M.J.
Open Window - Work Day
Un plico di fogli cadde sulla sua scrivania.
« Tutti i rapporti delle ultime tre settimane controllati, ordinati e siglati con il suo timbro, grand’ammiraglio » una voce femminile lenta e strascicata, quasi annoiata, costrinse Sakazuki a sollevare lo sguardo.
Una sigaretta mezza consumata e ancora accesa pendeva dalle labbra sottili di una ragazza poco più che ventenne. I tratti del volto affilati erano contratti in un’espressione dubbiosa e gli occhi allungati lo squadravano dall’alto, con sospetto.
Sakazuki sentì un improvviso moto di fastidio nell’essere fissato così, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu abbassare di nuovo lo sguardo su altri documenti sul ripiano del tavolo.
Non seppe impedirselo: « Dovresti smetterla di fumare … ti fa male ».
La ragazza sbuffò sonoramente, prendendo la sigaretta e spegnendola nel posacenere sulla scrivania, mentre borbottava sottovoce: « Non è che quei tuoi sigari siano una botta di salute, eh… ».
La formalità della terza persona era del tutto scomparsa.
Irriverenza. Solo un’altra persona aveva osato rivolgersi a lui in quel modo…
La ragazza si portò una mano dietro il collo, sollevando i capelli neri sulla nuca, mentre con l’altra mano cercava in qualche modo di farsi aria.
« Come mai c’è sempre così caldo in questo ufficio? È colpa tua? » domandò, facendo di nuovo sollevare la testa del grand’ammiraglio, che si perse qualche secondo di più a guardare quella ragazza.
Era bella. Davvero.
Sakazuki scrollò le spalle, abbandonando per alcuni istanti il proprio lavoro, perso nella contemplazione della giovane che si stava avvicinando alla finestra: « Posso aprirla? Qui dentro si soffoca… »
« Fai pure… » fu la lapidaria risposta dell’uomo, che scrutò ancora il corpo snello di lei tendersi fuori dalla finestra per aprire del tutto le imposte. La ragazza respirò a fondo la fresca aria salmastra, prima di voltarsi ancora verso Sakazuki che non aveva ancora smesso di guardarla.
Lei smosse un po’ la mano, come per attirare l’attenzione sul proprio viso: « Ti senti bene? Sembri un po’ assente … non è da te. » disse sincera, mentre si avvicinava di nuovo alla scrivania.
Sei uguale a tua madre.
« Non è niente. Sono distratto per il lavoro. »
« E quando non lo sei? »
« Kanejon… » l’ammonì serio.
« Non puoi negarlo, papà… » ribatté lei.
Sakazuki sospirò, sconfitto: aveva ragione.
« Vedrò di … rilassarmi di più… » cercò di mediare il grand’ammiraglio, ma Kanejon alzò gli occhi al cielo, come se non credesse a una sola parola. Ma stava sorridendo; ed era ancora più bella.
« Come vuoi. In ogni caso, stasera cucino io. Così quando arrivi a casa ti rilassi mangiando quello che ho preparato ⁓ » sorrise, soddisfatta, pronta a uscire dall’ufficio.
Sakazuki sbuffò divertito: « Dio me ne scampi… ».
« Papà! » lei ridacchiò, uscendo dalla porta.
« Kanejon… » la richiamò.
La ragazza entrò solo con la testa, guardandolo: « Sì? ».
Sei proprio come ti avevo sognata.
« Hai fatto un buon lavoro. Con i rapporti, intendo ».
Lei sollevò le sopracciglia, sorridendo sorniona: « Grazie ».
La porta si chiuse.
Sakazuki si svegliò.