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Autore: Alyke diAngelo    05/11/2017    0 recensioni
'Quell' essere che arranca tra le macerie non è completamente cyborg, cè qualcosa che lo rende più umano degli altri. Il suo nome è DSI-350, un tempo Eva. Il nome le era stato dato in onore delle credenze dei suoi avi, perche lei fosse la pioniera. Eva. La prima donna."
Originale dieselpunk/post apocalittica che avevo in mente da mezzo secolo
Genere: Azione, Dark, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sta sorgendo il sole di Dicembre sulla polverosa città di 135782, le cui periferie sono ormai ridotte a poco più che qualche cumulo di macerie arrugginite. Spuntoni di ferro escono da blocchi di cemento armato levigati dall'aria dei mille anni che quella pietra ormai in disuso si porta sulle spalle. Dopo il collasso climatico del 2200 non c'è voluto molto prima che tutta la civiltà crollasse su se stessa come un castello di carte e la situazione degenerasse nell'anarchia totale; gli uomini, nella loro visione chiusa e ottusa, avevano cercato di addossarsi la colpa l'uno sullaltro, preferendo sacrificarsi per la caduta di uno che per la salvezza di tutti, nel poco tempo che rimaneva loro. Nel 2205 era stata imposta la leva obbligatoria dai pochi paesi che ancora avevano un governo, mandando a morire gran parte della popolazione superstite, nella convinzione che un abbassamento della densità di popolazione avrebbe riparato a tutti i danni passati. Se quella convinzione fosse stata fondata, quelle macerie non sarebbero lì, oggi. Nel 2218 la situazione era ormai del tutto degenerata, l'aria era diventata irrespirabile e la maggior parte delle zone di vegetazione era ormai brulla. Gli ultimi scienziati, come estrema risorsa, decisero di impiantare un chip sperimentale in un gruppo di robot, comandando loro di fare tutto ciò che sarebbe stato necessario per salvare il pianeta. I robot iniziarono a comunicare tra di loro attraverso algoritmi sconosciuti alla scienza umana, e fu solo questione di tempo prima che tutti gli altri lo apprendessero e si unissero alle conversazioni. Dopo un periodo di stallo, in un pomeriggio di luglio 2220, i robot presero il sopravvento, iniziando a prelevare gli umani dagli insediamenti rimasti e a convertirli in cyborg, umani con innesti robotici la cui coscienza era completamente cancellata e rimpiazzata con ordini precisi su come convertire gli altri umani in cyborg. Su per quella collina di macerie cè qualcuno, cammina con un passo strascicato, con un accenno di zoppia verso sinistra. Porta qualcosa sotto braccio e un borsone dall'aria pesante in spalla. Il suo volto è coperto per metà da un foulard di stoffa marrone grezza, che trasuda vecchiaia. Non si aveva stoffa nuova da cinquecento anni buoni. La sua faccia rimane scoperta dal ponte del naso in su e porta un oculare con un meccanismo di lenti sull'occhio sinistro. Le sue movenze sono tipicamente femminili, in termini di cyborg. Eppure quell'essere che arranca tra le macerie non è completamente cyborg, cè qualcosa che lo rende più umano degli altri. Il suo nome è DSI-350, un tempo Eva. Il nome le era stato dato in onore delle credenze dei suoi avi, perche lei fosse la pioniera. Eva. La prima donna. Lei è una di quelli, gli umani che, tenuti in cattività dai robot in piccole comunità di un centinaio di individui ciascuna, nel 3000 scatenarono una ribellione senza precedenti. Non erano molti, cento contro tutti, ma le loro speranze erano quelle di diecimila. Il bisogno di rivoluzione, linvitante scarica di adrenalina del movimento rischioso e la determinazione di quelle persone furono abbastanza da smuoverli, facendoli gettare a capofitto nella missione suicida con il risultato migliore degli ultimi trecento anni. Fu un fallimento quasi totale, soltanto una quarantina sopravvisse e molti furono risparmiati a costi altissimi. La maggior