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Autore: silbysilby_    31/10/2017    2 recensioni
Seul, 2015.
La notte di Halloween era sempre stata un evento storico all'Anathema, la discoteca più in voga della città. Già non era un posto raccomandabile, ma in quella occasione raggiungeva apici scandalosi. Sorprendeva pure Jimin e lui di certo non era un santo. A meno che ai santi non sia permesso fare i ballerini nei club.
Jimin si sarebbe aspettato di tutto, tranne che essere coinvolto a sua insaputa in un esperimento. In effetti, non gliene si può fare un torto; da quando in qua le mele hanno incubi, gelosia e passione come effetti collaterali? E da quando in qua le maledizioni si trasmettono con un bacio?
I suoi amici non possono saperlo. Yoongi non vuole saperlo. Non vuole avere più niente a che fare con Park Jimin.
Genere: Dark, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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I'M BACK, MONDO 
E niente, eccomi. 
Ho lavorato (e sto lavorando) a questa storia da un anno ormai, sul serio. E' un'idea che mi era venuta in mente all'inizio della wings era e sarebbe dovuta essere una one shot halloweeniana. Peccato che poi ha preso il via ed è diventata una long senza fine.
Per voi ho programmato qualche contenuto ogni settimana, per cui se mi volete seguire su twitter @silbysilby troverete tutto lì E SCRIVETEMIIII, CERCO AMICI

(un ringraziamento alla mia squad che sta lavorando tanto sodo insieme a me. Grazie dell'entusiasmo girls)




But in order to be free from this crime
It’s impossible to forget and give up
Because those lips were too sweet

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BOY MEETS EVIL 

(0) September 16th, 2015

La lucina del codice a barre passò dal rosso al verde quando l'ultimo di tre biglietti venne esaminato. Si sarebbe dovuto sentire un bip, ma il vociare della gente sovrastava ogni cosa.  
Il buttafuori, un omone così largo che si doveva limitare a tenere la giubba catarifrangente della sua divisa appesa alle spalle, restituì i biglietti al ragazzino di fronte a sé. Ricambiò il sorrisetto vagamente quadrangolare di quest'ultimo con un'occhiata di pura diffidenza, giurando a sé stesso che quella era la prima e ultima volta che lasciava passare qualcuno con i biglietti ridotti in quelle condizioni. 
Si erano sorbiti, lui e tutti quei poveri cristi in fila, uno sproloquio di giustifiche su come il ragazzino si ritenesse una brava persona e su come non avrebbe mai bagnato di proposito dei biglietto falsi solo per spacciarli per veri ma rovinati. 
Alla fine il buttafuori era arrivato a un tale livello di esasperazione che avrebbe fatto passare quel trio di marmocchi anche se si fossero presentati con un pugno di ceneri in mano, proclamando di essere reduci di un terribile incendio. 
Dopo interi minuti di stallo, il suddetto trio attraversò la porta d'ingresso e la coda potè avanzare. Ci mancò poco che non partissero gli applausi. 
L'estate appena trascorsa era volata via in un soffio e si era trascinata dietro settembre. Dopo ben quattro mesi, l'Anathema, la discoteca più popolare tra gli adolescenti di Seul, era pronta a riaprire i battenti. 
Per la maggior parte della giovanissima clientela quella non era di certo la prima volta in un locale del genere, ma non c'era ragazzo o ragazza che non fosse su di giri all'idea di poter tornare a far baldoria come si deve. E tutti potevano confermare che come si faceva baldoria all'Anathema non si faceva da nessun'altra parte. 
C'era qualcosa in quel posto, qualcosa che nessuno sapeva identificare con precisione. Qualcosa che ti spingeva a tornare. Qualcosa che ti spingeva a ballare più freneticamente. Qualcosa che ti spingeva a conoscere gente, fare nuove esperienze. Qualcosa che ti faceva bere un drink in più. 
Se quelle quattro mura avessero potuto parlare avrebbero fatto venire i capelli bianchi a Dio. Neppure lui poteva dire con certezza che cosa accadeva sotto tutte quelle luci stroboscopiche. 
I biglietti per la tanto chiacchierata riapertura erano andati a ruba nel giro di pochissimo, in alcuni casi rivenduti a caro prezzo. Nessuno si voleva perdere quella che di sicuro sarebbe stata la serata più spettacolare dell'anno. L'Anathema era popolare per essere in continuo rinnovamento, per aggiungere sempre nuovi programmi, nuove attrattive: non si sarebbe certo risparmiato per quello che in pratica era il suo biglietto da visita. 
