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Autore: AnAngelWithBrokenWings    07/01/2018    1 recensioni
[Decameron]
– Voi credete che sia rischioso innamorarsi di un artista? – caro Francesco, questa volta fui colto davvero alla sprovvista, non sapevo davvero cosa rispondere. Avrei voluto sotterrarmi con le mie stesse mani.
– Perché credete che sia rischioso? – azzardai.
– Beh – rispose – perché penso che forse un artista non amerà mai la sua donna quanto l’arte di cui è già totalmente innamorato. Nel suo cuore potrebbe non esserci spazio per lei.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Carissimo amico mio,
Ho una notizia lietissima da darti, oltre che delle nuove che potrebbero portare un po’ di sole anche lì in Provenza, dove ti trovi adesso.
Vivere a Napoli sta dando i suoi frutti. Inizialmente ero molto contrario al trasferimento, voluto da mio padre (stare dietro al banco non è esattamente uno spasso, e… diciamo che non rientra nei miei piani futuri, non so se mi capisci), ma, d’altra parte, è talmente interessante vedere il mondo in tutte le sue accezioni e sfumature in mezzo ai miei tediosi impieghi da banchiere. Ti dico questo perché, ogni giorno, mi si presentano uomini, donne e fanciulli di estrazioni sociali assai varie e di cui è interessante osservare le attitudini: si comportano tutti in maniera diversa, in perfetta sintonia con il loro status sociale: i diamantini Napoletani hanno l’atteggiamento posato e imbevuto di canoni cortesi; le donne umili e poco abbienti si dimostrano sorprendentemente sicure nella loro semplicità; i contadini dalle mani indurite e sordide che non smettono un attimo di gesticolare per amplificare i loro discorsi sono tra i più dotati d’industria in una città solare come questa; tutti i mercanti che ho incontrato sembrano essere scaltri e furbi come volpi e attirano la clientela con un ingegno così acuto da far risaltare ancor più la qualità dei loro manufatti…
E’ lo spettacolo della vita che mi si para dinanzi e il bello sta proprio nella sua molteplicità.
Caro amico mio , so che io e te abbiamo concezioni alquanto distanti e screziate sulle lettere, ma io penso che la realtà meriti di essere trascritta in ogni suo aspetto, anche quello che potrebbe apparire il più riprovevole, il più turpe, il più immorale.
Ed è qui che arriva il motivo che mi ha spinto a scriverti questa lettera, caro Francesco: voglio scrivere della vita, questo palco scenico che calchiamo tutti i giorni in maniera sempre diversa, ora tragica, ora comica. Voglio scrivere della città, del mare, dell’amore e dell’uomo, centro del mondo. Sto rattoppando insieme alcune idee, grazie alle letture presso la corte Angioina e ai miei primi manoscritti, che forse non saranno gran ché, ma spero possano piacere. Almeno alle donne perbene.
Oh, le donne! Le donne, amico mio… sapessi quante belle donzelle napoletane incontro ogni giorno, dalla più umile alla più nobile, ma tutte bellissime come ninfe, e poi c’è lei…
L’ho incontrata nella fornitissima biblioteca di sua eccellenza Roberto D’Angiò, un ambiente sempre splendente grazie ai raggi del cocente sole napoletano che filtrano potenti dalle larghe finestre ovulate. Era una giornata perfetta, e mentre leggevo rapito le rime di Cavalcanti mi sono mosso verso la finestra per sentire il sole battermi sulla pelle e rendere più piacevole la mia lettura. La riviera napoletana quel giorno sembrava un miraggio impalpabile e il mare, punteggiato da minuscoli velieri bianchi, una tavola perfetta su cui poter passeggiare.
