Quel
maledetto
imprinting
Jacob ci aveva da poco dato
il consenso di andare a caccia. Aveva detto che la zona era libera e
che
potevamo andare tranquillamente in più di tre alla volta.
Dopo qualche piccola
discussione, eravamo partiti Carlisle, Esme, Emmett, Jasper ed io.
Durante la caccia maggior
parte di noi era inquieta. Soprattutto Jasper, che non mancava attimo
per
guardarsi -e guardarmi- le spalle. Un po’ mi innervosiva, ma
non avevo il
coraggio di farglielo notare. Così me ne stavo in disparte a
cacciare quello
che trovavo.
In realtà, il motivo
principale di tale inquietudine, era per me il fatto che avevo di nuovo
sentito
qualcosa battere, all’altezza del cuore, quando mi ero
avvicinata a Jacob.
Guardarlo così, mentre dormiva, e mi liberava dal mio
“mal di testa” aveva risvegliato
in me emozioni che non provavo da prima del matrimonio di Bella ed
Edward. E
non mi piaceva affatto.
Non mancava il fatto che,
mentre lui soffriva, io soffrivo nel vederlo così. Un altro
fatto che non mi
piaceva. Non mi piaceva per niente.
Cercai di ignorare
l’istinto
che mi diceva di correre a casa a tranquillizzare il botolo peloso e
continuai
con la mia famiglia la caccia che da giorni agognavo di compiere.
Un po’ prima di sera,
quando
Carlisle aveva procurato qualche litro di sangue per Bella, Jasper
decise che
aspettare ancora non avrebbe sorto i suoi frutti e, mentre mamma e
papà ancora
si davano da fare per avere altro sangue da dare alla cosa
che cresceva dentro Bella, io ed il mio amato partimmo alla
volta di casa. Arrivammo poco prima del cane.
Avvisato Edward delle
difficoltà sorte durante la caccia -cioè
l’assenza di sangue per nutrire il
feto- mi dileguai di sopra, non potendo ancora sopportare la vicinanza
di
Bella. Avevo bisogno della mia aspirina, ma lui era troppo concentrato
nel suo
dolore per potermi stare accanto. Jasper, titubante, preferì
restare con gli
altri, notando la mia immensa agitazione.
Salita di sopra e chiusami
la porta alle spalle, esalai il solito lungo e inutile sospiro. Era
davvero
difficile stare lontana dalla mia migliore amica, così
com’era difficile starle
accanto. Ed in più non riuscivo ad accettare il fatto che
quell’essere che
cresceva dentro di lei me l’avrebbe tolta dalle mani. Come
avrei fatto, senza
la mia Bella a fare i capricci quando le regalavo un nuovo vestito e a
trattarmi come una sorellina? Non avrei resistito per più di
un mese, ne sono
certa.
L’arrivo di un odore
ormai
per me molto facile da riconoscere mi fece ridestare dal mio stato di
confusione. Cercando di esser più silenziosa del solito -il
che è davvero
un’impresa, data la delicatezza di cui sono caratterizzati i
nostri movimenti
da vampiro- mi appostai vicino alle scale, pronta ad origliare una
qualche
conversazione di Jacob con un membro della mia famiglia.
Neanche feci caso al respiro
che pian piano aumentava d’intensità ed al vuoto
di stomaco che mi prese con
possesso.
«Una cosa,
Jacob», sentii
dire da mio fratello, mentre il motore della macchina da cui era appena
sceso
Jacob si spegneva.
«Grazie per avermela
prestata. Adesso cosa vuoi?» il suo tono era acido e non
potei fare a meno di
constatare che era tutto dovuto alla nascita in arrivo. E mi
montò la rabbia
per quella creatura immonda che continuava a crescere, creando solo
dolore e
sofferenza. Mi sentivo impotente, senza il mio dono, come mi sono
sempre
sentita con Jacob. Ma lui mi andava anche bene, non faceva disastri
così
irreparabili. Quella cosa, invece, ne faceva sì, e tanti.
«Prima di tutto... so
quanto
ti pesa imporre la tua autorità al branco, ma...».
Mio fratello venne bruscamente
interrotto dal cane.
