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Autore: _ki_    27/06/2009    3 recensioni
Grazie ad una recensione, mi è venuta ques'idea. E' più o meno il seguito di "Un folletto stranamente triste". Il momento della nascita di Renesmee e dell'imprinting di Jacb. Visto da Alice, che si accorge di provare ancora qualcosa per quest'ultimo. Cosa accadrà? Rivelerà tutto al lupetto? O dimenticherà? Per saperlo bisogna leggere... spero di avervi almeno un po' incuriosito. Aspetto dei vosti commenti, così da poter perfezionare la storia, se sarà necessario.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ciò che non potrò mai avere'
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Quel maledetto imprinting

Jacob ci aveva da poco dato il consenso di andare a caccia. Aveva detto che la zona era libera e che potevamo andare tranquillamente in più di tre alla volta. Dopo qualche piccola discussione, eravamo partiti Carlisle, Esme, Emmett, Jasper ed io.

Durante la caccia maggior parte di noi era inquieta. Soprattutto Jasper, che non mancava attimo per guardarsi -e guardarmi- le spalle. Un po’ mi innervosiva, ma non avevo il coraggio di farglielo notare. Così me ne stavo in disparte a cacciare quello che trovavo.

In realtà, il motivo principale di tale inquietudine, era per me il fatto che avevo di nuovo sentito qualcosa battere, all’altezza del cuore, quando mi ero avvicinata a Jacob. Guardarlo così, mentre dormiva, e mi liberava dal mio “mal di testa” aveva risvegliato in me emozioni che non provavo da prima del matrimonio di Bella ed Edward. E non mi piaceva affatto.

Non mancava il fatto che, mentre lui soffriva, io soffrivo nel vederlo così. Un altro fatto che non mi piaceva. Non mi piaceva per niente.

Cercai di ignorare l’istinto che mi diceva di correre a casa a tranquillizzare il botolo peloso e continuai con la mia famiglia la caccia che da giorni agognavo di compiere.

Un po’ prima di sera, quando Carlisle aveva procurato qualche litro di sangue per Bella, Jasper decise che aspettare ancora non avrebbe sorto i suoi frutti e, mentre mamma e papà ancora si davano da fare per avere altro sangue da dare alla cosa che cresceva dentro Bella, io ed il mio amato partimmo alla volta di casa. Arrivammo poco prima del cane.

Avvisato Edward delle difficoltà sorte durante la caccia -cioè l’assenza di sangue per nutrire il feto- mi dileguai di sopra, non potendo ancora sopportare la vicinanza di Bella. Avevo bisogno della mia aspirina, ma lui era troppo concentrato nel suo dolore per potermi stare accanto. Jasper, titubante, preferì restare con gli altri, notando la mia immensa agitazione.

Salita di sopra e chiusami la porta alle spalle, esalai il solito lungo e inutile sospiro. Era davvero difficile stare lontana dalla mia migliore amica, così com’era difficile starle accanto. Ed in più non riuscivo ad accettare il fatto che quell’essere che cresceva dentro di lei me l’avrebbe tolta dalle mani. Come avrei fatto, senza la mia Bella a fare i capricci quando le regalavo un nuovo vestito e a trattarmi come una sorellina? Non avrei resistito per più di un mese, ne sono certa.

L’arrivo di un odore ormai per me molto facile da riconoscere mi fece ridestare dal mio stato di confusione. Cercando di esser più silenziosa del solito -il che è davvero un’impresa, data la delicatezza di cui sono caratterizzati i nostri movimenti da vampiro- mi appostai vicino alle scale, pronta ad origliare una qualche conversazione di Jacob con un membro della mia famiglia.

Neanche feci caso al respiro che pian piano aumentava d’intensità ed al vuoto di stomaco che mi prese con possesso.

«Una cosa, Jacob», sentii dire da mio fratello, mentre il motore della macchina da cui era appena sceso Jacob si spegneva.

