Fanfic su artisti musicali > Panic at the Disco
Ricorda la storia  |      
Autore: xstumpsmile    10/01/2018    0 recensioni
*Tutti i crediti vanno a Hobie Aldrin su Quotev*
---
In un mondo dove il tocco della persona che ami lascia una macchia sulla tua pelle.
Per Ryan e Brendon sarà difficile dimostrare che la loro scelta di lasciarsi sia stata la cosa giusta da fare.
[LA STORIA NON È MIA, MA SOLO UNA TRADUZIONE]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brendon Urie, Ryan Ross
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

HANDS



Come ho 
già detto in descrizione, la storia non è assolutamente mia, ma soltanto una traduzione. Siate clementi, è la prima volta che provo a tradurre e ho cercato di fare del mio meglio.
Se trovate qualche errore, vi prego di avvisarmi.
Detto questo, buona lettura!
xoxo Sab

 

***
 

Si svegliò e la paura fu subito con lui.

Era raro che Brendon si svegliasse completamente da solo, ma quelle poche volte che gli capitava, rimaneva impaurito, proprio come un bambino spaventato dal buio. Era quel tipo di terrore che ti faceva desiderare la persona che ami accanto, così da essere sicuro e chiudere tutte le porte, lasciando fuori l'insicurezza e l'ansia di essere abbandonato.

Ma quella notte, non sapeva dove la persona che amava fosse.

Prese un minuto per ricordare chi fosse quella persona.

Si strofinò gli occhi.

Sua moglie, si. Ovviamente. Sarah Urie. Lo sapeva. Se ne ricordava.

Accarezzò l'altro lato del letto. Aveva calciato via la coperte nel sonno e aveva gettato i cuscini dalla parte opposta della camera, ma se ne accorse comunque; se n'era andata.

Era uscita la sera tardi ed evidentemente non era ancora tornata a casa.

Percorse la sua pelle luminosa con le dita fredde. A volte era ciò che gli serviva per risvegliarsi dai suoi pensieri.

Quando ami qualcuno, e quest'ultimo ricambia, ogni tocco dato da quella persona lascia un colore sulla tua pelle.

Brendon aveva lasciato una profonda scia di sfumature di blu sulle mani e sul collo del suo ultimo amante, ma lui non aveva lasciato solo un inutile colore, aveva lasciato la propria impronta ardere sulla sua pelle.

Anche se era riuscito ad andare avanti, gli spruzzi di colore lo riportavano sempre all'uomo che aveva amato. A volte si svegliava grazie al modo in cui quelle tracce brillavano.

Si pentì del suo passato. Si pentì di aver amato qualcuno che lo aveva lasciato entrare tranquillamente nella sua vita.

I mesi da scapolo avevano lasciato il loro segno.

Ma poi realizzò qualcosa. La luce non fu la cosa che realmente lo svegliò. L'insistente vibrazione di una chiamata sul suo cellulare fece eco nella stanza, lasciando che lo schermo illuminasse il buio in cui Brendon dormiva.

Spinse il braccio oltre il comodino, controllando l'orario e il numero di chi lo stava chiamando.

Erano le quattro del mattino e il numero era privato.

Il ragazzo rispose, "pronto? Che succede?"

Peccato che quello sul display non corrispondeva al numero di un ospedale o a quello di qualcuno che aveva trovato sua moglie ubriaca sul ciglio di qualche strada.

Era quello di un ricordo. Uno straziante ricordo.

"Ciao Brendon. Sono io."

La voce dall'altro capo del cellulare suonava come il rintocco delle campane assieme alle corde rotte di una chitarra. Un solo sussurro riempì la sua stanza di fumo, musica e lacrime.

Brendon fece quasi cadere il cellulare.

"Hey." disse cautamente al ricevitore.

La voce rise, "ti ricordi di me?"

Il suo tono di voce era freddo e asciutto e ogni lettera era impastata all'altra, ma sì, sapeva perfettamente chi fosse la persona dall'altro capo del telefono.

"Ciao Ryan."

"Spero di non averti chiamato in un brutto momento."