«Che?», si
notava tutta la
sorpresa che ora aveva preso posto all’acidità.
Meglio, lo preferivo sorpreso
che arrabbiato, acido o triste.
«Se tu non puoi o non
vuoi
controllare Leah, io...». Quasi mi venne da ridere. Jacob
l’aveva interrotto
ancora.
«Leah? Cos'è
successo?».
«È venuta a
controllare perché te ne fossi andato così di
punto in bianco. Ho provato a
spiegarglielo. Credo di non esserci riuscito molto bene». Oh,
non mi aveva
raccontato di quella piccola visita. Immaginai che non fosse stata
molto
gradita, data la voce piatta e dura con cui aveva sputato fuori quelle
parole,
neanche fossero bestemmie.
«Cosa ha
fatto?».
«È tornata
umana e...».
«Sul
serio?». Diamine, solo uno come Jacob era in grado di farmi
ritornare il
sorriso in momenti come quelli! Possibile che l’avesse ancora
interrotto? Era
proprio un bambino...
Sì,
il mio bambinone...
Quel
pensiero mi sorprese più di tutti quelli fatti in vita mia.
Possibile che
provassi ancora qualcosa per quell’ammasso di peli e puzza?
Mi scrollai
dalla mente quei pensieri, conscia che mio fratello sarebbe potuto
essere in
ascolto, quindi ritornai alla conversazione. Mi ero persa un pezzo del
discorso.
«... sapere
quanto dolore infligge a te e a me, chiedendoti di starle accanto
è per lei una
sofferenza enorme. E non c'era bisogno che Leah si esprimesse in quel
modo.
Bella ha pianto a lungo». Povera Bella, chissà che
cattiverie quel cane le
aveva urlato contro. Sperai che non se la fosse presa troppo, non avrei
mai
perdonato quella ragazza, in caso contrario.
«Alt. Leah
stava sgridando Bella per me?». Jacob sembrava incredulo. Credeva che un membro del
suo gruppo non si
fosse un po’ insospettito vedendolo fuggire e non avesse
provato a chiedere il
motivo? Beh, certo, io magari mi sarei aspettata Seth, a venir a
parlare a
Bella, ma Leah non era comunque parte del branco? Aveva comunque il
diritto di
pensare al suo capo.
«Sei stato
chiamato in causa con una certa veemenza».
«Non le ho
chiesto io di farlo». Preciso, diretto. Proprio come piace a
me... un attimo,
cos’è che avevo appena detto? Proprio
come piace a me??? Okay, stavo davvero dando i numeri, quel
giorno. Sarà
stato per il mal di testa causato dal feto.
«Lo so».
Sembrava
quasi che quell’affermazione Edward la stesse dicendo a me,
non a Jacob. Ma poi
mi accertai che stavano ancora parlando insieme e che era soltanto una
mia
impressione.
«Non posso
garantirti che terrò Leah sotto controllo, perché
non lo farò. Ma le parlerò,
okay? E non credo che la cosa si ripeterà. Leah non
è una che si trattiene:
probabilmente si è tolta il peso ed è finita
lì». Già a quel punto la
discussione non mi interessava più. Restai ancora un
po’ a sentire quei due che
parlavano della salute di Bella e del fatto che Edward volesse far
nascere al
più presto la cosa,
prima che questa
creasse troppi problemi. Mi ero quasi decisa ad andarmene.
Sentii
Jacob sussurrare un «Quando rientra Carlisle?»,
quindi mi decisi che era il
momento di andarmene. Non volevo star a sentire di più.
Ascoltare mentre Jacob
soffriva per Bella non era proprio la cosa che desideravo fare di
più al mondo.
Quando i
due smisero di parlare e ritornarono in giardino, io ero già
in salotto con
tutti gli altri. Cercavo di stare nell’angolo più
lontano da Bella, ma il
dolore era forte comunque, Mi serviva Jacob, subito.
Quando
entrò nella stanza un infinito sollievo mi
rasserenò. Esclamai un «Finalmente»,
quindi mi rilassai. Non seppi se dicendo quella parola intendessi il
fatto che
era arrivata la mia aspirina o pensavo al fatto che fosse arrivato
propriamente
lui. Sta di fatto che ora mi sentivo
più tranquilla.