«Grazie per avermela prestata. Adesso cosa vuoi?» il suo tono era acido e non potei fare a meno di constatare che era tutto dovuto alla nascita in arrivo. E mi montò la rabbia per quella creatura immonda che continuava a crescere, creando solo dolore e sofferenza. Mi sentivo impotente, senza il mio dono, come mi sono sempre sentita con Jacob. Ma lui mi andava anche bene, non faceva disastri così irreparabili. Quella cosa, invece, ne faceva sì, e tanti.

«Prima di tutto... so quanto ti pesa imporre la tua autorità al branco, ma...». Mio fratello venne bruscamente interrotto dal cane.

«Che?», si notava tutta la sorpresa che ora aveva preso posto all’acidità. Meglio, lo preferivo sorpreso che arrabbiato, acido o triste.

«Se tu non puoi o non vuoi controllare Leah, io...». Quasi mi venne da ridere. Jacob l’aveva interrotto ancora.

«Leah? Cos'è successo?».

«È venuta a controllare perché te ne fossi andato così di punto in bianco. Ho provato a spiegarglielo. Credo di non esserci riuscito molto bene». Oh, non mi aveva raccontato di quella piccola visita. Immaginai che non fosse stata molto gradita, data la voce piatta e dura con cui aveva sputato fuori quelle parole, neanche fossero bestemmie.

«Cosa ha fatto?».

«È tornata umana e...».

«Sul serio?». Diamine, solo uno come Jacob era in grado di farmi ritornare il sorriso in momenti come quelli! Possibile che l’avesse ancora interrotto? Era proprio un bambino...

Sì, il mio bambinone...

Quel pensiero mi sorprese più di tutti quelli fatti in vita mia. Possibile che provassi ancora qualcosa per quell’ammasso di peli e puzza?

Mi scrollai dalla mente quei pensieri, conscia che mio fratello sarebbe potuto essere in ascolto, quindi ritornai alla conversazione. Mi ero persa un pezzo del discorso.

«... sapere quanto dolore infligge a te e a me, chiedendoti di starle accanto è per lei una sofferenza enorme. E non c'era bisogno che Leah si esprimesse in quel modo. Bella ha pianto a lungo». Povera Bella, chissà che cattiverie quel cane le aveva urlato contro. Sperai che non se la fosse presa troppo, non avrei mai perdonato quella ragazza, in caso contrario.

«Alt. Leah stava sgridando Bella per me. Jacob sembrava incredulo. Credeva che un membro del suo gruppo non si fosse un po’ insospettito vedendolo fuggire e non avesse provato a chiedere il motivo? Beh, certo, io magari mi sarei aspettata Seth, a venir a parlare a Bella, ma Leah non era comunque parte del branco? Aveva comunque il diritto di pensare al suo capo.

«Sei stato chiamato in causa con una certa veemenza».

«Non le ho chiesto io di farlo». Preciso, diretto. Proprio come piace a me... un attimo, cos’è che avevo appena detto? Proprio come piace a me??? Okay, stavo davvero dando i numeri, quel giorno. Sarà stato per il mal di testa causato dal feto.

«Lo so».

Sembrava quasi che quell’affermazione Edward la stesse dicendo a me, non a Jacob. Ma poi mi accertai che stavano ancora parlando insieme e che era soltanto una mia impressione.

«Non posso garantirti che terrò Leah sotto controllo, perché non lo farò. Ma le parlerò, okay? E non credo che la cosa si ripeterà. Leah non è una che si trattiene: probabilmente si è tolta il peso ed è finita lì». Già a quel punto la discussione non mi interessava più. Restai ancora un po’ a sentire quei due che parlavano della salute di Bella e del fatto che Edward volesse far nascere al più presto la cosa, prima che questa creasse troppi problemi. Mi ero quasi decisa ad andarmene.

Sentii Jacob sussurrare un «Quando rientra Carlisle?», quindi mi decisi che era il momento di andarmene. Non volevo star a sentire di più. Ascoltare mentre Jacob soffriva per Bella non era proprio la cosa che desideravo fare di più al mondo.

Quando i due smisero di parlare e ritornarono in giardino, io ero già in salotto con tutti gli altri. Cercavo di stare nell’angolo più lontano da Bella, ma il dolore era forte comunque, Mi serviva Jacob, subito.

