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Autore: Road_sama    13/10/2017    1 recensioni
-Bambino con la giacca rosa maialino!- il bambino si fermò e quando si girò verso di lui poté notare un sorriso divertito. Era la prima volta che lo vedeva sorridere e di nuovo gli diede la speranza che pensava di aver perso.
-Come ti chiami?- domandò allora Seunghyun mettendosi in piedi facendo leva sulle ginocchia grassocce.
-Non ha importanza.- disse mettendosi le mani in tasca -Bambino con la giacca rosa maialino è carino!- mormorò come se volesse dirlo più a se stesso che altro.
//GTOP centric/accenni a Se7enxTop e altri//
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: G-Dragon, T.O.P.
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo
 


 

Un cielo grigiastro si apriva sopra a quella cittadina tranquilla. Le nuvole coprivano il sole annunciando solo l’ennesima giornata uggiosa e cupa di un autunno fin troppo piovoso. Ormai tutti ci avevano fatto l’abitudine, nessuno usciva senza il fidato ombrello, nemmeno Seunghyun che dentro allo zaino blu e nero teneva il suo ombrellino di Batman. Era un regalo di sua nonna e lui lo adorava.
Camminava per i marciapiedi stretti e dissestati calciando un pezzetto di cemento. Era uscito di casa un sorriso giovale, lo stesso che sfoggiava sempre per rassicurare sua madre, lo stesso che prontamente scompariva una volta che si incamminava verso la scuola. Strinse le bretelle della cartella e se la sistemò meglio sulle spalle paffutelle. Poteva almeno consolarsi del fatto che quello era il suo ultimo anno di elementari e di lì a poco avrebbe potuto ricominciare da capo. Sarebbe andato tutto molto meglio, si ripeteva. I bambini sarebbero cresciuti, avrebbero capito che quello che gli facevano era sbagliato, si diceva.
Come ogni mattina sentì da un centinaio di metri il vociare scalpitante degli altri bambini e come sempre le sue gambe tremarono un poco, quasi volessero avvertirlo di non procedere oltre. Pressò le labbra insieme fino a che sentì sufficiente dolore, allora riprese a camminare con più decisione.
La sua scuola era un edificio giallognolo cosparso di enormi finestre ai cui vetri i bambini ci appiccicavano i loro lavoretti di carta velina colorata. Il cancello basso era verde spento e circondava completamente l’edificio alternandosi a qualche siepe abbastanza rigogliosa da non permettere il passaggio di alcuno. Genitori e bambini erano raccolti in piccoli gruppi nel viale d’entrata e parlavano sorridenti. Lui continuò a tenere gli occhi fissi sulla pavimentazione scura sotto ai suoi piedi: se si fosse soffermato troppo su quei quadretti avrebbe provato quella accecante invidia che sentiva nei confronti dei suoi coetanei.
Ancora una volta strinse i denti e proseguì verso l’atrio interno.
La prima campanella squillò e i bambini, come api attirate dai fiori, si accalcarono sulle scale. Seunghyun raggiunse in silenzio la sua aula e nel medesimo mutismo prese posto al suo solito banco. Il suo compagno di banco era già lì. Lo salutò con un cenno del mento, lui fece lo stesso. Quella sarebbe stata l’unica interazione tra di loro.

-Ehi Ciccio-Choi!- una voce purtroppo familiare interruppe il suo stato di precaria tranquillità. Non alzò nemmeno lo sguardo. Era Kim che parlava, era sempre stato lui a prendere l’iniziativa.

-Che c’è sei triste?- sentì i quattro bambini davanti a lui sghignazzare. Lui non rispose e se ne stette seduto immobile a fissare il banco vuoto.

-Di’ un po’ cos’hai per merenda? Un enorme maiale?- altre risate che lui incassò senza assumere nessun tipo di espressione che non fosse una maschera di indifferenza.

-Non parli, Ciccio-Choi?- uno del gruppetto gli schiaffeggiò la guancia gonfia.

-Waa! Ha tremato tutta la faccia!- cacciò un urlo qualcuno. Seunghyun percepì quel lieve schiaffò come l’ennesimo duro colpo alla sua dignità. Sentì l’aria muoversi davanti a lui e pensò che gli sarebbe arrivata un’altra manata, chiuse gli occhi di riflesso, ma il maestro entrò nella classe e interruppe i bulletti che si irrigidirono immediatamente e raggiunsero i loro posti.
Non tirò un sospiro di sollievo, l’aria gli rimase intrappolata in gola, perché sapeva che sarebbero tornati più tardi.

