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Autore: Civaghina    04/10/2017    1 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mercoledì, 22 agosto 2012

Anche questa giornata non promette nulla di buono: stamattina tra il prelievo, i parametri vitali, la visita della Lisandri (con Carlo al seguito) e le medicazioni, non mi hanno lasciato un attimo in pace; pare anche che finita questa flebo mi sospenderanno l'antidolorifico ad infusione continua e me lo daranno solo “su richiesta”; questa cosa mi agita un po': qualcosa mi dice che non verrò accontentato alla prima richiesta; forse per riuscire ad averlo in tempo dovrei cominciare a chiederlo con largo anticipo, prima ancora di sentire dolore.

Adesso è appena passato mezzogiorno, non mi hanno ancora fatto alzare dal letto, nemmeno per pranzare, e neanche a dirlo il pranzo faceva schifo come ieri; anzi no, peggio di ieri, perché almeno ieri c'era il purè, oggi invece c'erano le zucchine spappolate.

E poi ieri mattina mi sono un po' distratto con l'arrivo a sorpresa di Giulia mentre oggi è impegnata con sua madre e verrà solo alle sette.

Accendo la tv, in cerca di qualcosa di interessante da guardare e mentre faccio zapping, perdendo sempre più le speranze di trovare qualcosa di decente, sento bussare alla porta, che comunque è già aperta; per un attimo credo di aver perso la cognizione del tempo e che sia già ora della trasfusione (mi tocca anche oggi) e, invece, sulla porta c'è Mattia, con un sorriso imbarazzato sulla faccia e un sacchetto di Burger King tra le mani.


"Ciao..." mi dice, visibilmente a disagio. "Posso?".

Non mi aspettavo di vederlo qui ed è una sensazione stranissima: mi sento a disagio anch'io. "Certo...! Vieni. Come hai saputo l'orario di visita? Te l'ha detto Giulia?" gli chiedo mentre lui prende una sedia e si siede vicino al mio letto.

Lui ride: "No, ho guardato sul sito internet. Giulia non lo sa nemmeno che sono qua... L'hai istruita proprio bene, direi... Non fa che ripetere a tutti di non venire..., che tu non vuoi."

"Questo posto ha un sito?!" esclamo con stupore; preferisco cambiare discorso.

"Sì, non lo sapevi?"

"No..." rispondo spegnendo la tv e cominciando a lanciare la pallina di Matteo.

"Una cosa, però, Giulia me l'ha detta..."

"Cosa?" gli chiedo corrugando la fronte.

"Che qui si mangia da schifo!"

"È vero!" rido io; la pallina mi cade e lui si alza e la raccoglie; quando me la porge le nostre mani si sfiorano e ad entrambi viene istintivo sorridere, anche se percepisco nel suo sorriso qualcosa di triste, come un fondo d'amaro, e lo stesso deve aver percepito lui nel mio.

"Ti ho portato un Big King XXL, con patatine maxi e pure la Coca!"

"Oh, fantastico! Grazie!"

"L'ho preso anche per me... Ho pensato che sarebbe stato bello pranzare insieme... Però vedo che hai già mangiato..." dice indicando il vassoio coi piatti vuoti, sul mio tavolino.

"Oh, non ti preoccupare! Con la fame che mi ritrovo è come se non lo avessi fatto!"

"Sicuro? Allora ti va?"

"Sì che mi va! Alla grande! Però chiudi la porta... che se passa Laura mi sequestra tutto!"

"E chi sarebbe Laura?" mi chiede lui mentre va a chiudere la porta.

"Una delle mie infermiere."

"Ah! Ed è una rompipalle?"

"Beh..., per rompere... rompe! Però diciamo che se insisto nel modo giusto... di solito cede, e me la dà vinta!" esclamo tirando fuori un panino dal sacchetto e porgendoglielo.

"In pratica la prendi per sfinimento! La tua specialità!"

"Sì, in pratica sì!" dico ridendo, prima di dare un morso al panino; da quanto tempo non mangiavo un Big King XXL? Non me lo ricordo; e avevo rimosso quanto fosse schifosamente buono. "Oddio...!" dico, estasiato. "È la fine del mondo! Da orgasmo, proprio! Quasi quasi, meglio di farsi fare un... No..., stavo per dire una cazzata, lascia stare!"; rido e do un altro morso, mentre lui mi guarda con un sorriso malizioso.

