa dovevo aspettarmi da te? Non sei di certo il classico principe azzurro con la calzamaglia aderente.
Mi venne da sorridere a quella pungente, ma divertente battuta. Decisi di stare al gioco, ma senza andare fuori tema.
-Questo matrimonio è una cosa che si deve fare per portare la pace tra i nostri clan e poi la calzamaglia mi starebbe male.- dissi provando a scherzare.
Anche se non mi dette la soddisfazione di sorridere, la vidi trattenere un sorriso.
-E' un dovere.- convenne con me. -Ma non lo farò.
La guardai scioccato. Possibile che volesse scatenare una guerra tra i nostri clan? Oppure non era a conoscenza della clausola che ci legava e ci obbligava a sposarci? Se non ci fossimo sposati, saremmo rimasti dei semplici principi e i principi hanno potere molto limitato rispetto ai re. Era da incoscienti restare tali a vita. Che cosa diavolo aveva intenzione di fare Wilhelm?
Feci un respiro profondo, per non urlarle in faccia la realtà, e piantai i miei occhi nei suoi.
-Quindi volete la guerra.- constatai.
-No, non voglio sposarti. C'è una bella differenza tra il volere una guerra e non voler sposare uno sconosciuto ipocrita e stronzo.
-Lo sapete che se non ci sposiamo, non potremo mai diventare re e regina?- domandai, sorvolando sugli ennesimi insulti che mi aveva rivolto.
Aveva la lingua velenosa e tagliente, ma la cosa mi divertì. La vidi aprire la bocca per rispondere e la richiuse subito dopo. La vidi riflettere qualche istante e decisi di incalzarla.
-Non ve l'aspettavate, vero?- domandai.
-Non ti credo.- rispose con decisione
-Sei cocciuta come un mulo!- sbottai e volli mordermi la lingua per essermi dimenticato di darle del voi. -Cioè, voi...
-Lascia perdere l'etichetta almeno quando siamo soli.- mi interruppe. -Comunque hai ragione, sono testarda e scusami tanto se sono diffidente. Vuoi che fin da subito diventi la tua amichetta del cuore e che ci mettiamo lo smalto a vicenda durante i pigiama party?
“Ma di cosa diavolo sta blaterando?” mi domandai guardandola a occhi sbarrati. Quei paragoni non avevano minimamente senso per me.
-Cosa?
-Il punto è che non puoi incolparmi se sono diffidente, soprattutto dopo oggi, e anche perché...- si bloccò, ma io sapevo già cosa volesse dire.
La mia famiglia non era conosciuta per la sua benevolenza e clemenza, ma per la spietatezza. Anche lei si era fatta sopraffare dai pregiudizi ed era partita prevenuta con me. Questo mi ferii un pochino.
-E anche perché sono un Lovinescu, vero?- terminai al suo posto, con una punta di amarezza nella voce.
Mi era parsa più intelligente delle altre, eppure anche lei lasciava che il suo giudizio fosse influenzato dagli altri. Non mi sorpresi quando notai un paletto sporgere dalla tasca dei pantaloni della sua tuta. Forse quella mattina avevo esagerato.
-No, io sono diffidente di natura, non solo con i Lovinescu.
-Ah sì? E allora perché hai un paletto nella tasca dei pantaloni?- ribattei.
Mi avvicinai per prenderle il paletto, ma indietreggiò inciampando nei suoi stessi piedi. La afferrai e la strinsi prima che potesse cadere e farsi male, poggiando una mano sulla sua schiena e una sulla sua spalla. Non avevamo mai avuto un contatto così intimo e dovetti sforzarmi di nascondere la mia attrazione che provavo per lei.
Ci guardammo per momenti che parvero interminabili. Quegli occhi erano come un libro aperto, facile da leggere e interpretare. Si leggevano il fascino che suscitavo in lei, la diffidenza e una punta di irritazione per tutta quella discussione. Era troppo impegnata a ricambiare il mio sguardo per accorgersi che avevo afferrato il suo paletto fra il pollice e l'indice e l'avevo alzato accanto ai nostri visi.
-Allora spiegami questo, Serena.- sussurrai continuando a guardarla negli occhi, ma sembrava che si fosse dimenticata come si parlasse.
