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Autore: Claudiascully    20/12/2017    1 recensioni
Ho scritto varie storie divertenti sui Queen da ragazza,ma questa è più triste e ragionata e affronta attraverso la protagonista in cui mi sono immedesimata gli ultimi giorni di vita di Freddie,romanzati ovviamente
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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IL CANTO DEL CIGNO Erano stati anni folli. Anni in cui ogni punto di riferimento si era perso e le dimensioni spropositate che le situazioni avevano assunto si erano confuse in un gioco di luci ed ombre senza fine. Un caleidoscopio di emozioni sfrenate…giornate vissute senza sosta, senza contorni definiti, senza soluzione di continuità tra il giorno e la notte. Senza limiti. La luce del sole colpiva le acque immobili del lago e si frantumava in piccoli spicchi di colore così vivido da accecare la sua vista. Chiuse gli occhi e tentò invano di dare un significato a quei ricordi, di metterli in ordine, di capire se vi fosse un posto per essi nel suo presente. Tentò di immaginarsi ancora lì in mezzo a quelle feste, alle voci e ai nomi di gente che aveva visto e sentito in quegli anni…ma tutto si sfocava nella sua mente. Non ricordava più un solo nome, non ne associava il viso. Tutto spariva in quel nulla di troppo. Tutto tranne lui. Era stato il fulcro di ogni sua giornata ed era stato l’unico che l’aveva incatenata a quella vita folle solo essendo se stesso. Ne aveva condizionato i pensieri e le azioni, aveva fatto di lei una donna diversa dalla timida ragazza che aveva incontrato in un pub di Londra. La ragazza che cercava nella piovigginosa metropoli inglese solo un lavoro per sbarcare il lunario, per sopravvivere lontano da casa, dove tutto ormai le era noto, dove le emozioni non dispiegavano più le ali. Quell’incontro cambiò la sua vita per sempre. Il volo di un gabbiano ed il suo planare improvviso sulla spiaggia del lago di Ginevra le ricordarono che Londra era ormai lontana e gli anni in cui adolescente vi era arrivata, sembravano pagine sbiadite di un vecchio giornale. Diventare una sorta di organizzatrice eventi per una rock band prima e addirittura l’assistente personale del front man poi, non era quello che la sua famiglia voleva, soprattutto suo padre, un uomo vecchio stampo che giudicava lavoro solo quello dietro ad una scrivania e non certo quello che sua figlia aveva intrapreso, girando per il mondo appresso ad una rock band, e “facendo da badante”(diceva lui) al cantante. Suo padre non era molto aperto alle novità e non concepiva tutto ciò, per questo Fanny li tenne spesso all’oscuro della sua attività in quegli anni. Le loro telefonate dall’Italia erano ormai diventate un disco rotto e spesso rimanevano senza risposta. Alla fine si diradarono sempre più, almeno fino a quando Fanny gli comunicò che stava per tornare a casa…molti anni dopo. La giovane sapeva di averli delusi, ma il diavolo invisibile che si era impossessato di lei non si placava nelle sue vene. Un fiume impetuoso e senza sosta scorreva nel suo corpo dal loro incontro, quando lui le disse: “Sei in gamba ragazza, una come te sarebbe perfetta per il mio staff. Ne parliamo oggi pomeriggio da me.” E con un sorriso smaliziato, dell’uomo abituato a non sentirsi mai dire di no, aggiunse lasciando il locale “Ovviamente non ammetto un NO come risposta!” Quel pomeriggio davanti ad un thè meno bollente del suo cuore in tumulto, la giovane seduta sul divano Chippendale della sontuosa residenza del cantante, aveva accettato di diventare parte del suo staff. I suoi studi e le sue precedenti qualifiche la portavano verso l’organizzazione di eventi, ma alcuni collaboratori della rockstar le spiegarono che era un lavoro complicato e si doveva essere avvezzi a regole spietate del jet set, per cui fu lui stesso ad affiancarla al suo collaboratore di sempre: il fedele Peter. Accanto a lui divenne in breve tempo esperta e affidabile e riuscì a guadagnarsi la stima di tutti e l’ammirazione di Tyler. Si occupava di tutto ciò che riguardava l’organizzare le giornate del cantante. Preparava le valigie quando doveva partire per un tour, chiamava auto e taxi, si assicurava che egli avesse soldi e carte di credito, passaporto e biglietti, prenotava voli. Lei e Peter erano sempre con lui, al suo fianco, come se si trattasse di un bambino, ma gli artisti, si sa, fuori del palco sono un po’ come bambini, non sanno organizzare la loro vita privata, abituati come sono a chi lo fa per loro. Una donna era di grande aiuto per Peter, poteva usare quella dolcezza o affabilità che lui alle volte non riusciva ad avere, soprattutto quando perdeva la pazienza di fronte alle richieste di Tyler. E così, giorno dopo giorno, il rapporto nato in maniera professionale si modificò nel cuore di Fanny. Peter se ne accorse dai suoi sguardi e un pomeriggio, mentre attendevano Tyler fuori di una audizione, le disse: “Sai…per anni l’ho gestito da solo e credimi, non è stato facile, hai visto che tipo capriccioso è…tu mi sei di grande aiuto Fanny, ma temo tu possa trovarti invischiata in qualcosa più grande di te. Mr. Randall è un uomo molto particolare, ha un grande carisma e un cuore d’oro, ma noterai col tempo che gli eccessi cui è abituato non sono proprio ciò di cui una ragazza ha bisogno per se stessa e per il suo futuro. Mi auguro che riesca a tenertene fuori Fanny perché lui non cambierà…Mary lo ha imparato a sue spese anni fa.” “Sono qui per lavorare con lui Peter, lo sai benissimo ed anche se ha un grande