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Autore: Angie96    03/10/2017    2 recensioni
Takane è una ragazza come tutte altre: non ha superpoteri, vive la sua vita (quasi) monotona da studentessa universitaria in un mondo dove mostri di ogni genere appaiono periodicamente per creare scompiglio e un'organizzazione dove lavorano degli eroi professionisti ha il compito di eliminarli per proteggere quelli come lei normalmente, un po' come tutte le persone.
L'unica fissazione che ha è quella per un ragazzo, autoproclamatosi "aspirante eroe per hobby" aveva salvato lei ed altre persone, due anni prima, da un disastro provocato da un essere misterioso per ringraziarlo: non sa nulla di lui, neanche il suo nome, eppure prova così tanta ammirazione da cercare ogni giorno il suo visto nel registro ufficiale degli eroi iscritti all'associazione, senza però trovarlo mai.
Solo quando incontra un uomo pelato dal costume da eroe troppo normale e l'espressione apparentemente apatica, si rende conto di avere davanti la stessa persona, seppur cambiata e infinitamente volte più forte
[what if? dedicata a bridgetvonblanche ed ispirata alla sua fanfiction "i'm not a hero, not yet a villain"]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genos, Nuovo personaggio, Saitama, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Takane sbuffò, prendendo il casco e mettendoselo in testa facendo attenzione ai capelli, dopo aver messo il sacchetto della spesa sotto dentro il sedile richiuso con cura: forse non avrebbe dovuto fare tutta quella scenata per un po' di carne, anche perché da quando quel tizio era uscito come se nulla fosse i presenti avevano cominciato a guardarla male, tanto che lei aveva cercato di ignorarli sperando di uscire il prima possibile e non tornare mai più.
Se mi sbrigo, potrei riuscire a prendere quello che mi manca in un altro negozio della stessa catena, pensò, mentre girava la chiave sulla toppa per mettere in moto il veicolo: sì, non ci avrebbe più pensato.
Il destino doveva esserle in qualche modo avverso perché in neanche due minuti incrociò la stessa persona con cui una decina di minuti prima aveva litigato per del cibo in sconto, e si sentì quasi sprofondare al solo pensiero che avrebbe dovuto parlargli per chiedergli scusa, almeno.
Il problema era che lui effettivamente l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare, dopo quello che era successo.
Parcheggiò la moto lì vicino e si tolse il casco, avvicinandosi a passo lento verso di lui
Deglutì, per poi dire un «E-ehi» con tono di voce così basso che non era sicura nemmeno lei di aver sentito che cosa aveva appena detto, figuriamoci il suo interlocutore.
«Eh?» aveva sentito da lui, che si era fermato e voltato verso di lei contro ogni pronostico «Ah, sei tu… sappi che la carne non te la do, è inutile che mi segui fino a casa» aveva poi detto, voltandosi di nuovo e borbottando un “che insistente” ricominciando a camminare.
Takane non poteva lasciarselo scappare in quel modo.
«Aspetta, non ti ho fermato per quello!» disse, cercando di non aggiungere nulla che potesse affossare la sua immagine ancora di più, che poteva essere un “e poi ti ho incrociato per caso, non morivo dalla voglia di vederti dopo tutto quello che è successo”, ma aveva deciso che era meglio scacciare quel pensiero come una mosca fastidiosa, optando per l'inchinarsi così tanto che era sicura che le sarebbe venuto un mal di schiena terribile se fosse rimasta in quella posizione per anche solo un minuto
«Scusa per prima!»
Nessuna risposta.
«Ho reagito in modo infantile, supplicandoti in quel modo, è stato così imbarazzante che quando me ne sono resa conto volevo sotterrarmi!»
Disse, ridacchiando in modo abbastanza nervoso e alzandosi: una delle cose che notò subito fu lo sguardo quasi assente di lui che, notando il silenzio imbarazzante che si era creato a quel punto, si era affrettato a dire un «Già.» con un tono così stranamente umano che quasi aveva cominciato a chiedersi se stesse parlando con la stessa persona o se aveva trovato un sosia da qualche parte senza accorgersene.
«Certo che questo palazzo è messo proprio bene per essere in una zona popolata da Esseri Misteriosi»
Takane fece una foto all'edificio con il cellulare con nonchalance, cominciando a camminare al fianco di Saitama
«Che vuoi ancora? Va bene, ti ho perdonato, ora puoi lasciarmi in pace, per favore?»