-Buongiorno bambini!- proruppe l’insegnante cercando di richiamare all’ordine tutti quanti. I ragazzini risposero in coro e si sedettero composti sulle loro seggioline, tutti cominciarono a guardare in alto di fronte a loro, tutti tranne Seunghyun che semplicemente sembrava non riuscirci. Era come pietrificato sul posto.

-Bene, cominciamo con l’appello.- il maestro afferrò un registro azzurro e iniziò a leggere i nomi di tutti. Poi all’improvviso la porta dell’aula si spalancò, tutti si ammutolirono compreso il maestro che rivolse un’occhiata di rimprovero al ritardatario.

-E’ il terzo giorno che arrivi in ritardo! Se continui così sarò costretto a metterti in punizione.- lo minacciò il maestro.

-Mi scusi.- ansimò il bambino richiudendosi la porta alle spalle e dirigendosi verso il suo posto. Solo nel momento in cui cominciò a camminare attraversò la classe si levò un leggero brusio accompagnato da qualche risata.

-Si è vestito come sua sorella!- disse qualcuno. Il bambino si fermò in mezzo alla stanza e sfoggiò un sorrisetto tagliente.

-Intanto sono mille volte più bello di te e del tuo giubbettino di jeans che è lo stesso da cinque anni, Kim, pezzente!- una nuova risata si levò dalla classe ma questa volta a supportare il commento del bambino appena arrivato.
Solo in quel momento Seunghyun alzò il capo per riuscire a vedere chi aveva avuto il coraggio di rispondere in quel modo a Kim. Si trattava del bambino che di solito si sedeva sul banco davanti al suo. Non sapeva il suo nome, non gli interessava, ma in quel momento decise che voleva conoscerlo. Voleva sapere chi era quel bambino avvolto in una giacca rosa maialino e con i buchi alle orecchie che camminava fiero e a testa alta per i banchi. Kim, dall’altra parte, era diventato rosso in volto e aveva cercato di trovare una risposta che però risultò piuttosto mediocre. Era stato umiliato.
Il bambino prese posto davanti a lui con gli occhi di tutti puntati addosso. Seunghyun puntò il suo sguardo sulle spalle esili di quel bambino e non poté fare a meno di ammirare la sua fierezza, il suo orgoglio, non aveva paura di mostrare quello che era. Seunghyun non ascoltò una parola di quella lezione né di quelle successive, quel bambino gli aveva mostrato che era possibile alzare la testa e rispondere in modo tagliente, e umiliare. Se quel bambino era riuscito a farlo perché non poteva provarci anche lui? Doveva provarci, poteva riuscirci e fu proprio quello che successe quando, alla fine della scuola, i quattro bambini lo presero da parte.

-Da oggi dovete lasciarmi in pace!- provò a dire con voce ferma ma tutto quello che gli uscì furono quattro sillabe balbettate.

-Ohoh!- sorrise Kim. -Eccola la voce! Non te l’aveva rubata qualcuno stamattina.- Seunghyun si morse un labbro quando si accorse che i quattro si stavano facendo più vicini intorno a lui. Indietreggiò di riflesso ma incontrò il muro freddo del corridoio.

-Però a pensarci bene era meglio quando stavi zitto, Ciccio-Choi.- disse e a quel punto cominciarono a strattonarlo. Cercò di opporsi, ma erano decisamente troppi per poter fare una qualche resistenza. Gli sfilarono di dosso lo zainetto blu e nero.

-Vediamo cos’abbiamo qui?- disse uno e cominciò a rovesciare il contenuto del suo zaino. I suoi quaderni, i suoi libri colorati, l’astuccio, il diario. Tutto finì sul pavimento.

-Che brutte queste cose!- cominciarono a pestarli, gli ruppero la mina della sua matita blu, quella che usava per disegnare, nel frattempo ridevano e lui non riusciva a muovere un muscolo. Poi notò che a terra era finito anche il suo ombrello di Batman e a quanto pare lo vide anche Kim.

-Wow! Che ombrello da sfigati! Solo Ciccio-Choi poteva averlo.- risero mentre Kim afferrava l’ombrello e lo sfilava dalla sua custodia di stoffa impermeabile.