parte fu impiegata nei plotoni desecuzione, uno stillicidio eterno garantito dalla conversione tecnologica con il mantenimento della coscienza umana. Fuori delle città vivevano, infatti, piccole comunità, isolate, indipendenti e di cui si sapeva davvero poco dentro le recinzioni, di umani, eredi degli eredi dei sopravvissuti ai rastrellamenti dei robot. Di tanto in tanto un gruppo veniva sorpreso mentre cercava di attraversare le grate per entrare in città e veniva arrestato. E qui entrava in gioco il plotone desecuzione. Dieci persone, umani, piazzati lì appositamente per soffrire guardando morire la propria specie. Quella notte del 3000, lei portava addosso dei candelotti di dinamite che era riuscito a rubare chi si era insegnato la professione del ladro; il suo compito era di piazzarli in cima alla struttura dove erano rinchiusi e nellesplosione che ne era conseguita aveva perso l'uso della parte sinistra del corpo, rimasta crivellata dalle lamiere dell'edificio. Anche lei, infine, era stata convertita. Ora sale su quella collina, sulle macerie del suo passato, per piantare un cartello, al confine della città. Non dovrebbe saper leggere quella scritta, appartiene a un alfabeto che non conosce, ma non sarebbe sorpresa dal sapere che cè scritto "Pericolo, attenzione agli umani.", perché è quello che recitano tutte le lastre sulla grata che circonda 135782 e tutte le altre città. DSI-350 è arrivata alla grata. Si scopre la parte inferiore del viso, scuotendo la testa e lasciando cadere il cartello che aveva sotto braccio con un tonfo metallico che echeggia tra le macerie; afferra un piccolo vecchio panno da una tasca della veste. Sistema e spanna la lente dell'oculare, resettando il sistema di contrasto. Si appoggia alla grata e guarda fuori. Loro sono là, quelli che l'avevano spronata a compiere quel folle gesto nel nome della libertà. Sospira. Sospira e guarda fuori, chiedendosi quando verrà il giorno in cui potrà mettere piede su quell'arida terra promessa. Si china per prendere il cartello e le fasce per fissarlo, quando un'idea le si incastra tra gli ingranaggi. E se fosse davvero lei destinata a fare qualcosa? Se fosse davvero lei l'unica a poter ridare le carte in tavola? Ha con sé un martello e un cacciavite, e una riserva pressoché infinita di pietra da incidere. I minuti che seguono sono tutti un tintinnio di detriti che spezza il ronzio silenzioso della discarica, un frullare di ingranaggi. I cavi nel suo corpo si tendono e si contraggono, prede di una nuova adrenalina. E inizia a incidere, scavando nella sua memoria per ricordare quel vecchio alfabeto che le avevano insegnato da bambina, che apparteneva agli avi dei suoi avi, mille anni addietro. L... A... Sta sudando dall'euforia R... I... V... O... L... e quella lettera, com' era? Sì, T! A... É... I... N... I... Deve sbrigarsi Z... I... A... T... A... Finisce di incidere dopo quasi unora, col cervello pieno di pensieri, paura e sogni. Appoggia la pietra sulla grata, con lincisione rivolta verso l'esterno. Si tira su il fazzoletto sul naso, calciando via il cartello con la gamba buona. Prende in spalla il borsone, sollevandolo, e se ne va, con un nuovo piano in mente per riportare alla luce la sua minoranza. Senza più essere derisa per le strade per essere un'umana di nascita, senza più paura di ammetterlo. Perché sa che le cose cambieranno. E sarà lei a farle cambiare. Si avvia verso la città, verso quel cumulo di fumo, grigio e ruggine, lasciandosi alle spalle il rumore di silenzio della discarica, che quasi sembra tirarla a sé come se fossero parte l'uno dell'altra. (Spero di essere riuscit* a mandare a capo queste note, rip me... Allora, questo è un prologo per quello che spero diventerà qualcosa di più grande, un giorno e se siete arrivati fin qui per favore lasciate una recensione che son solo felice ><❤)
   
 
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