In quel momento la trovai adorabile e indifesa.
-Sto aspettando la tua risposta.- la incalzai in un sussurro, avvicinandomi sempre di più al suo viso.
Avevo voglia di baciarla, lì, in quel preciso istante. Non riuscivo a credere che avrei scoperto l'amore in quel modo, ma si poteva parlare di amore? Il mio poteva essere un semplice interesse, una sfida da affrontare, ma amore vero e proprio?
-Mi alleno.- rispose in un soffio.
In quel momento mi resi conto che eravamo troppo vicini e non c'era nessuno che ci sorvegliasse. I vampiri erano ancora all'antica e Serena necessitava di uno chaperon quando indossava i panni della principessa. Prima che qualcuno potesse vederci, mi staccai leggermente da lei e la osservai con un sopracciglio alzato e lo sguardo divertito per la risposta che mi aveva dato.
-Le donne non hanno bisogno di imparare ad usare il paletto, ma immagino di averti spinto a farlo, dato che ti ho spaventata.- constatai.
-Mi hai inquietata.
Sorrisi divertito. E quando mai la mia famiglia non inquietava qualcuno? Ora dovevo passare al punto successivo del mio piano.
-Bello, mi piace inquietare le persone. Comunque ho fatto quello che ho fatto per un motivo ben preciso.- affermai mettendomi più dritto, senza smettere di guardarla divertito. -La mia intenzione era farti adirare per una curiosità personale.
-Ovvero?- chiese diffidente.
-Vedere se sei veramente sprovvista di canini.
La mia risposta la lasciò letteralmente a bocca aperta e nei suoi occhi lessi incredulità. Vidi gli ingranaggi del suo cervello girare veloci alla ricerca di una scusa credibile, ma io alzai una mano zittendola.
-Prima che inizi ad affannarti a trovare una scusa, l'ho visto perché prima eri veramente alterata. Hai persino digrignato i denti, come se volessi ringhiare come fanno i vampiri, ma non c'erano canini fuori dalle gengive. Per cui l'unica ipotesi è che le voci di corridoio fossero vere: tu non hai ancora sviluppato i canini.
Abbassò le spalle sospirando rassegnata. Già immaginava che sarei andato a sbandierare il suo segreto ai quattro venti, ma si sbagliava di grosso.
-Immagino che lo andrai a dire a tutti e minerai la mia credibilità.
-No.- risposi spiazzandola nuovamente.
Mi avvicinai al suo orecchio, le scostai una ciocca di capelli e non riuscii a non trattenermi da inspirare il suo dolce profumo. Era un profumo che mi faceva diventare matto, diverso da quello delle altre donne. Un profumo che mi faceva venir voglia di morderla e di bere il suo sangue. La sentii rabbrividire.
-Sarà il nostro piccolo segreto.- sussurrai.
Serena indietreggiò un po' e mi guardò scettica. Non ci credeva per niente, anzi pensava che tutta quella faccenda facesse parte di un piano, e in effetti era così.
-Ad ogni modo, non devi preoccuparti. Sei solo la vampira più in ritardo della storia.- la tranquillizzai divertito, giocherellando un po' col suo paletto.
-Può anche essere dovuto al fatto che è da poco che bevo sangue?- domandò, ma si pentì all'istante di quella confidenza.
-Anche, ma quando inizi ad avvertire la sete, significa che i tuoi canini sono vicini allo sviluppo. È solo questione di tempo, però devi ammettere che un vampiro senza canini sarebbe piuttosto comico.- dissi ridacchiando e restituendole il paletto.
-Io lo trovo umiliante, ma in effetti è abbastanza comico.- ammise riservandomi il suo primo sorriso sincero.
-Sono perdonato?- chiesi guardandola maliziosamente.
-Ma neanche per sogno!
-Non ti è bastato lo schiaffo che mi hai dato in pieno viso? Devi sapere che non sono in molti a colpirmi e ancora meno quelli che mi fanno girare la testa con uno schiaffo.
-Pazienza, vorrà dire che sono entrata a far parte di questa élite. Ora, se non ti dispiace, dovrei tornare ad allenarmi. Ciao.