C'era una sola persona in tutta Seul che proprio non era dell'umore giusto per uscire, men che meno in un posto così affollato e claustrofobico, e quella persona era Park Jimin. 
Eppure si era ritrovato lì come tutti gli altri a farsi la fila. Lo si poteva ben distinguere tra la calca di gente: era l'unico con quell'aurea grigia, l'unico a non proferir parole e tenere la testa bassa. Indossava addirittura il cappuccio della sua felpa, ma in sua difesa si poteva dire che dagli alberi piovevano rimasugli della pioggia precedente.  
Tra quello, la sua statura e i capelli scuri appiccicati alla fronte, si poteva scorgere ben poco dei suoi occhioni neri. 
Dall'interno del locale poteva già sentire la musica battere nelle casse, ma neanche quello era in grado di risvegliare in lui la voglia di darsi alla pazza gioia.
Jimin adorava andare a ballare, la danza era letteralmente la sua vita, ma non quella sera. Non quando sapeva che all'evento avrebbe partecipato anche Chase, il suo ex. 
Aveva provato a spiegare la situazione ai suoi amici, ma loro non avevano voluto sentire ragioni. Sembrava fossero passati anni dall'ultima uscita con il gruppo al completo e questa era la prima, vera occasione di ritrovarsi tutti quanti insieme. D'altronde erano sei in totale: sarebbe stato più facile incontrarsi per puro caso a Tokyo piuttosto che trovarsi un giorno qualsiasi durante l'estate senza che qualcuno fosse in vacanza fuori città.
Pregare in ginocchio per un po' di comprensione non era servito e mostrare gli occhioni a Taehyung si era rivelata una mossa ancora peggiore. Vedere Jimin così triste aveva solo spronato l'altro a insistere di più.
Jimin apprezzava gli sforzi dei suoi amici per distrarlo e tirargli su il morale, ma davvero, voleva solo poter tornare a casa e deprimersi. L'unica compagnia ben accetta era quella di un barattolo di gelato davanti a un qualche film oscenamente patetico. 
Non voleva vedere nessuno. Non quando rischiava di imbattersi nuovamente in Chase. 
Lo aveva rivisto quella stessa mattina a scuola. Camminava per i corridoi con un braccio sulle spalle della sua nuova fiamma, un'aria fiera sul volto. Era sfilato davanti a Jimin senza degnarlo di uno sguardo, di un cenno, troppo preso a tenere il petto in fuori e le spalle dritte mentre si faceva strada tra gli altri studenti. 
E dopo tre mesi di pensieri rinnegati, Jimin ci era cascato di nuovo. 
Tutti i discorsi che si era fatto, tutte le lacrime che si era impedito di versare, tutte le foto che si era costretto a cancellare dalla memoria del cellulare; tutto andato perso nel giro di un secondo. 
Un'occhiata data di sfuggita e già Jimin si era chiesto se anche lui e Chase avevano dato quella stessa immagine di loro come coppia quando ancora stavano insieme.
Da guardarli quei due sembravano così uniti, così invincibili. Come se non avessero mollato la presa uno sull'altro neanche se qualcuno gli fosse finito addosso. Al massimo quel qualcuno sarebbe stato sbalzato a terra e loro avrebbero continuato a camminare imperterriti, senza scusarsi se gli schiacciavano un dito della mano. 
No, si era detto Jimin. Probabilmente non erano mai stati così. 
Eppure se la ricordava bene la sensazione che dava quel braccio sulla sua schiena, quella mano sul suo fianco. Chase tendeva sempre a camminare appena più avanti di lui, esattamente come lo aveva visto fare con l'altro ragazzo, dando l'impressione che stesse aprendo il passaggio per loro. Poteva sembrare un particolare da niente, ma a Jimin piaceva. Lo faceva sentire protetto. Lo faceva sentire come se qualcuno si stesse prendendo cura di lui. 
A conti fatti, la loro storia, la sua prima relazione importante, era durata poco più di un anno. Jimin era in seconda superiore, ingenuo, con tanta voglia di innamorarsi. A un ragazzo di quarta carismatico e di bell'aspetto era bastato poco per conquistare il suo affetto. 
