“Ho
subìto un danno.
Le persone danneggiate sono pericolose.
Sanno di poter sopravvivere...
È la sopravvivenza che le rende tali... perché
non hanno pietà.
Sanno che gli altri possono sopravvivere, come loro.”
(Il danno, 1992)
PROLOGO:
Cento
giorni.
Ben sospirò piano, appoggiato a quel muretto, fissando come
in trance la
villetta che sorgeva dall’altra parte della strada.
Cento giorni, gli sembrava impossibile. Per la prima volta, cento
giorni prima,
il collega gli aveva raccontato che cosa stesse succedendo tra lui e la
moglie.
E poi, solo due giorni dopo, come se tra le due situazioni ci fosse
stato un
filo diretto, ecco che il notiziario aveva annunciato la fuga di quell’uomo. E tutto,
lentamente, era andato
precipitando.
Cento giorni, più di tre mesi, e ancora l’aria non
aveva smesso di essere
spessa, pesante, irrespirabile.
Era il 12 febbraio, e a Colonia il freddo era ancora pungente.
Ben tirò su col naso e si strinse più nelle
spalle, chiedendosi quando si
sarebbe deciso a entrare.
Stava quasi per alzarsi, quando qualcuno da dietro lo sfiorò.
Ma l’ispettore era talmente immerso nei propri pensieri che
nemmeno vi fece
caso.
«Che cosa fa qui tutto solo, giovanotto?»
esordì la voce alle sue spalle, in
tono bonario.
«Vado a trovare un amico.» rispose Ben, in un
sussurro, più rivolto a se stesso
che al suo nuovo interlocutore, mentre sentiva che l’uomo che
gli aveva parlato
stava aggirando il muretto per avvicinarsi a lui. Non si
curò di voltarsi, aspettò
che il signore gli si sedesse accanto.
«Lei che cosa ci fa qua?» domandò poi,
non appena scorse il profilo familiare a
pochi centimetri da lui.
L’anziano signore alzò le spalle, iniziando
meccanicamente ad accarezzarsi gli
ordinati baffi bianchi e passandosi poi la mano destra sulla folta
barba,
anch’essa candida come la neve.
«Passavo, giovanotto. Il suo amico vive qui? È il
suo collega, non è vero?».
Ben guardò quell’uomo negli occhi, sorridendo per
un attimo al suo accento
inglese.
«Lo era.» commentò poi, distogliendo lo
sguardo.
Il vecchio poggiò una mano sulla sua spalla, rifilandogli
qualche leggero
colpetto di incoraggiamento.
«Fossi in lei sorriderei un po’ più
spesso, giovanotto. Da quando l’ho
conosciuta lo ha fatto sempre troppo poco. Solo alla mia età
si comprende quanto
sorridere sia importante... forza, ragazzo.».
«Non è facile sorridere sempre. Non quando davanti
agli occhi hai la vita
rovinata di una persona a cui vuoi bene.».
L’anziano signore annuì teatralmente. Poi,
appoggiandosi al proprio bastone, si
alzò, staccandosi dal muretto e rimanendo per qualche
istante fermo, in piedi
di fronte al poliziotto.
«Ti do un compito, giovanotto. Oggi sorridi. Va
bene?».
Ben alzò lo sguardo su di lui.
L’uomo indossava un berretto di lana decorato a quadri rosso
e verdone e un’ingombrante
sciarpa dello stesso colore. Non un abbigliamento troppo comune, per
quello che
lui aveva definito un angelo custode.
Il sorriso, osservandolo, gli spuntò spontaneo sulle labbra.
«Bravissimo, così.» fece compiaciuto il
vecchio.
Poi si voltò per andarsene, ma tornò a guardare
Ben dopo aver fatto solo
qualche passo.
«Dimenticavo, giovanotto.» aggiunse, sorridendo
sotto ai baffi curati, prima di
allontanarsi «Usi quella scatolina che ha in tasca.
L’ho vista, sa? Vedrà, la renderà
felice.».
N.d.A.
Buonasera miei cari lettori... ebbene sì, sono ancora viva!
Tanto tempo che non
metto piede su EFP, troppo, e già posso udire gli insulti di
chi stava seguendo
la mia serie e, da un momento all’altro, non ha
più avuto mie notizie...
scusate, scusate, scusate, non ho una valida giustificazione ma
proverò a farmi
perdonare. La serie che ho lasciato in sospeso, “Dieci
ritagli di Cobra 11”,
prima o poi avrà una conclusione, ma ci tengo a sottolineare
che questa storia
non fa parte della serie in questione e non ha assolutamente nulla a
che fare
con quest’ultima.
Qualche piccola premessa, rischiando di rendere queste N.d.A.
più lunghe del
prologo stesso:
1. non so come questa folle storia che vi accingete a leggere mi sia
venuta in
mente, ma sappiate che questa volta sono stata veramente molto
crudele... e se
questo fandom predilige da sempre l’accanimento verso Ben,
sappiate che io
invece mi diverto parecchio a torturare anche il nostro piccolo
turco (non che non ce ne sia anche per Ben eh, non
esultate);
2. ve lo ripeto: crudele, lunga, triste, pesante... siete avvertiti;
3. ho deciso di fare un esperimento e suddividere la storia in capitoli
ricalcando
la suddivisione delle giornate: ciò significa che troverete
capitoli di diverse
lunghezze e che per ogni giornata che compone la storia leggerete un
nuovo
capitolo (a parte qualche eccezione a fini narrativi);
4. ve l’ho già detto che si tratta di una storia
triste e pesante?
Fine delle premesse, vi spiegherò ancora qualche cosetta nel
corso della
storia.
Vi auguro buon Natale con questa storia non propriamente permeata di
spirito natalizio...
Spero che i miei scarabocchi possano incuriosire qualcuno, spero che
non siate
troppo arrabbiati per la mia scomparsa improvvisa e... se vi fa
piacere, ogni
commento è sempre super gradito!
Grazie, buona lettura!
Sophie