Si girò pronta ad andarsene, ma la trattenni per la mano e gliela baciai, guardandola intensamente negli occhi.
-Spero di rivederti presto, Serena.
Detto questo, mi girai e me ne andai, anche se sentivo il suo sguardo puntato sulla mia schiena per tutto il tempo che impiegai a uscire.
Alla fine era andato tutto come avevo previsto. Un po' della sua fiducia me l'ero guadagnata, ma non bastava. Io volevo lei. Volevo averla accanto a me. Volevo baciarla, stringerla tra le mie braccia e continuare a sentire le sue battute pungenti, che mi divertivano da impazzire.
Non potevo crederci. Non volevo crederci. Avevo sempre pensato che sarebbe stata lei a innamorarsi perdutamente di me, invece era successo esattamente il contrario.


Passai una settimana immerso nelle mie fantasie. Ero diventato più taciturno, partecipavo pochissimo alle discussioni con mio padre e mio zio e alle serate di gala o a teatro evitavo ogni donna, ma con la massima gentilezza. Anche se ero innamorato, non potevo di certo dimenticare la cavalleria.
Mio zio non si accorse di niente. Tutto ciò che non riguardava lui in prima persona, non lo vedeva nemmeno, mentre mio padre se ne accorse eccome. Era abile nel leggere le persone, soprattutto quelle che conosceva da una vita.
-Stefan, che ne dici di un allenamento? Solo tu e io.- propose una mattina.
Dovetti sforzarmi di restare impassibile. Quando mio padre mi proponeva un allenamento a quattr'occhi, era perché doveva dirmi qualcosa di importante o impartirmi una delle sue solite lezioni. Era stato in quel modo che mi aveva colpevolizzato ulteriormente per la morte di mia madre.
Durante uno dei nostri allenamenti, mi diceva “Se avessi fatto così, avresti potuto difendere tua madre” o “Dovevo insegnarti prima queste cose, almeno non saresti stato una palla al piede per tua madre e non sarebbe morta per difenderti”. Odiavo allenarmi con lui, ma non avevo altra scelta.
-Sì, sarebbe meraviglioso, padre.
Mio padre annuì compiaciuto e terminata la colazione, ci dirigemmo nella sala adibita al mio addestramento. Ci togliemmo la giacca e la cravatta, arrotolammo le maniche della camicia fino ai gomiti e ci mettemmo in posizione di attacco. Un corpo a corpo, doveva essere una cosa estremamente importante.
Mio padre iniziò ad attaccare fin da subito. Dopo quell'allenamento avrei dovuto farmi medicare dal medico di corte, perché da quegli allenamenti ne uscivo sempre pesto. Io non attaccavo mai con tutta la mia forza, non mi sarei mai permesso, mentre mio padre non si risparmiava mai.
-Ti vedo pensieroso, Stefan. Qualcosa ti turba?- domandò tirandomi un pugno sullo zigomo e costringendomi a indietreggiare per non perdere l'equilibrio.
-Assolutamente no, padre. Perché mi fate questa domanda?- chiesi cercando di afferrarlo, ma si liberò dalla mia presa con uno scrollone.
-Perché sei mio figlio e ti conosco bene. So per certo che c'è qualcosa che offusca i tuoi pensieri e credo di sapere anche cosa sia. Quell'espressione l'ho vista su moltissimi uomini.- rispose tirandomi un calcio in pancia, che riuscii a evitare indietreggiando.
Non riuscii a controllarmi e lo guardai con sorpresa e leggero timore. Possibile che avesse capito che ero perdutamente innamorato di Serena? Cosa mi avrebbe fatto? Non potevo ammetterlo, dovevo negare fino alla morte. Non sapevo cosa avesse in serbo per me, ma sicuramente niente di buono.
-Cosa pensate che abbia?- risposi con un'altra domanda.
Era un po' azzardata la mia mossa, ma non l'avrei mai ammesso.
-Una brutta malattia chiamata “amore”. Sei stato infettato, vero?- domandò afferrandomi per la collottola della camicia e avvicinandomi a lui. -Oh sì. Te lo leggo negli occhi. Ti sei innamorato della principessa Serena.