Brendon sospirò e si sdraiò sul letto con un braccio dietro la testa. Le lenzuola si appiccicarono alla sua schiena nuda a causa del sudore. Forse aveva avuto un incubo. O forse era quello il suo incubo.

"Sono le quattro del mattino."

"L'ultima volta che ti ho chiesto se fosse un brutto momento tu mi hai risposto di no."

"L'ultima volta che hai chiamato non avevo una moglie."

Brendon poté intuire Ryan chiudere gli occhi, poté anche intuire il bicchiere di birra nelle mani del chitarrista.

La luna sostava nel cielo, bassa e debole, come un animale ferito.

"Sono successe tante di quelle cose dall'ultima volta che ti ho chiamato, Brendon. Troppe." Ryan prese un sorso del suo drink e soffocò una risata, probabilmente per cercare di sollevare un'ombra di silenzio tra i due. Ma non funzionò. Brendon voleva una spiegazione.

"Posso chiamarti domani?" domandò Ryan.

"Per cosa?"

"Per..." se Brendon avesse premuto l'orecchio sul ricevitore, avrebbe potuto di certo sentire Ryan mordersi il labbro, come era solito fare. Brendon ricordò le labbra di Ryan, ma il flashback scivolò via, dissolto nel tempo e nella distanza. "Sai, è un brutto momento per me. Mi dispiace di averti svegliato."

"Ero già sveglio."

"Oh, ehm, scusami comunque. E io... spero che tu stia bene. Sia tu che tua moglie." sussurrò il chitarrista infine, per poi chiudere la chiamata.

Il fumo, la musica, le lacrime, le risate, il suo tocco, i suoi baci, i rintocchi, le corde e le urla svanirono insieme alla linea telefonica che aveva messo in contatto i due ragazzi, anche se per pochi minuti. Brendon rimase immerso nel silenzio della sua stanza, ancora una volta.

La sua camera era del tutto bianca e calda, ma in quel momento era diventata nera come l'abisso e fredda come la scomparsa di una amore tanto voluto e poi perso.

Brendon era cresciuto, era cresciuto tanto dopo essere stato con Ryan. Non c'era più nessuna scusa per piangersi addosso e nascondersi sotto i cuscini, anche se fosse stato tutto ciò che era intenzionato a fare. Era un uomo ora.

Decise così di uscire a prendersi un drink.

Si mise un paio di jeans e una giacca, così da coprire la pelle nuda. Forse il freddo sarebbe riuscito a svegliarlo. O forse l'avrebbe solo fatto morire per ipotermia.

Era solo una delle sue tante notti.

Dopo essersi vestito, le dita percorsero tutto il suo stomaco; lo faceva sempre, giusto per fare un dispetto a se stesso.

Aveva amato qualcuno. Qualcuno con il tocco di colore verde, proprio come le piante, o come il rame, o semplicemente come l'erba, non quella del giardino.

Sarah aveva le dita invase dalla lussuria e dall'amore. Un rosso profondo come il cielo la sera o come la punta di un fiammifero caratterizzava il suo tatto.

Ma quando il suo rosso non riusciva a coprire del tutto il verde che aveva lasciato il suo amore passato, i due colori si mischiavano insieme, creando un marrone pari al colore della terra sotto le unghie o la ruggine su una ruota.

Chiuse la zip della giacca e cercò per tutta casa le chiavi. Non appena entrò nel salotto, si meravigliò nel trovare sua moglie distesa sul divanetto al centro della stanza.

"Sarah?" la scosse il cantante, così da svegliarla.

La ragazza gemette, strofinandosi gli occhi rossastri. La punta del naso era rossa, a causa dell'alcool ingerito, il quale arricciò durante la valangata di domande che il marito le stava ponendo.

"Stai bene? Perché sei sdraiata sul divano, cara? Cos'è successo?  Vuoi metterti a letto? È successo qualcosa? Sarah?"

La donna lo zittì, posandogli un dito sulle labbra. Fece fatica ad azzeccare quale fosse il dito giusto da mettere davanti alla bocca del marito; evidentemente era ancora ubriaca.

"Perché ti sei addormentata sul divano?" domandò il moro, cercando di attirare la sua attenzione.