"Cos'è che stavi per dire?"

"Niente, una cazzata!"

"Sei andato in terza base?!".

Io trattengo un sorriso, imbarazzato, e mi lecco le labbra. "Che me lo chiedi a fare?! Tanto lo sai che non te lo dirò mai!"

"Vabbè, vorrà dire che chiederò a Cecilia! Figurati se lei non lo sa!"

"Guarda che..., se pure sa qualcosa, non te lo dice! Pare che le ragazze abbiano un codice d'onore per quello che si dicono, e i maschi ne stanno fuori!"

"Se è per questo, anche noi maschi ce lo abbiamo, quel codice d'onore! Sei solo tu quello che non racconta mai un tubo! Dai! Dimmi se sei andato in terza base!"

"Toh!" gli dico porgendogli le patatine. "Pensa a mangiare, che è meglio!"

"Io sono andato in casa base".

Io ho appena dato un altro morso al panino e rimango bloccato per un attimo, a guardarlo con gli occhi sbarrati. "Hai fatto l'amore con Cecilia?!" gli domando, parlando con la bocca piena.

Mattia mi sorride e annuisce: “Sì.”

E quando?!”

L'altro ieri”.

Finisco di masticare e di ingoiare, poi gli sorrido: “L'altro ieri..., quando mi stavano aprendo in due la gamba?! Di sicuro la tua giornata è stata migliore della mia!”

Credo che sia per questo... che è successo”.

Io stavo ridendo ma mi blocco di colpo, perplesso: “Cioè? Che vuoi dire?”

Era da un po' che ci provavo e che lei rimandava. Poi, lunedì... io ero molto agitato per..., sì, insomma, per te”; sospira e abbassa lo sguardo, per poi tornare a guardarmi. “Ho praticamente messaggiato con Giulia per tutto il giorno. Sono state ore infinite... e quando lei mi ha detto che la cosa andava ancor di più per lunghe... boh, Cecilia deve aver pensato che c'era solo un modo per distrarmi!”.

Lui ridacchia, imbarazzato, ed io non so cosa dire; mi sento uno schifo.

Mi sento uno schifo per non aver pensato minimamente a lui, a come sta vivendo la mia malattia, a cosa gli fa provare la Bestia, a come dev'essere fare a meno di me, dopo tutti questi anni passati in simbiosi.

Mi sento uno schifo perché in questo momento lo sto invidiando, e anche parecchio, perché vorrei essere al suo posto; vorrei essere quello sano e avere gli occhi che brillano come i suoi, per aver appena fatto l'amore con la mia ragazza, e non per questa dannata febbre post-operatoria che fa su e giù.

Beh! Allora alla fine è merito mio!” esclamo sdrammatizzando. “Ecco perché mi hai portato il panino!”.

Lui scuote la testa: “Ti ho portato il panino... perché mi manca tanto mangiare schifezze con te; mentre parliamo, e ridiamo, e perdiamo la cognizione del tempo, e torniamo a casa tardi, coi nostri genitori che si incazzano”.

Ancora una volta non so cosa dire; mi viene da piangere, ma è l'ultima cosa che voglio. Vorrei essere capace di dirgli quanto anche a me manca tutto questo, ma non ci riesco: ho un nodo in gola che me lo impedisce e so che se mi sforzassi di parlare comunque, non riuscirei più a fermare le lacrime; ancora una volta, preferisco cambiare discorso.

Beh... ma è stato bello?”

Sì, molto. Oddio, forse per lei più la seconda volta della prima...”

Aaah! Quindi c'è già stata la seconda volta?!”

Ieri.”

Va bene, ok, basta così! Lo ammetto: sto rosicando a bestia. Però... sono felice per te, davvero”; allungo la mano destra verso di lui, con il braccio sollevato e piegato, e lui me la stringe, nella sua.

Grazie.”

Adesso però mi devi un favore! Dato che se Cecilia te l'ha data, praticamente è merito mio!”

Ah, ecco! E ti pareva che il re Leone non rivendicava qualcosa! Ma poi, scusa, ti ho fatto finalmente fare un pasto decente, meglio di così, che vuoi?!”

Quello non c'entra! L'hai detto tu!”

E va bene, sentiamo che favore vuoi!”

Appena vedi Daniele... spaccagli la faccia da parte mia!”; lui non sembra affatto sorpreso, perciò deduco sia perfettamente al corrente di tutta la faccenda. “Ah, e digli pure che è solo un acconto, perché prima o poi uscirò da qui... e gli darò il resto.”