carisma ed è un uomo straordinario io non…”ma Peter la interruppe: “Fanny dammi retta…lascia il cuore a casa” concluse scandendo le parole con malcelata preoccupazione. Il consiglio di Peter ovviamente rimase inascoltato… Tyler era un datore di lavoro un po’ diverso da ciò che si possa immaginare. Gentile e cordiale, sempre attento alle esigenze dei suoi dipendenti, si comportava con Fanny come fosse una sua amica, non facendola realmente sentire una lavorante. Quando la giovane entrò nel suo staff, egli era a metà del suo cammino di successo e la sua vita negli anni a seguire divenne sempre più frenetica e senza schemi o regole fisse. Le feste che organizzava dopo i concerti nulla avevano di normale, ma pullulavano di elementi sopra le righe e un tantino oltraggiosi come negli Eighties si conveniva in Inghilterra. Fanny intuì la seppur non dichiarata ma promiscua inclinazione sessuale del cantante e sapeva quindi che, anche volendo, non avrebbero mai, neppure in futuro, potuto avere una vita insieme, eppure questo non le impedì di lasciar crescere nel suo cuore un sentimento sempre più forte verso di lui. Celò soffrendo tutto questo per non confondere il suo lavoro con i sentimenti personali e sperò che Peter, che saggiamente l’aveva messa in guardia, non la scoprisse: non voleva deluderlo, né voleva che Tyler la allontanasse vedendola troppo coinvolta. Si trovò più di una volta a contatto con vari “amici” di Tyler, ragazzi di bell’aspetto e poca intelligenza, interessati al portafoglio del cantante più che al suo cuore. Anche lei delusa da una vita che come un supplizio di Tantalo la relegava a non poter amare liberamente un uomo per cui lavorava, si lasciò andare in storie di poco conto, come la parentesi col bassista, Adam, deciso quasi a lasciare la moglie per lei finché non nacque il suo terzo figlio. Fu allora che Adam, sotto pressione e spaventato dalle conseguenze, decise di troncare la relazione con Fanny pur provando per lei sentimenti sinceri e di reale affetto. Abbandonare la famiglia quando si è lottato per avere uno status riconosciuto da tutti, non è facile. Le convenzioni cui Adam si sentiva costretto erano di gran lunga più importanti di Fanny e così, ben presto, si allontanarono, tornando ognuno alla propria vita. Fanny inevitabilmente ricadde nel vuoto causato dalle continue delusioni che appesantivano il suo cuore. Gli anni passarono e il carosello caleidoscopico di emozioni che la circondavano roteò nella sua memoria, mentre una leggera brezza stava increspando le acque del lago. Si chiese perché fosse tornata a Montreux…dopo tutto. Tyler amava moltissimo la cittadina svizzera, vi aveva acquistato con il resto della band degli studi discografici e voleva trascorrervi del tempo in tranquillità, come vacanza, ma non ne aveva mai tempo. Amava la brezza del lago durante la sera e i caminetti accesi d’inverno, il cielo che si colorava di rosso al tramonto e i gabbiani sulla spiaggia. Fu durante la festa per il suo 35°compleanno che lui le disse… Fanny osservava dalla finestra del salotto il giardino illuminato. L’euforia degli amici…la musica allegra.. erano una delle innumerevoli scene cui aveva assistito miriadi di volte. Le feste a casa di Tyler terminavano all’alba e lasciavano Fanny distrutta più moralmente che fisicamente. Non sentì entrare Tyler che la fissò di spalle e si avvicinò pianissimo. Forse per la prima volta la vide veramente. Si rese conto della sua espressione stanca sul viso pur non indovinandone i motivi. Fissò la curva del collo e la pelle delicata e gentile, la finezza del gesto con cui lei allontanò i capelli dalla fronte. Respirò a fondo chiedendosi se non fosse arrivato il momento di fermarsi, di mettere un punto nella sua vita che procedeva sempre a ritmi elevati. Sentì una energia positiva che la presenza di lei gli infondeva e a cui aveva dato poco peso, suo malgrado. Chissà se con lei sarebbe stato tutto… Fanny chiuse la finestra bloccando tutti i rumori che provenivano dal giardino al di fuori del tempo e dello spazio. Il silenzio del salotto era interrotto solo dal pendolo e dai battiti del cuore di Tyler, troppo impetuosi per uno come lui. Si avvicinò a Fanny, le mise una mano sulle spalle e le sussurrò “Mia dolce Fanny, fai sempre sì che sia tutto meraviglioso per me, ogni festa, ogni giornata sono sempre perfette da quando sei arrivata” Lei si girò e trovò gli occhi dal taglio orientale di Tyler che la guardavano con dolcezza e le sue labbra a un centimetro di lei, finché il tempo si fermò per sempre quando lui la baciò. Rimasero così, fermi immobili in un bacio lungo un’eternità, mentre fuori il mondo di Tyler folleggiava tra musiche scadenti e lazzi sguaiati. Un momento che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato e che nessun essere o oggetto del creato avrebbero potuto avere l’ardire di interrompere. Poi lui si scostò e le disse “Voglio portarti in un posto stupendo Fanny. In vacanza questa volta, lo meriti!” Quel posto era Montreux. Fu lì che Fanny e Tyler vissero una felice parentesi nelle loro vite. Una parentesi che nessuno dei due riuscì mai a dimenticare, ma questo Fanny ancora non lo sapeva. Come in una bolla di sapone che vola alta sospinta dall’aria e chiude in sé tante piccole goccioline sfaccettate, i due volarono nella cittadina svizzera. Tyler s’illuse sperando che quella fuga da Londra, quella vacanza dorata, potesse plasmare la sua persona e renderlo più simile agli altri membri del gruppo, tutti sposati, con delle vite che osavano definire nella norma, solo perché probabilmente