"Non volevo svegliarti. Ora vai a letto..." disse Sarah.

Brendon scosse la testa con un leggero sorriso sulle labbra. Sua moglie stava bene, doveva smetterla di preoccuparsi.

"Ti preoccupi troppo." borbottò Sarah.

Brendon le lasciò un bacio sulla fronte, "stavo pensando la stessa identica cosa."

Il contatto tra la bocca di Brendon e la pelle di Sarah creò un segno blu, il quale coprì la piccola macchia gialla lasciata da uno dei vecchi amanti della ragazza. Lo stomaco del cantante si agitò nel vedere i due colori mischiarsi e formare quel verde che avrebbe voluto non vedere mai più in tutta la sua dannata esistenza.

"Sto uscendo un po', non preoccuparti. Ci vediamo tra qualche ora."

E detto questo, l'uomo uscì di casa.

***

Il bar odorava di nostalgia e bile.

Brendon prese posto su uno degli sgabelli vicino al bancone. Il locale era piuttosto vuoto per essere mattina presto, ma era una cosa normale per un luogo aperto ventiquattro ore su ventiquattro. Qualche sgabello in là, un vecchio uomo dalla pelle bianca come carta iniziò a bere il suo whiskey. Brendon ruotò il capo leggermente, osservando un altro ragazzo coperto dalla testa fino alle mani di macchie rosa, le quali continuavano il loro tragitto per tutto il corpo, ad eccezione di una striatura viola sul collo. La barista invece era coperta da una miriade di colori, ma quello dominante era decisamente il marrone.

"Buonasera Brendon. Una birra?"

"Sì Charlotte, grazie."

La ragazza sorrise e afferrò uno dei tanti bicchieri di vetro poggiati perfettamente in fila sul bancone.

"Dovrei avvisarti su una cosa." disse la ragazza mentre piazzava la bevanda fredda tra le mani desiderose del moro.

"Sì?"

"Lo sgabello accanto al tuo è occupato."

Il cantante prese un sorso di birra e alzò il sopracciglio con fare interrogativo, "non credo, Sarah non esce stasera."

"No, non hai proprio capito. È stato prenotato da qualcun altro... qualcuno con cui non saresti propenso ad ubriacarti. Potrebbe sembrarti strano, ma non voglio dirti nulla."

"Che cosa..."

"No, non è il mio posto, lo sai." Charlotte si mosse velocemente verso il retro del locale, lasciando momentaneamente uomini e donne con i bicchieri vuoti.

Brendon si guardò intorno per alcuni minuti, cercando la persona che aveva prenotato lo sgabello accanto al suo.

"Ciao." sussurrò una voce dietro di lui, che eccheggiò alle sue orecchie come il suono di un sorriso spezzato.

Brendon fece per girare la sedia, ma si fermò quasi subito. Le sue parole, il suo respiro, il suo cuore; si erano tutti fermati per aspettare che Ryan si sedesse accanto a lui.

"Perché hai chiamato?" parlò infine il cantante.

"Probabilmente per lo stesso motivo per cui tu sei venuto qui."

"Sono venuto qui perché non riuscivo a dormire."

"Nemmeno io."

"E perché odio il mio passato."

"Anche io."

Brendon prese un altro grande sorso di birra, pensando a quanto stronzo fosse il mondo. Forse sarebbe stato il gran finale, o forse un semplice scherzo. A quanto stupido fosse stato lui stesso nel non pensare che il mondo gli stesse facendo uno scherzo crudele, mettendolo nel peggior posto con la persona peggiore in un momento così delicato.

"Suppongo sia arrivato il momento." pensò Brendon ad alta voce.

"Per cosa?"

"Non lo so. Una fine?"

"La mia?" Ryan guardò in basso verso le sue mani, e Brendon prese un piccolo lasso di tempo per osservarlo.

Gli stessi capelli disordinati, gli stessi occhi color nocciola misto a quel verde indimenticabile, lo stesso cipiglio che si era lasciato indietro negli anni passati. Persino lo stesso odore di fumo, lo stesso bar, e la stessa tinta del blu sulla sua pelle, il blu che apparteneva solo ed esclusivamente a Brendon.