Passarono
dei minuti in cui Bella e Jacob parlarono, quindi Edward disse una cosa
inaspettata.
«Ti
ringrazio». Era un sussurro così debole che Bella
non potè percepirlo. Noi
vampiri, però, eccome se potevamo. E tutti fummo incuriositi
da quella piccola
frase, tanto che con la coda degli occhi guardammo tutti verso Edward.
Mi ero
persa qualcosa di importante della loro chiacchierata nel garage?
Poi
ricominciarono a parlare. E Bella chiese di alzarsi, sulle sue gambe.
Un po’
titubante, Rosalie la accontentò, sempre tenendola
d’occhio. Io mi ero messa
ancora un po’ in disparte. Il mal di testa non stava per
niente migliorando,
nonostante la vicinanza della mia aspirina.
Poi accadde
l’impensabile. Il bicchiere vuoto di Bella cadde a terra e,
ancora con le
abitudini di prima, Bella si
chinò
per coglierlo. Quando uno strappo si fece sentire all’altezza
del centro del
suo corpo, Edward la portò subito sul divano. E, in quel
momento, un urlo ruppe
la quiete della sera. L’urlo di dolore della mia migliore
amica.
Tutto
quello che accadde dopo mi apparve come confuso. Rosalie mi
urlò qualcosa del
tipo: «Alice! Chiama Carlisle!», mentre schizzava
su per le scale verso lo
studio-stanza-di-ospedale di Carlisle. Composto il numero, Carlisle
rispose
quasi subito.
«Alice,
passami subito Rosalie!» esclamò mio padre, appena
udito il fatto. Presa
l’auricolare del telefonino, mi fiondai nello studio di
Carlisle e l’appiccicai
all’orecchio di Rosalie. Quindi mi fiondai fuori, troppo
scossa per guardare
quello scempio.
Poi sentii
quello che stava succedendo di sopra: Rosalie perdeva il controllo!
Scaraventandomi di nuovo su per le scale, entrai e vidi che Rosalie era
stata
messa al tappeto da Jacob. Quasi ne fui orgogliosa, ma non ebbi
abbastanza
tempo di rifletterne, che Edward mi urlò di portarla di
sotto e tenerla a bada,
con Jasper. Già, Jasper, quasi mi ero dimenticata di lui.
Che moglie, che ero.
Arrivata di
sotto, Jasper si prese cura di Rosalie, appoggiandole una mano sulla
spalla ed
infondendole tutta la calma necessaria. Mia sorella si
tranquillizzò in un
attimo. Io ero troppo scossa, non sapevo cosa fare. In più
sentivo il cuore
sempre più debole di Bella e le parole di Jacob ed Edward,
che mi facevano
venir voglia di piangere. Non ce l’avrebbe fatta. Non sarebbe
sopravvissuta.
Poi,
nacque. Rosalie era calma e i due rianimatori erano troppo occupati per
tener a
bada la bambina. Sì, perché di una bambina si
trattava. Era Renesmee, come solo
poco tempo prima l’avevo sentita chiamare. Diamine, era
passato davvero così
poco tempo? Sembrava una vita... non che io le contassi, le vite.
Rosalie,
convinta di quello che diceva, ritornò di sopra per prendere
la piccola. Né io
né Jasper glielo impedimmo, io ero ancora in uno stato
catatonico, mentre lui
sentiva la sua calma e la concentrazione.
Ritornò di
sotto in un attimo. Neanche guardai quella piccola che stringeva tra le
mani.
Non mi interessava minimamente. Mi stavo concentrando su quello che si
svolgeva
di sopra. Jacob stava cercando di rianimare il cuore ormai morto di
Bella,
mentre Edward le aveva già iniettato il suo veleno al cuore
ed ora stava
finendo il lavoro iniettandoglielo in altri punti del corpo. Quando
Edward
esclamò: «E allora vattene», sussultai.
Jacob non ce la faceva più a rimanere.