«Stavo pensando di prendere un appartamento nella Città Z, dato che è lì che frequento l’Università, almeno non dovrò prendere il treno veloce per arrivarci ogni mattina… quanto dista il centro da qui?»
«Mi stai ascoltando? Non voglio gente tra i piedi.»
Takane lo ignorò deliberatamente seguendolo dalla porta d'ingresso del palazzo, cominciando a salire le scale insieme a lui
«Non vengo mica a vivere insieme a te, ho bisogno dei miei spazi, e non voglio neanche che sia un appartamentino senza camera da letto e grande quanto due stanze e mezzo»
Il posto non sembrava così vecchio da avere i muri ingialliti o le scale friabili, ma in compenso l'ascensore guasto e le numerose ragnatele agli angoli dei muri le davano l'impressione che non fosse molto popolato
«Tu in che piano abiti?» chiese al suo interlocutore, che non aveva detto una sola parola da quando erano entrati nell'edificio «a me piacerebbe avere un appartamento al quarto piano»
A Takane non piaceva il silenzio imbarazzante che si creava due persone che si conoscevano appena perché la metteva a disagio: ogni volta che si ritrovava in quella situazione, cercava di coinvolgere la persona con cui stava parlando ponendole anche le domande più stupide pur di continuare a parlare con la suddetta.
In un certo senso spesso tutto diventava dannatamente imbarazzante, ma almeno funzionava
«Abito al terzo piano»
Era tutto così dannatamente perfetto: avrebbe vissuto nello stesso palazzo con quello che era praticamente il suo eroe preferito, ed oltre a quello sarebbe stata protetta da mostri senza neanche doverlo per forza chiedere, probabilmente ad un prezzo davvero bassissimo
«Ottimo! Ce l'hai il numero del proprietario del palazzo? Prima faccio tutte le carte e meglio è»
«Non c'è nessun capo qui»
Cosa? Fu praticamente l'unica cosa che pensò, sbiancando.
Probabilmente gli era successo qualcosa, visto la zona in cui l'edificio era stato costruito.
Deglutì, cercando di non fare domande troppo inopportune, ma quasi prima che aprisse bocca fu sorpresa da una risposta che la portò a chiedersi se Saitama avesse acquisito la capacità di leggere nel pensiero o meno
«No, ma che hai capito! Il tizio che possedeva questo palazzo è scappato via quando i mostri hanno cominciato ad apparire più frequentemente: le chiavi per tutti gli appartamenti sono nascoste in cantina al piano terra, fa quello che vuoi ma non infastidirmi»
Dopo aver detto quelle parole, lui le aveva già dato le spalle continuando a salire, mentre Takane si era fermata, urlando un “grazie!” un po' più sollevato.
************
Takane si era data della stupida per non aver scritto un orario in quel maledetto messaggio: si era ritrovata a precipitarsi al parco della città subito dopo aver completato la sua commissione, seduta in una panchina davanti ai vari giochi e dietro una sorta di capanno che era sicura essere la casa di qualche barbone o il luogo segreto dove qualche bambino delle elementari nascondeva delle vecchie riviste a sfondo erotico trovate nella spazzatura per leggerle insieme ai suoi amici, un po' come succedeva più o meno anche “ai suoi tempi”.
Si ritrovò quasi a soffocare una risata, mentre mangiava il sandwich che aveva comprato con i soldi che le erano avanzati; nonostante fosse solo l'una di pomeriggio, l'area dei giochi era già popolata da una decina di bambini delle elementari che le ricordarono che il motivo per cui loro non erano a scuola e lei non era a lezione era semplicemente il fatto che quel giorno era sabato e vedere uno scenario del genere, anche senza gli zaini lasciati per terra vicino alle altalene, era normalissimo.
Un po' com'era normalissimo il fatto che il suo migliore amico non si fosse ancora fatto vivo dopo mezz'ora d'attesa anche se, in realtà, il motivo poteva essere semplicemente il fatto che loro non si parlavano da quando lei si era diplomata.