"Non so per chi. Ma, d'altronde, non so come abbia fatto il mondo a spingerci nello stesso posto, alla stessa ora, così da ubriacarci e rivelare i nostri segreti più intimi."

Ryan guardò oltre Brendon, "non ho intenzione di pianificare qualcosa a proposito dei nostri segreti, ma ho intenzione di prendermi una birra."

Charlotte, che probabilmente stava origliando da dietro la porta, girò l'angolo del bancone e gli versò la bibita. Fece l'occhiolino al più alto prima di porgergli il bicchiere. Lo sguardo del chitarrista rimase fisso sulle sue dita che battevano incessantemente sul bancone di legno.

"Quindi, se questo fosse tutto ciò che abbiamo costruito in così tanti anni, cos'era questo tutto prima di adesso?" gli occhi di Ryan passarono dalle mani al suo drink.

"Intendi la separazione, i litigi e.."

"No, quelli me li ricordo bene, grazie."

"Cosa allora?"

Ryan sospirò, "Brendon, com'è stata la tua vita tra prima e adesso?"

Il cantante sussultò quando l'amico pronunciò il suo nome. Sentiva gli angoli della bocca contrarsi. Era una normalissima reazione per lui sorridere, una cosa che faceva sempre, ma ora come ora, quel suo abituale sorriso poteva solo sembrare una smorfia di dolore.

Il modo in cui il suo nome pronunciato da Ryan lo portasse indietro, tra le urla e il freddo sarcasmo chiuso nella sua mente, gli metteva paura.

"Sono stato bene. Mi sono sposato, e la band sta andando avanti con ottimi risultati, come ha sempre fatto."

"Buon per te, con la band intendo..." il ragazzo rise interiormente, la sua risata equivaleva a un suono secco e fragile, "e sono felice che tu abbia sposato qualcuno come Sarah. È una brava persona."

Brendon ricordò i tempi in cui mentì a Ryan sul fatto che non si fosse invaghito di nessun altro oltre lui. Gli ha sempre fatto male vedere Brendon fissare inebetito altre persone, belle quanto dannate. Ma la tinta rossa lasciata sulla sua pelle dalla moglie ormai non poteva più essere nascosta.

"E tu come sei stato, Ryan?" la voce si spezzò nel dire il suo nome.

"Sono stato bene. Anche adesso sto bene."

"È una buona notizia."

"Sì. Intendo, non ho una band, ma ho una ragazza."

Brendon quasi si strozzò con la birra, "non sapevo avessi una ragazza."

"Beh, si. È da un po'..." Ryan si morse il labbro, senza sorridere o mettere il broncio. Era confuso più che altro.

Il più basso osservò l'amico, mentre quest'ultimo si guardò indietro.

Il suo cuore non si fermò, o fece un balzo o altro. Improvvisamente diventò consapevole: si ricordò di Sarah, che con le unghie percorreva il suo corpo fino al bacino. Si ricordò di Ryan che ascoltava attentamente ogni battito del suo cuore nel bel mezzo della notte. Era solamente diventato consapevole di ciò che aveva fatto in tutto quel tempo.

"Ryan, mi dispiace."

Lui scosse la testa, "non essere dispiaciuto. Poi, perché dovresti?"

"Sono stato un cattivo..." Brendon serrò le labbra. Tutto ciò che stava dicendo era vero, era arrivato il momento di finirla. "...amico."

Ryan scosse la testa ancora. Il modo in cui quel groviglio di capelli scacciava via i cattivi pensieri era magico. "Come mai sei stato male?"

"Mi sono sempre detto che probabilmente eri preoccupato per me. Ma forse era il contrario, uhm?" sospirò lasciandosi andare, "forse è l'ora di lasciarci Cape Town alle spalle."

"Non è solo per te, io..." Ryan si morse il labbro. "Un'altra birra?"

"Sì, un'altra birra."

***


"Non è iniziato tutto a Cape Town." disse Ryan, mentre l'alcool iniziava a fare effetto.

"No, ovviamente no. Quella fu solo la fine."