Si erano conosciuti ad un corso locale di danza, per poi scoprire che frequentavano la stessa scuola. Jimin aveva perso il conto di tutte le volte che Chase si era meravigliato di non averlo mai notato in giro prima di quel momento. A sentire lui, l'aria timida ed impacciata che Jimin emanava ad un primo impatto nascondeva tutto il suo talento. E per talento intendeva tutto il suo fascino. 
Non era un mistero che, una volta fatta partire la musica, Jimin sembrava diventare un'altra persona. Tutto quel tenersi le braccia al petto, quel dondolare il peso da una gamba all'altra, quell'abbassare gli occhi, spariva. Puff, mai esistito. 
Solo allora uno finalmente poteva notare le forme delineate del suo corpo. O quel suo sguardo penetrante. O il modo in cui apparisse leggero e fisicamente fortissimo allo stesso tempo. 
Insomma, per farla breve, sotto quei maglioni sformati si nascondeva un pacchetto tutto-incluso per niente male.  
I due avevano iniziato a frequentarsi solamente per tenersi compagnia dopo le lezioni di danza, quando gli autobus di entrambi non sarebbero arrivati prima di una mezzora. Andavano ad occupare sempre il solito tavolino in un bar lì vicino, perdendo il suddetto autobus la maggior parte delle volte. Jimin aveva perso il conto degli innumerevoli frullati che si erano offerti offerti a vicenda, senza mai ricordarsi chi doveva i soldi a chi. 
Inutile spiegare che da cosa era nata cosa: erano finiti ufficialmente insieme nel giro di poco tempo.
Erano stati la classica coppia appiccicosa che non riesce a separarsi un attimo l'uno dall'altro.
Arrivavano a scuola il mattino con la stessa auto, passavano ogni ricreazione, ogni cambio d'ora a cercarsi e poi si trovavano anche nel pomeriggio, con o senza lezioni di danza. Erano campioni mondiali indiscussi di Smancerie e Moine in Pubblico; poco importava che gli amici di Jimin non gradissero particolarmente certi spettacoli all'ora di pranzo. 
Dal loro attaccamento asfissiante li si considerava direttamente sposati. E forse avrebbero potuto davvero prendere la cosa in considerazione per il futuro se non fosse stato per Jimin. 
Jimin, appena sedicenne, non aveva trovato il coraggio di concederglisi in quel modo. Ci erano andati vicinissimi ogni volta che si trovavano da soli con una qualsiasi superficie orizzontale disponibile, ma lui aveva sempre messo un freno alla cosa sul più bello. Le prime volte si era trattato di accumulare scuse, di fingere di avere altro da fare, di avere un qualche impedimento per cui sarebbe stato meglio rimandare. Quando poi, la sera di un loro mesiversario, il suo ex aveva preso la mano di Jimin e se l'era ficcata nei pantaloni, allora lì si era presentato il problema. 
Jimin era insicuro. Non sapeva se gli andasse completamente a genio l'idea di stare sotto. Il pensiero di essere letteralmente posseduto in quel modo era... Beh, non era piacevole. 
Perché qualcuno avrebbe dovuto infilare una parte del proprio corpo dentro di lui? Possibile che a nessun altro l'idea facesse senso?
Diciamolo pure, era terrorizzato.
Una volta spiegato questo al suo ex le cose erano parse appianarsi; avrebbe aspettato i suoi tempi. Forse dicendo così aveva pensato di rassicurarlo, di velocizzare un processo mentale che Jimin non sapeva affrontare.
Ma a quanto pare i suoi tempi furono più lunghi del previsto. Al più piccolo era stato proposto un ultimatum.  
Lì per lì Jimin era andato su tutte le furie. Aveva detto all'altro che era la cosa più squallida e ingiusta che avesse potuto fargli. 
Chase lo aveva mollato seduta stante. A sentir lui il comportamento di Jimin era infantile. 
Ed ecco che tutte le promesse, i baci e i frullati condivisi vennero spazzati via. Tutto perché non avevano fatto sesso. 
Jimin aveva mollato le lezioni di danza. Era stato rimandato in un paio di materie a scuola. Una storiella estiva aveva rimarginato le ferite di quella rottura così brusca, ma non abbastanza a quanto pare. 
Credeva gli fosse passata, ma era bastato così poco per farlo tornare a quattro mesi prima. E lì, per i corridoi della scuola, Jimin aveva visto tutti i suoi piccoli passi venire cacciati indietro con un solo calcio. 
