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Autore: DearYou    02/11/2017    0 recensioni
Dean e Castiel stanno cercando il modo di fermare Michele scappato dalla gabbia ma allo stesso tempo Castiel cerca di sistemare le cose per Dean.
"Dean, ascoltami lo riporterò qui. Porterò indietro tuo fratello".
Quante cose erano cambiate in assenza di Sam?
Storia che segue il finale della 12° stagione rivisitato. Mary fu uccisa da Lucifero, Sam invece finì con lui nell'universo parallelo.
Contenuti Dean/Castiel.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Lucifero, Michael, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
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02 Parlami di Sammy

Non mi ero ancora abituato a chiamarla casa benché, per la prima volta, ne avesse tutto l'aspetto.
Per alcune cose mi ricordava molto quella di Bobby. Sicuramente il disordine era una delle similitudini principali.
I libri infiniti che Sam pazientemente aveva catalogato nel bunker in modo per me incomprensibile - passandoci settimane e mesi interi - ricoprivano la maggior parte del pavimento in modo disordinato.

Pensavamo di esserci liberati degli inglesi ma ci sbagliavamo. Altri erano venuti a cercarci e avendo libero accesso al nostro bunker – e probabilmente a tutti i bunker del mondo - eravamo stati costretti a svuotarlo e a spostarci.
Gli uomini di lettere si erano rivelati molto simili a quei mostri mitologici che triplicavano le loro teste non appena gliene mozzavi una. Sicuramente Sam sarebbe stato in grado di definirli con il loro nome cominciando a recitare una qualche storia mitologica tanto noiosa da farmi cadere in trans.

Se solo fosse stato lì...

“Scusami, non volevo sgridarti Dean ma loro ci stavano ascoltando. C'erano due angeli seduti al bar che ti stavano controllando e tu non volevi abbassare la voce”, esordì Cas con tono tranquillo.
“Sgridarmi...”, la scelta di quella parola la trovai estremamente buffa sulle sue labbra.
“Come se non meritassi quello o tanto altro ...”, aggiunsi in tono sommesso sedendomi sul divano in modo grossolano.
“A cosa ti riferisci adesso, Dean?”, Cass inclinò leggermente la testa verso di me usando quell'aria innocente che gli apparteneva nonostante avesse...quanto? Più di mille anni?
“Lo sai bene”, risposi in un sospiro.
Una breve pausa e i nostri occhi si unirono parlando tra loro, insidiandosi uno nei ricordi dell'altro.
“Pensavo avessi detto di dimenticare tutto”, mi fece notare con un filo di voce.
Distolsi lo sguardo e chiusi gli occhi colpito senza pietà da ricordi che avevo voluto sotterrare dalla vergogna ed altri nel cassetto dei rimpianti.
“Io non ho dimenticato”, precisò.
“Ti prego, smettila ti ...”
“Ma ti ho perdonato”
Sollevai il mio sguardo pesante verso di lui in silenzio, stanco osservai i suoi muscoli contrarsi e i suoi occhi schiudersi. Il mio respiro all'improvviso si fece aritmico e ansioso.
“E spero che tu sia riuscito a fare lo stesso ...”
Sembrava che aspettasse una mia risposta ma io non riuscii a replicare, titubai in difficoltà e la lesse come una conferma di cui credeva non aver bisogno.
“Non è importante”, disse rauco, indurendo la sua espressione, prendendo a fissare il vuoto davanti a lui.
Roteai gli occhi, sapendo benissimo che lo era. Lo avevo trattato molto più che male quando tra noi le cose avevano preso una piega inaspettata.
La confusione, il dolore per Sam mi avevano portato in posti che non avevo mai esplorato. Mi stropicciai la faccia esausto, intrappolando poi la mia testa tra le mani che martellava con insistenza.
“Mi dispiace, io ...”
“Dean”, mi interruppe secco. Non voleva sentire altro. Non voleva sentirsi ferito ancora una volta dal mio stupido orgoglio e io non volevo rischiare di fargli male. Lo avevo fatto vergognare troppo per qualcosa che avevo contribuito anche io a creare. Gli avevo addossato tutta la colpa, lo avevo punito, lo avevo odiato, deriso persino. Lui mi aveva perdonato ma io non riuscivo a perdonare me stesso e la cosa peggiore era che lui non capiva che l'odio che provavo era rivolto tutto verso me stesso. Mi odiavo per averlo fatto soffrire e mi odiavo per non riuscire ad accettare che in realtà non mi pentivo di quello che continuavo a rinnegare.