"Beh, non ne sono tanto sicuro." Ryan rise. La sua risata era un misto tra degli shottini di vodka e le corde rotte di una chitarra in un vecchio studio di registrazione.

"Giusta osservazione." Brendon sorrise. "Sai, è un po' come riprendere da dove abbiamo lasciato."

"Se riprendessimo da dove avevamo lasciato, probabilmente saremmo già in prigione."

"Per le risse, la droga o per il s-"

Ryan lo zittì e ridacchiò nel momento in cui il cantante menzionò tutte le loro avventurose notti prima di separarsi, "non parlare ad alta voce!"

Ma nessuno li stava ascoltando. L'uomo dalla pelle completamente bianca, senza segni, era intento a guardare con malinconia il bicchiere di vetro completamente vuoto e il ragazzo dai due amanti, uno rosa e l'altro viola, stava riversando un fiume di lacrime nelle sue mani, altra gente invece faceva avanti e indietro per il locale.

Il cuore di Brendon continuava a battere all'impazzata, arrivando fino al punto di immaginare il proprio cellulare squillare nella tasca dei suoi pantaloni. Si domandò se Sarah stesse bene; e se le fosse successo qualcosa? E se fosse stata tutta colpa sua, così stupido da lasciarla a casa da sola?

"Brendon? Tutto bene?" Ryan afferrò il braccio del cantante, cercando di attirare la sua attenzione, insicuro sullo sfiorare la pelle dell'amico.

"Oh, sono solo... sì, sto bene. Sono solo preoccupato per Sarah." balbettò il moro, faticando nel pronunciare il nome di sua moglie.

Forse quello era solo un incubo che si stava sbriciolando assieme alla sua voce.

Ma se fosse stato veramente un incubo, perché sognava Ryan in quel modo? Non era intenzionato a confessare sul fatto che lui fosse una figura che appariva regolarmente in ogni sui sogno, ma quel Ryan era troppo disinvolto per essere solo frutto del suo subconscio e della sua fantasia.

"Sono veramente mortificato per averti chiamato, comunque. E non mi sarei mai aspettato d'incontrarti qui. Se vuoi andartene, non c'è problema."

Ma Brendon non voleva andarsene. Voleva mettere una fine a tutti gli universi che avevano creato insieme. In tutte le possibili vite, voleva essere sicuro che la sua scelta fosse quella giusta.

"Hey, sei sicuro di stare bene?" Ryan lo scosse con più forza.

Brendon lo tranquillizzò con in cenno della mano, "Sto bene. Voglio solo sapere un paio di cose."

Il chitarrista si appoggiò allo schienale dello sgabello, "Dimmi allora."

"Chi è la tua ragazza?"

Ryan sorrise prendendo un sorso di birra, "Mel. È carina, potrebbe piacerti."

"Certo che potrebbe piacermi. Com'è?"

Le labbra di Ryan fremettero verso il basso. Sembrava come se Brendon gli stesse ricordando una brutta verità, ma cacciò via il pensiero con un mezzo sorriso, "Bella, magra, bionda e ama gli oggetti in pelle più di me. È una delle cose più belle che mi siano capitate nella vita."

"Dal tuo tono sembri amarla tantissimo."

Ma le labbra di Ryan non si trattennero. Il ragazzo sospirò involontariamente, una sorta di liberazione da tutte le cose che avrebbe desiderato dire sulla ragazza con cui stava passando gli attuali anni della sua vita, "e come sta Spencer?"

"Sta bene. Dopo tutto, è ancora il nostro Spenc."

Ryan tirò su col naso, ma non pianse. Cercava sempre di trattenere le emozioni, senza mostrarle agli altri, e quando queste diventavano un peso troppo grande per il suo corpo, esplodevano proprio come dei fuochi d'artificio, "Salutamelo e dagli un abbraccio da parte mia."

"Lo farò sicuramente." Brendon passò al suo secondo drink.

"Oh, e come sta Dallon Weekes?"

"Lui..." il cantante prese lungo sorso della bibita, "Lui è fuori dalla band."

"Beh, vedo che non ci è voluto molto." borbottò l'altro.

"Cosa?"

