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Autore: _Akimi    12/02/2018    3 recensioni
[Compleanno di Spagna - 12 febbraio 1942]
"Sente l'odore di sangue su di sé, riecheggiano nella sua testa le grida degli innocenti e, seppur la pace sembra regnare nella nazione, non può che domandarsi quale sia stato il prezzo di tanto silenzio.
Nel cielo di Valencia non risuonano le esplosioni delle bombe, non un aereo a squarciare le nuvole dense e nessun cadavere abbandonato lungo le strade della città."
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Portogallo, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Until the dawn of a new era'
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Note: Di solito le scrivo alla fine, ma la fic narra di un rapporto tra due nazioni che di solito in Italia non viene studiato, quindi per facilitare la lettura ecco qualche nota:
♦12 febbraio 1942 → Francisco Franco e Antonio Oliveira Salazar ratificarono un patto di non aggressione e di collaborazione (risalente al 1939) a Sevilla che prese poi il nome di Blocco Iberico; ho deciso, però, di ambientare la fic a Valencia semplicemente perché la pizza che ho citato l'ho visitata e mi interessava il fatto che in quel periodo fosse dedicata a Franco.
♦Germania/Spagna → I nazisti e i fascisti aiutarono Franco durante la Guerra Civile e pur rimanendo neutrale, quest'ultimo decise di mandare un gruppo di soldati a combattere a fianco dell'Asse. (in particolare contro i sovietici.)
♦Inghilterra/Portogallo → L'Inghilterra e il Portogallo avevano alle spalle un'alleanza lunga secoli che rimase intatta anche durante la Seconda guerra mondiale; è un paradosso perché il Portogallo aveva comunque una dittatura di stampo semi-fascista, ma dall'altra parte venne “osannata” dagli Alleati anche per aver dato rifugio a ebrei perseguitati in tutta Europa.
♦Il Portogallo era interessato ad una Spagna neutrale e amichevole per due motivi: evitare una deriva marxista nella penisola e al tempo stesso non rientrare nell'area di influenza nazista per mantenere la propria sovranità.

Avviso che nella fic Spagna è filo-franchista, se questo dovesse darvi fastidio, evitate di leggerla.
Buona lettura.

 


 
Fraternidad
12 febbraio 1942
Valencia
 
Gli occhi di Spagna si aprono piano, le labbra si schiudono per rivelare una parola di circostanza, ma nessun suono irrompe tra di loro, lasciando che il vuoto venga occupato dal chiacchiericcio all'interno del palazzo.
Si sporge un poco dal balcone, lo sguardo a ricadere sulla fontana alla sua sinistra e la mente, invece, rimane immobile, legata ad una conversazione ormai conclusa.
Pensa a ciò che è stato detto nella stanza alle sue spalle, alle cose volutamente dimenticate e alla violenza che caratterizza il mondo in cui vive oggi, un elemento diventato così tanto un'abitudine da non fare più male.
Sente l'odore di sangue su di sé, riecheggiano nella sua testa le grida degli innocenti e, seppur la pace sembra regnare nella nazione, non può che domandarsi quale sia stato il prezzo di tanto silenzio.
Nel cielo di Valencia non risuonano le esplosioni delle bombe, non un aereo a squarciare le nuvole dense e nessun cadavere abbandonato lungo le strade della città.

È la realizzazione a spaventarlo, è l'aver assistito alla fine di tutti i suoi più vecchi amici a ferirlo: Austria è scomparso da anni, la bella Parigi si è abituata alla presenza dei tedeschi così come Paesi Bassi, Grecia, Norvegia e Jugoslavia.
L'Europa è caduta ai piedi del colosso nazi-fascista e Spagna rimane qui, affacciato sulla piazza del Caudillo, godendo di questa quiete dal sapore amaro, una tranquillità che lo giudica poiché, in realtà, la decisione finale presa quest'oggi non lo rende felice, ma neppure lo rattrista.
È la verità, ormai poco gli deve importare di ciò che sta accadendo in Europa, vige uno status quo che, in un modo o nell'altro, ha imparato – e dovuto – apprezzare per compiacere il Generalísimo.
Lo stesso generale che lo ha guardato negli occhi, poco prima di firmare l'ennesimo pezzo di carta, e che ha detto, ha giurato, che la guerra non sarebbe mai più giunta alle porte del paese.