Bevve un sorso dalla bottiglietta d'acqua che aveva preso per dissetarsi dopo aver ingoiato l'ultimo morso di quello che era il suo pranzo: pensò che di certo non l'avrebbe aspettato per molto visto la strada che aveva da fare nonostante abitasse proprio ai confini della sua città, in realtà non sapeva neanche se il sacchetto che sua madre le aveva dato per mantenere fredda la carne avrebbe retto quattro ore di viaggio fatte praticamente solo di scorciatoie: era strano, perché effettivamente qualche mese prima non si sarebbe preoccupata di una cosa del genere, dato che per lei il “Giorno del Curry” non era diventato altro che un giorno come gli altri, e probabilmente anche suo padre la pensava così, nonostante entrambi non avessero voluto infierire sull'assurda tradizione che, da otto anni a quella parte si era creata per commemorare la morte di suo fratello minore per mano di un Essere Misterioso.
Le venne quasi da rabbrividire a pensare che Makoto sarebbe stato uno studente al primo anno di liceo se non fosse successa quella tragedia, e il fatto che ogni anno si cucinasse il suo piatto preferito mettendo quattro porzioni a tavola l'aveva sempre fatta rattristare dal fatto che, effettivamente, in famiglia, nessuno riuscisse a dimenticarsi di quella vicenda, tanto meno sua madre.
Bevve altri sorsi con foga, cercando di non pensare a quanto sarebbe stato triste tornare a casa, quel giorno, immaginando quasi come se stesse bevendo dell'alcool per dimenticarsi di tutto.
«Fai piano, non stai mica bevendo una lattina di birra»
Tono quasi sarcastico e una voce così dannatamente familiare che avrebbe potuto riconoscerla a chilometri di distanza: sputò l'acqua che stava per ingoiare, ritrovandosi poi a sbuffare
«Darei qualsiasi cosa perché fosse un alcolico» disse, chiudendo il tappo della bottiglietta «Alla fine sei arrivato»
Takane alzò gli occhi verso di lui: aveva notato che indossava la camicia bianca e i pantaloni neri della divisa scolastica estiva del liceo che aveva frequentato fino a tre mesi prima, e si era seduto scompostamente accanto a lei, lasciando per terra la borsa scolastica
«Ma come siamo allegri oggi, Takane… ero sicuro che ti avrei vista incazzata nera»
Un ghigno visibile sul volto: aveva ragione, in una situazione diversa sarebbe stata davvero arrabbiata con lui per non aver risposto alle sue chiamate e ai suoi messaggi per due mesi e mezzo senza darle alcuna notizia
«Sai com'è, oggi è l'unico giorno dell'anno in cui non ho voglia di tornare a casa, tanto è pesante l'aria che si respira; non riesco ad arrabbiarmi se ho una depressione così alta addosso»
«Ah, è quel giorno»
«Già»
Takane era sempre stata in qualche modo grata a se stessa di essersi riuscita ad aprire almeno a lui e a Kumiko di quella cosa: lo vedeva quasi come una liberazione dato che nessuno, a parte loro, ne era a conoscenza.
Ed era anche contenta che né uno, né l'altra, l'avesse mai forzata a parlarne o la trattasse con una pietà che non voleva: l'unica cosa che cercavano di fare, effettivamente, era cercare di non farle pesare troppo quell'anniversario
«Beh, direi che forse è meglio che vederti lanciarmi occhiate omicida ogni cinque secondi»
Ecco, più o meno in quel modo.
«Mi stai forse dicendo che preferiresti vedere la tua senpai preferita depressa piuttosto che arrabbiata?»
«Dovrei proprio avere degli standard molto bassi per arrivare a definirti la mia “senpai preferita”»
Takane fece per prendergli una guancia con un pizzicotto e cominciare a tirargliela con un'espressione fintamente irritata
«Non puoi parlarmi di standard se sono l'unica senpai che ti abbia mai sopportato in questi anni, caro mio»
Le venne quasi da ridere quando lo vide simulare un'imprecazione di dolore massaggiandosi la parte incriminata con fare quasi melodrammatico: se c'era una cosa che era sicura che le sarebbe mancato dei tempi delle superiori, oltre a quelli antecedenti al periodo, erano quei finti battibecchi che si scambiavano spesso tanto da far chiedere a chiunque li conoscesse almeno un pochino il come facessero ad essere amici. Era un modo di comunicare che finiva quasi sempre nel far scoppiare a ridere entrambi e lei era grata al fatto di avere una persona del genere nella sua vita
«Allora, c'è qualcosa che vuoi raccontarmi di questi due mesi e mezzo?»
