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Autore: Giorgia_Farah    30/11/2017    0 recensioni
Una Terra divisa tra il Bene e il Male. Due Regni in balia all'odio li avevano portati a guerre sanguinose e stragi di morti innocenti.
Sigillare un patto era l'unico modo per riportare nel mondo la pace e la prosperità.
Ma ad un caro prezzo: ossia sacrificare la propria vita per amare una persona che meritava soltanto di essere odiata
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Threesome, Violenza
Capitoli:
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Mezz'ora dopo mi riprendo grazie al cibo e le bevande consegnateci dai demoni. È pomeriggio inoltrato, la valle si è improvvisamente oscurata. Di risposte ne ho ricevute fin troppe dalle ragazze che soggiornano insieme a me nel treno: ci troviamo ai confini del Regno del Buio, come me anche loro sono destinate a essere schiave del futuro erede al trono, e il treno è sorvegliato in continuazione da demoni volanti. La ragazza che ha colto le mie urla si chiama Ariel. «Soggiorno nel vagone accanto al tuo, ho sentito dei pugni che sbattevano contro la parete ma pensavo fossero le ruote che avevano un malfunzionamento, poi hai iniziato ad urlare e mi sono allarmata. Quando non ti ho sentito più mi sono spaventata, per fortuna ho visto quel demone di nome Jude volare intorno al treno. Mi ha sentita e l'ho avvisato. Ha subito comandato di fermare il treno... Ed eccoci qua», conclude bevendo un sorso d'acqua. Il suo fisico rispecchiava molto quello di Lily, era abbronzata e di statura piccola, occhi grandi da cerbiatta, le iridi color verde bottiglia, le labbra carnose, i suoi capelli corvini raccolti in una treccia arrivano fino alla vita. Inutile dire che è una ragazza bellissima. Nei minuti passati tra loro mi rendo con che l'intero campo è pieno di ragazze bellissime, io stessa non mi considero miss universo, solo tre ragazze hanno più o meno 12/13; troppo piccole per diventare regine. «Ti ringrazio infinitamente Ariel, avevo visto la morte in faccia» Mi cinge le spalle con il braccio. «Dovere, mi sono fatta un'amica e questo per me è una cosa bella, non sai quanto è brutto stare da sola», quanto la capisco. «Se aspettavi un'altra ora non saresti svenuta e non avresti fatto prendere un infarto alla sottoscritta» «Soffro di claustrofobia» «Si è notato» Ritorno a mangiare il panino che mi è stato consegnato, finiamo di mangiare in silenzio guardandoci attorno. Conto a mente le ragazze, scoprendo un numero impressionante: venti, includendo me e Ariel. «Il principe si sentirà fortunato», osservo. «Beato fra venti ragazze» Ariel scoppia a ridere. «Decisamente!», l'attimo dopo il suo sorriso scompare. «Prima eravamo in venticinque», dice. Non riesco a decifrare quel cambio d'umore. «Perché?» Lei non dice niente e mi guarda, il verde dei suoi occhi si fa improvvisamente spento, l'espressione buia in volto mi congela il sangue. Sudo freddo. «Non può essere così cattivo», nego, scuotendo appena la testa, incapace di credere che cinque ragazze sono state uccise. Non voglio nemmeno sapere il motivo perché dall'espressione di Ariel deduco che ci era molto legata a loro. «Potrei aggiungere che saresti stata la sesta se solo Jude non lo avrebbe fatto ragionare», mi sussurra. La guardo confusa, come si guarda un asino che spicca il volo. «Eh?» Lei curva le ciglia folte. «Non lo hai capito? Il ragazzo che aveva ordinato a Jude di lasciarti morire è il Principe del Regno del Buio» La notizia mi congela il corpo, sto tremando e sudo freddo. Non posso credere che mi sono trovata faccia a faccia col nemico, soprattutto non in quello stato. L'ultima cosa che volevo è che mi vedesse come una debole e guarda caso è accaduto. Per di più mi ha dato della puttana, quindi ha predetto quello che in futuro sarà il mio compito. Sarò la sua schiava, il suo possesso, la