Ed in poco tempo incominciai a sentire i suoi passi pesanti che si
avvicinavano
al salotto. E pensai che non l’avrei più rivisto,
che sarebbe finito tutto. Non
avrei mai più potuto rivedere quel suo sorriso formidabile,
quella pelle scura
e tanto calda che mi infondeva una tremenda quiete. Non avrei
più potuto
avvicinarmi a lui usando la scusa che accanto non sentivo i dolori che
la
bambina mi procurava. Non l’avrei più rivisto.
Sarebbe andato via, per non
tornare più. Non avrebbe più voluto rivedere
Bella e men che meno noi.
Renesmee, la nuova arrivata, non gli avrebbe di certo fatto cambiare
idea.
Anche se, dall’aspetto meraviglioso, avrebbe potuto far
cambiare idea a
chiunque. Ma lui stava male, troppo male, e non si sarebbe soffermato a
guardare quello scherzo della natura.
Rosalie
stava seduta sul divano a nutrire quella nuova creatura, quando lui
piombò giù.
Guardò verso le due, un ghigno sadico stampato un viso. Che
stava pensando?
Sentivo elettricità nell’aria e questo non mi
piaceva. Voleva forse fare del
male alla piccola? Non che mi sarebbe dispiaciuto molto, infondo stava
ammazzando Bella, ma non credo che gli altri sarebbero stati del mio
stesso
parere.
Eccolo, il
suo corpo tremare. Era pronto a balzare. Pochi attimi lo separavano dal
compiere un omicidio. Ed io non avevo ancora fatto nulla. Me ne stavo
lì, in un
angolo della sala, a fissare quella scena come se non mi appartenesse.
Come se
fossi al cinema. E sperai ardentemente di essere al cinema, in
quell’istante.
Poi la
bambina si voltò, e lo guardò. In un attimo tutto
cambiò. L’espressione del
viso di Jacob, il battito del cuore di quest’ultimo, il nuovo
rumore che
giungeva dall’alto ed, infine, il mio umore. Disperazione,
ecco ciò che
sentivo. Perché avevo captato quello sguardo. Quello che
Jacob aveva regalato
alla creaturina tra le mani di Rose. E non mi piacque affatto.
Perché quello
sguardo, di adorazione pura e devozione, poteva significare solo una
cosa:
imprinting. Jacob aveva avuto l’imprinting con la bambina. Ed
io mi sentivo
morta dentro. Perché mi sentivo così male?
Perché non riuscivo ad accettare una
cosa del genere? Come mai sentivo un vuoto tremendo
all’altezza del cuore? Perché
avrei tanto voluto che quello sguardo, quell’amore,
l’avesse regalato a me?
Iniziavo,
lentamente, a vedere tutto sfocato. Non percepivo più i
rumori attorno a me,
non capivo le parole che qualcuno stava sussurrando. I respiri, i
battiti dei
cuori, i profumi delle persone, tutto perdeva senso.
Mentre il
cane si avvicinava sempre di più a quella creaturina, io
perdevo il controllo.
Sentivo che sarei stata capace di svenire dal dolore. E non volevo.
Dovevo
andarmene, scomparire da quella casa il prima possibile. Anche
perché ora il
mal di testa era incredibilmente forte. Il vuoto che si creava attorno
a tutti
era impressionante. Ed io non sarei resistita un minuto di
più.
Senza
pensare alle conseguenze, mi alzai dall’angolo in cui mi ero
rannicchiata e
incominciai a camminare, trascinando i piedi. Passai accanto ai due
innamorati
e a Rosalie, la quale mi rivolse un’occhiata preoccupata. Si
impensieriva per
me? No, era preoccupata per la creatura. Preoccupata delle attenzioni
che ora Jacob
le stava donando. Tutte le attenzioni possibili.
Neanche si
accorse di me, quel lupo, così come non fece Jasper, che si
era lentamente
avviato verso le scale per controllare come stessero Bella ed Edward.
Uscii
lentamente, camminando come un automa, verso il bosco. Stavano
arrivando
Carlisle ed Esme, i quali sicuramente mi avrebbero fatto domande su
Bella e
sulla nuova arrivata. Non avevo forza, non avevo voce per rispondere
alle loro
domande. In più mamma si sarebbe accorta del mio stato e
certamente avrebbe
chiesto spiegazioni. Come avrei potuto spiegare che la persona che mi
ero resa
conto di amare aveva avuto un colpo di fulmine con una bambinetta di
pochi
minuti, già assassina di sua madre?
