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Autore: Arsax    28/11/2017    0 recensioni
Sequel di "The Bloody and Dark Princess"
Non potevo credere di averlo fatto. Non ci riuscivo. Non volevo. Sapevo di essere un mostro e le mie mani erano sporche del sangue di diverse persone già a venticinque anni, ma mai avrei pensato che la mia prossima vittima sarebbe stata lei.
Mi guardava con quegli occhi azzurri, sbarrati dalla sorpresa tanto quanto i miei. Volevo poter tornare indietro nel tempo e non compiere quel gesto, per impedire che si arrivasse a quel punto.
Avevo già perso la donna più importante della mia vita a soli sei anni e non volevo perdere anche lei.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 13


Evitai accuratamente Serena in ogni modo, ma sembrava impossibile. Non faceva altro che ronzarmi intorno, invitarmi a uscire con i suoi amici scalmanati e non riuscivo a starle lontano. Non vederla era una sofferenza per me e ogni volta che mi sorrideva, pensavo che avrei dovuto cercare un modo per liberarmi dalla presa di Lucian e riprendere il potere che mi spettava di diritto. Solo in quel modo avrei potuto proteggere Serena.
Arrivò la tanto fatidica festa di Halloween e io non avevo assolutamente voglia di festeggiare, ma non potevo tirarmi indietro all'ultimo. Ci eravamo messi in viaggio verso il primo pomeriggio, nella Panda claustrofobica di Serena. Durante il viaggio scoprii che avevano anche intenzione di mascherarsi, ma non avrei permesso che lo facessero anche a me. Non mi sarei fatto impiastricciare la faccia per assomigliare a uno zombie o peggio a un lupo mannaro, nostri acerrimi nemici e fortunatamente quasi del tutto estinti.
Dopo un paio d'ore di viaggio, arrivammo al cottage a Aosta e tutti rimasero meravigliati. Si affacciava su una radura coperta di neve candida, nonostante fosse ancora presto. Due meravigliose vetrate mostravano il salone con divano, televisore, camino in pietra e un pianoforte a coda nero; un'altra vetrata mostrava una lussuosa cucina (mai utilizzata) con un lungo tavolo in mogano.
-Caspita! Che bella casetta.- esclamò Marika guardandosi attorno con la bocca un po' aperta.
Li portai al piano superiore e mostrai loro le quattro camere da letto e il piccolo studio con un divano-letto, che avevo appositamente ordinato per quella serata.
-Questa è la mia camera, nelle altre potete sistemarvi come più volete.- spiegai senza troppo entusiasmo.
Non sarei stato l'anima della festa quella serata e non avevo nemmeno intenzione di esserlo.
Ridiscendemmo al piano di sotto e subito si misero a preparare le ultime cose per la cena, mentre io mi sedetti al pianoforte a suonare qualche pezzo a caso e a controllare la mia casella di posta elettronica.
Non avevo ancora ricevuto notizie da Dimitri e speravo che Erica avesse portato a termine il lavoro che le avevo affidato. Tirai un sospiro di sollievo quando vidi che Dimitri mi aveva scritto.

“Caro Stefan,
la tua amica Erica è un'ottima risorsa. Mi ha portato in una casetta a Vienna, non molto distante dal palazzo dei Von Ziegler e qui ho tutto il necessario per il mio sostentamento. Internet, televisione, un frigorifero colmo di leccornie e anche un altro frigorifero adibito solo alla conservazione di sangue. È una brava donna, molto simpatica e dedita alla principessa, alla quale è molto affezionata.
Il pagamento per i suoi servigi è già stato saldato. Mi ha chiesto informazioni sul possibile assassinio della principessa Serena e le ho risposto ciò che sai già, a eccezione di molti particolari. Non mi ha fatto le domande giuste e io ho risposto solo a quelle che mi ha fatto. Erica sa che tuo padre progettava di uccidere la principessa e basta. I dettagli li sappiamo solo io e te, anche perché non vorrei metterti in cattiva luce dicendole che sei a conoscenza dei suoi piani fin nei minimi particolari. Non mi crederebbe se le dicessi che ne eri all'oscuro fino a poco tempo fa, perciò meglio tacere e sperare che non mi faccia le domande giuste. Odio mentire e non lo farei nemmeno con lei.