non erano così sfacciati come Tyler da ammettere alcune scappatelle di troppo. I giorni trascorsero sereni e incantati, Tyler per la prima volta provò i sentimenti che una relazione più stabile gli avrebbe assicurato, era lontano dal mondo della musica, dai fans ovunque, dalla maschera che doveva indossare sul palco per far credere di essere forte, energico, senza debolezze… Camminate al tramonto sulla riva del lago, bagni di mezzanotte sotto lo sguardo pudico della Luna, cene a lume di candela, ridendo divertiti ogni volta che qualcuno riconosceva Tyler e fughe improvvise quando orde di fans invadenti ne minavano la privacy. Egli raccontò particolari della sua vita a Fanny nelle lunghe notti svizzere. Dai giorni indiani della sua adolescenza nella scuola di Bombay fino all’approdare all’Ealing Schhol of Art per diplomarsi come grafico a Londra…il suo amore per i gatti…la passione per l’arte. Giorni intensi, fiabeschi. Tyler dormiva beato all’alba del loro ultimo giorno a Montreux, mentre Fanny, sempre assorta in mille pensieri, sveglia accanto a lui, lo guardava teneramente. Le mille bollicine sfaccettate al sole stavano per essere colpite dalla brezza che si alzava quella mattina sul lago e la bolla stava per scoppiare inesorabilmente. Quel giorno sarebbero rientrati a Londra, nuovi tour, nuovi album, nuove feste ,amici, amanti…e tutto sarebbe diventato solo un ricordo. Non poteva vietare a Tyler di essere se stesso, e la testa iniziò a pulsarle fortissimo. Chiuse gli occhi e rivide suo padre…e poi le tornarono in mente le parole di Peter “Lascia il cuore a casa Fanny”. Non ci era riuscita…Nemmeno prima di quel bacio. Amava Tyler in maniera totale e incondizionata, pur sapendo che non sarebbe arrivata da nessuna parte. Capì quel giorno, partendo da Montreux, che non avrebbe potuto amare più nessuno così… Il vibrare incessante sulla sua gamba la riportò al presente e poco dopo all’orecchio le giunse anche il suono. Il cellulare squillava nella tasca del cappotto in una fredda mattina di metà ottobre. Il vento si alzò improvviso poco prima che Fanny spingesse il tasto del telefono per rispondere. Quella telefonata fu l’inizio della fine…di tutti i suoi sogni...di tutti i ricordi…della vita che ti manda un amaro conto anche quando non sei tu il protagonista. “Fanny…ciao.” Silenzio. “Sì, chi è?” Silenzio. Poi lo riconobbe. Peter. “Peter sei tu? Ma cosa diav…dopo tutto questo tempo…cavolo stai bene?” Il tono dell’amico e collega non prometteva nulla di buono.. Erano passati tanti anni da quando quella mattina la ragazza aveva chiuso la porta della residenza dorata di Tyler dietro di sé. Peter aveva pianto con lei quando se ne era andata, ma sapeva che non sarebbe potuta più rimanere. L’amore per Tyler l’aveva coinvolta in situazioni in cui avrebbe dovuto tacere di fronte ad individui che Tyler frequentava, l’imbarazzo e la tensione nella stanza erano cresciuti e Fanny aveva capito di non poter più lavorare lì. Dopo il viaggio di Montreux non era stata la stessa. Non le riusciva di accettare tutto silenziosamente come prima e non poteva far cambiare Tyler. Quei giorni svizzeri le avevano lasciato dentro la tristezza di chi è consapevole di essere stata solo una parentesi e che nulla è cambiato…nemmeno dopo momenti così intensi. Lei spariva nel nulla. Tanto valeva farlo per davvero. Andarsene fu l’unica cosa sensata da fare. Quel pomeriggio Tyler non era in casa, così fare le valigie fu semplice e doloroso al tempo stesso. Egli la cercò a lungo nei giorni seguenti, chiedendole di tornare, non rendendosi assolutamente conto di quanto Fanny stesse soffrendo né il perché, abituato a vivere ogni momento come in un gioco dove fatta una mossa, si annulla la precedente. E così alla fine non la cercò più, reputando che in fondo la scelta era stata della ragazza, non sua. Pur volendole bene e avendo vissuto bei momenti con lei, la sua vita procedeva come un panzer tedesco, sempre in avanti, mai guardandosi indietro. La vita di ogni rockstar è così, funestata spesso anche da amicizie poco raccomandabili che allontanano dalle giuste scelte. “Fanny mi senti?” incalzò Peter, non sentendo più la sua voce al telefono. “Sì, Peter scusami” disse lei tornando alla realtà. “Scusami tu Fanny…lo so sono passati tanti anni, ma non ti avrei chiamato se non…Fanny so di chiederti un enorme favore…Devi venire subito a Londra, appena puoi.” “Cooosa? Peter io sono in Svi…sto tornando da un viaggio e sto andando a casa in Italia.” “L’Italia dovrà aspettare, temo …Tu devi venire qui!” Londra… di nuovo Londra…I giorni si confusero tra quelli londinesi e svizzeri nella testa di Fanny e il vortice cominciò a girare. Tyler, il suo viso, le sue risate, le tourneè… gli amici...amanti, la sua folle vita e Fanny disse “Peter ma stai bene? non ti sembra una richiesta un po’ assurda dopo tutti questi anni?” “Sì, Fanny e non ti avrei mai voluto fare questa telefonata…ma credo tu debba saperlo. Credo sia giusto che tu lo sappia..” Respirò. Silenzio. “Tyler sta morendo”. Il telefono le scivolò di mano, cadde sulle gambe che le tremarono mentre era seduta su una panchina di fronte al lago. Il cuore sembrò voler schizzare fuori del corpo tanto le batteva forte e le orecchie non sentivano più nessun rumore…Il respiro si mozzò…il mondo sembrò crollare davanti ai suoi occhi in quell’istante e inghiottire lei ed il lago. Tentò di non svenire. Il ragazzo che passava in bici in quel momento davanti a lei, pensò di aver visto un fantasma tanto era pallida. “Fanny? Fanny ci sei?” Le parole di Peter la riportarono