Non avrei
potuto. E quindi camminavo, verso quel bosco che innumerevoli volte mi
aveva
ospitato tra le sue braccia e mi aveva calmato. Tante volte mi aveva
dato la
forza di proseguire, di restare con Jasper e dimenticami di quel cane.
Tante
volte mi aveva permesso di pensare.
E in quel
momento avevo un bisogno estremo di quel bosco.
I primi
alberi si intromisero tra me e la casa e ne fui infinitamente contenta.
Non volevo
più vedere, non volevo più ascoltare tutto quello
che accadeva in quella
stramaledetta casa. La mia stramaledetta
casa.
Continuai a
camminare, sempre lentamente e meccanicamente, neanche fossi un robot.
Quando
riuscii finalmente ad estraniarmi da tutti i rumori della casa, mi
fermai. Ero
nel bel mezzo della foresta. Il sole era calato da tempo e le nuvole
presagivano un bell’acquazzone. Non mi interessava. Tanto
quei vestiti li avrei
buttati comunque prima del giorno dopo.
Mi sedetti
sulla terra umidiccia del sottobosco e, lentamente, cercai di calmarmi.
Avevo
bisogno di qualcuno che mi aiutasse, in quel momento. Ma chi avrei mai
potuto
chiamare? Nessuno sapeva della mia ossessione per Jacob Black e nessuno avrebbe mai dovuto
saperla.
Il respiro
che mi venne fuori in quel momento fu spezzettato dai singhiozzi che
premevano
di uscire. E li lasciai fare, incapace di trattenere così
tanto dolore.
Singhiozzi
disperati, di una vampira disperata privata del suo amore proibito.
Ma come
poteva, come si era permessa quella piccola bambina di rubare il cuore
al mio
Jacob?
Basta
Alice. Non sarà mai il tuo Jacob. Non lo è mai
stato. Devi arrenderti, lascia in pace quel povero lupo.
Vi è mai
capitato di avere dentro di voi una voce che vi ripete in continuazione
quanto
fate schifo e quando siete stupide? Be’, in quel momento
quella voce era
diventata estremamente fastidiosa. Non sopportavo la verità,
non sopportavo che
me la si dicesse così. Avevo una gran voglia di buttare
fuori dalla mia testa a
calci nel didietro quella vocina che troppe volte mi aveva fatto
soffrire con
la sua verità in modalità fai-schifo.
È proprio
vero che a volte la verità fa male. Che saperla a volte non
porta nulla di
buono. Ed in quel momento il mio “nulla di buono”
consisteva in un pianto senza
lacrime che sarebbe potuto durare per giorni interi.
Ma non
potevo rimanere lontana di casa così a lungo, avrei fatto
certamente
insospettire qualcuno. Avrei fatto preoccupare Jasper, ne ero sicura.
Ma come
avrei mai potuto rientrare in quell’edificio, dove quel lupo
se ne stava
accoccolato sul divano con in mano il mostriciattolo e le sussurrava
parole
dolci all’orecchio? Come avrei potuto sopportare la vista di
tanto amore, io
che ne ero stata privata?
Ti
resta sempre Jasper. È lui il tuo amore. Jacob
l’avevi
dimenticato, ricordatelo.
Sì, ma ora
era ritornato all’attacco con prepotenza. Potevo quasi
sentire il mio cuore di
pietra che si dibatteva fra la scelta di due persone tanto
meravigliose. Come avevo
detto, tempo prima, a Bella.
«Mi
dispiace tanto che tu sia costretta a scegliere tra due cose tanto
belle». Sì,
mi dispiaceva infinitamente, adesso. Perché potevo
perfettamente mettermi nei
panni di Bella. Potevo comprendere come si sentisse a dover decidere
tra due
persone così meravigliose e altrettanto diverse.
Così importanti, per lei. E
per me.
Ma lei
aveva avuto il tempo per scegliere. Lei aveva seguito il cuore che
ancora le
batteva nel petto. E non aveva sofferto, per una delle due persone.