Quando entrò nella stanza un infinito sollievo mi rasserenò. Esclamai un «Finalmente», quindi mi rilassai. Non seppi se dicendo quella parola intendessi il fatto che era arrivata la mia aspirina o pensavo al fatto che fosse arrivato propriamente lui. Sta di fatto che ora mi sentivo più tranquilla.

Passarono dei minuti in cui Bella e Jacob parlarono, quindi Edward disse una cosa inaspettata.

«Ti ringrazio». Era un sussurro così debole che Bella non potè percepirlo. Noi vampiri, però, eccome se potevamo. E tutti fummo incuriositi da quella piccola frase, tanto che con la coda degli occhi guardammo tutti verso Edward. Mi ero persa qualcosa di importante della loro chiacchierata nel garage?

Poi ricominciarono a parlare. E Bella chiese di alzarsi, sulle sue gambe. Un po’ titubante, Rosalie la accontentò, sempre tenendola d’occhio. Io mi ero messa ancora un po’ in disparte. Il mal di testa non stava per niente migliorando, nonostante la vicinanza della mia aspirina.

Poi accadde l’impensabile. Il bicchiere vuoto di Bella cadde a terra e, ancora con le abitudini di prima, Bella si chinò per coglierlo. Quando uno strappo si fece sentire all’altezza del centro del suo corpo, Edward la portò subito sul divano. E, in quel momento, un urlo ruppe la quiete della sera. L’urlo di dolore della mia migliore amica.

 

Tutto quello che accadde dopo mi apparve come confuso. Rosalie mi urlò qualcosa del tipo: «Alice! Chiama Carlisle!», mentre schizzava su per le scale verso lo studio-stanza-di-ospedale di Carlisle. Composto il numero, Carlisle rispose quasi subito.

«Alice, passami subito Rosalie!» esclamò mio padre, appena udito il fatto. Presa l’auricolare del telefonino, mi fiondai nello studio di Carlisle e l’appiccicai all’orecchio di Rosalie. Quindi mi fiondai fuori, troppo scossa per guardare quello scempio.

Poi sentii quello che stava succedendo di sopra: Rosalie perdeva il controllo! Scaraventandomi di nuovo su per le scale, entrai e vidi che Rosalie era stata messa al tappeto da Jacob. Quasi ne fui orgogliosa, ma non ebbi abbastanza tempo di rifletterne, che Edward mi urlò di portarla di sotto e tenerla a bada, con Jasper. Già, Jasper, quasi mi ero dimenticata di lui. Che moglie, che ero.

Arrivata di sotto, Jasper si prese cura di Rosalie, appoggiandole una mano sulla spalla ed infondendole tutta la calma necessaria. Mia sorella si tranquillizzò in un attimo. Io ero troppo scossa, non sapevo cosa fare. In più sentivo il cuore sempre più debole di Bella e le parole di Jacob ed Edward, che mi facevano venir voglia di piangere. Non ce l’avrebbe fatta. Non sarebbe sopravvissuta.

Poi, nacque. Rosalie era calma e i due rianimatori erano troppo occupati per tener a bada la bambina. Sì, perché di una bambina si trattava. Era Renesmee, come solo poco tempo prima l’avevo sentita chiamare. Diamine, era passato davvero così poco tempo? Sembrava una vita... non che io le contassi, le vite.

Rosalie, convinta di quello che diceva, ritornò di sopra per prendere la piccola. Né io né Jasper glielo impedimmo, io ero ancora in uno stato catatonico, mentre lui sentiva la sua calma e la concentrazione.