Non so quando lo vedrò” mi dice sospirando. “Domenica sera siamo andati al pub ma lui non è venuto, inventando una scusa. Poi Giulia mi ha raccontato tutto, così sono andato a cercarlo e... non sono stato propriamente... diplomatico. Non gli ho messo le mani addosso, ma... c'è mancato poco!”

Grazie” mormoro accennando un sorriso, anche se quella sgradevole sensazione di impotenza torna a farsi sentire, forte e pungente; sono confinato qui e non posso nemmeno difendermi da solo dal colpo basso di chi credevo essere mio amico, e che invece pare avere aspettato il momento più propizio per provare a soffiarmi la ragazza.

Faccio sparire le prove!” dice Mattia alzandosi e raccogliendo tutti i vari involucri, tovaglioli e lattine vuote e mettendoli nel sacchetto.

Sì, bravo, altrimenti chissà che cazziatone mi tocca sorbirmi!”

Senti ma..., posso tornare a trovarti? Non dico domani...”.

Io lo guardo negli occhi e annuisco. “Sì, puoi”.

Lui sorride e mi porge la mano, come io ho fatto prima con lui, in questo gesto familiare che è il nostro modo di salutarci, da sempre.


Appena Mattia se ne va, mi addormento: tra la noia di stare bloccato a letto, l'essere stato svegliato presto per i vari controlli, le droghe che mi danno e la febbre, faccio davvero fatica a restare sveglio; quando Ester mi sveglia, un paio d'ore dopo, io dormirei ancora non so quanto, ma è l'ora della trasfusione.

La febbre è salita” dice lei guardando il termometro.

Ah, ma allora è per questo che mi sento rinc... ehm... stordito?”

È probabile, ma sono anche tutte le medicine. Comunque, in questo caso, devo avvertire la Lisandri prima di procedere. Vado e torno. Non ti riaddormentare!”

Questo non te lo posso proprio garantire!”.

Ester torna dopo una decina di minuti, con Carlo: a quanto pare la Lisandri è impegnata e ha mandato lui; la trasfusione si fa lo stesso ma Carlo ha l'ordine di rimanere con me per tutto il tempo, perché dato che ho già la febbre sopra i 38, sarebbe più difficile individuare una reazione allergica; insomma, questo è quello che credo di aver capito dalla sua spiegazione, ma sinceramente non vi ho prestato molta attenzione; per quanto mi riguarda, vorrei solo dormire; porgo con rassegnazione ad Ester il mio braccio sinistro, dov'è ancora ben visibile il livido della trasfusione di ieri e me ne sto in silenzio; non ho nemmeno voglia di guardare The Walking Dead o di ascoltare della musica e mi addormento di nuovo.


Mi sveglio all'improvviso, col dolore alla gamba che comincia a farsi sentire.

Carlo, faccio la mia richiesta!” esclamo con urgenza, mettendomi seduto.

Che richiesta, Leo? Mettiti giù” mi dice lui facendomi sdraiare. “Devi stare giù.”

Mi fa male la gamba. Mi hanno detto di chiedere l'antidolorifico quando...”

Ah, sì..., però dobbiamo aspettare la fine della trasfusione.”

No, davvero?!”

Eh sì...”

E quanto ci vuole?”

Hai appena cominciato la seconda sacca... direi... circa un'oretta e mezza.”

Un'ora e mezza?! No, non ce la posso fare, ti prego!”; tra un'ora e mezza il dolore sarà fortissimo, non posso aspettare così tanto. “Carlo, ti prego!”

Leo, non dipende da me. Non è una mia scelta. Si fa così, è il protocollo.”

Certo che con questo protocollo, vi parate il culo tutti quanti! Intanto quello che sta da schifo sono io!”

Leo, mi dispiace, non ci posso fare niente. Se vuoi parliamo, così ti distrai...”

Non ce la faccio a parlare”.

