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Autore: much_ado_about_nothing    09/11/2017    0 recensioni
Un'archeologa italiana che lavora in Turchia.
Una star hollywoodiana.
Due mondi troppo lontani per incontrarsi?
~~~~~~~
Lei era pentita di aver accettato quel lavoro ancora prima di iniziare.
Lui lo considerava una perdita di tempo.
Non immaginavano che quelle due settimane avrebbero cambiato le loro vite.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In piedi davanti alla grande vetrata della sala partenze internazionali, guardo la pista, mentre aspetto che chiamino il mio volo. Un aereo sta rullando. Pochi minuti ed è già in volo. Lo seguo con lo sguardo finché non è niente più che un puntino nel cielo. 
C'è Barbara a bordo di quell'aereo, sta tornando in Italia.
Tra pochi minuti anch'io mi imbarcherò per gli Stati Uniti. 
Quattro settimane a Los Angeles per stare finalmente un po' con i miei figli e girare gli interni, poi...
Poi due settimane senza alcun impegno. Senza Exton e Avri, in vacanza con Susan. Senza riprese, interviste o tour promozionali. Due settimane che fino a due mesi fa temevo come la peste perché sapevo che mi avrebbero ridotto a vagare senza meta come una belva in gabbia, ma che ora aspetto con una sorta di gioiosa impazienza. 

I tempi delle riprese sono serrati, si comincia a girare al mattino presto e spesso si va ben oltre il tramonto, ma tornare a casa e trovare Exton e Avri, e spesso anche Indio, ad aspettarmi, è tutto ciò che mi basta per dimenticare la stanchezza di una giornata passata sul set.
L'unica cosa che mi mancava erano le chiacchierate serali con Barbara, ma, un paio di giorni dopo l'inizio delle riprese, mi sono reso conto che quando sospendiamo per la pausa pranzo, in Italia è più o meno ora di cena, così l'ho chiamata.
Il fatto che fosse sorpresa di sentirmi non mi ha stupito, ricordo bene la sua espressione scettica quando, poco prima di salutarci all'aeroporto, ci siamo scambiati i numeri di telefono col proposito di tenerci in contatto.
Ora, ogni giorno, quando ci fermiamo per il pranzo, mi chiudo nel mio camerino e per un'ora non ci sono per nessuno. Non è come essere con lei, ma per ora è un buon compromesso.

Tra le riprese, i miei figli e le ore al telefono con Barbara, quest'ultimo mese è passato in un lampo, ma ora che il film è finito, Exton e Avri sono con la madre e Indio è partito per un giro di concerti con la sua band, ho fatto la valigie e ho preso il primo aereo per l'Italia. 

Benedetto sia l'inventore del navigatore, grazie al quale posso godermi il viaggio senza essere costretto ad affidarmi al mio scarso italiano per orientarmi, mi dico, mentre guido immerso in un paesaggio tanto diverso da quello a cui sono abituato.
Amo i grandi spazi del mio paese, ma qui... Ad ogni curva è una scoperta: ho lasciato da pochi chilometri un'autostrada che seguiva la linea della costa ed ora mi sto inoltrando fra verdi colline punteggiate di piccoli borghi. 
Non è la prima volta che vengo in Italia, sono stato a Roma e a Milano, ma sempre per lavoro, che voleva dire aeroporto, albergo, interviste, incontri con i fans e poi di nuovo albergo e aeroporto; tutto regolato da un preciso, minuzioso programma.
Questa volta niente programmi, nessuna certezza, l'unica cosa sicura è la stanza che ho prenotato in un albergo non lontano dalla sede della "sua" Università.
Non sono nemmeno troppo sicuro di come reagirà quando mi vedrà... Già, perché non le ho detto di questo viaggio. Non so bene perché, forse per farle una sorpresa, o perché temevo che mi dicesse di non venire...

Un'ultima curva e poi... la meraviglia. 