Lo guardai senza sapere che fare. Non potevo ammettere che ne ero innamorato, anche se ormai l'aveva capito, ma non potevo nemmeno restare in silenzio a guardarlo come un babbeo.
-Rispondimi!- urlò strattonandomi per la camicia e facendo saltare qualche bottone.
-Sì.- ammisi rassegnato.
Non vidi il colpo arrivare e mi prese l'occhio sinistro, sbattendomi a terra. Nella caduta mi morsi la lingua e il sangue iniziò a uscire copioso, mentre l'occhio mi si gonfiava e si chiudeva pian piano.
-Guardati. Non riesci nemmeno a sostenere uno scontro col tuo vecchio padre, e sai perché? Perché l'amore ti ha reso un debole, uno smidollato! Non permetterò che mio figlio sia uno smidollato, quindi cerca di curarti da questa malattia il più in fretta possibile. Devi pensare alla nostra missione e conquistare la principessa, non deve accadere il contrario!- urlò iniziando poi a tirarmi qualche calcio.
Cercai di coprirmi come potevo, ma i suoi colpi erano decisi, mentre continuava a insultarmi e a dirmi svariate motivazioni per le quali l'amore facesse male. “L'amore ti rende irrazionale”, “L'unico rapporto che può esistere tra uomo e donna è il sesso, non l'amore shakespeariano di cui si legge” e “L'amore è per le persone deboli, non per un principe Lovinescu sanguinario! Stai diventando smidollato!” furono le cose più gentili che mi disse.
Terminata quella “lezione di vita”, mi lasciò sul pavimento della sala sanguinante e dolorante. Rimasto solo, iniziai a pensare a ciò che mi aveva appena detto. Perché si era così arrabbiato? Sembrava che gli avessi detto che non volevo più sposare la principessa, non che ne ero innamorato. Cosa c'era di sbagliato?
Rimuginai a lungo su quell'ora appena trascorsa. Se l'amore era per deboli e mi stava facendo diventare smidollato, non volevo averci nulla a che fare. L'amore non è fatto per i principi, ma per gli sciocchi popolani senza ambizione. Col matrimonio con la principessa Serena sarebbe arrivato il potere, e ciò doveva bastarmi. Basta comportarmi da idiota! Basta avere le farfalle allo stomaco soltanto per una stupidissima ragazzetta rozza e villana.
Provai a convincermi di tutte quelle cose, ma la voce di Dimitri interruppe il filo dei miei pensieri.
-Chi vi ha ridotto così? Siete uno straccio!- esclamò venendo subito in mio soccorso. -Riuscite a sedervi?
Annuii e a fatica riuscii a mettermi seduto. Avevo male ovunque, a ogni osso e muscolo e avrei passato una nottataccia.
-E' stato vostro padre, vero?- domandò iniziando a ripulirmi il sangue dal viso con una pezza bagnata.
Aveva le mani da combattente, quindi non fu molto delicato, anche se ci provò. Non risposi alla sua domanda anche perché la risposta era scontatissima.
-Dannazione! Gliel'ho detto tantissime di non ridurvi in questo stato, altrimenti sareste fuori combattimento per giorni e io non potrei svolgere adeguatamente le mie lezioni.- borbottò tastandomi il costato e a stento trattenni un gemito.
Anche se quello non era esattamente ciò che avrebbe voluto dire. Dimitri si era sempre preoccupato di me e vedermi ridotto in quello stato, lo faceva infervorare parecchio.
-E' inutile e lo sai. Aveva una lezione da impartirmi, e l'ha fatto.- risposi senza emozione nella voce.
-E sentiamo, che lezione di vita vi avrebbe impartito?
-Che l'amore è per i deboli e fa diventare smidollati.- risposi allontanandolo da me e cercando di alzarmi.
Dimitri mi sorresse passandomi un braccio sotto l'ascella e restammo in quel modo fino a quando non fu sicuro che riuscissi a reggermi sulle gambe.
-Per quanto rispetti tuo padre, devo dire che ha detto una colossale stronzata.