Ecco, questo era tutto quello che aveva detto a Taehyung, ma a quanto pare le sue abilità persuasive non erano delle migliori. E se Taehyung non era dalla sua parte allora gli sarebbe stato impossibile convincere gli altri del gruppo. 
Jimin non si sarebbe ritrovato a depositare la propria giacca nel guardaroba dell'Anathema se così non fosse.
Almeno poteva consolarsi al pensiero di essersi potuto vestire come gli pareva grazie alla sua cocciutaggine. Quando Seokjin e Taehyung erano andati a prenderlo un'oretta prima avevano tentato in tutti i modi di infilargli il paio di pantaloni più stretti che avessero trovato nel suo armadio, ma Jimin non ne aveva voluto sapere. Già sarebbe uscito contro la sua volontà, ci mancava solo che fosse scomodo. 
Così Taehyung, Seokjin e Jimin erano entrati nell'Anathema, con i loro biglietti rovinati e le solette delle scarpe che scivolavano sul pavimento. Il ticchettio che seguiva ogni passo delle tante ragazze sembrava far da base musicale a tutto quello stridere della gomma bagnata.
L'odore di chiuso e di sudore li investì quando entrarono in uno dei saloni secondari per evitare la calca. La musica era travolgente e ad un volume talmente alto che il pavimento sotto i loro piedi tremava. Le luci stroboscopiche illuminavano a intermittenza la fiumane di giovani scalmanati che si dimenava in pista come un'unica massa corporea; Jimin poteva scorgerci di sfuggita facce già viste, amici, ragazzine troppo giovani anche solo per respirare l'aria nei dintorni dell'Anathema e alcuni dei ragazzi più popolari della sua scuola.
Come se si trattasse di una qualche immagine santificata, il gelato che ancora lo aspettava in freezer apparse nella mente di Jimin. Sospirò, afflitto. 
 Una cosa che lo faceva sospirare il doppio? Vedere quanto Seokjin fosse bello e sicuro di sé. 
Jimin aveva osservato il ragazzo battere una mano sulla spalla di Taehyung, chinandosi appena verso quest'ultimo per parlare. Era semplicemente stupendo quella sera e non aveva fatto altro che scompigliarsi i capelli con le mani prima di uscire. Non aveva neanche perso tempo a prepararsi dato che era abituato ad andare in giro vestito bene. 
Jimin si sarebbe soffermato anche sull'ultimo esperimento di Taehyung in fatto di stile se quest'ultimo non avesse attirato la sua attenzione. Entrambi poi si voltarono verso Seokjin, ma non riuscirono a sentire una sola sillaba di quello che stava dicendo loro. Dopo essersi ripetuto un paio di volte a vuoto, il ragazzo più grande si limitò a puntare un dito verso sinistra.
In piedi, dall'altra parte del salone, Namjoon, Yoongi e Jungkook stringevano tra le mani un qualche intruglio dal colore sospetto. Il vetro dei loro bicchieri rifletteva le luci a neon violacee che contraddistinguevano l'aerea riservata al bar, come ogni superficie bianca nel raggio di quattro metri. Tutti gli sgabelli che accerchiavano il bancone erano occupati da ragazze e ragazzi che parevano averli presi in affitto per l'intera serata; erano troppo impegnati a flirtare con i barman tra un drink e l'altro per accorgersi di dover liberare il posto per chi, come loro, stava aspettando da tempo. 
Alla vista del suo ragazzo, Seokjin partì in quarta, aprendosi un varco tra la folla danzante. Ricevendo una bella dose di gomitate e pestate di piedi, Jimin e Taehyung gli andarono subito dietro, cercando di mantenere il passo. 
Bastarono pochi secondi di lotta, una cosa più che ridicola considerando quanto fosse breve il tratto di salone che dovevano valicare, per far sparire Seokjin alla loro vista; il passaggio che si era riuscito ad aprire si era anche poi subito chiuso dietro di lui. Jimin maledì la sua statura quando un muro di ragazze dotate di tacchi a spillo gli si piazzarono davanti, sbarrandogli la strada. 
Il ragazzo allora si voltò all'indietro per controllare che Taehyung fosse ancora alle sue spalle. L'altro stava già sporgendo in avanti un braccio, le persone che gli si stavano stringendo attorno. Jimin si allungò a sua volta e la sua mano paffuta venne praticamente inglobata da quella di Taehyung; i due non mollarono la presa finché quest'ultimo non riuscì a passare e, allo stesso modo, cercarono uno spiraglio dove poter intrufolarsi. 