alla realtà. “E’ la malattia del secolo Fanny cara.. Prima o poi sarebbe potuto accadere. Ed è successo.” Tyler aveva l’AIDS. L’AIDS non perdona, non aspetta che tu decida di cambiare vita. Non aspetta che tu sia vecchio per portarti via. Ti colpisce all’improvviso, bastardo e infallibile. Dopo una delle tante notti folli ti prende alle spalle e disegna su uno specchio col sangue quelle 4 lettere atroci. Ti presenta il conto di una vita vissuta pericolosamente. Non perdona, non guarda in faccia a nessuno e non fa sconti di sorta. Bambini africani deperiti, con la pancia gonfia e gli occhi intrisi di morte, giovani donne costrette ad una vita di strada per sopravvivere fuori del loro paese, ragazzi con un ago in vena sul ciglio della strada, non sono le uniche vittime. Non le sole. Può capitare a chiunque. Il virus dell’ HIV miete ancora vittime, non solo in Africa ma anche a casa nostra e nei nostri “letti” e si continua a diffondere anche nei Paesi Occidentali, complici i “tradimenti di una notte” e la superficialità di tanti uomini “sani” che non usano precauzioni e preservativo. Sono infatti sempre più gli uomini eterosessuali “insospettabili” a contrarre il contagio del virus dell’ HIV. Oggi l’ Aids non è un problema da terzo mondo, o confinato solo a chi si droga, come invece molti pensano in modo superficiale. La realtà è ben diversa. Basta sbagliare partner una volta. Basta si rompa un preservativo. Basta sbagliare ago, basta perdere la bussola… E Tyler l’aveva persa da lungo tempo ormai. Ma all’epoca, agli inizi degli anni ‘80 non poteva saperlo. Nessuno ne sapeva nulla di questa malattia. “Fanny ti ho chiamato quando siamo stati sicuri…sono quattro anni che Tyler non sta bene, ma non sapevamo cosa avesse, ora ha deciso di smettere di combattere. Non vuol farlo più. E’ ridotto uno straccio…tu non hai idea.Io non volevo ributtarti nel mondo di Tyler, so quanto sei stata male andandotene e non volevo farti ripiombare in quegli anni. Non volevo tu lo sapessi dalle tv o dai giornali poi. Ti sei sicuramente rifatta una vita, ma Tyler questa mattina mi ha detto “Phoebe, chiama Fanny. Fosse l’ultima cosa che faccio, ma non me ne andrò se non la rivedo, non me ne andrò senza di lei. Mi ha amato per quello che ero senza volermi cambiare e io l’ho capito solo quando ha lasciato Londra…Non posso farle questo”.” Le fitte di dolore nel corpo di Fanny aumentarono a dismisura e l’amore per Tyler sembrò esploderle dentro. Non aveva più amato nessuno così in quei dieci anni trascorsi da quel giorno. Era rientrata in Italia dove lavorava saltuariamente, ma la sua vita non era stata più la stessa. Tyler ti entrava nell’anima e Fanny riusciva solo a sopravvivere nelle sue giornate tutte uguali, indossando la vita di qualcun altro perché la sua si era fermata a Montreux in quei giorni insieme. “Quanto…hanno detto i medici che?…oddio Peter” singhiozzò sconfitta. “Poco Fanny…poco…un mese circa”. Un mese doveva bastarle per dire addio all’amore della sua vita. “Prendo un volo da Montreux oggi, Peter”. “Montreux” sospirò lui. “Allora eri lì…oh Fanny..” “Sì …avverto in Italia che non torno…dammi il tempo di organizzarmi...arrivo appena posso.” “Ok Fanny, ma sii forte quando lo vedrai…non è come lo ricordi tu…ne parliamo all’aeroporto, vengo io a prenderti, ciao”disse triste Peter. Fanny rimase minuti interminabili col telefono in mano dopo aver chiuso la telefonata. Solo alcuni goccioloni di pioggia la fecero rientrare, mentre il lago stava davvero diventando tutto nero e sembrava minaccioso come non mai. Anche lui colpito dalla notizia faceva sentire la sua silenziosa voce. Il volo che condusse la ragazza a Londra fu il più lungo della sua vita, seppur durava solo due ore e mezzo. Dire addio a qualcuno non è mai facile, ma ci sono delle volte in cui è impossibile. Nei suoi 30 anni di vita Fanny aveva detto addio ai suoi nonni, a qualche animale domestico, ma non aveva mai vissuto un’ emozione così intensa...dire addio a qualcuno che si ama è impossibile, soprattutto se questo amore non è stato vissuto appieno, ma è stato tormentato, gustato ed assaporato davvero per pochi felici giorni in un paese lontano da tutto. Un amore non vissuto accanto alla propria metà per tutta la vita, come l’esempio dei suoi nonni e genitori. Il padre di Fanny al telefono le aveva detto “Dove vai ora? Di nuovo da quel tipo? Figlia mia, sei grande, non posso dirti cosa fare e cosa no, ma ricorda che io e tua madre non condividiamo le tue scelte! Stai buttando gli anni migliori della la tua vita.” Fanny non poteva non andare seppur avrebbe preferito emigrare lontano dove non arrivavano telefoni e notizie. Avrebbe preferito non sapere nulla di Tyler, ma era impossibile. Come aveva detto Peter, lo avrebbe saputo prima o poi…non c’era modo di sfuggire a questo dolore. Non c’era. Atterrò ad Heathrow alle 4 PM e seppe dentro di sé che la ragazza che avrebbe rimesso piede su quel volo per ritornare in Italia, non sarebbe più stata la stessa. Questa volta sarebbe stata davvero sola. E i ricordi beffardi sarebbero serviti ad acuire il vuoto. Peter la vide spuntare al recupero bagagli. Non era cambiato, solo non portava più i baffi ed aveva qualche chilo in più. Lei si era fatta più grande e date le circostanze, il suo viso pallido e struccato diedero all’uomo una impressione di tristezza infinita. Scoppiò a piangere non appena lo vide e continuò a farlo tra le sue braccia per lunghi attimi. Poi uscirono in silenzio, ingannando il tempo, parlando del volo e di lei. Le parole sembravano uscire a forza e riempire