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Autore: Captain Willard    11/02/2018    0 recensioni
Quando non insegna, Kevan White naviga sul fondo delle bottiglie e osa quasi sperare in un lieto fine. Cinquantasei anni, ogni giorno da capo, le idiosincrasie fanno un'altra pelle: è una stasi che potrebbe quasi imparare ad amare, e che pure sembra cedere all'arrivo in classe di Aster, sedici anni e la stessa passione per la letteratura. È l'inizio d'una pièce dai fragili equilibri, dove il Maestro e l'Allieva rischiano di sfuggire presto al cappio sicuro dei ruoli.
[Trigger Warning: Age Difference, Age Gap]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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1.

 

Il caffè annacquato della macchinetta. Il fruscio delle pagine sputate dalla stampante. Scarpe da ginnastica cigolanti sul pavimento graffiato. Parlano, parlano, parlano.

Come tanti uccellini che seguono le briciole e si disperdono poi allo schiocco d'un ramo secco, suona la campanella e vanno, saluti masticati. La cartella di cuoio consunto ti sfiora la gamba mentre li segui, alla tua aula in attesa. Una carezza che quasi ti rassicura, e quasi ti fa male. Conosci solo questa, l'unica fissa da trentadue anni. Trentadue anni, cristo. Dovresti cambiarla, la cartella. Gli anni ottanta sono finiti da un pezzo. Certo, agli alunni piace, dicono che fa vintage. In effetti tu sei vintage. A quando il museo?

Bevi il caffè in un sorso, troppo caldo. Ti scotti la lingua e trattieni un insulto, e per un momento il bruciore ti fa sentire qualcosa. Un guizzo di sangue, un battito più forte. Una pulsazione alla tempia. Senti qualcosa. Quanto basta per alzarti la mano, chiudere la porta dietro di te e sederti alla scrivania.

«Buongiorno, ragazzi.» Sistemi il libro sul banco, le penne, prendi il registro.

«Buongiorno, professore.»

Levi lo sguardo a sinistra, alla fila delle finestre. Vento forte, spazza le foglie marce. Un cielo pallido e pulito, i rami viola e verdi. Una bella giornata. Davvero, una bella giornata. Perché sospiri? Sempre così piano. Perché sospiri, se poi non ti fai sentire?

Ackerman?

Presente.

Atwood?

Presente.

Presente, presente.

Presente.

 

 

Penna rossa sul foglio, abbandonata. Ti strofini gli occhi e posi lo sguardo sulle fiamme nel camino. Abbandoni il pacco di compiti da correggere, li finirai domattina. Insomma, è sabato sera. Le persone civili si riposano.

Accendi la tv. No, non hai voglia del notiziario. Ogni tanto ti piace fingere che il mondo sia in pausa. Scorri distratto i canali, lo sguardo perso. Questa stanza è troppo piccola. La tinta vinaccia delle pareti e la libreria stipata di volumi fino a scoppiare, pile di libri a terra, sul tavolino da caffè, sotto al telefono. È più casa loro che tua, a questo punto. Ma la poltrona è comoda e gentile, la poltrona è tua, velluto blu. Ti stringi la tazza di tè al petto e alla fine accendi il lettore dvd. La bella addormentata. Canticchi e ti godi i colori, le linee delicate degli sfondi. Ci andresti a vivere, in quella casetta nel bosco. Raccogliere bacche, ascoltare gli uccellini cantare, spaccare la legna... No, non potresti farcela, ti lusseresti subito una spalla. Prenderebbe il WiFi? No, decisamente non ce la faresti.

Guarda il film. Guarda quei due giovani vivere d'un canto e d'una giovinezza longeva come una stagione di crochi. Il principe diventerebbe come te, forse? Rughe sulla fronte come tagli nella carta, la barba sfatta che ancora tiene un'eco di biondo, i capelli radi tirati indietro. Il profilo aguzzo, una via di mezzo tra l'arcigno e la nobiltà. È un acclivio senza fine, la sfioritura.

 

Arriva sempre di notte, il dolore. Abbassi la guardia per il sonno, trovi le domande. Sei troppo stanco per rigettarle, troppo codardo per rispondere.