Ho saputo che hai cercato di revocare il mio mandato di cattura, ma che Lucian l'ha negato. Adrian mi ha informato di tutto e mi dispiace di essere venuto a sapere che per te la situazione non è cambiata dalla morte di tuo padre. In questo caso, però, sei
tu che devi decidere se continuare a sottostare ai loro ordini oppure ribellarti e prendere il comando che ti spetta di diritto. Non farti remore solo perché condividete qualche goccia di sangue e parte del patrimonio genetico. Non è quella la tua famiglia.
Non sto cercando di spronarti a ribellarti solo per salvarmi la pellaccia, ma anche perché saremmo in due a essere braccati per l'eternità. Prendi in mano la tua vita il prima possibile, soprattutto per la tua principessa. Fai affidamento su Adrian, lui afferma che il potere spetti a te e non a un bastardo come Lucian. Lui è dalla tua parte, anche se in modo decisamente più discreto del mio.
Spero che sarai finalmente libero, Stefan, perché quella che hai provato fino a ora è solo un piccolo assaggio della
vera libertà.
Grazie per tutto ciò che hai fatto e aspetto una tua risposta il prima possibile, anche perché da solo mi annoio un po'.
Il tuo amico fuggiasco,
Dimitri.
PS: ci avevi visto giusto con Erica. È davvero un tipo interessante e proverò ad approfondire la conoscenza ;)”


Sorrisi a quella mail, ma non mi portò il buonumore. Per colpa della mia debolezza eravamo in tre a essere in pericolo, quattro se si contava anche Erica. Dovevo raccogliere il mio coraggio e riprendermi ciò che era mio, ma era più facile a dirsi che a farsi. Una battaglia interiore si stava compiendo nella mia mente e ciò non fece che portare ulteriore malumore.
Le ragazze iniziarono a rimproverare i ragazzi, a riprenderli per il lavoro pessimo che stavano svolgendo e li spedirono sul divano accanto al pianoforte. Iniziarono a parlare di cose che dire essere demenziali era un'elevazione. Facevano battute stupide come “Cosa fa uno sputo su una scala? Saliva. E una patata? Pure.” e iniziavano a darmi sui nervi.
“Ma quando la smettono di dire cose stupide e futili? Ma perché non mi lasciate in pace?!” pensai fulminandoli con lo sguardo.
-Pausa sigaretta?- propose Serena.
Erica, Renzo, Amanda, Marika e Serena uscirono fuori per andare a fumare e mi lasciarono con Simone, Dario e Francesco. Quei tre ebbero il buonsenso di non coinvolgermi più nelle loro discussioni e battute demenziali e mi lasciarono suonare il piano in pace.
Non avevo voglia di socializzare. Dovevo starmene per i fatti miei e riuscire a raccogliere il coraggio per prendere una decisione giusta. Il potere non spettava a Lucian, ma a me e decidere di riprendermelo era una scelta da sovrani giusti.
Quando tornarono dentro, ripresero i preparativi per la cena, che terminarono a sera tarda, e iniziarono quelli del travestimento. Fortunatamente non mi chiesero di travestirmi o il rischio di ricevere un morso si sarebbe concretizzato. Neanche Serena si truccò, fortunatamente, ma non riuscii a non osservarla attentamente. Quel vestito nero che mostrava metà delle cosce fasciate da delle calze, le braccia candide e il collo magro dal quale riuscivo a sentire l'arteria pulsare. Dovetti impiegare tutto il mio autocontrollo per non far uscire i canini dalle gengive.
Consumammo l'ottima cena in tutta tranquillità e poi passammo ai cocktail e ai giochi demenziali per passare il tempo. Giocammo a un gioco strano che si chiamava “io non ho mai”, nel quale veniva posta una domanda del tipo “io non ho mai bevuto sangue” e se si aveva compiuto quell'azione, bisognava abbassare un dito della mano. Abbassate tutte e cinque le dita, si doveva bere.
Il gioco passò da domande innocenti a domande piccanti e sbarrai gli occhi parecchie volte vedendo le dita di Serena che si abbassavano.
“Hai davvero fatto tutte queste cose?” credetti di pensare, invece lo dissi a voce alta.
-Ho avuto un ragazzo e non giocavamo a “Monopoli” tutte le sere.- rispose Serena come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo, mentre gli altri ridacchiarono divertiti.