Accosto su un piccolo spiazzo sul bordo della strada e scendo dall'auto; mi aveva parlato della sua città, ma ciò che ho davanti va oltre ogni descrizione. 
Ora capisco meglio l'amore e la passione di Barbara per il suo lavoro: non puoi vivere in mezzo a tanta bellezza, senza che tutto questo ti entri dentro e sia parte di te.
Un antico palazzo decorato da torri affusolate che mi ricordano vagamente i minareti di Istambul, a destra grandi alberi con le loro chiome verdissime spuntano da una vasta terrazza (forse i giardini del palazzo?), a sinistra la cupola di una chiesa con il suo campanile accanto, tutt'intorno case dello stesso color terracotta, fino alla base della collina dove antiche mura circondano tutto. Niente grattacieli o edifici moderni, tutto è come sospeso in una dimensione senza tempo. 
L'impressione di avere viaggiato indietro nei secoli è forte, se non fosse per le auto che percorrono la strada che corre ai piedi delle mura.
Mi pare quasi di sentire una musica medievale portata a tratti dalla brezza... 
Meglio risalire in auto e andare in albergo, la mia immaginazione o forse la stanchezza per il viaggio mi sta facendo strani scherzi.
Lascio l'auto in un parcheggio e mi avvio a piedi verso l'albergo, che so essere a poche centinaia di metri. Ho percorso solo pochi passi quando sento ancora quella musica, solo che ora è molto più vicina e nitida e non è quindi solo un parto della mia fantasia. 
Mi lascio trascinare dalla curiosità nella direzione da cui proviene la melodia e questa volta ho davvero la certezza di aver viaggiato indietro nel tempo. Perché questa è l'unica spiegazione a ciò che mi trovo davanti. 
Il vicolo sfocia in una piazza: seduti sui gradini di una chiesa tre musici, come chiamarli altrimenti, visto gli abiti che indossano e i loro strumenti? 
Sotto una loggia stanno allestendo un mercato, solo che le merci sono rustici vasi di terracotta, oggetti in cuoio e... ma sono spade quelle?
Da un vicolo alla mia destra sbuca un gruppo di soldati in elmo ed armatura, faccio appena in tempo a scuotermi dallo stupore e a scostarmi per non farmi travolgere.
Li seguo con lo sguardo finché non entrano nel portone di un palazzo dall'altro lato della piazza; pochi istanti dopo ne escono due ragazze abbigliate come appena uscite da un quadro di Leonardo.
Sto cominciando a preoccuparmi per la mia sanità mentale, quando il suono di un clacson mi riporta alla realtà. Mentre mi faccio da parte per lasciare passare un furgone, lo sguardo mi cade su un drappo appeso sopra la loggia del mercato che prima non avevo notato. Il mio zoppicante italiano non mi permette di capire ogni parola, ma riesco comunque a comprendere che sono capitato nel mezzo di una rievocazione storica.

Il tempo di lasciare il bagaglio in albergo e sono di nuovo in strada, in mano una pianta della città con il percorso segnato a matita dal disponibile addetto alla reception.
La mia meta è un antico palazzo non dissimile da quelli che si affacciano sulla medesima strada, distinguibile solo dalla targa, affissa accanto al portone, che lo identifica come sede del dipartimento di archeologia.
Indugio sulla soglia, come reagirà Barbara vedendomi? 
Certo, venire a cercarla qui non è il massimo della discrezione, ma è l'unico modo che ho per rintracciarla, visto che non conosco il suo indirizzo, così accantono ogni esitazione e attraversato il portone mi ritrovo in un cortile interno circondato da un portico, alla mia destra una porta reca la scritta "Segreteria": lì sapranno dirmi dove trovarla. 
-Posso aiutarla?- mi chiede l'impiegata senza alzare lo sguardo dai documenti che sta compilando.
-Yes... Si... voglio... dottoressa Guerra...- quando si dice andare dritto al punto!