"Scusa, scusa. Credo di essere stato troppo cattivo."

"Non preoccuparti."

Brendon pensò alla scia di colore lasciata da un'altra donna sulla vita, la schiena e il collo di Ryan. Tutti posti che un tempo lui amava.

"Ci ho provato, lo sai."

Il moro osservò Ryan congiungere le mani, "Hai provato a fare cosa?"

"Andare avanti. Innamorarmi ancora dopo il nostro allontanamento."

"Beh," Brendon era arrabbiato con se stesso, mentre i ricordi delle luci del palcoscenico risiedevano nella sua mente e cercavano una via d'uscita dalla gabbia rosso fuoco in cui erano rinchiusi. "Buon per te."

"No, non hai capito..."

Il chitarrista girò le mani, mostrando al cantante ciò che lui non era riuscito a spiegare. Ma Brendon non capì comunque. I suoi occhi videro solamente macchie gialle e rosa di molti anni prima. Ma infine si accorse del blu, il suo blu, che ricopriva la maggior parte della pelle rimasta.

Oh.

"Oh, Ryan. Non me n'ero reso conto. Scusami."

Ryan scosse la testa e sospirò ancora. Era lo stesso modo in cui si arrese a se stesso, anni prima a Cape Town, "Ci ho provato Brendon. Ho detto a tante persone di amarle. L'ho detto così tante volte a Mel che ormai quelle parole hanno iniziato a far male. Seppur molte persone abbiano ricambiato il mio "ti amo", nessuna di queste è riuscita a lasciare un singolo segno sulla mia pelle. Tutti tranne te"

Ryan strofinò con prepotenza il palmo della mano, ma il blu non si scoloriva, anzi, si espandeva. E Brendon prese consapevolezza;udì il suo cuore battere forte nel suo petto, riuscì a sentirlo spezzarsi in mille pezzi e lo sentì salire fino alla gola. Provò a buttarlo giù bevendo un po' di birra, ma il passato voleva riemergere, senza che lui potesse fare qualcosa per fermarlo.

"Tante parti del mio corpo sono marroni dove Sarah ha coperto con il suo colore il tuo. Non posso credere che l'amore mi faccia sembrare così sporco. Anche con mille colori addosso, la gente continuerebbe a pensare che sono stato semplicemente molto amato. Ma ora..." Brendon strofinò il gomito, posto dove molti dei suoi amori passati usavano addormentarsi, "Ora mi tocca portarmi a dietro i miei errori. Sento tutte queste macchie bruciare come se fossero fuoco."

"Ma alla fine la gente ricambiava il tuo amore."

"Perchè? Mel non ti ama?"

Ryan alzò le spalle, facendosi piccolo nel suo cappotto invernale, "Nessuno dei due riesce a capire perché io sia ancora blu."

"Qual è il suo colore?"

"Lei insiste sia l'arancione. L'ho visto solo una volta."

"Davvero? Dove?"

"Sul suo ex ragazzo." disse Ryan piano. "Non so se mi ama. E... e io non sono sicuro di amare veramente lei."

Brendon desiderò abbracciarlo, stringerlo forte senza doverlo lasciare andare; sembrava così piccolo e fragile. Ma non lo fece.

Si ricordò dei mozziconi di sigarette buttati via solo per prenderlo e circondare con le sue braccia il corpo del ragazzo che amava, mentre il tempo correva arrivando al momento in cui dovevano suonare o scrivere canzoni insieme sul fatto dell'essersi persi nel passato.

Ryan gli diede un colpetto sulla spalla, "Perché stai sorridendo?"

"Ricordi quando abbiamo registrato Nine In The Afternoon?"

Le guance di Ryan diventarono immediatamente rosse.

Brendon rise, "No, prima di quello. Il set, i costumi e tutte le altre cose. Stavo pensando ai momenti in cui eravamo così... vicini. Capisci cosa intendo?"

Ryan annuì e sorrise leggermente. Non era un sorriso a trentadue denti, ma almeno era meglio del tirare su col naso e guardare verso il basso. Il più alto dei due parlò, "Ti ricordi il mio trucco?"

"E ti ricordi i nostri capelli?"