Ti alzi, infili la vestaglia elegante ma quando accendi la luce in bagno lo specchio ti rimanda solo un uomo stanco. La tua unica vanità sono gli occhi verdi di grano acerbo, eppure non riesci a reggerne lo sguardo. L'acqua fredda sulla faccia allontana i punti interrogativi. Scendi di sotto, esci sul retro, ti siedi sui gradini di pietra che danno sul giardino. Ci vuole una sigaretta, vuoi soffocarti. Il fumo si mescola alle stelle quando alzi la testa, la tua nebulosa.

Scuoti la testa, te ne accendi un'altra. Ci vorrebbe una canna. Magari puoi chiedere a uno degli studenti.

Walked out this morning

Don't believe what I saw

A hundred billion bottles

Sullo schermo del cellulare brilla un numero. Lo osservi, trai una boccata di fumo.

Washed up on the shore

Una chiamata persa. Il letto cigola quando ti stendi.

 

 

Leah ti affianca mentre stai cercando di scegliere tra cioccolata e ristretto. Si aggiusta i capelli rossi cotonati e ti posa una mano sulla spalla. È alta, gli occhi azzurri e le labbra a cuore, la bellezza matura dei suoi quarantotto anni, ma ti ritrovi a scansarti con la scusa di inserire la moneta. E premi il tasto sbagliato, perché questo succede quando dormi tre ore. Complimenti.

«Ciao, Kevan.»

«Ehi.»

«Stai bene? Ti vedo un po' provato.»

«Tutto bene.»

Ride. «Hai fatto pazzie il weekend?»

«No.»

(Hai soltanto passato la domenica ad ammazzarti di sigarette e birra, hai finito di correggere i compiti da ubriaco, hai ordinato su JustEat sei confezioni di ravioli al vapore e li hai mangiati davanti alla tv, masticando e piangendo al contempo per un film a caso. No, aspetta. Era un documentario sui conigli.)

C'è un momento di silenzio che sai di dover riempire con un e tu?, ma onestamente vuoi solo che Leah colga il messaggio che negli ultimi cinque anni ha voluto ignorare, e che emigri verso altri colleghi piacenti. Sfortunatamente, Leah non è disadattata come te. Solo testarda.

Ti sorride. «Non sapevo ti piacesse il ginseng.»

«Sono sempre aperto a nuove esperienze.»

«Ah, mi fa piacere sentirtelo dire! Proprio di questo volevo parlarti.»

Prendi il tuo caffè e ci metti lo zucchero, cercando di dissimulare il panico.

«Non è già dolce di suo il ginseng?»

«...mi piace così.»

Ride, ti posa di nuovo la mano sulla spalla. «Va bene, comunque volevo chiederti... hai impegni per sabato prossimo, per una nuova esperienza

Detto da un'altra avrebbe un sottinteso limpido, ma questa è Leah, e lei è per il corteggiamento galante. «Dipende. C'è alcol?»

Ride di nuovo. «No, certo che no! Ti spiego, mi sono appena iscritta a questo corso di ballo da sala e la prima lezione sarà appunto la prossima settimana, e mi farebbe piacere se venissi con me. E poi il primo incontro è di prova, è gratis!»

Scuoti la testa, strozzi un sorso di caffè desiderando la morte. «Non credo faccia per me. E poi ora che ci ripenso avrei un-»

«Sii un gentiluomo, dai! Non esci mai, sei sempre tutto lavoro lavoro lavoro, ti farebbe bene staccare un po'.»

«Sto bene così e comunque ho un impegno. Grazie mille, devo andare, la campanella, buona lezione.»

Ti rifugi in classe e chiudi la porta con un sospiro di sollievo.

Buongiorno, ragazzi.

Buongiorno, prof.

Giro d'interrogazioni, ascolti le risposte solo a metà. Sai che ci riproverà, ancora e ancora. Perché non riesci a dire semplicemente no, non mi piaci? Perché non rispondi mai alle domande?

 

 

Walked out this morning

«Pronto.»

«Minchia che entusiasmo.»

Sospiri. «Che vuoi?»

«Sono in città.»

«Congratulazioni.»

«Andiamo a bere.»

«È martedì. Io domattina lavoro, al contrario dei parassiti come te.»

«Andiamo a mangiare qualcosa allora. E a bere.»

Chiudi il libro, ti premi una mano sulla fronte. Senti Marko ridere all'altro capo.