Lei alza la testa e mi scruta da sopra le lenti degli occhiali da lettura, probabilmente sta valutando se chiamare la sicurezza per farmi sbattere fuori o giudicarmi innocuo e capire cosa sto facendo lì.
Prima che decida di optare per la prima ipotesi, tento di porre rimedio al pessimo esordio e, sfoderando il mio miglior sorriso da seduttore, do fondo a tutte le mie conoscenze linguistiche:-Mio nome è Robert Downey, io sono cercando dottoressa Guerra.- (Appunto mentale: visto che ho intenzione di frequentare assiduamente questi luoghi, procurarsi un buon corso di lingua italiana.)
-So chi è lei...- ribatte gelida l'impiegata in perfetto inglese senza scomporsi minimamente (il mio fascino sta perdendo colpi) - la dottoressa questa mattina non è in facoltà. Mi spiace.- Il suo tono smentisce le ultime parole.
-Non sa dove posso trovarla? Se mi potesse dare il suo indirizzo...- azzardo.
-Non siamo autorizzati a comunicare ad estranei questo genere di informazioni.- replica asciutta. -Può provare a tornare domani, o, meglio, lunedì. Naturalmente sarebbe meglio se prima avvertisse telefonicamente.- detto questo rivolge tutta la sua attenzione ad una ragazza che è appena entrata con una pila di documenti, ritenendo, per quanto la riguarda, conclusa la questione.
Rassegnato mi avvio verso l'uscita prendendo il cellulare dalla tasca: chiamerò Barbara, con tanti saluti al proposito di farle una sorpresa! 
-Scusi...- sono già sulla strada, quando una voce mi richiama indietro. 
È la ragazza che era entrata poco prima.
-Ho sentito che sta cercando la dottoressa Guerra... Barbara...- dice.
-Lei sa dove posso trovarla?-
-Si, sto andando da lei, se vuole può venire con me.- propone.
-Certo, mi farebbe un grosso favore.-
-Io sono Giulia.- dice tendendo la mano mentre ci avviamo. 
-Piacere di conoscerti, Giulia,- le stringo grato la mano, - io sono Robert...- Sorride alle mie parole, -... ma tu naturalmente già lo sai ...- sospiro, sorridendo a mia volta -A quanto pare dovrò rivedere le mie tecniche di camuffamento: anche la signora della segreteria mi ha riconosciuto al primo sguardo. Per un attimo ho temuto che chiamasse qualcuno per farmi sbattere fuori. Anche se penso che sarebbe stata in grado di farlo anche di persona.-
-Oh, sì, non c'è dubbio- fa lei ridendo. 
-Gran brutto colpo, sarebbe stato, per la mia autostima...- scherzo.
-Comunque, non è una questione personale: fa così con tutti...-
-Davvero?-
-C'è chi la chiama Cerbero, naturalmente non in sua presenza. Nessuno che non sia più che autorizzato può varcare quel portone: si racconta che una volta negò l'accesso persino al nuovo rettore perché non aveva con sé un documento che ne provasse l'identità.- 
Nel frattempo siamo arrivati davanti ad un altro portone e ad un'altra targa che lo identifica come la sede del Centro Teatrale Universitario. La cosa si fa interessante...
Giulia mi guida su per una scala fino ad una grande sala immersa nella più totale confusione: persone che vanno e vengono abbigliate nelle fogge più bizzarre, pile di abiti di scena, in un angolo pezzi di scenografie... io mi sento a casa, ma Barbara? Non avrei mai pensato di poterla trovare in un posto come questo... 
Tipico di lei: quando penso di cominciare a conoscerla, ecco che scopro un lato nuovo che mi spiazza e mi sorprende.
Giulia con un gesto della mano attira l'attenzione di un uomo al lato opposto della sala, lo guardo avvicinarsi con la curiosa sensazione di averlo già visto da qualche parte; e quando Giulia lo saluta tutto diventa chiaro:-Ciao, Stefano, Barbara è qui?- È il "famoso" coinquilino, quello che avevo creduto il suo fidanzato.
   
 
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