Sbarrai un poco gli occhi sorpreso. Era raro sentirlo parlare in modo scurrile ed era ancora più raro che contraddicesse mio padre così apertamente. Lui lo rispettava molto ed eseguiva ogni suo ordine in modo impeccabile, ma con me non aveva problemi a parlare dei suoi eventuali errori, in particolare riguardanti la mia educazione.
Dimitri era come se fosse uno zio per me, uno zio vero, di quelli che nei libri sono famosi per essere complici dei nipoti e che prendono in giro il loro fratello o sorella davanti al nipote, per cercare di far evitare loro una punizione.
-Perché dici così? Che ne sai tu?- risposi con voce gracchiante.
-Perché io sono stato innamorato e credimi se ti dico che avrei spaccato una montagna con un solo pugno per la mia donna. Ora però vi devo portare dal medico, perché siete davvero uno straccio.
Dandomi una leggera pacca sulla schiena, mi accompagnò in infermeria senza fiatare. Sapeva che stavo ripensando a ciò che mi aveva detto e alla discussione avuta con mio padre, quindi non mi disturbò.
Era come diceva mio padre o come affermava Dimitri? L'amore era per deboli o ti faceva sentire potente, appunto come se avessi la forza di poter spaccare una montagna a mani nude? Non lo sapevo. Non ero mai stato innamorato e l'unica forma di amore che conoscevo era quella che mi aveva dato mia madre. L'amore letto nei libri non contava, anche perché erano libri e non vita reale, ma era possibile che tutti gli scrittori si sbagliassero?
L'amore era davvero per deboli?

Il medico constatò che ero ridotto peggio di quanto avessi creduto. Tre coste incrinate e due rotte, oltre a numerosissimi ematomi sparsi in tutto il corpo. Mi fasciò il busto in modo molto stretto, mostrandomi come ripetere l'operazione anche da solo, e mi intimò di non fare sforzi per un mese. Mi dette anche un intruglio di erbe da mescolare al sangue tre volte al giorno.
Mi guardò con compassione. Quel medico curava le mie ferite da quando ero nato, ma non disse mai nulla riguardo al comportamento di mio padre. L'unico che aveva il coraggio di farlo era Dimitri.
-Mettete anche questo impacco sull'occhio finché non sarete in grado di aprirlo. Siamo fortunati a guarire più velocemente degli umani.
Era uno dei lati positivi dell'essere vampiro; oltre a questo c'erano anche velocità e forza superiore, fascino e vita eterna. Nessuno sapeva perché fossimo così diversi dagli umani. Non esisteva un atlante sull'anatomia dei vampiri, ma a noi bastava conoscere queste caratteristiche per essere soddisfatti.
Dimitri mi accompagnò in camera mia, ma prima che potesse emettere un fiato entrarono mio padre e mio zio. Mio padre mi guardò come se fossi l'essere più schifoso dell'intero pianeta. Ancora mi credeva uno smidollato. Ci inchinammo al suo cospetto e attendemmo che iniziasse a parlare.
-Che ci fai qui, generale Petrescu?- chiese freddamente.
-Ho trovato vostro figlio nella sala d'addestramento e l'ho portato dal medico per ricevere le adeguate cure.- rispose con decisione.
-Chi ti ha detto che potevi farlo? Gli smidollati non possono ricevere le cure mediche senza il mio consenso.- lo riprese duramente mio padre. -Allora? Qual è la prognosi?
-Tre coste incrinate e due rotte. Deve stare a riposo per un mese; ordini del medico.
Mi parve di vedere i muscoli del collo di Dimitri contrarsi e la vena sulla tempia pulsare a ritmo del suo cuore, segno che era veramente infuriato, ma mio padre non se ne accorse. Scacciò le parole di Dimitri con un gesto della mano.
-Sciocchezze. Domani voglio che tenga la sua lezione come ha sempre fatto, a meno che Stefan non ammetta di essere un debole.- affermò mio padre guardandomi con occhi calcolatori.
Non ero un debole. Non ero uno smidollato. Non potevo deludere nuovamente mio padre in quel modo, non due volte nello stesso giorno. Drizzai la schiena e lo guardai con decisione.
-Affatto. Io non sono un debole, padre. Domani terrò la mia lezione e non saranno un paio di coste rotte a fermarmi.