Quel Mirko Almazi aveva osato mettere le mani su Serena. Si era spinto troppo in là sapendo perfettamente che lei era la mia promessa sposa! Non potevo accettarlo. Un'azione simile non poteva restare impunita.
Mi alzai di scatto facendo cadere la sedia e uscii con l'intento di andare a cercare quell'infimo essere e ridurlo in cenere. Serena mi seguì, come avrei dovuto aspettarmi.
-Dove stai andando?- chiese rischiando di scivolare sulla neve.
Si aggrappò al mio braccio, ma con uno scrollone mi liberai dalla sua debole presa.
-Che diavolo vuoi fare? Stefan Lovinescu, fermati subito!- ordinò col suo tono da principessa, che mi indusse a fermarmi.
Mi girai e la fulminai con lo sguardo, ma la mia furia non era riservata a lei. Lei aveva scoperto da poco di essere la mia promessa sposa, quindi non c'entrava nulla. La mia furia era per quel Mirko Almazi.
-Vado ad ammazzare Mirko Almazi per ciò che ha fatto.- risposi stringendo i pugni.
-Ma ti si è spappolato il cervello? Stai parlando sul serio? Solo perché è stato il primo vuoi ucciderlo?
-Vedo che hai capito perfettamente.
L'idea di sapere che qualcun altro aveva toccato la mia principessa mi faceva uscire matto. Serena mi guardò a occhi sbarrati, sconvolta come non l'avevo mai vista.
-Voi maschi siete tutti uguali per queste cose. Credete che la prima volta sia di vitale importanza, ma non è così. Non sto dicendo che non sia importante, ma per noi donne il più importante è l'ultimo.
-L'ultimo?- domandai confuso.
“Di cosa diavolo sta parlando?”.
-Sì, perché è l'uomo che scegliamo per la vita e dopo di lui non ce ne saranno altri. Tu per questa storia non hai fatto una tragedia greca, ma hai costruito direttamente tutto il pantheon. Che ti importa? Non sei innamorato di me e non devi metterti a fare il geloso per queste stronzate. E poi non fare il puro e casto, anche tu avrai avuto delle amanti, ma non ne faccio una tragedia perché è naturale e giusto. Anzi, scommetto che con quella Valerie te la sei spassata alla grande, nonostante ci fossimo già conosciuti e reggessimo la parte di perfetti fidanzatini!- mi urlò in faccia con rabbia.
Come poteva non aver capito che ero follemente innamorato di lei? L'avevano capito Dimitri, mio padre, Lucian e persino Erica, ma non lei. Ero diventato così bravo a nascondere le mie emozioni da essere riuscito a nascondere a Serena anche questo?
Dopo qualche millesimo di secondo, mi resi conto che Serena era gelosa tanto quanto lo ero io. Nonostante Valerie fosse una storia passata, lei continuava a essere gelosa. Non le ero del tutto indifferente.
-Cosa c'entra Valerie?- chiesi fingendomi confuso.
-Ammettilo. Ho visto che tra voi c'è qualcosa e sono anche convinta che te la sia spassata con lei, non è vero?- rispose irritata.
Anche lei avrebbe voluto distruggere Valerie, ma non l'avrebbe fatto perché, quel che cercava di dirmi, era che era una storia passata. Non avrebbe fatto una scenata di gelosia come l'avevo fatta io soltanto perché era il passato. Come ne avevo uno io, ce l'aveva anche lei.
-Hai ragione.- ammisi.
-E poi è da tutto il giorno che sei scorbutico e ombroso. Se non volevi che venissimo qui, bastava dirlo prima e avremmo trovato un'altra soluzione. Se vuoi che ce ne andiamo, dillo subito e faccio sgomberare la casa.- aggiunse stizzita.
Non potevo permettermi di reclamare alcun diritto su di lei. Non era giusto. Finché lei non avesse ricambiato i miei sentimenti, non avrei potuto fare niente. Ero impotente.
Ero stato così stupido da averle rovinato la giornata e anche la festa di compleanno a sorpresa che gli altri le avevano organizzato con tanta cura. Distruggevo ogni cosa che toccavo.
La guardai nei suoi occhi meravigliosi e sperai di riuscire a farle capire che ne ero innamorato, ma non ci riuscii. Mi sedetti sui gradini sospirando, alzando poi gli occhi al cielo per guardare le stelle.