************
Ci aveva messo stranamente poco, a convincere i suoi a trasferirsi almeno per i giorni della settimana in quell'appartamento: tenendo lo scatolone in mano e salendo le scale, quasi scivolò pensando a tutti i soldi che le avevano dato per un affitto che non aveva il bisogno di pagare, vista la zona.
L'unica cosa che si era fatta promettere, era che un giorno li avrebbe portati a vedere l'appartamento “in centro” che aveva scelto vicino alla sede dell'Università che, probabilmente, avrebbe finito per occupare sul serio per non destare sospetti, finendo per pagarne l'affitto, dato che era sicurissima che non le avrebbero mai permesso di vivere in una zona tanto pericolosa, se glielo avesse detto.
In un certo senso, pensava che lo avrebbe utilizzato per studiare, visto che quelle tre volte in cui era passata nel quartiere fantasma aveva già sentito dei rumori abbastanza sospetti e inquietanti, quel tipo di suono che non l'avrebbe fatta dormire se non vivesse nello stesso palazzo con quello che poteva essere l'uomo più forte del mondo: in un certo senso, alla fine non era proprio il massimo vivere lì, ma almeno era gratuito.
Prese le chiavi dalla tasca e sospirò, pensando a quanto lavoro l'aspettava in quel bilocale polveroso.
 
Non era effettivamente passato molto tempo da quando si era presa i suoi due appartamenti e aveva mostrato quello meno pericoloso ai suoi, che aveva cominciato ad utilizzare unicamente per studiare in santa pace, oltre che usarlo per far accomodare Kumiko e gli altri compagni di studi: in sole due settimane, era praticamente riuscita a crearsi una sorta di equilibrio che si spezzava solo nel momento in cui l'altoparlante della città si attivava per avvisare i cittadini di pericoli riguardanti mostri nelle vicinanze.
Negli ultimi giorni, ad esempio, aveva notato delle fiamme dalla finestra del suo posto in centro mentre studiava: dato che non venivano mai specificate le caratteristiche dei mostri che arrivavano in città, quella volta si era chiesta quanto avrebbe dovuto essere forte per avere un potere distruttivo simile, prima di scoprire la sera stessa da Saitama che in realtà il nemico non era nient'altro che una zanzara umanoide e che era stato un ragazzo dare prova di quello spettacolo pirotecnico.
In quella città succedevano così tante cose che spesso si chiedeva come facesse la gente ad uscire di casa senza aver paura di trovarsi qualche strana creatura svoltando l'angolo, visto il record che la Città Z era tristemente riuscita a battere, registrando il maggior numero di apparizioni di Esseri Misteriosi proprio nella zona del quartiere fantasma.
E se c'era una cosa che aveva imparato in quel breve soggiorno era che loro, almeno, non erano tipi da bussare alla porta di casa di sabato mattina alle sette, svegliando la gente senza una giustificazione adeguata a quello che avevano appena fatto.
Takane si era cambiata velocemente il pigiama con la prima maglia e i primi pantaloncini che aveva trovato, con i capelli tutti spettinati, avvicinandosi alla porta con un umore così pessimo che sapeva che avrebbe finito per tirare un pugno a chiunque si fosse trovata davanti.
«Non voglio comprare nulla quindi, per favore, smettetela di ven- ah»
«Non sapevo che il maestro Saitama vivesse insieme a una ragazza, scusa se vi ho disturbati»
Davanti a lei un ragazzo biondo il cui corpo era per lo più composto da parti meccaniche si era inchinato chiedendole scusa per qualcosa che lei non era riuscita a capire
«Ehm, hai sbagliato appartamento, Saitama abita al terzo piano»
Disse, lievemente imbarazzata, facendo finta di non aver sentito la parte sulla fidanzata e facendo per chiedergli di aspettarla due minuti, il tempo di farle mettere le scarpe e prendere le chiavi «ti accompagno io, qui gli appartamenti non sono numerati ed è normale perdersi» disse, accennando un sorriso «hai chiamato Saitama “maestro”, giusto?»
Takane aveva appena finito di girare la chiave nella toppa, quando lo disse: le pareva abbastanza strano il fatto che il suo vicino di casa non l'avesse mai accennato quando si ritrovavano a parlare, nonostante non fossero altro che dei conoscenti, ed effettivamente non era neanche qualcosa che valeva la pena tenere nascosta.
Vedere annuire quel ragazzo in modo serio mentre la seguiva camminando, però, le fece comprendere il perché Saitama non avesse mai voluto parlarne: pareva essere il tipo di persona taciturna, e ad ogni passo notava una nota d'ansia in lui che quasi la faceva sentire a disagio.