Ritornò di sotto in un attimo. Neanche guardai quella piccola che stringeva tra le mani. Non mi interessava minimamente. Mi stavo concentrando su quello che si svolgeva di sopra. Jacob stava cercando di rianimare il cuore ormai morto di Bella, mentre Edward le aveva già iniettato il suo veleno al cuore ed ora stava finendo il lavoro iniettandoglielo in altri punti del corpo. Quando Edward esclamò: «E allora vattene», sussultai. Jacob non ce la faceva più a rimanere. Ed in poco tempo incominciai a sentire i suoi passi pesanti che si avvicinavano al salotto. E pensai che non l’avrei più rivisto, che sarebbe finito tutto. Non avrei mai più potuto rivedere quel suo sorriso formidabile, quella pelle scura e tanto calda che mi infondeva una tremenda quiete. Non avrei più potuto avvicinarmi a lui usando la scusa che accanto non sentivo i dolori che la bambina mi procurava. Non l’avrei più rivisto. Sarebbe andato via, per non tornare più. Non avrebbe più voluto rivedere Bella e men che meno noi. Renesmee, la nuova arrivata, non gli avrebbe di certo fatto cambiare idea. Anche se, dall’aspetto meraviglioso, avrebbe potuto far cambiare idea a chiunque. Ma lui stava male, troppo male, e non si sarebbe soffermato a guardare quello scherzo della natura.

Rosalie stava seduta sul divano a nutrire quella nuova creatura, quando lui piombò giù. Guardò verso le due, un ghigno sadico stampato un viso. Che stava pensando? Sentivo elettricità nell’aria e questo non mi piaceva. Voleva forse fare del male alla piccola? Non che mi sarebbe dispiaciuto molto, infondo stava ammazzando Bella, ma non credo che gli altri sarebbero stati del mio stesso parere.

Eccolo, il suo corpo tremare. Era pronto a balzare. Pochi attimi lo separavano dal compiere un omicidio. Ed io non avevo ancora fatto nulla. Me ne stavo lì, in un angolo della sala, a fissare quella scena come se non mi appartenesse. Come se fossi al cinema. E sperai ardentemente di essere al cinema, in quell’istante.

Poi la bambina si voltò, e lo guardò. In un attimo tutto cambiò. L’espressione del viso di Jacob, il battito del cuore di quest’ultimo, il nuovo rumore che giungeva dall’alto ed, infine, il mio umore. Disperazione, ecco ciò che sentivo. Perché avevo captato quello sguardo. Quello che Jacob aveva regalato alla creaturina tra le mani di Rose. E non mi piacque affatto.

Perché quello sguardo, di adorazione pura e devozione, poteva significare solo una cosa: imprinting. Jacob aveva avuto l’imprinting con la bambina. Ed io mi sentivo morta dentro. Perché mi sentivo così male? Perché non riuscivo ad accettare una cosa del genere? Come mai sentivo un vuoto tremendo all’altezza del cuore? Perché avrei tanto voluto che quello sguardo, quell’amore, l’avesse regalato a me?

Iniziavo, lentamente, a vedere tutto sfocato. Non percepivo più i rumori attorno a me, non capivo le parole che qualcuno stava sussurrando. I respiri, i battiti dei cuori, i profumi delle persone, tutto perdeva senso.

Mentre il cane si avvicinava sempre di più a quella creaturina, io perdevo il controllo. Sentivo che sarei stata capace di svenire dal dolore. E non volevo. Dovevo andarmene, scomparire da quella casa il prima possibile. Anche perché ora il mal di testa era incredibilmente forte. Il vuoto che si creava attorno a tutti era impressionante. Ed io non sarei resistita un minuto di più.

Senza pensare alle conseguenze, mi alzai dall’angolo in cui mi ero rannicchiata e incominciai a camminare, trascinando i piedi. Passai accanto ai due innamorati e a Rosalie, la quale mi rivolse un’occhiata preoccupata. Si impensieriva per me? No, era preoccupata per la creatura. Preoccupata delle attenzioni che ora Jacob le stava donando. Tutte le attenzioni possibili.

Neanche si accorse di me, quel lupo, così come non fece Jasper, che si era lentamente avviato verso le scale per controllare come stessero Bella ed Edward.