«Dai, merdina, sento che hai bisogno di una sbornia.»

«Veramente ho già dato domenica.»

«Appunto, fatti bello e profumato ché ti passo a prendere alle sette.»

«Cazzo, così presto? Non penso di potercela fare.»

Ti attacca in faccia. Due ore dopo ti infili un paio di pantaloni scuri, un pullover nero. Quando sali in auto Marko sghignazza. «Ah, hai cambiato lavoro?»

«Che?»

«Pensavo facessi l'insegnante, non il becchino.»

Apri il cruscotto e ti metti a rovistare tra i cd. «Hai mollato l'Herald e ti sei iscritto all'Accademia dei Clown?»

«Touché. Allora, che mi racconti? Non ci sentiamo da quanto, un mese?»

Rigiri tra le mani una raccolta di Bowie. Mh, Space Oddity, perché no. Classicone. Metti su il cd. Marko ti guarda. «Oh, scusa, era una domanda?»

«Sei un coglione. Che succede a scuola?»

«Il solito. Domani ho pure compito in classe, che palle.»

«Guarda che è più una rottura per i ragazzi che per te.»

«Capirai che cazzo me ne frega. Tu invece, che ci fai a Dublino?»

«Oh, sono venuto per un concerto! C'è questa band che il mese scorso ha fatto il botto su YouTube e ieri hanno suonato alla 3Arena. I Blue Machine, conosci?»

«No.»

«Dovresti ascoltarli invece, sono bravi. Comunque ho stalkerato il loro agente e alla fine ho ottenuto un'intervista. Uscirà con l'edizione della domenica, te ne mando una copia!»

«Ok.»

«Sai, non ti farebbe male ogni tanto dire ehi complimenti Marko, sono felice per te, ottimo lavoro.»

«Ok.»

«Va bene, seriamente. Non ti vedo da un sacco, ce l'avrai qualcosa da raccontarmi. Ehi, l'hai più vista quella tipa, la moretta carina, com'è che si chiamava?»

«Lucy.»

«Lucy, sì! Mi sembrava andaste d'accordo, poi le piaceva il teatro, insomma era figa!»

«Abbiamo scopato un paio di volte.»

«E poi?»

«Poi le ho detto che sarebbe stato meglio non vedersi più.»

Marko sospira e accosta davanti al Sweetman. «Kev...»

«No, non cominciare. Lo sai come la penso.»

Scendi dall'auto prima di lui, entri nel pub fumoso e ti fai strada tra la gente fino al bancone. Marko ti raggiunge e ordina una Porter per entrambi. Prendi un sorso fumoso e vellutato, cioccolato e caffè a baciarti la lingua. Se la domenica mattina fosse una birra. Se le tue domeniche fossero così buone. Sposti lo sguardo dalla schiuma a Marko. Guardi i suoi capelli e la barba bianchi, le sue sopracciglia scure e spesse sopra agli occhi marroni. Cioccolato anche lui, sì. Glielo invidi un po', tu che non hai sapore e non hai odore. Siete seduti al bancone appiccicoso e graffiato, tra ciotole di olive e bicchieri sporchi, e le uniche cose che avete in comune sono i gusti musicali e la mezza età. Lo guardi, e per la prima volta nella giornata abbozzi un sorriso.

«E a parte il lavoro, come stai?»

Si stringe nelle spalle, sorseggia la birra. «Erica mi ha mandato un sms. Non vuole che venga alla sua festa di compleanno, non vuole neanche gli auguri.»

«Dovresti parlarle.»

«E dirle cosa?»

«Lo sai benissimo. E dovresti parlare anche con Gwen, non può metterti contro tua figlia con le sue cazzate.»

«Non posso farlo. Erica non mi crederebbe.»

Scuoti la testa e scoli il resto della birra in due sorsi. «Io proprio non ti capisco.»

«Lascia perdere e lasciami ubriacare. Stasera ho solo voglia di farmi una scopata come si deve e anche tu dovresti. Finché ci si alza, insomma.»

Una mezza risata, ordinate un altro giro. Vi bevete piano questa notte.

Perché mi vuoi bene? Glielo chiedi a bocca chiusa.

 

Quando entri in cucina, Marko sta ripulendo la scatola dei biscotti. Ti sorride e versa il caffè in due tazze. «Buongiorno, raggio di sole!»