Non ce la faccio davvero; mi sento troppo stanco e il dolore alla gamba sta raggiungendo un livello che non posso sopportare; quando manca ancora mezzora, sono sul punto di iniziare a imprecare o a piangere, o a imprecare e piangere contemporaneamente. Mi fa male la ferita, mi fanno male i nervi, i muscoli, l'osso, tutto; non riesco a stare fermo e mi tiro su di continuo, con Carlo che non sa più come fare per tenermi a bada; mi faccio prendere l'i-pod, e la musica a palla sparata in cuffia un po' mi aiuta, ma quando la playlist passa With me dei Sum41 è il colpo di grazia: penso al giorno che mi hanno dato la diagnosi, a me e Giulia che abbiamo ascoltato insieme questa canzone, sdraiati sul mio letto, e che poi stavamo per fare l'amore; penso a Mattia, che lui l'amore l'ha fatto davvero, ed io invece me ne sto qua, inchiodato a letto, a sudare freddo per il dolore e a stritolare il lenzuolo.


Finalmente la trasfusione finisce e arriva Ester con l'antidolorifico che fa effetto nel giro di pochi minuti; a questo punto vorrei solo starmene tranquillo, da solo, e protesto quando Ester mi ricorda che deve misurare tutti i parametri vitali.

Facciamo presto, però!” sbuffo io. “Anche per oggi ne ho già abbastanza!”; e invece lei sembra metterci più tempo del solito: mi misura la pressione due volte, mi sente i battiti del polso a lungo, passa il termometro a Carlo senza dire niente. “Che c'è?” domando io spostando lo sguardo da uno all'altra.

Niente Leo, stiamo solo controllando” mi risponde Carlo.

Sì, ma avete delle facce...! Che c'è?!”.

Ester e Carlo si guardano e, dallo sguardo che lei gli rivolge, mi è chiaro che pensi sia meglio dirmi come stanno le cose; lui annuisce e lei sposta lo sguardo su di me e mi spiega: “I parametri sono un po' alterati.”

E quindi?!”.

Non posso reggere altro, sono stanco, non voglio, basta.

E quindi dobbiamo capire perché” mi risponde Carlo. “È importante capire se sia stata la trasfusione. Adesso ti visito, va bene?”.

No, non va bene.

Non ho ancora ricominciato la chemio e mi sembra già che tutto stia precipitando un'altra volta.

Sono stufo, sono nervoso, vorrei mandare tutti a fanculo, Bestia per prima.

Vorrei urlare, e piangere, e alzarmi, ed andarmene.

E invece devo restare qui, e Carlo mi visita, e mi fa un sacco di domande, alle quali faccio pure fatica a rispondere perché sono stanco, e non ne ho voglia, e vorrei solo essere lasciato in pace!

Sì, mi fa male la testa, però non mi gira; no, non ho prurito; mal di schiena nemmeno; brividi sì, quelli sì, ma ho la febbre alta, no? Sì, sono sudato ma è stata colpa del dolore, sono sicuro.

Carlo non mi sembra tranquillo, annota tutto sulla mia cartella clinica, poi la prende e dice che preferisce consultarsi con la Lisandri; sto per sdraiarmi, ma sento tornare su tutto il pranzo di oggi che non devo aver affatto digerito: “Ester, sto per vomitare!”; e lei, per fortuna, è velocissima a premunirsi di bacinella e il disastro è scongiurato; bevo un po' d'acqua e mi butto sdraiato, sperando che finalmente mi lascino dormire, ma arriva la Lisandri in persona; e questo non mi piace: non accorre, nel bel mezzo del pomeriggio, se non c'è qualcosa che richieda necessariamente la sua presenza; mi osserva braccia, pancia, petto, collo, schiena, alla ricerca di non so che, mi visita anche lei col fonendoscopio, mi ripete le domande che mi ha fatto prima Carlo.

Mi dite cosa c'è?!” chiedo io a un certo punto, con l'intenzione di alzare la voce ma senza la forza necessaria per farlo.

La Lisandri si toglie gli occhiali ed io penso che no, non lo voglio sentire, no, ho sbagliato, non lo volevo chiedere, datemi un sonnifero di quelli potenti e svegliatemi quando tutto è finito.

Temiamo tu possa avere in atto una reazione allergica alla trasfusione, ma non siamo convinti. Non tutti i sintomi corrispondono. Adesso facciamo un esame del sangue, e vediamo di capirci di più”.

Ah! Fate pure! Mettetemi il sangue, toglietemelo, bucatemi ancora! Il mio braccio ormai è un puntaspilli! Vorrei protestare, ma anche stavolta parlare mi risulterebbe troppo faticoso e sto zitto.

Ester mi preleva il sangue e la Lisandri decide di portarlo direttamente lei in laboratorio e di lasciare Carlo con me.