Ero sbagliato, completamente sbagliato. Provavo le emozioni sbagliate per la morte di mio padre, mi comportavo in modo strano da allora e non facevo altro che far preoccupare e arrabbiare la mia principessa, per la quale desideravo solo la felicità.
-Ti chiedo scusa per il mio comportamento, è che... non lo so.- sussurrai.
-Sei ancora malinconico per tuo padre, vero?- ipotizzò e centrò il punto, quasi.
-Lo rispettavo ed era mio padre, ma proprio non riesco a essere dispiaciuto per lui e questo è...- mi interruppi senza sapere come finire la frase.
“Bello? Meraviglioso? Terribilmente sbagliato? Disgustoso?”.
-Ma per quale motivo? Se non te la senti di parlare, non sentirti obbligato.- mi incalzò.
-Lasciamo perdere. Ho già rovinato abbastanza la giornata a tutti ed è meglio tornare dentro. Stai congelando.
Quel semplice vestitino non la copriva dal gelo e stava tremando violentemente, un po' per la rabbia e un po' per il freddo supposi.
-Non c'è altro? Se vuoi sfogarti con me, puoi farlo. Ci sposeremo e saremo gli unici ai quali appoggiarci nei momenti di difficoltà.- ritentò e ciò mi fece sorridere.
Spostai il mio sguardo su di lei, sulle sue gote arrossate e sui suoi occhi luminosi.
-Sei molto dolce e non dovresti esserlo.
-Perché?- domandò inclinando la testa di lato come facevo io.
Quando cercava di punzecchiarmi lo faceva molto spesso, ma in quel momento mi fece ridacchiare.
-Perché sono un principe sanguinario e violento e potrei approfittarne.
“E perché non me lo merito”.
-Hai dimenticato di aggiungere che sei uno sparaballe e un Casanova da quattro soldi.
Scoppiai a ridere sollevato. Avrei dovuto parlare con Serena perché riusciva a farmi ritrovare il buonumore e a farmi vedere le cose da un altro punto di vista, ma non me la sentivo ancora di parlarle di mio padre.
Le posai la giacca sulle spalle, sperando che riuscisse a trovare un po' di calore.
-Comunque hai ragione. Ho piuttosto esagerato con questa storia è solo che... credo di essere un po' geloso.- ammisi in un sussurro.
-Stefan Lovinescu geloso? Non l'avrei mai detto.- mi canzonò amichevolmente.
“Credi che ti lasci vincere questo round? Mai.”
-Anche tu sei gelosa, ammettilo. Non ti va che qualcuno tocchi il tuo fidanzato.- risposi sorridendo.
-Non è vero.- obiettò, ma con voce acuta.
-Invece sì. Sei gelosa, soprattutto di Valerie. Ho visto come l'hai guardata a Vienna e pensavo che avresti potuto incenerirla col tuo sguardo.
-Ecco... ti stava un po' troppo incollata per i miei gusti.- ammise e io sorrisi vittorioso.
Era molto in imbarazzo, ma mi fece provare tanta tenerezza. Quindi qualcosa in lei suscitavo.
-Non parliamo più di questa storia, sei d'accordo?
-D'accordissimo.- convenne con me.
Mi persi a guardarla mentre cercava di ricomporsi dall'imbarazzo. Il suo sguardo vagava velocissimo sul paesaggio che avevamo di fronte e il suo respiro si fece via via più calmo.
-Non dovremmo rientrare? I tuoi amici saranno preoccupati.- suggerii.
-Finché ci sono Erica e il limoncello, hanno altro a cui pensare.- rispose facendomi ridere, perché sapevo che era vero. -Se devi parlare con qualcuno, vieni da me, chiaro? Io e le ragazze abbiamo spedito i ragazzi a tirarti su di morale con le loro battute demenziali, oggi pomeriggio.- aggiunse guardandomi intensamente negli occhi.
-Quindi se ne sono accorti proprio tutti?- chiesi.
-Stefan, l'aria intorno a te diventava più scura, come se risucchiassi la luce.
-Mi piace quest'immagine.- affermai dopo qualche istante di riflessione.
-Anche se non sembra, tutti quei ragazzi scalmanati dentro casa tua ci tengono a te ed erano molto preoccupati.
Ci credevo ben poco, ma con me si erano mostrati soltanto amichevoli, un po' timorosi all'inizio, ma sempre amichevoli e mai servili.