E andava per gradi, sembrava che lui si sentisse più nervoso ogni volta che si avvicinavano alla meta e, a parte quando lei si era presentata chiedendogli come si chiamasse, non avevano fiatato per il resto di quel breve tragitto.
«Siamo arrivati, il suo appartamento è questo» disse, accennando un sorriso e mettendosi a bussare.
 
Com'era previsto, Saitama era arrivato porta di pessimo umore, con addosso il suo costume da eroe
«Che vuoi?»
«È venuto il tuo allievo a bussare alla mia porta pensando che fosse il tuo appartamento»
«Allievo?»
Takane fece per indicare il ragazzo che era accanto a lei, mentre vedeva Saitama sospirare rassegnato mentre lanciava un'occhiata a lui
«Ah, quindi sei venuto davvero»
«Maestro, mi faccia diventare suo allievo!»
Takane non seppe cosa dire dopo aver assistito a quella scena.
 
L'appartamento di Saitama, per quanto fosse effettivamente piccolo, era davvero accogliente: lasciava un senso d'intimità che quasi si sentì in colpa per averlo spezzato, guardandosi anche solo intorno mentre aspettava il tè che il padrone di casa stava preparando per lei, il ragazzo che le aveva detto di chiamarsi Genos e probabilmente anche per se stesso.
Dopo qualche minuto, Takane vide arrivare Saitama con un vassoio e tre tazze da te, mentre le porgeva a lei e all'altro ospite, che lo ringraziarono
«Dopo aver finito il tè tornatevene a casa, non voglio avere né allievi, né vicini di casa fastidiosi tra i piedi»
Takane si era sentita quasi offesa da quell'affermazione, dato che lei era sicurissima che il fatto che lei fosse quasi assente in casa le aveva reso pressoché impossibile infastidire chiunque, a meno che non fosse il tipo di persona che si infastidiva con chiunque respirasse la sua stessa aria, ma preferì stare zitta quando vide Genos insistere con la storia dell'allievo.
La conversazione tra i due era diventata vagamente interessante quando, dopo uno strano battibecco che era finito con la “scoperta” che Saitama era effettivamente un'essere umano e nient'altro, avevano cominciato a trapelare piccole informazioni sul loro conto: ad esempio aveva scoperto che Genos era suo coetaneo (sempre che i cyborg avessero effettivamente età) e che Saitama era sei anni più grande di loro, oltre al fatto che si era allenato per ben tre anni ininterrottamente per raggiungere quella forza, facendole immaginare chissà quali sforzi fisici avesse fatto per arrivare a quei livelli.
Takane trovava quel discorso una forma d'intrattenimento non indifferente, tanto che quando Genos era diventato molto più cupo e serio di prima, dicendo «Maestro, Takane, volete sentire la mia storia?», lei aveva annuito con entusiasmo mentre Saitama, al contrario, aveva cercato di liquidare il tutto con «Non è necessario!», cercando in tutti i modi di evitare qualcosa che nessuno dei presenti era in grado di comprendere.
E solo quando Genos aveva aperto bocca cominciando a raccontare il tutto, che Takane aveva cominciato a capire perché Saitama aveva cercato di evitare quella situazione…
 
 



 
L'angolo dell'autrice:
Oddio, non credevo che sarei stata capace di pubblicare il capitolo così presto, soprattutto perché ora non è poi così inutile come quello precedente, visto che è pieno d'informazioni che, all'apparenza, possono non sembrare utili, quando in realtà lo sono eccome, quindi tenetevele a mente per i capitoli successivi.
E sì, è un pochino rushato ma ho pensato che mettere un ritmo lento in un capitolo che effettivamente è ancora uno pseudo- prologo non avrebbe giovato molto, quindi spero davvero che il tutto sia filato liscio, magari sperando di non aver fatto i personaggi troppo OOC.
Non manca poco alla vera e propria storia, penso che dopo due capitoli si arriverà nel vivo, se riesco a calibrare bene le parole *coff, capitolo 1, cough!*, quindi, prima di allora, spero sul serio di non essere riuscita a farvi passare la voglia di leggere.
Il prossimo capitolo arriverà il prima possibile, magari prima di gennaio, se riesco!
Grazie a tutti per aver letto fin qui!
Un abbraccio,
Angie 96
   
 
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