Mio padre scosse lentamente la testa, mentre mio zio ridacchiava malignamente alle sue spalle.
-Sei una gran delusione, Stefan. Avrei voluto un guerriero come figlio, invece mi ritrovo un patetico verme che sospira innamorato come una verginella.- affermò facendo ridacchiare più forte mio zio.
Avevo fatto come voleva lui, non poteva insultarmi! Gli avevo dimostrato di essere forte, di avere tenacia e grinta e lui mi definiva “una verginella innamorata”!
Lo guardai a occhi sbarrati, colmi di dolore. Ero spiazzato dalle sue affermazioni, ma tutto ciò che riuscii a fare fu abbassare il capo.
-Spero che tu abbia ancora un briciolo di razionalità per soppesare le mie parole e fare la scelta giusta. Andiamocene Lucian, non voglio istupidirmi come mio figlio.
Lucian sghignazzò ancora e io e Dimitri ci inchinammo. Non osai alzare il busto e sperai che Dimitri se ne andasse al più presto.
-Stefan...
-Dimitri vattene.- lo interruppi bruscamente, stringendo i pugni fino a conficcarmi le unghie nella carne.
-Ma...
-Ho detto vattene. Ti prego.- aggiunsi poi implorante.
Dimitri fece come gli dissi e quando il suono dei suoi passi fu abbastanza lontano, chiusi la porta a chiave e mi lasciai andare. Dopo il primo singhiozzo, che mi provocò una fitta lancinante al costato, ne susseguirono altri sempre più frequenti e dolorosi. Le ginocchia mi cedettero e mi accasciai lentamente sul tappeto persiano fatto a mano.
Un uomo grande e grosso che piangeva come un bambino. Avevo subito la punizione peggiore da parte di mio padre, escludendo quella riguardante la morte di mia madre. La mia unica colpa? Essermi innamorato della principessa che avrei dovuto sposare.

Mi concessi il lusso di piangere fino a quando i miei dotti lacrimali non furono del tutto prosciugati. Erano anni che non piangevo, più o meno otto. Nonostante l'opinione di mio padre sul piangere, ovvero che fosse per deboli, mi fece un gran bene e mi sentii svuotato. Non avrei mai più pianto, era una promessa.
Mi spogliai e mi diressi in bagno per una lunga doccia calda. Non potevo presentarmi da mio padre con gli occhi gonfi di pianto o l'avrei deluso tre volte in una giornata.
Lavai via tutto il sangue e la sporcizia e osservai il mio corpo costellato dai lividi e dalle poche cicatrici lasciatemi da mio padre, segni che stavano a indicare che mi aveva punito troppo duramente. Lui non mi rompeva mai le ossa al punto da farle fuoriuscire dalla carne, ma più di una volta aveva calcato troppo la mano.
L'unica cosa che desideravo ardentemente in quel momento, era ricevere un segno di approvazione da mio padre. Non me ne aveva mai dati, a eccezione di qualche complimento durante un nostro combattimento. Volevo renderlo fiero, ma nulla di me sembrava renderlo tale. Affermava che avessi passato troppo tempo con mia madre e che mi avesse rovinato in quei brevi sei anni.
Se mio padre mi aveva solo insultato e demoralizzato per tutta la vita, gli anni trascorsi con mia madre erano stati un continuo susseguirsi di gesti d'affetto, carezze e baci. Mi ricordavo ancora il sapore dei suoi papanasi che mi preparava dopo l'ennesima punizione di mio padre. Era il sapore più buono che avessi mai provato.
Anche se ero un uomo, mia madre mi mancava terribilmente, soprattutto in quei momenti di sconforto.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti!
Abbiamo capito com'è stato cresciuto il nostro povero e innamorato Stefan. Non sono scesa nei dettagli, non mi sembrava il caso, ma vi lascio immaginare cosa non ha subito questo principe. Fortunatamente per lui, accanto a sé ha Dimitri e a breve approfondiremo la conoscenza anche di questo personaggio xD
Grazie per aver inserito la storia tra le seguite/preferite, per le recensioni e tutto il resto. Vi mando un bacione enorme e al prossimo capitolo!
Arsax <3
  
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