E Spagna cosa poteva fare, ha accettato, in silenzio, perché una parte di lui condivide gli stessi principi dell'uomo che lo comanda; Dio, Patria, Giustizia – crede così tanto in queste parole da essere disposto a tutto, ora, pur di non vedere fratelli uccidersi tra di loro, per evitare altre cicatrici che segnano ancora la sua pelle, rendendolo orribile anche agli occhi di chi lo conosce così bene.

«Ti ho portato un piccolo regalo, irmão meu, per il tuo compleanno e per la saggia decisione.»
Portogallo lo riporta alla realtà sfiorandogli il braccio, quasi dispiaciuto di dover interrompere il suo momento di riflessione.
È rimasto per lunghi minuti ad osservarlo, gli occhi ambrati non si sono mai allontanati dai giocosi getti d'acqua della graziosa fontana, ma essere testimone silenzioso di tanta sofferenza non è da lui, soprattutto non quando è il dolore di suo fratello, quello che vede.
«È così che la chiamiamo adesso, una saggia decisione
Comprende l'astio, l'odio che non ha un reale destinatario; decidere di rimanere neutrale durante un conflitto non è una ritirata neppure un'infamia, ma è una scelta – anche se per molti può sembrare la più semplice da prendere.
Non lo è quando Altri aspettano la tua risposta, quando gli Altri pretendono qualcosa da te perché, si sa, per essere amici non si è mai da soli.
«Non chiamarla saggia, allora, ma è sicuramente la migliore in queste circostanze.»
Spagna si volta per guardarlo, non capisce come possa essere così calmo, mentre l'Europa stessa chiede la loro opinione; gli pare una fuga, la loro, e raramente hanno voltato le spalle a sanguinosi campi di battaglia.
«E il solo pensiero di combattere contro di te, no, non lo sopporterei.»
Solo ora ricorda, ricorda che Portogallo è così simile a lui in questo momento, ma al di fuori della sicura penisola hanno amicizie differenti, legami che porterebbero i due – potenzialmente – ad essere l'uno contro l'altro, non fianco a fianco.
«Sceglieresti Inghilterra al posto mio?»
Spagna lo sa, sì, riconosce la domanda stupida che gli ha appena posto, ma Portogallo ride – sembra quasi divertito – perché è abituato alle sue paranoie e ripetere lo stesso concetto per farsi capire è diventata un'abitudine, oramai.
«Inghilterra non ha bisogno del mio aiuto, è anche per questo che sono neutrale.»
Suona semplice, detto da lui; per Salazar la guerra non è un'opzione, e il vecchio Kirkland non gli è parso particolarmente offeso dalla sua dichiarata neutralità.
«E poi, il trattato tra di noi è anche per il tuo bene, saresti finito nelle mani di Germania senza nemmeno accorgertene.»
Portogallo cerca di trattenere una critica troppo severa nei suoi confronti, ma alle volte lo vede così ingenuo da domandarsi se sia la stessa nazione che, secoli prima, lo sfidava per conquistare il mondo intero.
Ora lui è diverso, entrambi lo sono; hanno preso tante scelte discutibili, hanno le mani sporche di sangue come allora, ma almeno sono insieme – e al momento, per Portogallo è l'unica cosa che conta.
«Se fossi andato in guerra, io-»
La voce di Spagna trema per un attimo, una breve debolezza che non mostrerebbe a nessuno, per alcun motivo; odia sentirsi vulnerabile, ma lo sguardo che incontra non è velato né da pietà né da divertimento, è comprensione – un sentimento fraterno che lo rincuora, nonostante tutto.
«Basta con la morte e la guerra, fratello mio; pensiamo alla vita, è quello che abbiamo tra le mani adesso.»
Portogallo lo interrompe così, un abbraccio che lo stringe, imbarazzato e veloce, prima di consegnargli un piccolo pensiero; un regalo sciocco, inutile persino, ma non privo di significato.

«Un cannocchiale? È forse un modo gentile per dirmi di essere lungimirante?»
Spagna non riceve risposta, ma sorride con sincerità perché, alla fine, un futuro più sereno è lontano, e sta aspettando anche loro.




 
  
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