-Quindi è meglio se torniamo dentro, così si tranquillizzano. E poi c'è una cosa che devo fare.- dissi aiutandola ad alzarsi.
Tornati dentro al cottage, vedemmo Erica ballare “I'm a single lady”, canzone che conoscevo sempre grazie a lei, sotto le risate e gli incitamenti di tutti i presenti. Era visibilmente in balia dei fumi dell'alcol, ma quella scena mi fece ridere.
-Siete tornati! Ballate con me!- esclamò avvicinandosi.
Non seppi né come né perché, ma riuscì a coinvolgermi in quel ballo scoordinato, anche se muovevo solo la testa a ritmo di musica. Avevo voglia di divertirmi, non volevo più essere ombroso e scontroso, men che meno con le persone che non lo meritavano.
Erica provò anche a farmi fare lo spogliarello sbottonando i primi due bottoni della mia camicia, ma riuscii a impedirglielo mentre gli altri non facevano altro che ridere.
-E' mezzanotte.- annunciò Marika e tutti urlammo in coro “buon compleanno Serena”.
Serena ci guardò confusa, per poi ricordarsi che compiva gli anni quel giorno. La sua faccia me la ricorderò per tutta l'eternità.
-Mi dimentico le cose. Sto proprio diventando vecchia.- disse facendoci ridere.
Ricevette una montagna di libri e la vidi felice come una bambina nel paese dei balocchi. Terminato di scartare i regali dei suoi amici, fu il turno del mio e la vidi sbarrare gli occhi e andare in iperventilazione quando vide la scatolina di velluto rosso.
-Volevo dartelo alla festa del nostro fidanzamento, ma siamo stati interrotti. È appartenuto a mia madre e voleva che lo avessi tu.- spiegai.
Aprì la scatolina con le mani tremanti e vide l'anello che era appartenuto a mia madre, l'oggetto più prezioso che avevo. Era in oro bianco, con un solitario e quattro diamanti più piccoli ai lati.
-Stefan, io... non posso accettarlo. È appartenuto a tua madre, è troppo prezioso.
-Lei desiderava che lo avessi tu, quindi ti prego di accettarlo.- insistetti.
Ero contento che quell'oggetto così prezioso andasse a lei, in parte perché era il volere di mia madre e anche perché sapevo che ne avrebbe avuto cura.
La vidi tentennare, perciò presi l'anello e lo infilai al suo anulare sinistro.
-Buon compleanno Serena.- dissi dandole un leggero bacio sulla guancia, che la fece avvampare all'istante.
-Ora piango.- affermò Erica con gli occhi lucidi facendoci scoppiare a ridere.


La serata andò per il meglio e non mi ero mai divertito così tanto in vita mia. Il pensiero di mio padre era lontano e non mi provocava più quelle sensazioni contrastanti. Ero più sereno e guardavo le cose con uno sguardo diverso.
Dopo numerosi cocktail e tantissimo cibo spazzatura, Erica mise in tavola il dolce di Serena: i papanasi. Era un dolce che conoscevo perfettamente e non li mangiavo da anni, perché affermavo che nessuno si avvicinasse a quelli che preparava mia madre.
Quando furono portati in tavola, li guardai con un sopracciglio alzato.
-Papanasi?
-Quelli di Serena sono i migliori in assoluto. Abbiamo girato un sacco di negozi rumeni quando ce li ha fatti assaggiare, ma i suoi sono il top del top.- spiegò Francesco, il pasticcere autodidatta del gruppo.
-Lo sai che è il mio dolce preferito e che sono molto severo su questi, vero?- domandai a Serena scettico.
Serena si batté una mano sulla fronte con un po' troppa violenza, azione che le causò un bel segno rosso che durò quindici minuti. Si ricordò che le avevo parlato di quel dolce e di mia madre e andò immantinente nel panico.
-Okay, li butto.- disse spaventata, allungando le mani verso il vassoio, ma i suoi amici furono più svelti.
-Mai!- urlarono in coro, facendo scudo al piatto con le braccia.
-Sui papanasi non si scherza. Sarebbe un sacrilegio. Sul cibo in generale non si scherza!- la minacciò Erica, con la faccia sporca di zucchero a velo.
-Li proverò con piacere.- risposi prendendone uno.