«Dimmi che ti sei fatto una doccia, prima di rubarmi la vestaglia.»

«Sì. Ma non ho ancora messo le mutande.»

Fai una smorfia, mentre prendi da un mobile i biscotti di riserva. «Fantastico, l'avevo lavata ieri.»

Ti siedi al tavolo e ti guardi intorno. «Dov'è la tipa?»

«Quale delle due?»

«Che? Quella biondina che è venuta via con noi ieri sera. Quella con cui hai scopato. Eravate in giardino o me lo sono sognato io?»

«Ah, Sharon! Certo, lei.»

Fai per inzuppare un biscotto nel caffè ma ti blocchi con la mano a mezz'aria. «Non dirmi che hai chiamato pure una delle tue amichette.»

Marko ride, aggiustandosi la vestaglia sui fianchi. «No, certo che no.»

«Meglio così.»

«Era un'amica di Sharon.»

«Marko! Questa casa non è un albergo.»

«Tranquillo, sono andate via presto. Mi ricordi mia madre, sai?»

«Fottiti, e lava le tazze prima di andartene. A che ora hai l'aereo?»

«Alle due. A questo punto direi che ci vediamo direttamente a Natale, eh?»

«Va bene. Grazie per la serata, comunque.»

«Se vuoi ringraziarmi prova a uscire dal bozzolo anche senza di me, cretino. Buona lezione.»

«Buon rientro a casa.»

 

Lo sgrani così il tuo calendario, consumi le penne e consumi il caffè istantaneo; innaffia le piante, pota le rose, stendi la lavatrice, vai a fare la spesa. Compra altri libri che non finirai, guarda le pagine e rifuggi le parole. Una sera ti bevi mezza bottiglia di tequila e chiami Esther. La sua voce è gentile ma ferma quando risponde. «Non dovresti chiamarmi, lo sai. Sono sposata adesso, e sono felice. Ho dei figli.»

«Lo so, ma è che... io...»

«Sei ubriaco. Di nuovo. Kevan, non puoi andare avanti così.»

«Lo so, cazzo! Lo so!»

 

«Scusa, non volevo alzare la voce. Posso farti una domanda?»

«Kev...»

«Solo una! Poi giuro che sparisco dalla tua vita. Una domanda.»

«Va bene.»

«Secondo te potrò mai cambiare questo...?»

«Questo?»

«Questo. Tutto questo.»

«Non lo so. Vuoi farlo?»

 

«Addio, Kevan.»

«Aspetta, non-»

«Vai a dormire, e cancella il mio numero. Cerca di stare bene.»

Resti in ascolto anche quando chiude la chiamata. Prendi un'altra fetta di limone e la mordi.

 

Domenica mattina, seduto sui gradini sotto al portico. Piove dolce come un sussurro, le tue rose tremano alle gocce fredde di novembre. Tiri su il cappuccio della felpa e suona il cellulare.

A hundred billion bottles

Washed upon the shore

Seems I'm not alone at...

Metti il silenzioso e spegni il mozzicone nel posacenere. Meglio andare a correggere i compiti, preparare le prossime lezioni. Domani pomeriggio riunione per discutere della gita. Domattina analisi del sangue, dovrai alzarti prima. Quel cazzo di ago. E poi voglio vedere, a trovare parcheggio lì davanti. Ricordati di fare il pieno. Vai a consumare questa domenica, il suo vago confine tra le settimane.

Una chiamata persa.

Dovresti smettere di fumare.

 

 

 

 

 

Scratching the surface of life

Nothing really happens

But it's easy to keep busy

When you tell yourself you're traveling right

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A.

 

 

Canzoni citate: Message in a bottle, Police; Easy way out, Gotye.

(Traveling non è un errore, bensì la forma American English di travelling, quest'ultima favorita invece dal British English. Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo.)

Marko è una piccola citazione cinematografica, chissà se qualcuno sa coglierla. Indizio: il suo presta-volto è Sean Connery.

Sì, c'è anche un riferimento a un'altra mia storia. Sì, sono vanesio.

Qualora capitaste a Dublino fate un salto al J.W. Sweetman, uno dei miei pub preferiti. La loro Porter è fenomenale.

 

 

 

  
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