“Devi fare più attenzione, gli angeli hanno gli occhi puntati su di te”, Castiel cambiò discorso usando un tipico atteggiamento Winchester.
“Che guardino pure...”, replicai piano, senza forze.
“Conosci le loro regole e sai quanto ci tengano che non si parli di certe cose in pubblico...”
Smisi di ascoltarlo, riaprii gli occhi e presi a fissare il pavimento. Con la coda dell'occhio lo vidi darmi le spalle e camminare verso la finestra.

Rimbombavano sonore le promesse da lui fatte poco prima nel locale e cominciai a cedere lentamente, a far spazio a quell'idea che prese a stuzzicarmi l'anima: riaverlo.
Riavere Sam indietro.
Tutti i pensieri vennero spazzati via in un secondo e passarono in secondo piano.
Non potevo farne a meno, per quanto cercassi di respingerla, quell'idea mi stava penetrando dentro e questo mi faceva paura perché avrebbe significato rivivere tutto il dolore. Non volevo soffrire, non volevo illudermi ma per una parte di me ormai era tardi.
Gemetti premendo la mano sulle labbra, tentando di fermare una nausea improvvisa che veniva dritta dalla mia cistifellea.
“Dovremmo parlarne domani, quando sarai più lucido”.
Non ci giurai ma la sua voce doveva aver blaterato per tutto quel tempo in cui ero perso nei miei pensieri. Ebbi paura di vederlo svanire nel nulla e mi alzai così velocemente che la mia testa prese a turbinare e ripiombai sul divano con un tonfo.
“No, Castiel. Per favore”, mi affrettai a dire strizzando gli occhi nel vano tentativo di fermare quel terremoto.
“Parlami”
“Non c'è nulla da dire”
“Parlami di lui”, lo implorai specificando senza riaprire gli occhi.
Non sentii i suoi passi e supposi che non si fosse mosso dalla finestra perchè riuscivo ancora a sentire la sua muta presenza. Capì subito a cosa mi stessi riferendo.
“Non adesso”
“Ti prego...”, lo implorai.
Riaprii gli occhi e con mia sorpresa non lo trovai dove l'avevo lasciato.
“Non è sicuro”, la sua voce mi sussurrò nell'orecchio e capii che si era spostato alle mie spalle.

La mia pelle rabbrividì a contatto del suo fiato caldo sulla mia nuca. Mi scansai confuso e lo fissai intimorito dalla vicinanza. Il mio cuore fece un battito profondo e mi diede l'impressione di tacere completamente prima di riprendere a pompare.
I suoi occhi spenti mi scrutarono dalla testa ai piedi poi si avvicinò la mano all'orecchio facendomi capire che qualcuno poteva essere in ascolto. Mi rilassai di poco mentre tornava dritto con la schiena e si assicurava , perlustrandomi gli occhi, che avessi compreso. Teso annuii debolmente e ingoiai la saliva. Sembrava deluso dal mio nervosismo che persisteva ancora alla sua vicinanza.
“Quando?”
Sembrò cercare una risposta in quella stanza, osservando ogni angolo in silenzio, mentre io ancora appeso ai suoi occhi, mi ero perduto.
Avevo cercato di convincermi che non c'era niente di male, come poteva esserci male nella sua luce? I miei occhi d'altro canto erano troppo legati alla materia da non riuscire a vedere altro che il suo contorno. Il suo corpo. Scordandomi spesso della bellezza di ciò che era realmente. Non era quello che i miei occhi percepivano, era una creatura di luce, antica, potente ed io...
“Perchè non dormi? Domani mattina avrai le idee più chiare”, uno sguardo complice cerca di farmi capire il vero senso di quelle sue parole.
Mi svegliai dal torpore con lentezza e impiegai più tempo del dovuto per capire di cosa stesse parlando. Chiussi la bocca che nel frattempo si era schiusa automaticamente.
'Smettila di guardarmi con gli occhi, Dean. Guardami con il tuo cuore', alcuni ricordi frammentati si erano palesati nella mia testa, intensi e vivi. Mi ci volle una grande dose di energia per tornare al presente e capire che mi stava dando appuntamento nei miei sogni.
“O...ok”, balbettai.
Un cenno della testa ed un passo indietro bastarono per far correre la mia mano ad impugnare il suo trench. Strinsi la stoffa beige tra le dita fissandola. 'Resta'. Non alzai lo sguardo e non dissi quello che mi frullava per la testa in quel momento.
“Non...sparire, Cass. Ti aspetto”, dissi infine lasciandolo andare.
“Ti prendo un bicchiere d'acqua”. Le mie dita scivolarono lungo il dorso della sua mano mentre prendeva le distanze da me.
“Mi dispiace”, sussurrai con un filo di voce tanto debole da non riuscire a sentirlo nemmeno io.
L'ultima cosa che ricordo era di aver appoggiato la testa sul cuscino ma non avevo idea se quell'acqua fosse effettivamente mai arrivata.

   
 
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