un vuoto che in qualche modo andava colmato pur di non far menzione di Tyler. Arrivarono con la macchina privata della rockstar davanti Terrace Place. Era una giornata di sole e l’aria, per essere metà novembre, era tersa seppur fredda. Fanny fece un lungo respiro poi scese. Durante il viaggio Peter l’aveva aggiornata sulle condizioni di Tyler. Era dimagrito moltissimo ed il cortisone che nei primi tempi lo aveva gonfiato ora non serviva più. La terapia antiretrovirale lo aveva indebolito immensamente. Il virus aveva danneggiato i linfociti, pertanto il sistema immunitario risultava sempre più fiacco e molto sensibile alle infezioni batteriche. La disidratazione lo aveva reso emaciato per cui Peter le spiegò come fossero le cure: una terapia reidratante a base di elettroliti, potassio, sodio, amido di riso, glucosio. Tale terapia poteva essere assunta per bocca (tramite l'alimentazione o integrazione con prodotti specifici) oppure per via endovenosa, qualora non si riuscisse ad alimentare Tyler correttamente. “Come è iniziato tutto Peter? Come?” chiese Fanny stropicciando nervosamente le mani. “E’ stato un processo lento, mia cara…un iniziale calo delle forze, la febbricola che non passava, inappe¬tenza, dimagrimento e poi quelle macchie sulla pelle. Pensavamo una malattia presa nei paesi tropicali o asiatici, poi i dottori ci hanno dato la batosta. Ci hanno spiegato cosa sia l’HIV e che purtroppo…ad oggi nonostante le cure palliative, non si è trovata una cura reale e definitiva…ma il supporto psicologico di personale esperto e dei familiari conta molto in questi casi…e tu sei… “ “Personale esperto, no di certo…non so nulla di questa malattia Peter!” “Nessuno ne sa nulla Fanny…intendevo come un familiare” Erano arrivati al cancello di casa. Scesero. Fanny aveva le mani ghiacciate e le gambe che tremavano, il cuore andava a duemila e si resse il petto per paura che ne uscisse fuori. Non riusciva a controllare un singolo muscolo del corpo. Non poteva entrare in quelle condizioni. Avrebbe voluto prendere tempo…bere un the caldo e parlare ancora con Peter, fargli mille domande pur di non vedere Tyler ed al tempo stesso voleva vederlo. Voleva semplicemente affondare gli occhi nei suoi, conscia amaramente che un abbraccio non sarebbe stato un’ottima idea. E poi aveva paura. Non sapeva gestire una situazione del genere. Trovarsi davanti l’uomo che amava, che non vedeva da quasi 10 anni e trovarlo così, attaccato ad un filo di vita. Non era pronta e non lo sarebbe stata mai. “Fanny? Entriamo dai” disse Peter grave. “E’ inutile che aspetti ancora cara” E poi per sdrammatizzare un po’ aggiunse“Tyler freme nella voglia di rivederti!” Entrarono. La casa di Tyler sembrava rimasta la stessa di tanti anni fa, ma si respirava un’aria diversa e nel salotto vi erano persone che Fanny non conosceva. Peter gliele presentò, erano alcuni collaboratori di Tyler, due medici e alcuni amici. Fanny non ne memorizzò i nomi né voleva farlo, tanto sapeva tristemente che a breve non li avrebbe mai più rivisti. C’era un’aria lievemente viziata che sapeva di qualcosa di indefinito, come un odore di cannella mischiato ad alcool. Un thé sul tavolino aspettava ancora fumante. Il miagolio di uno dei gatti fu l’unico a strappare un lieve sorriso alla giovane. Lo prese in braccio felice di rivederlo “Tiko…o piccolo, quanto tempo, sei cresciuto tantissimo.. ma sei sempre bello” disse affondando il viso nel suo pelo. Le lacrime erano arrivate in gola.. tra breve sarebbe stato impossibile bloccarle. Salì le scale verso la stanza di Tyler come una condannata che sale i gradini del patibolo sapendo che non tornerà più indietro. Peter si fermò dietro di lei “Vuoi che entri con te? te la senti di entrare da sola?” “No Peter, ce la faccio, preferisco entrare da sola. Se non è un problema” “Assolutamente cara, io ti aspetto di sotto, per qualunque cosa vicino al letto c’è sempre il pulsante di una volta. Basta che lo spingi e salgo.” “Bene...si fa per dire” commentò Fanny. “Sono pronta”. La porta della camera era socchiusa così la giovane non potè fare a meno di sbirciare da quella posizione, non vista dal cantante. Si portò la mano alla bocca e soffocò un gemito. Tyler giaceva nel letto, smunto e deperito come se non mangiasse da mesi. Ma non erano segni della fame. Le braccia erano così sottili e grinzose da non sembrare quelle di un uomo di mezza età, non arrivato ancora ai 50 anni. Il pigiama inglobava il suo esile corpo e si adagiava non sui suoi muscoli come un tempo, ma sulle ossa che sporgevano evidenti. La barba era incolta e il viso scavato. Le coperte evitavano il resto alla vista. Entrò. “Tyler!” Il suono che emise Fanny era quasi un sussurro disperato. Egli si girò lentamente e fuor di ogni aspettativa disse con voce squillante “O mia cara…mi chiedevo dove foste finiti.L’aereo non doveva atterrare almeno due ore fa?”