Brendon sogghignò e scosse la testa. Succedeva questo quando ci si dimenticava qualcosa che un tempo era importante, e il peso di quel ricordo tornava indietro, bussando ai tuoi piedi. "Sì, me li ricordo."

Ryan completò il suo sorriso. "Bei tempi."

"Già"

Brendon serrò le labbra, collezionando quel momento. Era felice, anzi più che felice. Per la prima volta dopo tanti anni, non era felice per essersi svegliato con il suo colore accanto, e non era felice per aver mandato via gli altri colori bevendo. Non era felice per aver dimenticato tutte le cose che anni prima aveva fatto con Ryan. Amava tutto di loro due, in particolare la musica che avevano composto insieme.

Per la prima volta in tanti anni, non si era pentito di ciò che aveva fatto insieme a Ryan.

Per la prima volta, non si era pentito di averlo amato.

"Dovrei lasciarti andare." Ryan sorrise con malinconia. Quelle parole bruciavano come una sigaretta spenta sulla pelle nuda di un uomo.

"Perché?"

"Ne ho bisogno. Ho bisogno di innamorarmi di qualcun altro."

"Perché?"

Ryan serrò la mascella. Alzò gli occhi al cielo e sentì come se si stesse per chiudere in se stesso per un'altra manciata di anni. Ma, fortunatamente, non lo fece.

"Brendon, ti ho amato. E sono felice dei nostri giorni passati a Vegas e a Seattle. Ma sono anche felice per Cape Town. Credo che ciò che sia successo lì, sia stata la cosa giusta. Ci siamo lasciati. Siamo cresciuti l'uno distante dall'altro."

"Ma-"

"Tu sei innamorato di Sarah. E io credo di amare Mel. Amo il nostro passato, ma è passato. Non tornerà più indietro. E starò bene."

Brendon finì il suo drink. I due ragazzi stavano biascicando tra di loro i ricordi e si sentivano come se stesse arrivando la fine della loro storia.

Ma quella era una fine forzata. Perché doveva finire tutto così? Dopo tutto questo tempo?

"Mi dispiace per il modo in cui stiamo abbandonando tutto." disse il più basso dei due.

"Anche a me. Cape Town è stata un errore."

"No Ryan, ascoltami." Brendon mise la sua mano sul ginocchio del chitarrista, fissando le sue iridi in quelle dell'amico. Ryan sussultò, tenendo però il suo sguardo fermo in quello del moro, la sua bocca si chiudeva e si apriva in cerca di qualche parola da tirare fuori, "Mi dispiace per ciò che è successo a Cape Town. Non siamo stati un errore. Scusami se ho detto di non amarti. Io ti amavo, cazzo se ti amavo! Meriti molto più di qualcuno come me. Meriti di poterti innamorare ancora."

Le labbra di Ryan si chiusero e si trasformarono in un mezzo sorriso, ma i suoi occhi continuavano ad essere lucidi, "Ci sto provando."

"Non hai bisogno di provarci. Non hai bisogno di fare qualcosa per far innamorare qualcuno di te. Ma ti chiedo di dimenticarmi per il modo in cui ti ho lasciato."

"Non hai bisogno di chiedermi di dimenticarti. Ti conosco, e so che non volevi di certo essere cattivo o altro. È stata tutta colpa del tempo che ci ha fatto smettere di litigare per far intraprendere a ognuno la propria vita. Stiamo bene adesso. Entrambi amiamo altre persone, e anche se non sembrerebbe, sono felice anche io."

"Ma ho accettato la nostra vita insieme. Il nostro amore, la band-"

"No, non l'hai fatto. Posso crearmi la mia vita, lo sai. E comunque," Ryan rise, come se fosse indeciso tra il piangere e il sospirare, "Ti ho amato. E prima ti ho chiamato così da fartelo sapere. Mi hai sempre detto di esserti vergognato dei tuoi giorni da scapolo, e io non volevo fare parte di quel passato da cui ti sei sempre voluto liberare."

"Sai di essere stato più di quello."

"Sì, lo so. E credo di essermi accorto di qualcosa."

"Cosa?"