I due furono sollevati dallo scoprire che l'area del bar era decisamente più vivibile. Riuscivano addirittura a fare più di tre passi senza prendere contro qualcuno. 
Quando raggiunsero Seokjin dopo averlo scorto dietro uno dei tanti camerieri nella loro divisa impeccabile, quest'ultimo aveva già dato il via alla solita ronda di saluti. 
Doveva essere una cosa buffa da guardare da fuori. Probabilmente il gruppo di amici non si rendeva nemmeno conto del rito che erano andati a creare negli anni, di quella coreografia inconscia che si ripeteva ogni volta che si incontravano. Sempre le stesse azioni, sempre nello stesso ordine cronologico. 
Per iniziare, un braccio di Taehyung circondava sempre le spalle di Jungkook mentre la mano di quest'ultimo si aggrappava alla vita dell'altro, in un intreccio che emanava familiarità da tutte le parti lo si guardasse. 
Seokjin buttava le braccia al collo di Namjoon e lo baciava, incurante di spazio, tempo e persone. Che si trovassero a scuola, al supermercato o ad un ritrovo per bigotti non influenzava minimamente la cosa. 
 In tutto questo Yoongi e Jimin rimanevano proprio nel mezzo, silenziosi e con lo sguardo basso. Tiravano un sospiro di sollievo quando uno degli altri si liberava, togliendoli d'impaccio. 
Jimin veniva abbracciato calorosamente da Namjoon e stringeva Jungkook prima che il ragazzino potesse scappare via da lui. Yoongi dava qualche pacca sulla spalla ad un sorridente Taehyung e si subiva un abbraccio di Seokjin.
Tutto si svolse così, come sempre. Con l'unica differenza che Jimin non aveva abbassato lo sguardo. 
Non era riuscito a staccare gli occhi da Yoongi quando si era reso conto che il labbro inferiore dell'altro era spaccato. Dall'aspetto non sembrava trattarsi di una ferita recentissima, ma era strano che nessuno dei loro amici gli avesse menzionato la cosa. Probabilmente non doveva trattarsi di niente di importante. 
Dichiarati conclusi i convenevoli e dato qualcosa da bere anche ai nuovi arrivati, i sei ragazzi si lanciarono in pista per ballare, chi meglio e chi peggio. Iniziavano sempre in gruppo, un po' impacciati, un po' rigidi, ma poi il ritmo prendeva il sopravvento e si ritrovavano a divertirsi come tutte le altre centinaia di adolescenti presenti nel locale. Tra una canzone e l'altra finivano sempre per dividersi e perdersi di vista tra chi cercava da bere, chi andava in bagno, chi aveva avvistato qualcuno di interessante. 
Soprattutto su quest'ultimo punto Taehyung insisteva con Jimin. Aveva passato tutto il tragitto da casa sua all'Anathema a ripetergli quanto lui fosse un bel ragazzo, simpatico, gentile, solo un po' trascurato dopo gli ultimi eventi, e che era arrivato il momento di rimettersi in carreggiata.
Due orette più tardi Taehyung si sarebbe chiesto se non avesse incoraggiato l'amico un po' troppo se solo fosse stato abbastanza sobrio da ricordarsi di avere una coscienza. 
Comunque, fino a quel momento era andato tutto bene. Jimin era sceso in pista con tutti loro senza fare storie; sembrava starsi divertendo, e parecchio, anche. Ci stava prendendo gusto, inutile negarlo. 
O almeno, questo era quello che pensava prima che qualcuno urtasse contro la sua schiena. Per quel che ne sapeva poteva anche essere colpa sua dato che il ballo con cui si era lanciato con Jungkook non poteva che essere descritto come sfrenato. 
Jimin si voltò per scusarsi, l'alcool in circolo nel suo corpo che non gli impediva di essere educato. 
Il mezzo sorriso che indossava appassì in un istante.
Di tutte le persone presenti nel locale più rinomato di Seul chi poteva essere se non il suo ex? 
Proprio lui, di tutte le persone. 
Già. In compagnia del suo nuovo ragazzo, ovviamente.
Certe volte il destino era proprio una barzelletta raccontata male.
Almeno Chase gli fece l'onore di guardarlo negli occhi questa volta. Si sfregò la testa ricciuta, apparentemente in imbarazzo. Addirittura si scusò a sua volta, dicendo di non aver notato Jimin. 