sua puttana. E non c'è niente di più doloroso che lasciarsi dire queste cose. Troppo tempo resto a fissare il vuoto che Ariel è costretta a schioccare le dita davanti al viso. «Ehi! Non mi dire che mi svieni un'altra volta» Scuoto la testa. «Sono solo sorpresa...» Sogghigna. «Hai avuto un bel coraggio a rispondergli tra le rime» Sorrido, imbarazzata. «Purtroppo sono fatta così, dico quello che penso. E di può dire che mi sono controllata» «Ho visto. Hai una bella dote: non ti vergogni e non hai paura di dire i tuoi pensieri. Fai bene, ma cerca di contenerti d'ora in avanti» «Ci provo», finisco di bere l'ultimo sorso e butto la carta nel sacco davanti a noi. Ariel intanto mi aveva seguito con lo sguardo. «Sento che parleranno tutti di te», dice convinta. Alzo appena le spalle, storcendo la bocca. «Se si parleranno di me è perché farò una strage al castello» I suoi occhi si accendono dal panico, noto il suo colorito assumere un tono più chiaro del normale, due secondi dopo era in piedi davanti a me. «Ssh! Certi segreti meglio tenerseli nel privato. Ho capito fin da subito che sei una ragazza diversa dalle altre da quando hai risposto al principe. Ma non esternare i tuoi segreti qui, nonostante ti avviso che di me ti puoi fidare, ora siamo amiche però c'è chi sta zitto e allo stesso tempo porta orecchie da coniglio» In parole povere, devo stare zitta. «Okey. Mi hai fatto capire che nonostante siamo tutte donne spaventate per la stessa sorte, c'è chi farebbe di tutto pur di guadagnarsi un posto al trono» Lei annuisce. «Non mi fido di molte, a quelle cui ho offerto appoggio sono morte, meno sto con la feccia meglio sto. E sicuramente anche tu» Sicuro, non ero una che cercava il trono, dallo scontro con il principe ho capito che non lo avrei mai amato anche se ora il mio scopo sembrava quello, l'unica cosa che voglio è riuscire a scappare senza bastoni tra le ruote. «Ragazze, stiamo per partire», ci avvisa un ragazzo smilzo e biondo. Rimasi sorpresa nel vedere uno dei demoni gemelli nella carrozza. A quanto pare il mondo è piccolo. «Signorina Hale, accompagni la sua compagna nel nuovo vagone» Ariel, col capo chino annuisce e una volta che il demone se n'è andato ritorna col la schiena diritta. «Devi sempre mostrarti obbediente a queste creature. Lo stesso vale per il principe, a meno che non ti ordina di farlo. Guardarlo negli occhi è un segno di sfida. Lo so che sembra ingiusto, ma sei obbligata a rispettare questa piccola regola se vuoi restare viva», risponde lei al mio sguardo interrogatorio. Annuisco di rimando, stranita. «Ora prendi la tua valigia, ti accompagno nella tua nuova stanza, mi hanno detto che dovrebbe andarti bene» Non me lo faccio ripetere due volte e corro nel mio vagone a prendere la valigia. Non mi sono mai cambiata in quei giorni, disperata com'ero non ho nemmeno fatto caso ai vestiti. D'altronde chi aveva voglia di cambiarsi con quel freddo pungente che congelava fino alle ossa? Mi accompagna al nuovo vagone, sia esternamente che internamente identico come l'altro solo che era fornito da una grande finestra chiusa con sbarre che buca la parete ferrosi dell'entrata. Entriamo dentro e Ariel mi aiuta a posare la valigia sul piccolo tavolino. «Allora che te ne pare?», chiede lei spalancando le braccia al vuoto. «Mi piace, qui finalmente posso respirare» Lei mi sorride soddisfatta. «Dunque ti lascio tranquilla. Ci vediamo stasera quando passano la cena» «Ti aspetto. E grazie di tutto» «E di che? Io non ho fatto niente», sorride, facendo l'occhiolino. La saluto abbracciandola poi la lascio andare. Sta per saltare nel terreno quando d'improvviso si blocca e si volta verso di me. «Ah, quasi dimenticavo!», con uno gesto della mano fa uscire dal palmo una sostanza liquida che subito va a riempire la bottiglia sulla scrivania che prima avevo svuotato. Passo lo sguardo dalla bottiglia a lei, sbigottita. «Cosí