. Fu quello il colpo di grazia. La grande forza interiore di quell’uomo. Solo in seguito la giovane avrebbe saputo dal resto della band e da Peter stesso, molti dettagli sulla malattia di Tyler e su quanto egli avesse lottato fino all’ultimo contro il volere dei medici. La musica era sempre rimasta il suo unico grande amore e voleva regalarne più che poteva ai suoi fans e al mondo perché almeno qualcosa sarebbe rimasto ad eterna memoria. Non tutti o forse nessuno era stato come lui. Riuscire ad accettare la malattia prima e la sentenza ferale poi. Sapere che le lancette dell’orologio scorrevano via via sempre più veloci ed inesorabili non aveva fermato Tyler dalla fame che aveva di musica. Aveva registrato in condizioni fisiche pietose, si era trascinato con la sedia a rotelle in studio. Fanny scoprì in quei giorni che il cantante era tornato a Montreux per registrare il suo ultimo disco. L’amore per quella cittadina non era mai diminuito e lei era lì…fino a pochi giorni fa sulle rive di quel lago tra presente e passato. Le lacrime sgorgarono da sole come un fiume in piena. Ma Fanny non si avvicinò a Tyler né lo toccò…voleva smettere, ma non riusciva. Fu lui che si alzò dal letto con enorme sforzo e le andò incontro. La giovane non riusciva a credere ai suoi occhi. Aveva avuto il mondo ai suoi piedi ed ora lui, il malato, si avvicinava a lei per consolarla. “Abbracciami Fanny” le disse. “Non aver paura. La morte non fa paura. E’ vivere senza essere ricordati che mi spaventa. Il non aver concluso nulla di bello nella vita. Il non poter dare più la propria arte agli altri, quello mi spaventa. La morte no. E’ solo un attimo.” Il loro abbraccio durò minuti interi. Però come era diverso da quello della notte in cui lui le chiese di partire per Montreux insieme. Niente c’era in questo abbraccio di sensuale, sembravano un vecchio zio ed una nipote tanto la malattia aveva acuito il divario di età tra i due. “Tyler...Tyler…ma perché tu? Perché proprio tu?” si chiese la giovane e negli anni a venire se lo sarebbero chiesti milioni di fans. “Ci sarà qualcosa che si può fare, proviamo a sentire un altro dottore, Peter dice che non ci sono cure, ma io credo…” “Cosa credi dolcezza? Tu parli per amore. Parli con il cuore di una donna che mi ha sempre amato e rispettato, ma non sai…Sono anni che prendo quelle schifezze” disse indicando le medicine. “Sono anni che sento pareri, voci, cambio cure, ospedali, iniezioni…nuovi farmaci. Fanny, quando quel momento arriva, lo sai dentro. Io ti ho voluto qui perché sei l’unica persona che mi ha amato davvero. Tu non eri di questo mondo, non mi hai mai detto cosa era giusto o sbagliato per me, mi hai seguito, consigliato, mi sei stata vicina perché l’amore fa fare di queste cose e credimi…quei giorni a Montreux...io lo so che sono stati la tua fine. Lo so che dopo te ne sei andata a causa di quei giorni. E non sono mai riuscito a dirti quanto mi dispiacesse. Se fossi rimasto con te per sempre in quella bolla dorata a Montreux, oggi non sarei forse più nessuno, ma sarei…vivo. Invece ho scelto la fama, la gloria, il voler continuare una vita di eccessi… E’ giusto così piccola…non poteva andare diversamente. Questa malattia sta colpendo altre persone…Forse un giorno i tuoi figli accenderanno la tv e ti comunicheranno che si è trovata una cura e tu penserai a me…ma oggi…non ci sono speranze.” Fanny era impietrita da una forza così potente che usciva fuori da un uomo di 45 kg circa, seduto sul bordo del letto con le gambe nude, piene di macchie e punture di aghi. Con le occhiaie e i capelli radi, le mani tremanti ma lo sguardo ancora fiero e penetrante della pantera che era sul palco anni prima. Cosa può fare una donna di fronte a ciò? Cosa farebbe ognuno di noi vedendo spegnersi la persona che amiamo? Semplicemente nulla. Nessuno di noi è pronto alla morte, né propria, né dei propri cari. E nel caso di Fanny che non vedeva Tyler da anni, era ancor più difficile sentirsi di nuovo travolta dall’universo che quest’uomo rappresentava, ma questa volta vi era la consapevolezza che la sua partenza sarebbe stata per sempre. Che una volta che avesse varcato la soglia di quella casa…Tyler non ci sarebbe stato più. Fuori di lì l’inverno inglese stava prendendo piede, le foglie degli alberi degradavano dal verde al giallo, all’arancione, poi rosso, e infine marrone e poi cadevano lente a terra…staccandosi da quell’albero che un tempo le aveva accolte verdi e piene di vita ed ora volteggiavano un paio di volte e poi raggiungevano il terreno… E come le foglie, anche la vita di Tyler stava terminando il suo percorso in maniera silenziosa. Quella casa per anni era risuonata di luci, colori, schiamazzi di folli feste ed ora un silenzio quasi spettrale la avvolgeva da mattina a sera. La luce filtrava dalle serrande abbassate, ma non vi entrava più come un tempo ad illuminarla di giorno...quasi stesse seguendo anche essa la sorte del suo padrone. A Fanny non rimaneva altro che passare insieme a Tyler i suoi ultimi giorni…E anche questi furono giorni che non avrebbe mai più potuto dimenticare e che andavano via via a formare le pagine di un libro chiamato vita. Un insieme di giorni mai uguali, mai del tutto felici, di giorni che viravano dalla gioia sfrenata dei primi anni, quando era solo una adolescente senza pensieri, al periodo folle e tormentato degli anni vissuti accanto a Tyler fino a congiungersi in un abbraccio dolcissimo, ma triste con i giorni del dolore e delle lacrime. “Sai che non potrò mai più essere la ragazza di prima, vero? Eppure mi chiedo perché sono io la prescelta per…accompagnarti fino alla fine?Hai avuto persone che ti hanno voluto bene, ma che ci sono sempre state ed ora dove sono queste persone? Dove sono gli amici che invadevano questa casa…le amiche...dove è tutta quella gente che viveva di te e per te?” chiese la ragazza ad uno stanco Tyler in un piovoso pomeriggio di inizio novembre. “Dove vuoi che siano, tesoro? Via…lontano…dissolti nel vento. La gente sparisce quando ha paura e la mia malattia fa paura…molta paura...paura di ferirsi un dito ed ammalarsi per contatto…paura e ribrezzo di vedermi così...il non sapere che dire...di cosa parlare...il non poter e dover più far piani.Cosa vuoi che importi a