Perché lei
non si era ritrovata davanti una bambinetta che era riuscita a rubare
il cuore
di una delle due persone che amava. Lei non si era ritrovata a guardare
il suo
amore che adorava il mostriciattolo. Lei aveva avuto più
scelta. Io no. Ed ora
mi restava solo una di quelle due persone, e neanche sapevo se era
proprio
quella che volevo.
Certo
che tu vuoi Jasper. Jacob non ha più niente a
che fare con te.
Sarei
riuscita ad accettare la verità? Sarei riuscita a rientrare
in casa e a
guardarlo mentre coccolava Renesmee? Avrei resistito
all’istinto di
strappargliela di dosso e ucciderla con le mie mani?
Queste
poche delle innumerevoli domande che mi ronzavano in testa mentre, gli
occhi
spalancati per la voglia di piangere, mi dondolavo per terra, le gambe
vicino
al petto e le braccia che le legavano, come fossi diventata matta. Come
fossi
ritornata più o meno ad un centinaio di anni prima, quando i
miei genitori mi
avevano portato in quell’edificio e lì mi avevano
lasciato, al manicomio.
Ma non
potevo restare lì in eterno. Dovevo tornare, volente o
nolente. E dovevo farlo
in fretta, prima che qualcuno si accorgesse della mia sparizione.
Cercai di
respirare ancora, ma mi uscì di nuovo quel respiro
spezzettato dovuto ai
singhiozzi. Come avrei fatto a tornare a casa, se mi aspettavano sette
vampiri
e mezzo ed un licantropo con l’udito ultrafino, pronti a
farmi un miliardo di domande
su dove ero stata e a fare cosa? Come avrei potuto fare, se neanche
riuscivo a
controllare un semplice respiro?
E poi le
mie emozioni e la mia mente non erano affatto al sicuro. Jasper si
sarebbe
accorto di tutto il dolore che provavo ed Edward avrebbe letto la mia
disperazione. Mi avrebbero presto colto con le mani nel sacco. Sarei
stata
spacciata. Jasper non mi avrebbe più rivolto la parola,
così come tutto il
resto della mia famiglia, e Jacob sarebbe rimasto così tanto
schifato da me da
non volermi più vedere. Avrei sopportato così
tanto dolore?
No, ma
dovevo farlo. Dovevo andare a casa e affrontarli. Dovevo calmarmi.
Preso un
ultimo respiro, mi assicurai di essere in grado di resistere ai
singhiozzi. E
quello che venne fuori fu un sospiro lungo e continuo, senza
interruzioni.
Ne fui soddisfatta.
Mi rialzai,
lentamente, e sempre con la stessa velocità presi la via di
casa. Camminai con
più vigore di quando me n’ero andata e arrivai
poco prima del ritorno di Esme a
Carlisle. Jasper già mi aspettava per chiedermi spiegazioni.
«Avevo
bisogno di andare a caccia. Quella di questo pomeriggio non
è davvero bastata»
fu la mia risposta. E mi credette.
Poi venni a
sapere che Bella ce l’aveva fatta. Si stava trasformando.
Ed il
sorriso nel viso di Jacob fece sorridere anche me. Almeno avrei avuto
ancora la
mia migliore amica, la mia sorellina.
Una cosa
buona, in una giornata piena di tristezza. E, con questa
consapevolezza, tornai
ad occuparmi delle cose di cui mi occupavo di solito, lasciando in un
angolino
recondito della mia mente e del mio cuore l’immagine del lupo
che mi aveva
rubato il cuore. Per sempre.
Ed
ecco finita un’altra storia. Ora, prima di lasciarvi, vorrei
ringraziare le
persone che hanno letto le mia altre due storie e quelle che hanno
recensito.
Vorrei
dire a fracullen che purtroppo non ho in mente di scrivere un seguito e
che sì,
è davvero un maschio ^_^
Invece,
volevo ringraziare Cleo92 per i complimenti, e ringraziare anche
Uchiha_chan
per aver recensito e per i complimenti. Inoltre è stata lei
a darmi quest’idea,
e la ringrazio infinitamente. Spero che ti piaccia anche questo
capitolo.
Ed
ora, è il momento di andare. Spero di ricevere altre
recensioni, belle come
quelle ricevute nelle altre storie ^_^
Bacini _ki_