Ormai è la mia dama di compagnia.

Ester mi controlla di nuovo tutti i parametri e pare che siano ancora tutti alterati: febbre a 39, pressione troppo bassa e respiro e battiti troppo veloci; e, tanto per non farmi mancare niente, vomito ancora: lo sto pagando caro quel Big King XXL.

Torna la Lisandri, vomito di nuovo e la sua faccia mi piace sempre meno; e anche quelle di Ester e Carlo, a dirla tutta; un'infermiera, un medico specializzando e la capa dei capi, tutti a mia disposizione: non suona molto rassicurante.

La Lisandri mi visita l'addome, per accertarsi che il fegato, stavolta, non c'entri niente e, come prevedeva, non c'entra niente; mantiene la sua aria imperturbabile e professionale, ma a me sembra agitata: rilegge la cartella clinica, arricciando le labbra, fa ripetere a Carlo tutti i miei sintomi, li ripete pure lei, sollecita col cerca-persone il laboratorio di analisi, sottolineando il fatto che ha richiesto l'urgenza e che perciò le facciano recapitare immediatamente quei risultati, nella stanza numero 2 al primo piano.

Tu come ti senti?” mi domanda chiudendo la cartella clinica.

Stanco”.

Stufo, esausto, con le palle girate e sull'orlo di una crisi di nervi.

Ti senti confuso? Disorientato?”

No.”

Ti senti lucido? Sapresti dirmi la tua data di nascita, il tuo indirizzo di casa...?”

Ma dì, mi prende in giro?! Non ho mica preso una botta in testa! Tra un po' mi chiederà pure come mi chiamo?!”

Sì, direi che sei lucido. È che...”

Dottoressa, ecco i risultati” annuncia un infermiere entrando, con in mano una busta che porge alla Lisandri; lei la apre in fretta, passa la busta vuota a Carlo e legge il referto mentre io trattengo il respiro: ammetto che mi hanno messo addosso una certa ansia.

Non è una reazione allergica” dichiara senza sollevare lo sguardo dai fogli che ha in mano. “È un'infezione.”

Che infezione?” le domando io allarmato. “Dove?”.

Lei mi ignora e si rivolge ad Ester: “Bisogna rimuovere subito la fasciatura alla gamba.”

Sì dottoressa, vado a prendere l'occorrente.”

Crede che abbia un'infezione alla gamba?!” chiedo io con insistenza. “Allora?!”

Non lo so, Leo, devo prima verificare.”

Ma stamattina, quando l'hanno medicato, non c'erano segni di infezione” interviene Carlo.

Le infezioni possono degenerare in poche ore. E questo, dottore, dovrebbe saperlo benissimo!” gli dice lei con un tono così severo che provo pena per lui, dimenticandomi per un attimo la situazione di merda in cui probabilmente mi trovo.

Ester ritorna e comincia a sbendarmi la gamba, rivolgendomi ogni tanto un sorriso che tenta di essere rassicurante, ma il cui effetto dura solo finché non vedo la mia gamba: d'accordo, io non ci capisco niente, ma di sicuro so che è più gonfia e più rossa di stamattina.

Molto più rossa e più gonfia di stamattina.

La Lisandri si mette i guanti e comincia a toccarmela; per fortuna sono drogato e non mi fa male, però non è lo stesso gradevole vedere come me la tocca, troppo vicino alla ferita, e non mi piace nemmeno il modo lento in cui si toglie i guanti e prende fiato prima di parlare: “Dottore, allerti radiologia che stiamo arrivando per una radiografia urgente, poi cerchi il dottor Abele e gli dica di raggiungerci lì il prima possibile.”

Vado subito.”

Ester, chiama il padre di Leo. Non farlo allarmare. Anzi, non dirgli niente, rintraccialo e basta, e poi passalo a me. Se non ti risponde, chiama la sorella.”

Va bene dottoressa.”

Mi scusi!” esclamo io col cuore che credo mi stia per scoppiare mentre Carlo ed Ester escono in fretta dalla stanza. “Io sono qua, forse se n'è dimenticata!”

Lo so, Leo, non mi sono dimenticata di te.”

Mi spiega, allora?! Ho un'infezione alla gamba?!”

Credo di sì. Facciamo una radiografia per confermare.”

E se fosse così?” le domando deglutendo.