quella gente ormai di me? Non ci sono più concerti da organizzare o tournée…e a cosa serve ormai un corpo stanco senza forze se non…a firmare un testamento? Allora vedrai come arriveranno tutti, come un cane che aspetta l’osso sperando di esservi inclusi…ah! ah! allora sì che da lassù mi farò un sacco di risate!” Cinico ma assolutamente lucido, Tyler aveva dipinto quella che era la sua realtà. Possiamo essere stati capitani d’azienda o grandi condottieri, possiamo aver condotto un’industria o essere stati capi di governo o grandi rockstar, ma quando si muore si è da soli. A nessuno interessava più Tyler perché lui era per tutti o quasi…solo una macchina per far soldi e il meccanismo si era inceppato da anni ormai. Per tutti…ma non per tutti.. “Per me non sei questo Tyler e nemmeno per ...i ragazzi(alludeva al resto della band),sono venuti a trovarti vero? “ “Vengono spesso mia cara…Adam è così sconvolto, temo che quel ragazzo non si riprenderà…vorrei tanto che dopo che non ci sarò più continuassero a far musica, l’ho detto a Stephen ed Andrew, ma loro mi dicono sempre di non pensare a questo. Mi guardano con occhi pieni di lacrime come si fa con una vecchia nonnina che ti dice che vorrebbe vederti sposato tra qualche anno, mentre sta sul letto di morte ed il nipote che le risponde “Oh ma nonna! lo vedrai”…ecco…loro fanno così…non mi illudo lo so, ma non li sentirai mai dire nulla sul futuro, dicono che parlarne ora, sarebbe fuori luogo…che teneri...quasi sembrano sperare che domani la febbre sarà passata…come se avessi l’influenza!” Le giornate trascorrevano lente. Tyler affrontava le cure o almeno i palliativi a cui aveva deciso di non rinunciare, ma non assumeva più l’AZT e come avrebbero rivelato delle scoperte molti anni dopo, aveva effetti dannosi perché non colpiva solo il virus ma anche le cellule sane, distruggendole. Alcuni pomeriggi il resto della band venne a trovare Tyler e un pomeriggio mentre Andrew e Stephen parlavano con lui, Adam, timido come sempre e fortemente imbarazzato si avvicinò a Fanny “Ehi…so che non è bello da dire in queste circostanze, ma mi ha fatto piacere rivederti”. Lei sorrise e lo guardò con tristezza, poi gli fece cenno di allontanarsi un attimo dalla stanza per parlare in privato. Il batterista e il chitarrista sedevano sul letto dell’amico che era in una buona giornata e stavano ricordando alcuni episodi buffi del passato. “Adam…quello che è successo tanti anni fa mi spinge ad avere con te sempre un rapporto diverso…è per questo che ti chiedo un enorme favore...ti chiedo in realtà di farmi una promessa.” “Dimmi” disse lui abbassando gli occhi per timidezza. “Vedi…dopo…insomma...quando Tyler se ne andrà tornerò a casa mia e non credo ci vedremo più…ma vorrei tanto che negli anni a venire tu non tradissi la sua memoria. Vorrei che qualunque cosa loro decideranno di fare, Stephen ed Andrew, tu te ne terrai fuori” . Il bassista la bloccò “Tranquilla Fanny, era quello che volevo fare, è una promessa che ho già deciso di fare a Tyler, pur senza dirglielo, per me non ha nessun senso continuare senza di lui. I Kings erano un tutt’uno con lui e per me solo lui può essere il front man…non mi interessa andare avanti, né per soldi, né per altro. Ho visto il mondo, ci siamo divertiti, siamo stati su tutti i giornali e questo mi basta. Avrei continuato, ma la vita ti pone di fronte a degli stop. E io so fermarmi…anche se con te non avrei dovuto…” .“Shhh!” gli disse Fanny mettendogli un dito sulle labbra. “Era quello che volevo mi dicessi…per quanto riguarda noi è stato meglio così…amavamo altre persone, avremmo fatto loro solo del male”. Abbracciò Adam con affetto e sincera commozione e rientrarono nella stanza di Tyler. Adam rimase a guardare la giovane chiedendosi ancora, a distanza di anni, cosa sarebbe successo se quel giorno avesse avuto più coraggio con lei. Se avesse lasciato sua moglie…se Fanny vedendolo deciso, forse non avrebbe continuato ad amare senza speranza Tyler…oggi chissà dove sarebbero stati…ma con i se e con i ma non si cambia la sorte dell’universo e scuotendo la testa si unì al gruppetto. Anche Fanny si mise ad osservare, facendo alcuni passi indietro quella scena così tenera e triste. Un uomo distrutto, corroso e mangiato dalla malattia che scherzava ,seduto sul letto con i suoi vecchi compagni di avventura, lui che seduto non ci stava mai, lui che sprizzava sempre energia da tutti i pori….ed ora sembravano i parenti in visita al genitore anziano. Era una situazione grottesca ma dolce…si affacciò alla finestra ed una foglia si posò sul davanzale. Aveva compiuto l’ultima piroetta dopo essersi staccata dal ramo ed ora giaceva lì inerme. Un brivido le percorse la schiena. Tyler se ne andò in una mattina di fine novembre. Il giorno prima aveva diramato un comunicato stampa per rendere nota la sua malattia e già dalle prime luci dell’alba orde di giornalisti stazionavano come lupi in cerca di preda di fronte all’appartamento del cantante. Peter e Fanny sedevano accanto al letto mentre i gatti si aggiravano silenziosi più che mai intorno al padrone, presagendo la fine ormai prossima. Tyler respirava debolmente e in maniera affannosa. Fanny chiamò il dottore che le sussurrò “Signorina, sta perdendo conoscenza…se lo vuol salutare, lo faccia ora”. La ragazza voleva ribattere che in fondo no, non poteva essere ancora il momento e che aveva tante cose da dirgli, ma con una compostezza tale della situazione e non della sua giovane età balbettò “Ora?” “Si! Ora” rispose grave il medico. “Tyler…Tyler, tesoro mio, mi senti?” Peter