Poi si allontanò con la scusa di andare a prendere da bere al bancone. 
Fine. Tutto qui. 
Come se Jimin non avesse speso come minimo una novantina di giorni a piangersi addosso per lui. A rimpiangere di non esserci andato a letto quando glielo aveva chiesto, solo per vedere per quanto sarebbero stati ancora insieme. 
Il DJ stava dando il meglio di sé con remix cadenzati e originali, ma Jimin si era pietrificato sul posto. 
Chase aveva portato un altro a ballare all'Anathema. Nel loro posto. 
Cavolo, il pavimento sotto i suoi piedi probabilmente fumava ancora tanto il furore con cui erano soliti ballarci loro due insieme e lui era già andato oltre. 
Ma come faceva a stare lì e pensare a qualcun altro che non fosse lui? No, perché era da quando era arrivato che Jimin non faceva altro che premere i ricordi verso il basso, segregandoli da qualche parte. 
Neanche a dirlo, se prima fare così era servito a qualcosa, dopo quell'incontro era andato tutto alla malora. 
Jimin desiderò un altro drink. O altri cinque.
Come avrebbe potuto dimenticare le teste appoggiate sulle spalle, le sue braccia intorno a lui, le risate alticce, i loro visi vicini, la melodia della loro canzone?
Per non parlare del modo in cui Chase lo guardava mentre ballava. Succedeva spesso che si fermasse, facesse un paio di passi indietro come per ampliare la sua visuale e se ne stesse lì a fissare Jimin. Lo faceva anche nell'ultimo periodo, il peggiore, quando avevano i giorni contati e loro uscivano insieme tanto per salvare le apparenze. Bastava che Jimin iniziasse a lasciarsi guidare dalla musica e a muoversi in quel suo caratteristico modo sinuoso che l'attenzione dell'altro era immediatamente catturata. Il suo ex diventava geloso di tutti quelli che appoggiavano gli occhi su di lui, cosa che Jimin trovava adorabile. 
Ricordava perfettamente quel suo sguardo incantato farsi sempre più voglioso. Un'ora prima non rispondeva alle sue telefonate, una mossa di bacino e pendeva dalle sue labbra. 
E invece adesso si allontanava con il suo nuovo ragazzo. 
Mai prima di quel momento Jimin desiderò così ardentemente di essere ammirato in quel modo. Desiderò sentirsi apprezzato, sentirsi attraente. 
Ma più di tutto desiderò farla pagare a Chase. Desiderò fargli rimpiangere di averlo lasciato.
Doveva mostrargli che gli era passata, che era storia vecchia. Doveva chiudere il capitolo una volta per tutte e andare avanti, doveva sbattergli in faccia che, non solo stava bene, ma stava anche meglio senza di lui.
Non ti avevo notato, aveva detto Chase. 
Beh, era arrivato il momento che lo facesse, invece. 
Jungkook era stato troppo preso dalla canzone per accorgersi della brevissima interazione tra i due. L'unica cosa che seppe era che un attimo prima stava ridendo e ballando con Jimin, un attimo dopo l'espressione dell'altro aveva subito un cambio repentino. 
Con la gente che lo sballottava a destra e a sinistra, Jungkook provò a chiedergli cosa gli prendesse, ma venne distratto da un Taehyung un po' brillo che rischiò di rovinare a terra. 
Jungkook non fece in tempo ad allacciare le braccia intorno al suo migliore amico per sorreggerlo che questo gli si appese al collo ridacchiando, facendogli perdere l'equilibrio.
Quando Jungkook riuscì a levarsi Taehyung di dosso e a rimettersi sui suoi piedi, Jimin era scomparso.
Subito diede l'allarme a Namjoon che lo rassicurò; il ragazzo sarebbe saltato fuori in un modo o nell'altro prima dell'orario prestabilito per andare via. Bastava tenere gli occhi aperti, non c'era bisogno di organizzare una spedizione di ricerca per setacciare l'Anathema. 
E anche quella volta Namjoon aveva ragione, anche se non poteva saperlo. Senza alzare un dito, il mistero della scomparsa di Jimin si risolse da sé due minuti dopo, quando Namjoon si sentì tirare leggermente per una manica. 
Yoongi era al suo fianco. Doveva essersi morso il labbro perché pareva sul punto di sanguinargli di nuovo. Namjoon stava per dirgli di starci attento, ma qualcosa stonava nel modo in cui lo sguardo dell'altro era perso lontano. 