L'avrei fatta contenta e le avrei detto che mi sarebbero piaciuti, anche se fosse stato il contrario. Non volevo che ci rimanesse male, ma quando li assaggiai mi bloccai e ritornai indietro di diciannove anni. Erano identici a quelli che era solita preparare mia madre. Tutte le emozioni, gli odori e i sapori che avevo provato in quegli anni, mi tornarono alla memoria come uno schiaffo, scaldandomi il cuore.
-Sono come quelli di mia... della mia infanzia. Come... hai fatto?- chiesi dandone un altro morso.
-Ho giocato un po' con le dosi e mi è venuto così. Davvero ti piacciono?- domandò ancora agitata e io annuii con energia.
-Se non gli fossero piaciuti, doveva andarsene fuori da qui all'istante.- esordì Erica a bocca piena.
-Ma è casa mia.- ribattei con un sopracciglio alzato.
-Fuori lo stesso, non mi interessa.
Scoppiammo a ridere e Serena mi ripulì la faccia con un tovagliolo. Non mi ero accorto di avere la bocca sporca.
-Sei uno sbrodolone.- mi canzonò e io le grugnii in risposta, ancora troppo sconvolto da quel dolce sapore che credevo perduto.
La festa proseguì per il meglio tra numerosi giochi, cocktail, sangue foto e risate. Non mi ero mai sentito così leggero come quella sera. I festeggiamenti si interruppero verso le cinque del mattino, quando decidemmo di andare a dormire e Serena era ubriaca, come tutti del resto. L'unico sobrio ero io, ma se gli altri si erano un po' ripresi prima di andare a dormire, Serena era ancora andata.
Per tutta la sera non aveva fatto altro che abbracciare tutti i presenti e dire quanto volesse loro bene. Era molto amorevole da ubriaca.
Mi era salita sulla schiena e mi aveva ordinato di portarla in camera in quel modo. Non seppi come non scoppiai a ridere numerose volte durante il tragitto.
-Siamo arrivati, puoi scendere adesso.- annunciai, ma lei mi ignorò e iniziò ad accarezzarmi e scompigliarmi i capelli.
-Hai dei capelli così morbidi e neri. Sicuro che non ti fai la tinta?- domandò ridacchiando.
-Serena scendi, devi andare a dormire.- risposi divertito.
-Ma io non ho sonno!
-Io sì.
-Pappamolle! E ti definisci pure un vampiro. Non sei per niente notturno.- affermò scuotendo la testa con vigore.
Mi sedetti sul letto nella speranza che si accasciasse sul letto, ma non successe.
-Sei così... così... abbraccioso.- affermò stringendomi di più.
“Come prego?” mi domandai ridacchiando.
Finalmente riuscii a liberarmi dalla sua presa ferra. Era decisamente forte per essere una donna minuta!
-Devo farti ubriacare di più.- ammisi ridacchiando.
-Non sono ubriaca, sono solo... allegra!- rispose con un sorriso a trentadue denti che mi fece scoppiare a ridere.
Le lanciai il pigiama.
-Cambiati, io vado a lavarmi i denti.
-Perché non mi aiuti?- chiese maliziosa.
“Tu non sai nemmeno quanto lo vorrei, ma non posso. È da ignobili approfittarsi di una donna con la mente annebbiata dall'alcol.” pensai.
-Sei grande e puoi farcela da sola. Io credo in te.- risposi cercando di non scoppiarle a ridere in faccia.
Uscii e andai a cambiarmi. Mi lavai i denti e mi assicurai che il mio alito non avesse un cattivo odore, dato che dovevamo dormire insieme. Con tutti i posti letto che erano disponibili in quel cottage, casualmente era capitata in camera con me. Immaginai che ci fosse lo zampino di Erica, ma la ringraziai mentalmente.
Ritornai in camera e notai che si era messa il pigiama al contrario. Mi misi nel letto accanto a lei, si avvicinò a me e poggiò la testa sul mio petto. Non seppi più cosa fare. Non mi era mai successo di dover fare le coccole a una donna. Anzi, non mi era mai capitato di dover fare le coccole a qualcuno.
-Serena? Ehm...
-Zitto e fammi le coccole.- disse prendendomi la mano e mettendosela sulla testa.
-E' un ordine, principessa?- chiesi sorridendo malizioso.