la tenne per le spalle prevedendo che sarebbe potuta svenire o accasciarsi sul cantante ormai privo di forze. L’uomo che aveva cavalcato centinaia di migliaia di palchi la guardò con uno sguardo assente. Sentiva le sue parole, ma gli si confondevano nella testa e risuonavano lontane, annebbiato dai forti dolori che la morfina in fase finale teneva a bada. Tutto era sfocato, la stanza perdeva luminosità…i visi delle persone intorno perdevano i contorni…riuscì solo a sentire il pianto sommesso di Fanny che sussurrava “Io ti ho sempre amato e ti amerò per sempre Tyler” . E con le ultime forze, quasi a voler dimostrare al mondo che lui non era solo un pupazzo caricato con la molla che sfornava hit mondiali, ma che era un uomo capace di amare...di amare una donna nonostante la vita gli avesse presentato un’infinità di modi di amare…Tyler si avvicinò con uno sforzo sovrumano all’orecchio di Fanny e poggiandole lievemente la mano scheletrica sul suo braccio sussurrò “Anche io ti amerò per sempre, piccola dolce Fanny…” Poi il cigno emise il suo canto e spirò. La notte sembrò arrivare improvvisa e inghiottire tutta la stanza. L’urlo straziante di Fanny arrivò fin quasi in strada e sicuramente fu udito dagli sciacalli che cominciarono a far circolare la voce che Tyler Randall era morto. Peter tentò di allontanarla dal letto, ma fu il dottore a dirgli “Mr. Freestone, la lasci stare, non ho più fretta ormai. La lasci stare accanto all’uomo che ama e deve averlo amato moltissimo ” “Già!” aggiunse Peter “A differenza di molti di noi, lei lo ha amato così com’era…Per questo è così difficile per lei”. Fanny rimase circa dieci minuti avvinghiata al letto mentre il viso di Tyler si distendeva in un’ espressione di pace raggiunta, lontana ormai da ogni dolore e preoccupazione umane e via via sembrava che un sorriso si dipingesse sul suo volto. Lei lo accarezzò dolcemente, gli diede un debole bacio “Addio Tyler…per me tu sarai sempre Tyler, non il front man dei Kings…sarai sempre un uomo. Un uomo meraviglioso ed un combattente. Addio, amore mio”. Si allontanò dal letto reggendosi a Peter, le lacrime le inondavano il volto e la vista si sfocava con l’immagine di Tyler davanti a sé. I funerali si tennero pochi giorni dopo al Kensal Green Cemetery. Quando Fanny arrivò con Peter e scese dalla macchina si eclissò nella folla…cercando di rimanere lontana dalla mondanità di quella giornata. Era vestita di nero, con un tailleur sobrio e il nero era tutto intorno a lei, non solo nei vestiti delle persone, ma negli alberi smorti e ormai senza foglie, il cielo pieno di nuvole nere, neri erano gli uccelli che volavano lì intorno…e nero era l’abisso del suo cuore. Arrivarono Stephen ed Andrew, scesero da macchine nere, con occhiali neri, un volto invecchiato di 10 anni in un giorno…c’erano le moglie con loro, avvolte in cappotti e cappellini neri con la retina. Poi arrivò la macchina di Adam, era da solo…il suo sguardo cercava Fanny e quando la trovò le si avvicinò…avrebbe voluto abbracciarla, darle un minimo di calore, conforto, ma davanti a tutti non sarebbe stato opportuno. Lei gli sorrise debolmente. Fu l’ultima volta che la vide. La cercò varie volte durante il funerale, voleva salutarla perché sapeva che in serata sarebbe rientrata in Italia, ma quando incontrava il suo sguardo, lei lo distoglieva appositamente. Voleva bene ad Adam e sapeva che era l’opposto di Tyler, ma sapeva anche che non avrebbe mai potuto essere una storia normale la loro, sarebbe stata solo un modo per scappare ai ricordi. Meglio non illudersi, meglio non scherzare coi sentimenti feriti. La cerimonia fu semplice. Tyler era di religione zoroastriana, i suoi genitori venuti fin dalla Tanzania per quel giorno, erano seduti davanti. Fanny li guardò per la prima volta. Due anziani signori, esili e stretti l’uno all’altro, così lontani dalla mondanità del figlio, dal mondo in cui lui aveva sempre vissuto. Si sentivano sperduti, spaesati, fuori posto e tremendamente afflitti, ma composti nel loro dolore. Voleva salutarli, dirgli qualcosa, ma era troppo complicato e lasciò perdere…in fondo lei non era la fidanzata di Tyler, cosa avrebbe potuto dire? Quella gente aveva perso il figlio. Novembre volgeva ormai alla fine. Tra pochi giorni sarebbe arrivato il mese di Natale, con le luci in città…con i colori e i sapori di un mese felice, ma sarebbe stato un Natale così vuoto per tutti pensò Fanny, almeno per lei. Tra poche ore un volo l’avrebbe riportata in Italia per sempre. Anni ed anni di ricordi le passarono davanti agli occhi e non riusciva ancora a capacitarsi che in quella bara di legno massello potesse riposare il corpo di un uomo che non si riusciva mai a tenere fermo un secondo, tantomeno la notte. Pian piano si allontanò dalla folla, senza dar loro le spalle, non voleva ritrovarsi a dover salutare voci e volti di gente che non vedeva da anni. Era certa che Peter e i ragazzi del gruppo (forse tranne Adam)avrebbero capito. Li avrebbe salutati da lontano, solo col pensiero…in fondo ora non aveva più senso martoriarsi e parlare di Tyler all’infinito. Non serviva più a nulla, non lo avrebbe riportato indietro. Poi lentamente si voltò. Tutto scomparve alle sue spalle, la fossa venne ricoperta dalla terra e i fiori deposti sopra. E così la ragazza non potè vedere una timida foglia, il cui colore virava dal giallo al marrone chiaro, posarsi sulla terra smossa…come a voler rappresentare l’ultimo battito d’ali di una farfalla, la vita che finisce: il canto del cigno.
   
 
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