Bastò seguirne la traiettoria per coglierne la nota che aveva portato disguido in quella sua ormai ben orchestrata sinfonia. 
Quegli occhi puntavano al salone principale dell'Anathema, al centro della pista da ballo. Un ridente quartetto di ragazze immagine stavano aiutando una figura familiare a salire sul piccolo palcoscenico che era posizionato lì. 
 Non si poteva neanche definirlo con certezza un palcoscenico, era più una variante ai normali cubi che si possono trovare in qualsiasi discoteca. Ad occhio e croce arrivava all'altezza del bacino di una persona di media statura. Era dove le ragazze immagine dell'Anathema erano solite stare, sia che si limitassero ad ancheggiare, strette nel tubino color prugna che costituiva la loro divisa, o che si esibissero con una coreografia vera e propria. 
Una volta riuscito a salire, Jimin si resettò la stoffa sulle ginocchia con le mani. Le ragazze subito lo accerchiarono, tutte in ghingheri con i loro chignon e il loro rossetto viola. Se fosse stato ubriaco duro avrebbe creduto di vederci quadruplo. 
A una ventina di metri da lì, Namjoon maledì una di loro per essere proprio in mezzo alla sua visuale. Non capiva cosa stesse succedendo e la cosa non gli piaceva. Che motivo aveva Jimin di sparire senza dire niente a nessuno e salire su un palcoscenico riservato allo staff del locale?
Se non fosse stato a conoscenza che quella sera indossava precisamente quel felpone grigio si sarebbe detto che non si trattava del suo amico.
Namjoon richiamò tutta la truppa a rapporto, dicendo loro di spostarsi nel salone principale. Taehyung era troppo andato per fare domande, ma Seokjin e Jungkook gli lanciarono uno sguardo interrogativo. Quegli stessi sguardi si riempirono di stupore quando gli fu indicato Jimin, una spiegazione più che sufficiente.
Yoongi era già metri avanti loro, senza curarsi minimamente di aspettare i suoi amici per non perderli nella folla. 
E così Jimin si era ritrovato su un fottuto palco, pronto a pentirsi delle sue azioni sconsiderate. 
 Nella folla, gli occhi di qualcuno erano già su di lui, in uno strano effetto domino che portava sempre più persone a fissarlo. Non si era minimamente reso conto di quanta gente fosse presente. Erano davvero in tanti. I suoi pensieri andarono alle uscite di sicurezza, senza ombra di dubbio insufficienti ad evacuare il locale velocemente. 
Jimin si fece coraggio e chiuse gli occhi, inalando l'aria satura della discoteca. 
Prese le persone che aveva appena visto, le prese tutte, dalla prima all'ultima, e le cancellò. C'erano solo lui e la musica.
Lui, la musica e il suo ex.
Il suo ex che da lì a poco lo avrebbe visto ballare così freneticamente che l'anima di Jimin avrebbe faticato a tenere il passo del corpo. 
Il suo piede prese a battere il tempo. Assorbì il ritmo per gradi, facendolo fluire verso l'alto. La gente mormorava, si chiedeva che diamine stesse facendo lì impalato, ma lui li lasciava aspettare.  
La musica saliva, saliva, saliva e la coscienza di Jimin scemava, scemava, scemava. 
Partì il drop della canzone e lui iniziò a muoversi liberamente, i suoi passi di danza forti e audaci velati da una grazia e un'eleganza che lo avevano sempre contraddistinto dagli altri ballerini. Tenendo le palpebre socchiuse non ebbe paura di osare, di far vedere quello di cui era capace, lasciando che la creatività lo precedesse e gli facesse piegare le ginocchia, roteare busto e fianchi, rovesciare la testa all'indietro. 
Fin da quando Jimin era stato grande abbastanza per imparare a vergognarsi aveva sempre preferito evitare di improvvisare davanti agli altri, anche quando gli veniva richiesto dagli insegnanti di danza. Lo spaventava l'idea che, vedendo quel suo modo spudorato di ballare quando non si dava freni, quasi rasente al volgare, le persone potessero farsi un'idea sbagliata. 
Jimin sapeva che qualcuno gli avrebbe dato dell'arrogante, del pieno di sé, ma in quel momento andava bene così. 
Aveva un cuore spezzato e tanta voglia di farsi aggiustare, cosa gliene importava del giudizio di un branco di sconosciuti?