sei sicura al 100% di non svenire, e io sono sicura al 100% di non avere un infarto» Ridi di cuore. «Adesso si spiega il nome Ariel: sei una sirenetta» Lei si fa piccola piccola, imbarazzata « Troppo buona. Be', in realtà no, sono una specie di ibrido. Mio padre era un tritone, mia madre una come noi, poi si sono separati e lei ha sposato un altro uomo». Anche noi umani con poteri siamo considerati ibridi: deriviamo dalle fate, solo che non abbiamo le ali. Ariel era una specie di fata umana/pesce. «Deve essere una cosa bella sguizzare tra l'acqua con un pesce-padre» Rise. «Ahahahah! Puoi dirlo forte, ma non posso nascondere che amo entrambi i miei padri. Sono stupendi. Mamma ha tutt'ora il potere di solidificare gli elementi e gli oggetti trasformandoli in ghiaccio. Io siccome sono nata da un umana e da un tritone posso trasformarmi in una sirena non appena sono dentro l'acqua, posso congelare ogni cosa che tocco e inoltre posso giocare con l'acqua. È stata una fortuna per me, amo il mare» «Non sapevo che certe persone possono ereditare il potere dei genitori», dico sempre più sorpresa. «Ci sono pochissimi casi. Tu invece che potere hai?» «Curare le persone e poterle far ritornare in vita» Lei spalanca la bocca in una grossa O, guardandomi ammaliata. «È il dono più bello che ogni persona potesse ricevere» «Giá...» «I tuoi invece che poteri hanno?» «Papá ha la forza, mamma sembra che ha recuperato il potere di amare, tranquillizzare la gente e donare loro affetto» «Gli era scomparso?» Il mio sguardo si spegne. «Sí, per un periodo. Tre anni fa mio fratello e da allora si è mostrata sempre distaccata, è stato lì che ho scoperto il mio potere. Ho tentato si salvarlo ma era già morto, era il giorno nel suo ottavo compleanno» Ariel si è già portata le mani davanti alla bocca in una smorfia scioccata e dispiaciuta, io invece cerco di respingere un singhiozzo che pizzica la gola. «Mi dispiace Pearl», soffoca, i suoi occhi lucidi. Scuoto la testa. «Non mi va di parlarne adesso» «Hai ragione, meglio non entrare nei particolari, la ferita è ancora fresca. Mi racconterai tutto quando ti sentirai pronta» «Grazie Ariel, è stata una fortuna aver trovato un'amica come te» Mi abbraccia per consolarmi. «Lo stesso vale per me. Ora vado, a stasera tesoro» «Ciao», la saluto alzando la mano. Come lei scende, il portone del furgone viene chiuso. Nei minuti successivi, sono distesa sul letto, e avrei potuto addormentarmi se solo la voce di Jude non mi fece sobbalzare dal letto. Il suo viso rabbioso dalle sue fattezze naturali, mi sta studiando oltre la finestra, le sue dita magre e affilate stringono le sbarre della finestra. Sta volando aggrappato al vagone del treno in movimento. «Da oggi puoi mandare una lettera alla tua famiglia. La consegna avviene domani, i tuo genitori riceveranno tue notizie la sera stessa» Annuisco, talmente felice vorrei abbracciarlo e baciarlo, tuttavia non ho il tempo di ringraziarlo che lui si stacca dalla finestra e vola nei vagoni più avanti. Rimango impalata a guardare la finestra, mentre una sola domanda mi ronzola nella testa: come posso scrivere una lettera? Ricordo che il cellulare lo aveva rotto Jude la sera stessa della mia partenza, aggiungendo poi che le comunicazioni vengono spedite alla vecchia maniera. «Carta e penna....Dove posso trovare carta e penna?», dico a me stessa, alzandomi dal letto e frugando tra la valigia. Inizio a spostare un po' di paia nel terreno, cerco sotto le coperte, il letto, il cuscino, il tavolo finché non vedo che sotto il ripiano ha un cassetto. Apro e scopro un paio di carta, buste per la posta e una penna. Sorrido, orgogliosa della mia scoperta. Se i miei genitori muoiono dalla voglia di sapere mie notizie, io muoio dalla voglia di raccontare loro tutto quello che è accaduto fino ad ora.
   
 
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