-Sì.- mugugnò inspirando a fondo.
-Ai vostri ordini.
Le accarezzai i lunghi capelli setosi e si addormentò in pochissimi minuti. Quando dormiva era così vulnerabile e la sua espressione si addolciva molto. Riuscii a mettermi più comodo e non si svegliò nemmeno in quel caso.
Riuscii ad addormentarmi soltanto alle prime luci dell'alba e non mi ero mai sentito così in pace come in quel momento.

Sentii una leggera pressione sul braccio e qualcosa di diverso da come l'avevo lasciata, così mi svegliai all'istante. Mio padre mi aveva abituato ad avere il sonno leggero per essere pronto a ogni evenienza, in particolare ai sudditi iracondi e vendicativi nei miei confronti che avrebbero provato a uccidermi nel sonno.
Vidi Serena rossa in viso, che cercava di liberarsi dal mio abbraccio.
-Buongiorno.- dissi sorridendo.
In risposta, Serena nascose il viso nelle mani per non farmi vedere quanto era imbarazzata.
-Che vergogna! Non abbiamo fatto... cose, vero?- domandò controllando ciò che aveva indosso e facendomi ridere.
-No, volevi solo le coccole, anzi mi hai ordinato di farti le coccole.- spiegai divertito e lei arrossì ancora di più.
-Che vergogna!
-Come ti ho detto ieri, se da ubriaca sei così, devi bere più spesso. Sei meno acida.
-Io acida?- domandò indignata, per poi tirarmi il cuscino in faccia.
-E' così che la metti?- domandai sorpreso.
-Non oserai...
Non terminò la frase che la colpii in testa col mio cuscino. In quei periodo non aveva fatto altro che lanciarmi oggetti innocui addosso ed era giunto il momento della mia vendetta. Iniziò una battaglia all'ultimo cuscino, tra risate e strilli divertiti. Non eravamo per niente regali, ma la cosa mi importò ben poco. Come diceva la mia principessa, lontano dagli impegni regali, lontano dal cuore.
La battaglia si interruppe quando cademmo dal letto, aggrovigliati nelle lenzuola. Scoppiammo a ridere divertiti e solo in quel momento mi resi conto che ero sopra di lei. Ci guardammo per lunghi momenti. Volevo proteggerla, volevo che mi amasse e volevo che sapesse che io l'amavo più della mia stessa vita. Quell'emozione mi spaventava e mi faceva sentire bene allo stesso tempo.
Avrei voluto baciarla e l'avrei fatto, se la porta della camera non fosse stata aperta da Erica e dagli altri.
-Svegliatevi che il sole è già alto!- urlò Erica.
Tutti i presenti ci guardarono sorpresi e noi due facemmo altrettanto. Era una situazione imbarazzante e stavo già pensando a come spiegare tutta quella situazione, ma Renzo mi anticipò.
-Ehm... i principi sono già all'opera per darci un erede, quindi è meglio togliere il disturbo.- affermò prima di chiudere la porta di scatto.
Un secondo dopo li sentimmo scoppiare a ridere e vidi Serena arrossire nuovamente.
-Ci conviene andare a fare colazione con loro, prima che pensino male. E poi c'è il tuo onore da difendere.- affermai.
-Loro stanno già pensando male. Aspetta e vedrai.
Scendemmo in cucina e gli amici di Serena ci accolsero con esulti e applausi.
-Come lo chiamerete?- chiese Marika.
-Quanti ne volete?- domandò Amanda.
-Se sono gemelli?- chiese Erica.
-Non siete riusciti ad aspettare fino alle nozze, eh? Porcellini...- disse Renzo.
Ci avevano rivolto tutte quelle domande così velocemente che ero confuso e per la prima volta in vita mia, non seppi che dire.
-Piantatela.- rispose Serena con voce acuta e il viso in fiamme, facendo nuovamente scoppiare a ridere tutti i presenti.
Ci presero in giro per tutto il tempo, compreso durante il viaggio di ritorno, ma non mi sentii infastidito. Mi stavo abituando a tutte quelle nuove emozioni, relazioni e a tutta quella serenità e non volevo rovinare tutto. Quelle numerose novità, mi facevano stare bene e in quel momento capii perché Serena avesse così tanto a cuore la propria libertà.
Era molto più coraggiosa di me e l'ammirai moltissimo.
  
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