Jimin riaprì gli occhi solo quando sentì un paio di mani sulle sue spalle. Erano quelle curate e leggere di una delle ragazze immagine che prese a ballare con lui, seguita a ruota dalle altre tre. Lo affiancarono, continuando ad ancheggiare e atteggiarsi. Una di loro portò alla bocca di Jimin il drink che era intenta a bere lei, approfittandone per passargli le dita tra i capelli appiccicati alla fronte. Il pubblico urlava e fischiava, apparentemente apprezzando lo spettacolo diverso dai soliti stacchetti. 
La musica cambiò e una traccia sensuale prese a rimbombare tra le pareti dell'edificio. Le ragazze sorrisero smaglianti a Jimin, incitandolo a riprendere a ballare. 
Per la prima volta in quella serata, lui ricambiò il gesto spontaneamente. Fece come gli avevano detto. 
Tre canzoni più tardi tutti i giovani che posavano gli occhi sul piccolo palcoscenico rimanevano catturati dallo spettacolo che si stava svolgendo; Jimin e le ragazze stavano dando il meglio, facendo gara a chi riusciva a provocare maggiormente il pubblico tra mosse audaci, passi a due improvvisati, risate incontrollabili e mosse all'americana tutte bacino e pensieri sporchi. 
L'apice del consenso da parte degli spettatori venne raggiunto quando la ragazza che lo aveva approcciato per prima, i capelli ormai sciolti sulle spalle, allungò le braccia intorno a Jimin e gli sfilò la maglietta madida di sudore da sopra la testa. La mandò a far compagnia alla felpa grigia, tristemente abbandonata in un angolino del palcoscenico. 
Quel fisico modellato da tanti anni di allenamento fu sotto gli occhi di tutti, mandando in visibilio l'ammasso di gente per lo più ubriaca che si accalcava contro il palchetto.  
Furono scattate foto e girati video di Jimin, delle linee degli addominali che seguivano le sue movenze, il suo corpo che diventava oggetto di chiacchiere e apprezzamenti. La sua pelle sudata venne immortalata sotto le luci dei led colorati, accentuando le ombre tra le scapole ben definite. 
In tutto questo Jimin danzava e basta. Jimin danzava e non pensava a niente.
Roteò su se stesso, accompagnando la mossa prima con la testa e poi di petto, i capelli ormai ridotti a ciocche scure che gli piovevano davanti al viso. 
Fu in quel momento che i suoi occhi trovarono il suo ex in mezzo alla folla. 
Da quel che poteva vedere da quella distanza, il suo ragazzo gli aveva affondato il viso nella piega del collo, ignaro di tutto, e Chase si limitava a stringergli passivamente i fianchi; tutta la sua attenzione era radicata proprio sulla figura di Jimin, su tutta quella pelle che non aveva potuto proclamare per sé ma che ora era sotto gli occhi di tutti. 
Jimin lanciò un sorrisetto sbieco riservato a lui prima di crollare sulle ginocchia. Dopotutto la vendetta va servita su un piatto d'argento, no?
Il ragazzo gattonò fino al bordo del palco e ci si mise seduto con le gambe a penzoloni. Faccia a faccia con il gruppo di giovani più accaniti della massa, riconobbe tra di loro uno dei ragazzi più belli e popolari della sua scuola, un qualche giocatore della squadra di atletica. 
Quei suoi occhioni azzurri si sgranarono nel momento in cui Jimin lo afferrò per il colletto della camicia e gli infilò senza esitazioni la lingua in bocca, zittendo chiunque fosse abbastanza vicino da vederli. Poi il bellimbusto aveva ricambiato il bacio con altrettanto trasporto, troppo sbronzo per ricordarsi della sua fidanzata, e la folla aveva ripreso a scatenarsi con il doppio della ferocia.
Dall'altra parte della sala, le facce di Seokjin, Namjoon, Yoongi e Jungkook erano a dir poco esterrefatte. Nessuno fece niente. Nessuno disse niente.
L'unico a dar segni di vita era Taehyung, in un vago tentativo di attirare l'attenzione di qualcuno che potesse accompagnarlo gentilmente a vomitare. 
Non proferirono parola neanche quando un paio di braccia mascoline sollevarono Jimin dal palco come se non pesasse niente. Il loro amico venne inghiottito tra la folla sottostante, una mano dietro al suo collo che fece collidere il suo viso con quello di un altro, e loro lo persero di vista una volta per tutte. 


 
   
 
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