Il chitarrista sorrise, e quando lo fece la stanza sembrò diventare del tutto verde. Il verde delle foglie, dell'edera velenosa, dell'invidia o della fortuna, "Mi hai amato. E ora io sono innamorato. L'universo si è bilanciato da solo. Ti ringrazio per questo."

"Ryan," Brendon sentì un dolore al cuore, e in quel momento la stanza si colorò anche di blu, come una goccia di tristezza caduta in un oceano sul punto di svanire. "Non può andare così."

"Invece sì. Non vedi come siamo felici ora, dopo aver messo a posto il nostro passato?"

"Ma io non voglio-" non sapeva neanche lui cosa. Perdere Ryan? Tornare a casa? Andare avanti? "Questa non è la nostra fine."

"No. È il nostro nuovo inizio, per riavvicinarci e diventare, forse, di nuovo amici."

"Ma Ryan, questo-"

"Questo significa che posso ancora innamorarmi."

E quell'unica frase fece tacere il cantante per la prima volta. Ryan aveva ragione.

Questa volta, non si trattava di amarlo o di odiarlo. Si trattava di essere buono abbastanza così da lasciarlo andare. Questa cosa stava per distruggere i suoi anni da scapolo una volta per tutte, e per decidere se l'orgoglio e l'amarezza fossero più importanti di una persona che un tempo aveva amato, se fossero più importanti dell'onore di una persona che gli aveva fatto passare gli anni più belli della sua vita. Di qualcuno che gli aveva dato un colore.

"Adoro chi siamo diventati." disse Ryan.

"E sono sicuro che saresti in grado di innamorati di nuovo. Se Mel non ti amasse allo stesso modo, vai e cerca qualcun altro che ti tratti in un modo migliore," rispose Brendon, "Te lo meriti."

E i due colori si offuscarono per poi lasciare il locale.

Brendon si domandò se l'erba, gli alberi e le colline avessero continuato a causargli il dolore che lo avrebbe riportato sempre punto a capo.

O se il verde fosse svanito completamente dalla sua memoria.

***

I due si abbracciarono.

I ragazzi uscirono dal locale. I loro visi erano illuminati dalla fioca luce del mattino e dai lampioni che tempestavano i lati della strada. L'aria fece diventare il sangue che scorreva nelle loro dita freddo, anche se le loro guance e il loro respiro dicevano l'esatto contrario.

Ryan voleva correre via, Brendon ne era sicuro.

Il passato non poteva essere lasciato in una manciata di parole o in un abbraccio dato fuori da un bar.

Ma sì, quella era la loro fine.

Beh, per alcuni anni sicuramente.

I due non spiccicarono una parola. Si abbracciarono e basta.

Si ricordarono di Vegas, Seattle e Cape Town.

Si ricordarono le montagne, i deserti e le strade.

Si ricordarono gli abbracci, i baci e le notti passate insieme. Si ricordarono l'amore, l'odio e la musica.

Si ricordarono il verde e si ricordarono il blu.

"Ci rivedremo." disse Ryan, e Brendon fece un cenno con il capo. Il suo cuore era andato, svanito nell'aura che circondava l'esterno del locale.

I due si staccarono.

E come due amanti distanti anni luce, i loro sguardi di serrarono. Si presero le mani, con la paura di dividersi un'altra volta.

Entrambi guardarono in basso, verso le loro dita, dove la pelle tempestata di macchie faceva riemergere i ricordi di anni prima come un fulmine a ciel sereno.

E Brendon realizzò.

Il suo cuore non se n'era andato, per niente.

L'aveva capito perché l'aveva sentito fermarsi.

Perché l'amore era così intenso e scintillante da non poter essere coperto da un numero infinito di bugie.

E Brendon vide le mani di Ryan colorate del suo blu scuro, mentre il verde brillava sulle sue.

Lo vide affogare in un vortice cosparso di colori, colori da lui conosciuti.

Un verde come l'edera, l'erba e i campi che tempestavano le colline. Un verde come le litigate, la musica e i nomi sussurrati tanti anni prima.

Un verde come l'amore.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Panic at the Disco / Vai alla pagina dell'autore: xstumpsmile