Uscii lentamente, camminando come un automa, verso il bosco. Stavano arrivando Carlisle ed Esme, i quali sicuramente mi avrebbero fatto domande su Bella e sulla nuova arrivata. Non avevo forza, non avevo voce per rispondere alle loro domande. In più mamma si sarebbe accorta del mio stato e certamente avrebbe chiesto spiegazioni. Come avrei potuto spiegare che la persona che mi ero resa conto di amare aveva avuto un colpo di fulmine con una bambinetta di pochi minuti, già assassina di sua madre?

Non avrei potuto. E quindi camminavo, verso quel bosco che innumerevoli volte mi aveva ospitato tra le sue braccia e mi aveva calmato. Tante volte mi aveva dato la forza di proseguire, di restare con Jasper e dimenticami di quel cane. Tante volte mi aveva permesso di pensare.

E in quel momento avevo un bisogno estremo di quel bosco.

I primi alberi si intromisero tra me e la casa e ne fui infinitamente contenta. Non volevo più vedere, non volevo più ascoltare tutto quello che accadeva in quella stramaledetta casa. La mia stramaledetta casa.

Continuai a camminare, sempre lentamente e meccanicamente, neanche fossi un robot.

Quando riuscii finalmente ad estraniarmi da tutti i rumori della casa, mi fermai. Ero nel bel mezzo della foresta. Il sole era calato da tempo e le nuvole presagivano un bell’acquazzone. Non mi interessava. Tanto quei vestiti li avrei buttati comunque prima del giorno dopo.

Mi sedetti sulla terra umidiccia del sottobosco e, lentamente, cercai di calmarmi. Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse, in quel momento. Ma chi avrei mai potuto chiamare? Nessuno sapeva della mia ossessione per Jacob Black e nessuno avrebbe mai dovuto saperla.

Il respiro che mi venne fuori in quel momento fu spezzettato dai singhiozzi che premevano di uscire. E li lasciai fare, incapace di trattenere così tanto dolore.

Singhiozzi disperati, di una vampira disperata privata del suo amore proibito.

Ma come poteva, come si era permessa quella piccola bambina di rubare il cuore al mio Jacob?

Basta Alice. Non sarà mai il tuo Jacob. Non lo è mai stato. Devi arrenderti, lascia in pace quel povero lupo.

Vi è mai capitato di avere dentro di voi una voce che vi ripete in continuazione quanto fate schifo e quando siete stupide? Be’, in quel momento quella voce era diventata estremamente fastidiosa. Non sopportavo la verità, non sopportavo che me la si dicesse così. Avevo una gran voglia di buttare fuori dalla mia testa a calci nel didietro quella vocina che troppe volte mi aveva fatto soffrire con la sua verità in modalità fai-schifo.

È proprio vero che a volte la verità fa male. Che saperla a volte non porta nulla di buono. Ed in quel momento il mio “nulla di buono” consisteva in un pianto senza lacrime che sarebbe potuto durare per giorni interi.

Ma non potevo rimanere lontana di casa così a lungo, avrei fatto certamente insospettire qualcuno. Avrei fatto preoccupare Jasper, ne ero sicura. Ma come avrei mai potuto rientrare in quell’edificio, dove quel lupo se ne stava accoccolato sul divano con in mano il mostriciattolo e le sussurrava parole dolci all’orecchio? Come avrei potuto sopportare la vista di tanto amore, io che ne ero stata privata?

Ti resta sempre Jasper. È lui il tuo amore. Jacob l’avevi dimenticato, ricordatelo.

Sì, ma ora era ritornato all’attacco con prepotenza. Potevo quasi sentire il mio cuore di pietra che si dibatteva fra la scelta di due persone tanto meravigliose. Come avevo detto, tempo prima, a Bella.

«Mi dispiace tanto che tu sia costretta a scegliere tra due cose tanto belle». Sì, mi dispiaceva infinitamente, adesso. Perché potevo perfettamente mettermi nei panni di Bella. Potevo comprendere come si sentisse a dover decidere tra due persone così meravigliose e altrettanto diverse. Così importanti, per lei. E per me.