Se fosse così, dobbiamo immediatamente aumentare la somministrazione degli antibiotici e sperare che facciano effetto.”

Che cosa vuol dire sperare?! Potrebbero non fare effetto?!”

Potrebbe succedere.”

E in quel caso?”

E in quel caso..., vedremo. Adesso andiamo a fare la radiografia, d'accordo?”

Io e lei abbiamo un accordo!” esclamo guardandola dritta negli occhi. “Se lo ricorda?! Mi ha garantito che sarebbe sempre stata diretta, fino a che io non le avessi chiesto il contrario! E non mi pare di averglielo chiesto!”

Sì, Leo, me lo ricordo” sospira lei toccandosi i capelli e sostenendo il mio sguardo. “D'accordo. Se gli antibiotici non funzionano, bisognerà tornare in sala operatoria.”

Cioè?! Mi dovrete di nuovo aprire in due la gamba?!”

Sì”.

Non lo so, di preciso, come mi sento in questo momento.

Sono preoccupato, nervoso, ansioso, stufo, spaventato, atterrito, incazzato.

Sconfitto.

Non voglio essere operato di nuovo.

Non voglio di nuovo l'orribile camice, e la puntura del coraggio che tanto non funziona, e la sala operatoria con tutta quella gente in mascherina che mi inquieta, e il tubo in gola che poi me la fa bruciare da matti e mi cambia la voce, e l'anestesia che mi rincoglionisce, e sentire freddo come se fossimo in inverno, e ancora digiunare e stare a letto.

Questi ultimi tre giorni hanno fatto schifo ma credevo di stare andando nella direzione giusta, verso la ripresa, e non posso accettare di tornare indietro così; è un'eventualità che non posso prendere in considerazione.

È un pensiero che non posso tollerare.


La radiografia conferma che ho un'infezione alla gamba, quindi mi moltiplicano all'ennesima potenza gli antibiotici; io sto da schifo: non riesco nemmeno a bere un bicchiere d'acqua senza poi vomitare e la febbre continua a salire; così, al cocktail di antibiotici e anticoagulanti che ho già in flebo, aggiungono pure l'antiemetico e l'antipiretico.

Salto la cena: vogliono tenermi a digiuno nel caso in cui alla fine, domattina, debbano operarmi di nuovo; a parte il fatto che credo la rimetterei all'istante.

Tremo dal freddo, nonostante abbia già la coperta sopra al lenzuolo e abbia indosso la giacca del pigiama sopra alla maglietta.

Ecco qua” mi dice Ester quando ritorna, dopo essere andata a prendere un'altra coperta. “Così dovresti stare al caldo.”

Ester, dici che mi operano?”

Non lo so, Leo, dipende da come reagisce il tuo corpo.”

Sono incazzato” dico fissando il soffitto, mentre sento che gli occhi mi si riempiono di lacrime.

Lo capisco. Hai ragione ad esserlo”; lei mi prende una mano e la stringe, ed io ricambio la stretta. “Senti... Qua fuori ci sono tuo padre, Asia e Giulia. Posso farli entrare?”

No. Non voglio vedere nessuno.”

Sono preoccupati per te...”

Digli che sto dormendo.”

Ma Leo, avranno sentito che stiamo parlando...”

Allora digli la verità: che sto da schifo e non voglio vedere nessuno!”

Va bene, come vuoi tu.”

Grazie” le dico guardandola con riconoscenza. “Per tutto...”

Faccio solo il mio lavoro” mi risponde lei stringendosi nelle spalle.

No, non è vero. Fai molto di più”.

Lei mi sorride e mi accarezza il viso: “Mi viene naturale con te.”

Anche quando sono di pessimo umore?”

Soprattutto, quando sei di pessimo umore”; mi dà un bacio sulla fronte e poi se ne va, probabilmente a svolgere l'ingrato compito che le ho assegnato.

Io resto sdraiato, in attesa, sperando che Giulia non irrompa nella stanza, incazzata nera.

Aspetto col fiato sospeso, per almeno cinque minuti, ma per fortuna non irrompe, né lei, né nessun altro.

Tiro un sospiro di sollievo e mi metto finalmente a dormire.

Vorrei essere nel mio letto, a casa mia.

Vorrei la tisana magica di mamma.

Vorrei che ci fosse mamma.

Ma lei non c'è.

E se anche ci fosse, la sua tisana, stavolta, non sarebbe abbastanza.





   
 
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