Pensavo che nulla potesse darmi più gioia in quel momento: il mare, il sole, la poesia, l’essere circondato da miriadi di volumi che attendevano solo di essere aperti e assaporati. Ma mi sbagliavo, perché sentii dei passi dirigersi verso la stanza in cui stavo e una voce di donna, calda e piacevole, che intonava una ballata. Quindi, da che ero affacciato, mi scostai dall’imposta e mi girai lentamente, per ammirare la creatura più bella che vessi mai visto. Teneva in mano un volume del Ciclo Arturiano - lo riconobbi dal dorso del libro - e si voltò verso di me, dedicandomi un radioso e composto sorriso, accompagnato dalla sua voce soave – E’ un libro del Ciclo Arturiano, l’ho visto e ha catturato immediatamente la mia attenzione – e così dicendo pose gli occhi, ornati da ciglia lunghissime, sulla copertina, per poi tornare a guardarmi con un secondo sorriso
– Perdonatemi, voi dovete essere il giovane che lavora alla Banca dei Bardi, messer… Boccaccio, dico bene?– mai sentire il mio cognome fu tanto celestiale, stava tanto bene sulle sue labbra di seta
– Dite giustissimo, madonna… - in quel momento di incertezza mi rammentai di non sapere il nome della giovane che mi aveva immediatamente rapito col suo sguardo dolce e gli occhi grandi e intensi. –Maria D’Aquino, messere, figlia del signore Roberto D’Angiò. Vogliate scusarmi per non essermi presentata prima – accennò quindi ad un inchino elegantissimo, che le fece ricadere davanti alle spalle qualche ciocca di capelli castano. Una creatura bellissima. Rialzò i suoi profondi occhi nocciola su di me e ne rimasi intontito, fino a che mi ripresi e dissi – vi prego, madonna D’Aquino, chiamatemi pure Giovanni – e lei, sempre sorridente – d’accordo… Giovanni, ma solo se voi mi chiamate Maria.
Lo senti, amico mio? Ma-ri-a. Tre sillabe di cinque lettere che compongono un nome umile e semplice, ma altrettanto vivo e festoso. Ma-ri-a. Non è un caso meraviglioso che porti il nome della Vergine?
-Che stavate leggendo, Giovanni? – nessun nome andava sprecato dalla sua voce. Mi si accostò un po’ di più, tenendo il volume arturiano stretto al petto. Emanava un profumo salmastro e pensai che poco prima avesse fatto una passeggiata vicino la costa.
- Oh, questo – ero così preso dalla sua aggraziata sagoma che mi dimenticai di star leggendo fino a pochi minuti prima. Puoi immaginare, caro Francesco, l’imbarazzo e il rossore di quel momento – è un componimento di Guido Cavalcanti, poeta fiorentino e contemporaneo di Dante Alighieri. – A questo punto fece tanto d’occhi e inarcò entrambe le sopracciglia fino a farle assumere un’espressione davvero graziosa e cominciò – certo che voi, Giovanni, siete proprio ben informato. Dunque vi piace la poesia?
- Vi ringrazio, madonna D’Aqui… Maria, ma è tutto merito degli studi e di coloro che ci hanno lasciato in eredità tutto questo – indicai con l’indice le strofe del sonetto di Cavalcanti – e, sì, la poesia mi piace, potrei dire che le sono amico, non pretende nulla in cambio, solo di essere letta o ascoltata.
Lei si illuminò e mosse un passo in avanti verso di me, quasi fino a sfiorarmi – Allora leggereste per me questi versi?
- Leggere… per voi? – amico mio, non sai che tuffo al cuore. Di gioia e trepidazione, ovviamente.
- Ve ne prego, sono curiosa – disse con semplicità – ditemi di più di quello che c’è scritto su queste pagine – e mi mostrò un passo del libro che stringeva tra le mani: l’amore vissuto da Lancillotto e dalla regina Ginevra, moglie di re Artù.
Così iniziai a leggere. Maria si era posta alla mia sinistra, il tessuto verde smeraldo del suo vestito si fondeva con quello blu scuro del mio e, in pochi momenti, capitava che le nostre dita, volendosi appoggiare nello stesso momento su un ripiano, si incontrassero per sbaglio, per poi ritirarsi impacciate. Come se avessero fatto qualcosa di sbagliato o sconveniente.