Ma lei aveva avuto il tempo per scegliere. Lei aveva seguito il cuore che ancora le batteva nel petto. E non aveva sofferto, per una delle due persone. Perché lei non si era ritrovata davanti una bambinetta che era riuscita a rubare il cuore di una delle due persone che amava. Lei non si era ritrovata a guardare il suo amore che adorava il mostriciattolo. Lei aveva avuto più scelta. Io no. Ed ora mi restava solo una di quelle due persone, e neanche sapevo se era proprio quella che volevo.

Certo che tu vuoi Jasper. Jacob non ha più niente a che fare con te.

Sarei riuscita ad accettare la verità? Sarei riuscita a rientrare in casa e a guardarlo mentre coccolava Renesmee? Avrei resistito all’istinto di strappargliela di dosso e ucciderla con le mie mani?

Queste poche delle innumerevoli domande che mi ronzavano in testa mentre, gli occhi spalancati per la voglia di piangere, mi dondolavo per terra, le gambe vicino al petto e le braccia che le legavano, come fossi diventata matta. Come fossi ritornata più o meno ad un centinaio di anni prima, quando i miei genitori mi avevano portato in quell’edificio e lì mi avevano lasciato, al manicomio.

Ma non potevo restare lì in eterno. Dovevo tornare, volente o nolente. E dovevo farlo in fretta, prima che qualcuno si accorgesse della mia sparizione.

Cercai di respirare ancora, ma mi uscì di nuovo quel respiro spezzettato dovuto ai singhiozzi. Come avrei fatto a tornare a casa, se mi aspettavano sette vampiri e mezzo ed un licantropo con l’udito ultrafino, pronti a farmi un miliardo di domande su dove ero stata e a fare cosa? Come avrei potuto fare, se neanche riuscivo a controllare un semplice respiro?

E poi le mie emozioni e la mia mente non erano affatto al sicuro. Jasper si sarebbe accorto di tutto il dolore che provavo ed Edward avrebbe letto la mia disperazione. Mi avrebbero presto colto con le mani nel sacco. Sarei stata spacciata. Jasper non mi avrebbe più rivolto la parola, così come tutto il resto della mia famiglia, e Jacob sarebbe rimasto così tanto schifato da me da non volermi più vedere. Avrei sopportato così tanto dolore?

No, ma dovevo farlo. Dovevo andare a casa e affrontarli. Dovevo calmarmi.

Preso un ultimo respiro, mi assicurai di essere in grado di resistere ai singhiozzi. E quello che venne fuori fu un sospiro lungo e continuo, senza interruzioni.

Ne fui soddisfatta.

Mi rialzai, lentamente, e sempre con la stessa velocità presi la via di casa. Camminai con più vigore di quando me n’ero andata e arrivai poco prima del ritorno di Esme a Carlisle. Jasper già mi aspettava per chiedermi spiegazioni.

«Avevo bisogno di andare a caccia. Quella di questo pomeriggio non è davvero bastata» fu la mia risposta. E mi credette.

Poi venni a sapere che Bella ce l’aveva fatta. Si stava trasformando.

Ed il sorriso nel viso di Jacob fece sorridere anche me. Almeno avrei avuto ancora la mia migliore amica, la mia sorellina.

Una cosa buona, in una giornata piena di tristezza. E, con questa consapevolezza, tornai ad occuparmi delle cose di cui mi occupavo di solito, lasciando in un angolino recondito della mia mente e del mio cuore l’immagine del lupo che mi aveva rubato il cuore. Per sempre.

 

 

Ed ecco finita un’altra storia. Ora, prima di lasciarvi, vorrei ringraziare le persone che hanno letto le mia altre due storie e quelle che hanno recensito.

Vorrei dire a fracullen che purtroppo non ho in mente di scrivere un seguito e che sì, è davvero un maschio ^_^

Invece, volevo ringraziare Cleo92 per i complimenti, e ringraziare anche Uchiha_chan per aver recensito e per i complimenti. Inoltre è stata lei a darmi quest’idea, e la ringrazio infinitamente. Spero che ti piaccia anche questo capitolo.

Ed ora, è il momento di andare. Spero di ricevere altre recensioni, belle come quelle ricevute nelle altre storie ^_^

 

Bacini _ki_

   
 
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