-Ti stiamo dando una mano a liberarti di queste cose.- lo aprirono e, continuando a fare la loro solita risata maligna, sferrarono calci all’asta di ferro dell’ombrello. Non ci volle molto: con un rumoroso “crank” l’asta si ruppe a metà. Seunghyun guardò con occhi smarriti l’ombrello che gli aveva regalato la sua nonna riverso sul pavimento, sgualcito, rotto. Crollo sulle ginocchia, i palmi incontrarono le mattonelle fresche del pavimento. L’ombrello che non era solo un ombrello ma era diventato qualcosa di più, era diventato il simbolo dell’ultimo briciolo di innocenza e speranza che gli era rimasta. Non sentì le vocette stridule dei bulli che dicevano “patetico, andiamocene”. Sentì solo l’immensità della sua impotenza di fronte a quella che era la realtà. Lui non era il bambino con la giacca rosa maialino e non lo sarebbe stato mai. Lui non era uno dei quei carini e mingherlini bambini, lui era solo un basso e grasso bambino con i capelli a scodella. Lottò per trattenere le lacrime ma gli sfuggì comunque un rumoroso singhiozzo. Fuori aveva cominciato a piovere e il rumore scrosciante della pioggia accompagnava i battiti accelerati del suo cuore colmo di rabbia e di tristezza.
Fu quando un paio di scarpe nere con il simbolo di Batman entrarono nel suo campo visivo che decise di alzare lo sguardo. Incontrò gli occhi duri del bambino con la giacca rosa maialino. Si guardarono per qualche istante prima che Seunghyun abbassasse lo sguardo, gli veniva troppo difficile sostenere quegli occhi fieri. Pensava che anche lui si sarebbe rivolto a lui sprezzante ma con sua sorpresa il bambino si chinò alla sua altezza. Prese l’ombrello rotto tra le dita e lo esaminò con sguardo critico. Staccò l’ultima parte dell’asta di metallo e la gettò lontano. Ciò che rimase fu un ombrellino un po’ rovinato e un po’ troppo basso ma ancora utilizzabile. Lo chiuse e glielo porse.

-Puoi ancora usarlo, fuori piove.- gli disse semplicemente. Seunghyun alzò di nuovo lo sguardo quasi come ad accertarsi che quelle parole fossero davvero sentite. Il bambino di fronte a lui non sorrideva, non mostrava compassione, era semplicemente serio. Si alzò e gli diede di nuovo la schiena. Seunghyun prese il poco coraggio che aveva e lo chiamò.

-Bambino con la giacca rosa maialino!- il bambino si fermò e quando si girò verso di lui poté notare un sorriso divertito. Era la prima volta che lo vedeva sorridere e di nuovo gli diede la speranza che pensava di aver perso.

-Come ti chiami?- domandò allora Seunghyun mettendosi in piedi facendo leva sulle ginocchia grassocce.

-Non ha importanza, tra una settimana mi trasferisco.- disse mettendosi le mani in tasca -Bambino con la giacca rosa maialino è carino!- mormorò come se volesse dirlo più a se stesso che altro. Poi riprese a camminare e Seunghyun sentiva che avrebbe dovuto fermarlo, sapeva che doveva chiedergli ancora, che non importava se stava per trasferirsi ma non riusciva a parlare né a muoversi. Abbassò di nuovo lo sguardo, com’era possibile che quel bambino lo facesse sentire come una persona capace di fare qualsiasi cosa ma quando si trattava di agire effettivamente non ci riusciva? Sospirò affranto.

-Però…- il bambino parlò di nuovo dalla fine del corridoio. -Alza la testa altrimenti sei sfigato, mi piacciono i tuoi occhi.- Seunghyun alzò di scatto il capo e lo guardò allontanarsi.
Da quel momento non abbassò più la testa.





Note dell'autriciah:
Ciao a tutti! 
Confesso che questa fanfiction la sto scrivendo più per me stessa che per altro quindi non aspettatevi troppo, anzi se mi gira potrei anche eliminarla, dunno.
In ogni caso, finché avrrò voglia di scrivere e pubblicare spero vi piaccia^^
Non ho intenzione di fare troppi capitoli e nemmeno troppo lunghi (credo che ne avrà più o meno dieci di capitoli).
Il rating potrebbe alzarsi, dipende dall'ispirazione.
A presto
~
Road_sama

 
  
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