Quando Lancillotto vede la regina che si appoggia alla finestra, che era sbarcata da grossi ferri, la saluta con un dolce saluto. Essa gliene rende subito un altro, poiché essi erano pieni di desiderio, egli di lei ed essa di lui. Non parlano e non discutono di cose cortesi o tristi. Si avvicinano l’uno all’altra, e si tengono ambedue per mano. Rincresce loro a dismisura di non potersi riunire insieme, tanto che maledicono l’inferriata…
La finestra non è punto bassa, tuttavia Lancillotto vi passa molto presto e molto agevolmente… poi viene al letto della regina… E la regina stende le braccia verso di lui e lo abbraccia, lo avvince strettamente al petto e lo trae presso di sé nel suo letto, e gli fa la migliore accoglienza che mai poté fargli, che le è suggerita da Amore e dal cuore. Ora Lancillotto ha ciò che desidera, poiché la regina ben volentieri desidera la sua compagnia e il suo conforto, e egli la tiene tra le sue braccia, ed essa tiene lui tra le sue. Tanto gli è dolce e piacevole il gioco dei baci e delle carezze, che essi provarono, senza mentire, una gioia meravigliosa, tale che mai non ne fu raccontata né conosciuta una eguale; ma io sempre ne tacerò, perché non deve essere narrata in un racconto. La gioia più eletta e più deliziosa fu quella che il racconto a noi tace e nasconde…
Ogni parola letta di quei passi così intensi equivaleva a una carezza ricevuta da chissà quale creatura invisibile che poteva popolare solo le pagine dei romanzi. Maria, mi accorsi dopo un po’, teneva gli occhi chiusi, si catalizzava unicamente sul suono della mia voce; il che non so se potesse essere confortante o meno, dato che non penso di avere una bel timbro. Ma lei non sembrava esserne disturbata, anzi, appena terminai la lettura dell’amore consumato dalla regina e il suo cavaliere, sollevò le palpebre chiare e mi sfoderò un ampio sorriso.
– Vi è piaciuta? – le domandai, un po’ incerto.
– Se mi è piaciuta? Giovanni, mi avete portato nella stessa stanza di Ginevra, come ci siete riuscito? – oh Francesco, in quel momento la sua espressione sembrava quella di una bambina curiosa che scopriva le cose del mondo per la prima volta.
– Beh – risposi, con la voce quasi tremante – credo che sia per il forte amore che ho nei confronti di questo mondo. In un tempo come il nostro, l’arte non ha sempre lo spazio che merita; e tanto più il mondo di oggi si trucida nel sangue delle crociate e nelle lotte di potere, tanto più il mio attaccamento a questo mondo cresce, si gonfia, si evolve, perché mi dà la speranza che la Storia possa cambiare. E spero tanto di costruire qualcosa di altrettanto bello un dì, qualcosa che verrà dalla mia testa, dal mio cuore e dalla mia mano sporca d’inchiostro. Non sarò mai stanco della letteratura, di Re Artù, delle storie intriganti, misteriose e passionali che sono contenute in queste sfere di mondi – e così dicendo alzai lo sguardo verso i tanti libri di quella stanza, galassie inesplorate non ancora dischiuse, e poi verso di lei, che mi guardava fisso con quegli occhi profondi e altrettanto inesplorati come boschi selvaggi. Seguì un lungo silenzio, rotto da qualche gabbiano che volteggiava nell’aria marina in lontananza.  
– Posso chiedervi una cosa? – avanzò lei, le spalle rigide e l’atteggiamento impacciato.
– Certamente – ecco, lo sapevo, mi ero reso ridicolo davanti alla donna più bella e candida che avessi mai conosciuto, pensai. Forse in quel discorso da filosofo strampalato mi ero lasciato troppo andare. Mentre attendevo la sua domanda, lei si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in una maniera che definirei deliziosa, e dopo si accostò un po’ di più a me, posizionando il suo viso morbido e bianco come il latte di fronte al mio. I nostri nasi sembravano quasi toccarsi.
Deglutii. Non sapevo cosa dire o fare, e sentii i battiti aumentare dentro il mio petto. Poi parlò.
– Voi credete che sia rischioso innamorarsi di un artista? – caro Francesco, questa volta fui colto davvero alla sprovvista, non sapevo davvero cosa rispondere. Avrei voluto sotterrarmi con le mie stesse mani.
– Perché credete che sia rischioso? – azzardai.
– Beh – rispose – perché penso che forse un artista non amerà mai la sua donna quanto l’arte di cui è già totalmente innamorato. Nel suo cuore potrebbe non esserci spazio per lei.
È veramente così? L’amore per l’arte è in grado di superare l’amore per una donna? E poi come mai questa domanda? Caro amico mio, io non mi sono mai definito un artista, i miei racconti non sono di certo paragonabili alla Commedia. Sarebbe come mettere a confronto un cantastorie che strimpella e canta a squarciagola con il Gherardello*. Nonostante ciò, pur non essendo un artista, io amo l’arte, la celebro, ne faccio il mio strumento di crescita, conoscenza e perfezionamento.
E con tutto ciò non potrei essere in grado di amare una donna come Maria, che mi ha incantato sin dal primo momento in cui i nostri occhi si sono scambiati un abbraccio reciproco e silenzioso?
No, io non lo posso credere.
– Maria, io non credo che un artista non possa amare una donna tanto quanto la sua arte. Credo che possiamo scegliere la misura da dare all’amore verso qualcuno o qualcosa, tutto dipende da noi, non possiamo permettere all’arte di dominare la nostra vita. Altrimenti saremmo degli invasati totali, non credi? – dissi in una sonora risata. Ma mi accorsi che Maria mi osservava pensierosa mentre si mordicchiava il labbro inferiore. E dopo pochi secondi si protese verso di me e mi diede un bacio sulla guancia, molto vicino alla bocca, quasi mi cadde il libro dalle mani tremanti.
È una sensazione che non riuscirò mai a descrivere, e forse è un bene, perché terrò quel momento per me e per sempre. Fu un bacio abbastanza lungo, o forse parve lungo solo a me, sentii la temperatura del mio corpo crescere inarrestabile e gli occhi diventare lucidi. Che imbarazzo! Già pensavo a cosa avrei dovuto dire o fare, ma non mi venne in mente niente e, fortunatamente, fu lei a parlare.
– Giovanni, mi piacerebbe stare in vostra compagnia anche in futuro. Accettereste la mia amicizia?
– Ma certo! – risposi troppo precipitosamente, colpa dell’agitazione e del bacio di prima. Si, d’accordo, era un bacio sulla guancia, ma era il bacio di un angelo incantevole. Lei rise, e fece per andarsene. La vidi allontanarsi tra gli scaffali della biblioteca fino a sparire. In lontananza sentivo ancora lo stesso gabbiano che volteggiava su un sole ormai rosso e prossimo al tramonto.
Sì, Francesco, credo di essermi innamorato.
 
Tuo, Giovanni
 
*angolo autrice (se vabbè autrice e chi sei, J.K.Rowling?)*
Hey topini da biblioteca, lettori accaniti, fan di efp! Buona epifania a tutti, spero abbiate trascorso bene le vacanze. Ho deciso di pubblicare questa storia che era in fase di completamento da un o’ di mesi e che avevo abbandonato un paio di volte per mancanza di tempo o di voglia (si, esatto, anche io sono pigra, ma dai!). Giovanni Boccaccio è uno dei miei autori preferiti dell’epoca medievale perché è quello che mi ha fatto svagare di più, le sue novelle erano per me una pausa dalla severità della Commedia (che comunque amo alla follia) o dallo stile palloso di Petrarca (che ho odiato con tutte le mie forze, mi spiace per i funz di Petrarca). Spero che questa luuuuuuuuuunga storiella vi piaccia e vi abbia inserito un pochino di caldo romanticismo durante una stagione così fredda. Brrrr! Buone vacanze a tutti, buon anno… e buon rientro a scuola! ;)
   
 
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